Sanità in carcere

 

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Sanità: proteste

 

Signor Ministro,
introdurre tale problematiche è per me motivo di enorme responsabilità visto che quello che dirò riflette fatti ed esperienze di centinaia di detenuti. La S.V. di fatto dando prova di sensibilità e professionalità con la sua presenza, ha reso possibile un incontro che speriamo essere costruttivo e proficuo. Il suo è certo un dicastero non facile, investito di innumerevoli carichi e nel contesto, la sanità in carcere, è fra i maggiori. Non Le parlerò del mio caso personale, non vorrei dare adito ad un interpretazione errata o speculativa. Esiste tra di noi profondo e reciproco rispetto, che induce un comportamento morale, solidale.
In qualità di portavoce e direttamente coinvolto, valutando determinati avvenimenti incresciosi e inconcepibili, non posso fare altro che accentuare come il concetto del diritto alla salute sia prioritario. Le lacune tutt'ora esistenti nell'ambito sanità, certamente sono molteplici e soprattutto irrisolte.

Si parla continuamente di prima e seconda Repubblica, demonizzando la prima ed esaltando la seconda, nell'attesa, altri uomini muoiono in carcere. Si parla di rinnovamento, di cambiamento, di volgere al nuovo, speriamo.
Il Signor Ministro che, prima di essere tale, ha percorso la via forense, ha in qualche modo conoscenza diretta della realtà sanitaria in carcere. Per onestà, la disponibilità della Direzione nonostante frequenti e incongrui mezzi e medicine, è vanificata nell'affrontare questo gravoso problema. La burocrazia e i diversi uffici competenti, inibiscono ulteriormente la volontà e la buona fede degli stessi. C'è chi pretende di sostituirsi a Dio.
Le varie patologie esistenti negli istituti di pena sono la drammatica realtà della cosiddetta società civile e consegnate alla segretezza di un carcere.
Signor Ministro, è triste dover assistere passivamente alla azione invasiva di una malattia come l'A.I.D.S., la Tubercolosi, la Cirrosi, ma è ancora più penoso pensare che tali malattie vengano affrontate e volenterosamente e impotentemente curate in un luogo deputato alla tutela del sociale.


Torino 1995: i quotidiani, magistralmente manovratori e sobillatori della coscienza pubblica enfatizzano un fatto... risolto il problema. Risolvessero tanti problemi con la stessa solerzia ma questa volta finemente, con la consapevolezza o l'inconsapevolezza di tre poveri imbecilli, senza dignità, vittime o esecutori di un programma volto a criminalizzare con il criterio di tutta l'erba un fascio, degno di una azione meditata. Il metodo lo conosciamo benissimo noi malati, è sbrigativo, efficace, giustificato dal principio della preservazione, delegata, la Magistratura: la discrezionalità.

Gli effetti : M.S. Sieropositivo, 36 linfociti CD4, eroicamente e dignitosamente si trascina, cercando di nascondere la sua stanchezza, è rassegnato al suo prossimo destino.

M.G., 86 linfociti, giovanissimo, armato della sua tenacia, non vuole morire, specialmente in un carcere. Era agli arresti domiciliari, un definitivo lo ha riportato qui.

Toh! Guarda, S.C. Lui sdrammatizza, dice che si può morire anche cadendo da cavallo, poi ci pensa, lui a cavallo non ci va.

R.G. Non è Sieropositivo, ma sta perdendo un occhio, tre ospedali con le scuse del caso, lo rispediscono puntualmente al mittente, non vogliono pazienti detenuti. Salva l'estetica, curata l'immagine.

Nonno F. La sua cartella clinica è colma delle più variegate patologie: grave insufficienza respiratoria, polmoni andati, 70 anni mal portati. È detenuto per un definitivo risalente ad alcuni anni fa, piccole truffe. Non può più firmare un assegno è anche un Alzheimer.

A. N.. Lui si può ritenere fortunato. Nella cattiva sorte solo 200 linfociti. Una volta gli hanno fatto credere anche in una involuzione della malattia, ha sperato. È stato un abile raggiro quello di aumentargli i linfociti, respingendogli una istanza e la famiglia che lo reclamava.

I casi sono tanti e tutti oggi presenti, potrebbero alzare le loro mani, non lo fanno come per evitare un segno di resa di un'armata senza generali, senza bandiera, logori di bollettini dagli ospedali e dalle comunità che non li accettano, di famiglie che non li riconoscono, dall'attesa di Magistrati che riconoscano una dignità medica alla loro sofferenza.

 

 

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