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Lettera dell’Associazione Papillon rivolta a tutti i detenuti
Associazione Papillon, 18 luglio 2005
Cari amici, come sempre, durante l’estate è consuetudine abbastanza diffusa rilanciare l’allarme sulla situazione delle carceri. In realtà, alcuni "professionisti del disagio sociale" lo fanno soltanto con il meschino scopo di lucrare un po’ di soldi pubblici; altri lo fanno per alimentare la normale speculazione politica, e altri ancora lo fanno in perfetta buonafede. Tra questi ultimi ci siamo senz’altro noi detenuti, o meglio quelli tra noi che non fanno spot elettorali per questo o quel partito e che non si stancano (neanche davanti alle minacce e alle ritorsioni) di chiamare le cose con il loro nome. E allora, proprio perché abituati a dire chiaramente le cose, dobbiamo riconoscere che la situazione è davvero brutta sotto ogni profilo, a partire dai dati del sovraffollamento e dalle conseguenze che esso determina in termini di vita e di Diritto all’interno delle carceri. Schematizzando, possiamo dire che, dal punto di vista politico/legislativo, il centro destra ha ormai abbandonato anche soltanto l’idea di iniziare a discutere su eventuali provvedimenti di indulto ed amnistia. Lo stesso Presidente della Commissione Giustizia della Camera, Gaetano Pecorella (di Forza Italia) è stato abbandonato dalla sua stessa coalizione, che di fatto ha risposto con un "no" alla sua richiesta di pronunciarsi almeno in Commissione. Questa vigliaccata di gran parte del centro destra ha reso inutile anche tutto il lavoro che da più parti è stato fatto per convincere tutte le forze politiche dell’opposizione a pronunciarsi a favore dell’inizio immediato della discussine in Commissione Giustizia. Non è quindi bastato il fatto che Pecorella, Violante, Pisapia, Cento e altri si pronunciassero per l’inizio immediato della discussione, visto che gran parte del centro destra si è cinicamente defilato, e anzi ha iniziato a rispolverare i classici temi da forcaioli con lo scopo di guadagnare consensi tra i tanti cittadini che vivono l’illusione che la loro sicurezza quotidiana è possibile garantirla soltanto con pene più alte e carcere più duro Del resto, è ormai confermata dai fatti anche la previsione che noi della Papillon avevamo fatto da tempo sul fatto che la spirale che si produce tra le guerre di rapina e il terrorismo porta (oltre alla morte di decine e centinaia di migliaia di persone) anche un progressivo stravolgimento dello stato di diritto in tutti i paesi coinvolti. Il che vuol dire, ad esempio, che lo stravolgimento della Costituzione potrebbe permettere ad alcune forze politiche di arrivare presto a proporre anche la cancellazione dell’art. 27, quello che stabilisce il carattere rieducativo e non affittivo della pena, oppure, più immediatamente, li porterà a chiedere di "restringere" ulteriormente l’applicazione di tutte quelle misure (i cosiddetti benefici) ancora oggi previste dal nostro diritto penitenziario. La proposta di Legge Cirielli è un classico esempio di come oggi un intreccio di interessi politici e personali alla fin fine realizzano (o meglio, tentano di realizzare) una vera e propria regressione sui piani del Diritto penale e del diritto penitenziario Dal punto di vista della nostra forza e capacità di mobilitazione pacifica interna alle 205 carceri italiane, dobbiamo dire senza infingimenti che ormai abbiamo raggiunto un limite oltre il quale non possiamo e non dobbiamo andare. La rabbia e lo scoramento sono talmente diffusi da costituire un mix difficilmente controllabile davanti ad eventuali provocazioni di qualche forza politica che vorrebbe far succedere il casino nelle carceri per poi far passare più facilmente maggiori restrizioni. Ma anche senza provocazioni, e contando anche sul fatto che gli stessi sindacati degli operatori penitenziari chiedono provvedimenti contro il sovraffollamento, dobbiamo dirci che se anche si fermassero davvero e contemporaneamente tutte le 205 carceri italiane (cosa che ovviamente è ingenuo prevedere) noi non riusciremmo ad esercitare una pressione tale da indurre oggi il Parlamento a prendere in considerazione l’ipotesi di un provvedimento di indulto ed amnistia. L’unica strada che resta è quella di creare all’esterno delle carceri una mobilitazione che coinvolga decine e centinaia di comitati, associazioni, parrocchie,ecc.(compresi anche i partiti che vogliono starci) con l’obiettivo di un provvedimento di "indulto e amnistia per tutti; nessuno escluso!". In questa direzione abbiamo già organizzato a Roma, Napoli, Bologna, Firenze e in Lombardia alcuni convegni e delle prime manifestazioni di piazza a cui hanno partecipato migliaia di persone con quella parola d’ordine (e le nostre iniziative sono davvero partecipate e non "a trucco" come quelle degli amici Radicali). Altre iniziative pensiamo di farle a settembre ed ottobre, con una conclusiva davanti alla Camera dei Deputati. Noi crediamo che soltanto quando ci sarà una reale estensione della mobilitazione esterna si riuscirà ad imporre al Parlamento un provvedimento di indulto e amnistia per tutti e le tante altre nostre rivendicazioni. Siamo quindi solidali e propaganderemo qualunque iniziativa che nasca nelle carceri in questi mesi ma la Papillon non ci parteciperà attivamente perché concentrerà le sue energie nella direzione che abbiamo indicato sopra e che ci sembra l’unica credibile e vincente. E infine, lasciateci anche dire che la Papillon non si batte tanto per partecipare, con l’ambiguo obiettivo di chiedere al Parlamento un pronunciamento qual che sia, quasi che l’eventuale pronunciamento negativo (quello che nei fatti c’è già stato in questi anni e in questi ultimi mesi) sia da noi accettato "sportivamente" e con rassegnazione. La Papillon si batte pacificamente ma per vincere, ossia per imporre al parlamento un provvedimento di indulto e amnistia per tutti, nessuno escluso! e in questa direzione crea tutte le alleanze e i passaggi necessari per arrivare al risultato positivo. A tutti vorremmo ricordare che questa strampalata logica è stata quella che nel 2003 ha portato gli amici Radicali a sostenere apertamente (e per chi lo volesse, ci sono decine di giornali e di registrazioni) la truffa dell’indultino, nonostante noi detenuti, insieme a centinaia di cooperative e associazioni di volontariato, ed anche ai sindacati degli operatori penitenziari, denunciavamo il suo carattere di vera e propria truffa. Probabilmente a Capezzone e soci (Pannella è senz’altro un’altra cosa) non interessava il risultato ma soltanto la propaganda di loro stessi, ma per noi detenuti non può essere così. Noi siamo i soggetti che vivono davvero sulla pelle le delizie del carcere (comprese le minacce, le punizioni, i trasferimenti, etc.) e quindi costruiamo le nostre iniziative non per compiacere le esigenze di propaganda di questo o quel partito bensì per creare tutte le condizioni necessarie per vincere. altri discorsi non ci interessano.
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