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Osservatorio Calamandrana sul carcere di San Vittore "per la trasparenza e l’umanizzazione in carcere" Bollettino n° 21 - agosto 2006
Un esempio di rieducazione sommessa ma profonda
A San Vittore la mostra dell’atélier di pittura del sesto raggio non è stato un evento e non ha avuto la risonanza e i clamori dei concerti che si sono svolti in giugno in carcere, quando giornalisti e operatori televisivi hanno invaso il penitenziario. Anzi, a una giornalista di Repubblica che voleva visitarla non è stato dato il permesso di entrare. Eppure il lavoro di questo atélier di pittura, che si svolge da anni in questo carcere, merita di essere conosciuto, perché ci fa vedere quanta bellezza sanno esprimere i detenuti del sesto raggio, definiti "le ombre odiate" da qualche giornalista amante del pittoresco, e comunque non certo considerati un fiore all’occhiello di questo penitenziario, La mostra è stata chiamata " I pittori casuali" e contiene i lavori di Alessandro, Bilal, Boris, Claudio, Constantin, Francesco, Gabriele, Giomer, Giorgio, Giuseppe, Mario, Massimo, Michele, Santos. Percorrendo il lungo corridoio che conduce alla rotonda si è colpiti da una sequenza di belle immagini attaccate alle pareti; ma vale la pena di soffermarsi ad osservarle una per una, perché ognuna ha un suo particolare carattere e nessuna è banale. Si tratta di lavori in bianco e nero e in colore. In molti si riconoscono forme di piante, di fiori, persone, al di fuori di ogni stereotipo In altre si rimane colpiti dal fascino di trasparenze di colore dove il soggetto non è ben definito. Si capisce subito che si tratta di opere di diverse persone, ma sembrano tutti esperti di quest’arte, e invece si sa che non avevano mai fatto pittura. La conduttrice dell’atélier Ulla avverte che non propone di dipingere sbarre e volentieri spiega in che modo ha lavorato: "Nella natura cosa vi attrae?" Non si parte mai comunque dall’intenzione di dipingere un oggetto tracciando dei contorni che poi vengono colorati, ma si lavora partendo dalla stesura di un colore, che può essere prima il blu o il nero che poi si toglie un po’ con le mani, anche tenendo gli occhi chiusi. Ci si ferma a osservare molto e si cercano accostamenti lavorando sulla qualità e sul sapore dei colori, all’inizio pochi, scaldando un blu, raffreddando un rosa, seguendo un bisogno di rosso. Emergono così delle forme, come quando guardiamo le macchie di un muro e vi vediamo immagini.. Le forme che affiorano vengono sempre più evidenziate e messe in risalto. Così per esempio nei lavori ad acquarello, che hanno avuto per tema l’acqua, in mezzo agli azzurri spuntano forme di pesci A volte si parte invece da ghirigori con la china e da quelle linee complicate emergono forme. Così è nato un disegno che fa pensare a un duetto di trombe, intitolato dal suo autore "confusione di fiati". "Sono stupito di vedere il mio lavoro" Spesso Ulla sente frasi di questo tipo nel suo gruppo. Avere un piccolo successo è stimolante e educativo. Arrivare ad un risultato soddisfacente per se stessi è una bella esperienza. ed un grande stimolo a continuare questa ricerca delle proprie sensazioni, che vivificano ed aiutano a vivere più concretamente, più apertamente, tanto più se rivissute nel chiuso del carcere. "Sono ancora un individuo completo; non ho perso me stesso" Questo lavoro ci sembra in sostanza una bella forma di rieducazione prevista dall’art. 27 della Costituzione.
Testimonianze ricevute da altri carceri
Complicità fra guardie e detenute
R.R. è detenuta nel carcere di X da 14 mesi, nel corso dei quali si è dovuta accorgere di una rete di complicità fra alcune detenute e qualche agente di custodia. Una serie di pesanti trasgressioni delle regole del carcere, a vantaggio di tale gruppo "affiatato" funzionavano da solido legame omertoso : chi non le vede può essere compensato, chi viene compensato innesca la catena dei favori particolari, quindi delle esclusioni, peggio delle lusinghe e delle minacce rivolte a quante più detenute possibile, per mantenere, allargare, consolidare il silenzio. R.R. non ci sta: osserva e tace, diventando presenza pericolosa e ingombrante. Si tenta di coinvolgerla allora in occasionali incidenti e conflitti; poi viene addirittura simulata un’aggressione fisica, mai avvenuta, di cui lei sarebbe autrice, e vittima una delle detenute "protette", che mostra anche ferite e contusioni, evidentemente provocate ad arte. Denunce, contro denunce, punizioni che scattano per R.R., anche allo scopo di indurla, a difesa della sua innocenza, a far luce coi responsabili della custodia, sulle tresche in essere nel reparto e sulla responsabilità degli agenti. Giunge perfino, all’improvviso, un provvedimento di isolamento, subito revocato all’atto in cui R. R. decide di "informare" i responsabili per quel che sa del comportamento ben più che colluso di agenti e detenute. Si crea a questo punto un regime di incompatibilità della sua presenza a X, mentre vengono via via trasferite anche le altre persone, agente e detenute, coinvolte nella vicenda. R.R., che ha nel frattempo( causa i provvedimenti punitivi precedenti) perso il lavoro nella cooperativa operante in carcere e i contatti maturati per accedere alle pene alternative, viene trasferita al carcere di Y. E come? La mattina del 28 dicembre (2 - 4 gradi centigradi all’esterno) essa viene convocata, informata, caricata rapidamente sul blindo: a Y arriva dopo qualche ora senza un giubbotto o una qualsiasi copertura, senza biancheria né effetti personali, senza la sua agenda che custodisce recapiti telefonici per lei essenziali, quello del suo avvocato, per esempio, senza alcuna garanzia di poter riprendere a lavorare, senza alcuna distinzione di trattamento da quello riservato ad un pacco ingombrante, senza la tutela più elementare della sua dignità e della sua autostima. Il 24 gennaio u.s. la Camera di Consiglio assegna insperabilmente R.R. all’affidamento in prova ad una comunità sul territorio del carcere dove era stata detenuta precedentemente: l’ordinanza definisce il termine entro il quale R.R. dovrà presentarsi alla comunità; R.R. uscendo dal carcere di Y, raggiunge quello di X per recuperarvi le sue cose, l’ultima retribuzione e la liquidazione che le spetta; trascorsi tre giorni si presenta alla comunità, dove invece viene rifiutata, per essersi "resa irreperibile". Inutilmente il suo avvocato, convocata una nuova Camera di Consiglio, ottiene la riconferma del provvedimento, ma R.R. torna in carcere in attesa di una nuova disponibilità di altro ente, senza lavoro e ovviamente senza diritto ad ottenere una valida giustificazione del suo "ritardo".
La minaccia del "rapporto" arriva anche per le piccole distrazioni
M., detenuto in un carcere del sud, ci scrive scusandosi del ritardo con cui ci arriva la sua lettera e spiegandone i motivi: la lettera da lui spedita era tornata indietro perché non affrancata correttamente.. Per questa sua distrazione è stato chiamato dal brigadiere che lo ha minacciato di fargli rapporto e denunciarlo per truffa. M. si scusa moltissimo con noi per questa sua distrazione e dice che forse in quella cella sta diventando un povero scemo. Noi siamo colpiti ancora una volta da quanto il carcere possa diventare un mondo a parte, dove piccoli fatti assumono dimensioni smisurate. Il brigadiere esibisce il suo potere in modo pesante e insensato e M. si sente scemo perché ha sbagliato francobollo.
Convivenza quotidiana insopportabile
Trascriviamo un brano dalla lettera di G , detenuto in un carcere del centro Italia: "Vi racconterò una storia che sembra una tragicommedia. Il personaggio è il mio adorabile compagno con cui divido la cella. Prima lui era in una cella dove il suo compagno lo ammazzava di botte. L’altra sera verso le 23 l’ho visto che sputava qualcosa nel cesso. Era urina. L’aveva raccolta in un bicchiere e l’eccesso l’aveva in bocca; anche il pavimento era bagnato. Il giorno dopo ho voluto fare la pulizia della cella; a lui toccava pulire due cestini che uso per mettervi la pasta ed altri alimenti. Mentre io pulivo il bagno mi sono accorto che lui puliva i cestini imbevendo la spugnetta con la sua saliva. Ci vorrebbero pagine per raccontare tutti i pasticci che combina. Morale della favola: debbo ridere o piangere?" Questa convivenza non è episodica, ma va sopportata con nervi saldi 22 ore ogni giorno per anni.
Voglia di studiare frustrata
V. da un carcere del Nord è stato trasferito in un carcere del sud a pochi giorni dall’esame del primo anno di ragioneria che egli stava frequentando con successo. Nel nuovo carcere non può sostenere il suo esame. Fa allora la domanda per sostenerlo nella successiva sessione, ma per inviarla al Provveditorato ha bisogno dell’aiuto dell’educatore. Questo aiuto non avviene, anche se gli insegnanti che lo conoscono continuano a telefonare nel carcere dove si trova per raccomandarlo all’attenzione dell’educatore. Inoltre lì dove si trova non può seguire nessun tipo di attività o corso scolastico, non può ascoltare la radio né il lettore CD con cui studiava le lingue, e gli sono stati tolti i suoi materiali per fare pittura e artigianato che usava con molta perizia nei gruppi che frequentava. Questo detenuto era assai stimato dai suoi insegnanti di scuola e di atelier, dove ha portato il suo contributo intelligente.. Si tratta insomma di un bell’esempio di rieducazione, in cui un detenuto con un grande impegno personale è riuscito a seguire le opportunità che il carcere gli ha offerto. Ma il suo percorso scolastico non può continuare ed è stato improvvisamente messo nelle condizioni di vegetare. Vogliamo sperare che egli abbia la forza per continuare da solo la sua opera di rieducazione.
Per informazioni, segnalazioni e adesioni rivolgersi a Gruppo Calamandrana Presso Lega dei Popoli, via Bagutta 12 Milano tel. 02780811 e-mail gruppocalamandrana@libero.it Sito internet: http://calamandrana.interfree.it Gli originali degli scritti pervenutici direttamente da detenuti sono a disposizione presso la nostra sede. Maria Elena Belli, Nunzio Ferrante, Augusto Magnone, Maria Vittoria Mora, Mario Napoleoni, Dajana Pennacchietti, Gabriella Sacchetti, Sandro Sessa. Le Associazioni: Naga, Lega per i Diritti dei Popoli - Sez. di Milano.
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