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Osservatorio Calamandrana sul carcere di San Vittore "per la trasparenza e l’umanizzazione in carcere" Bollettino n° 19 – febbraio 2006
Riflessioni di un detenuto
Gioca con noi...79 Estratto semplice. Non è solo un numero, servirebbe a risolvere il reale problema delle carceri. È il 79 l’articolo della Costituzione che prevede la concessione dell’amnistia e dell’indulto Anche i politici nelle aule del Parlamento lo estraggono per giocare con noi, accendendo le nostre speranze. Da ormai 15 anni in Italia si parla solo di amnistia e indulto, ma nulla di fatto. Se ne parla soltanto. "È finito il XX° secolo..." "È morto il Papa, ...adesso si..." "Adesso c’è il nuovo Papa, se non la danno adesso..." 60000 detenuti, record storico mai raggiunto. Suicidi, 12 solo nel mese di dicembre. Mi viene da pensare che la gente viva ormai il carcere come una vera discarica. Smettetela almeno di dire che il carcere è un luogo di detenzione e rieducazione! Ora esiste anche la ex Cirielli, almeno la discarica è differenziata Noi viviamo ormai in uno stato di prigionia, stipati in una celletta in 6 o più persone. Smettetela di mostrarci sempre il terzo raggio di San. Vittore. Noi non viviamo in quelle celle. Le pene alternative sono ormai un miraggio, non ci sono gli educatori e gli psicologi che dovrebbero farci le sintesi. Il personale della polizia penitenziaria è costretto a lavorare in condizioni pessime e bisognerebbe dare il merito anche a loro se nonostante tutto nelle carceri sembra tutto tranquillo. Solo Pannella e altri potevano rincuorarci con la marcia di Natale, in un momento così delicato e difficile. Ma dopotutto le vittorie più significative si raggiungono allo sprint finale, basta crederci, e soprattutto volerlo!. Gli hanno e ci hanno voltato le spalle, sia le destra che la sinistra. Perlomeno si è smascherata l’ipocrisia del potere. Grazie Pannella, Pisapia , Giochetti, Don Mazzi e tutti quelli che hanno avuto il coraggio di esporsi per un problema sociale. Ce ne vorrebbero come voi! Spero solo che la Rosa nel pugno riceva i suoi meriti alle prossime elezioni e che gli imprenditori facciano gli imprenditori. Auguriamoci soltanto che da qui ad un eventuale atto di clemenza cessino nelle nostre carceri almeno i morti per suicidio e per malattia, perché non si può far finta di niente, e saranno ben pochi coloro che potranno dire di aver fatto il possibile per evitarlo; è una questione di coscienza. Castelli vuole costruire nuove carceri, ma quando e come?. A san Vittore esiste il quinto raggio, ristrutturato e nuovo; ma non viene mai aperto solo perché mancano un paio di muretti per l’ora d’aria, e questo da ormai più di un anno. È vero, abbiamo sbagliato e dobbiamo pagare il nostro debito con la società con la privazione della libertà, per essere rieducati. In realtà viviamo senza alcuna dignità costretti a stare tutto il giorno in una branda. Le nostre finestre non si chiudono qui in pieno inverno e non abbiamo l’acqua calda.. Ma a chi importa? Continuo a chiedermi un po’ perplesso se voi, vittime dei reati, cercate giustizia o vendetta. Giocate con noi! Chi sa, magari vincerete con i nostri sogni. Sono un semplice detenuto che, anche senza l’Estratto semplice, tornerà quest’anno in libertà. Carcere e tossicodipendenze. Ignoranza e pregiudizi di Augusto Magnone, medico volontario, ex primario Sert della città di Milano
La legge e il carcere
L’attuale legislazione (DPR 309/90) prevede che non possa essere disposta l’incarcerazione (salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza) per i tossicodipendenti in trattamento, se l’interruzione del programma possa pregiudicare la disintossicazione (art. 89). Se la carcerazione è indispensabile, devono essere erogate adeguate prestazioni socio-sanitarie all’interno dell’istituto (art. 95). In determinati casi, per proseguire od intraprendere un trattamento concordato con un’A.S.L. od un ente ausiliario o privato, sono previsti la sospensione della esecuzione della pena detentiva ( art. 90) e l’affidamento in prova al servizio sociale (art. 94).
I risultati
Nonostante che la legge sia in vigore da almeno 15 anni, le carceri italiane sono piene di tossicodipendenti. L’art. 89 trova applicazione in un esiguo numero di casi, di conseguenza la maggior parte dei pazienti viene incarcerata ed è tristemente noto che a costoro non viene solitamente garantito un adeguato trattamento per la tossicodipendenza. Il risultato è che in circa il 90% dei casi, dopo la scarcerazione, si ha la recidiva nella dipendenza e nei reati conseguenti.Solo una esigua percentuale di detenuti usufruisce della sospensione della pena o dell’affidamento in prova al servizio sociale; di questi, circa il 60-70% ritorna in carcere, non per aver commesso dei nuovi reati, ma per il riscontro di una o più urine positive per sostanze stupefacenti o peggio, (accadeva spesso all’inizio degli anni 90), per non essersi presentato ad 1 o 2 colloqui con il personale dei servizi.
Il perché dei fallimenti
Le cause sono molteplici. La legge è sicuramente inadeguata in quanto non considera la tossicodipendenza una malattia altamente recidivante, che costringe il malato a far uso di droga, né tiene conto della reale efficacia delle cure mediche e dei trattamenti integrativi. La legge non tiene conto della scarsa competenza della maggior parte degli addetti ai lavori. Mentre le neuroscienze hanno fatto enormi progressi nelle conoscenze dei meccanismi neurobiologici delle tossicodipendenze, esiste un grave divario culturale tra ciò che sanno i ricercatori e ciò che usano troppi operatori del pubblico e del privato, nei quali sopravvivono disinformazione e pregiudizio. In Italia non esiste un insegnamento, a livello di scuole professionali o di università, che si occupi di droghe e dipendenze. A volte è sufficiente essere un ex tossicodipendente trattato in comunità per diventare operatore della stessa ed esperto della materia. Ciò comporta l’utilizzo di trattamenti spesso inappropriati e, poiché all’ignoranza spesso si accompagna la presunzione, la colpa dei fallimenti viene solitamente attribuita al paziente. La mancata od insufficiente somministrazione di metadone agli eroinodipendenti incarcerati e la revoca dell’articolo 90 o del 94, non per un reato ma per una recidiva, evenienza normale nella dipendenza, sono la dimostrazione di un approccio di tipo ideologico e moralistico e non di tipo scientifico. Il poter usufruire una sola volta dell’art. 90 e due volte dell’articolo 94, fa si che molti tossicodipendenti abbiano già usufruito negli anni precedenti di tali misure e i tempi spesso eccessivi per l’ottenimento di tali benefici scoraggiano chi ha condanna breve, ritenendo opportuno non sprecare tali misure, per potersele giocare in un futuro, in caso di pene più lunghe. La legge non tiene conto dell’inefficienza cronica della magistratura, dei servizi pubblici e privati e delle carceri. L’applicazione corretta degli articoli di legge comporterebbe una capacità ed una velocità di interazione attualmente impensabile. Spesso è più comodo incarcerare disattendendo l’articolo 89, adducendo un inesistente esigenza di una custodia cautelare in carcere per motivi di eccezionale rilevanza, che non eseguire tempestivamente delle indagini in merito e confrontarsi con il servizio che ha in cura l’ammalato.
Quello che gli "esperti" dovrebbero sapere e raccontare sulle droghe
Le droghe sono sostanze che da sempre l’uomo assume in quanto, agendo sul cervello, sono in grado, attraverso meccanismi diversi, di provocare sensazioni piacevoli o di ridurre quelle spiacevoli, di alleviare la tensione e l’ansia, di migliorare l’interazione sociale ed il tono dell’umore; le sensazioni piacevoli possono essere non più forti di una leggera euforia od essere così intense da paragonarsi ad un orgasmo od a un magico distacco dalla realtà. Utili medicine, funghi facilmente reperibili nei nostri boschi, sostanze usate per cucinare (noce moscata, ecc.), o di vario tipo (gas, benzina, solventi per le colle, ecc) se usati con certe modalità danno effetti droganti. Alcune droghe possono da tutti essere definite "leggere" perché sostanzialmente non dannose all’individuo ed alla società. Queste droghe sono: il caffè, il the ed il cioccolato. La maggior parte delle droghe sono più o meno "pesanti" o più o meno leggere, a secondo delle quantità assunte, delle vie di assunzione, di chi le assume e della legislazione vigente. I termini "pesante" e leggero sono abitualmente riferiti alla possibilità delle droghe di dare effetti negativi o meno alla salute dell’assuntore e danni , di vario tipo, agli altri. Nelle tossicodipendenze, molti dei danni agli altri non sono attribuibili all’effetto della sostanza ma alla legge che spesso costringe il paziente a compiere reati per procurarsi una droga purtroppo divenuta indispensabile. Tra le droghe di maggior uso, quattro sono quelle che da millenni provocano i maggiori danni alla salute: il tabacco ( in Italia 90.000 morti all’anno, 35.000 nuovi tumori polmonari all’anno), l’alcol ( in Italia 30.000 morti all’anno ), la cocaina ( in Italia meno di 1.000 morti all’anno) e gli oppiacei (= eroina, meno di 1.000 morti all’anno). Altre droghe, quali l’ecstasy ed i derivati della cannabis, per le modalità con le quali vengono abitualmente utilizzate, nonostante la grande diffusione e la potenziale pericolosità, solo raramente sono causa di morte. Il tabacco e l’eroina danno facilmente dipendenza (circa un consumatore su tre),l’alcol e la cocaina con minor facilità ( per entrambe si calcola che il 10% divengano forti consumatori ed il 5% dipendenti). In termini teorici di pericolosità sociale l’abuso dell’alcol e l’uso della cocaina sono sovrapponibili. L’aggressività provocata per l’assunzione anche sporadica di tali sostanze ha un ruolo importante nel compimento di violenze che spesso portano ad omicidi e lesioni di vario tipo all’esterno ed all’interno della famiglia, danni a cose, ecc,. Attualmente fra le droghe, l’alcol è la più pericolosa, per gli effetti degli incidenti automobilistici e sul lavoro. Il tabacco non ha una pericolosità sociale, ma per il numero di malattie (non solo tumori) di cui è responsabile, ha costi sociali elevatissimi. La pericolosità sociale dell’eroina è legata non alla singola dose, in quanto è una sostanza che non induce aggressività, bensì alla forte dipendenza che produce. La necessità per questi pazienti di farne uso quotidiano ed i costi della stessa, inducono il consumatore privo di adeguate risorse economiche a commettere reati. Sino agli anni 50 (prima del proibizionismo), l’abuso e la dipendenza da oppiacei era molto tollerata. Illustri personaggi ne furono consumatori (G. Verne, R.Wagner, P. Picasso, A.Checov, U.Saba, C.Dickens, M.Proust, F.Goya, C.Darwin, F. Nietzsche, B. Franklin, J. London, P.Gauguin, W.Ghoethe, ecc.)
Perché le tossicodipendenze sono malattie
Alcune droghe, se assunte in quantità sufficiente e ripetutamente, provocano delle alterazioni persistenti in alcune parti del cervello, ben identificate. Queste alterazioni favoriscono l’insorgenza di riflessi condizionati,fs che scatenano nel tossicodipendente un desiderio compulsivo di far uso di sostanza. La vista delle droghe, di oggetti, di luoghi, di persone o situazioni emotive (stati di ansia, di depressione, di rabbia, di panico) sono "stimoli scatenanti" che nel malato provocano il desiderio incontrollabile di far uso della droga. Le dipendenze sono definite malattie croniche perché hanno una durata pluriennale. Hanno un andamento recidivante perché per effetto delle terapie o di cambiamenti ambientali si possono avere delle "guarigioni" temporanee. È esperienza comune a molti tossicodipendenti che durante un periodo di incarcerazione o trascorso in comunità od in un’altra città, come per magia il desiderio di usare droga si attenua al punto di poter essere controllato dalla volontà; ma l’impressione di essere finalmente guariti svanisce al ritorno nel proprio ambiente. Questo è dovuto al fatto che in un ambiente non abituale, se gli "stimoli scatenanti" sono pochi, il desiderio diminuisce ed è controllabile; il ritorno in un ambiente ricco di "stimoli scatenanti" aumenta il desiderio e la sola volontà diviene insufficiente. Nel caso dell’eroinodipendente, per effetto dell’eroina le endorfine del nostro cervello non funzionano più correttamente. La somministrazione di farmaci in grado di sostituire le endorfine permette al paziente di ritornare ad una vita perfettamente normale, senza dover ricorrere all’eroina, pur continuando a vivere nel proprio ambiente ricco di stimoli scatenanti. La terapia è efficace se i dosaggi sono corretti e la durata del trattamento (occorrono anni) è adeguata. Di questi farmaci, il più noto ed usato in tutto il mondo per la sua innocuità ed efficacia è il metadone. La scarsa preparazione dei medici italiani, ed a volte il timore di noie legali, rendono spesso inefficaci tali trattamenti, per i dosaggi insufficienti somministrati e per il tempo solitamente breve del trattamento. Solo in Italia ad esempio si effettuano i cosiddetti trattamenti a scalare, cioè di breve durata, giudicati del tutto fallimentari dalla letteratura scientifica internazionale. Solo in Italia è consentito a numerosi personaggi (che tra l’altro non sono neppure laureati in medicina.) di esprimere delle opinioni negative sull’efficacia dei trattamenti metadonici prolungati nel tempo.
Efficacia dei trattamenti
A nessuno è noto in che percentuale si possa guarire dalle tossicodipendenze. Dopo molti anni, per il diminuito effetto delle sostanze e per gli effetti negativi provocati dalla dipendenza alla vita del paziente, si instaurano dei condizionamenti negativi nei confronti dell’uso delle droghe. Attualmente non sono conosciute terapie farmacologiche, o di altro tipo, in grado di guarire con certezza ed in tempi determinati le dipendenze. Scopo delle terapie , che per avere effetto devono essere pluriennali, è di cercare di aiutare il paziente ad evitare o ridurre l’uso delle droghe per consentire una vita normale. Poiché l’uso delle droghe e conseguentemente le dipendenze, sono spesso favorite da malattie psichiatriche (disturbi della personalità, nevrosi, psicosi, ecc.) è indispensabile, per evitare recidive, il riconoscimento e la cura di queste malattie. In alcuni pazienti è sicuramente necessaria un’integrazione ai trattamenti che possa di fatto e non a parole, facilitare ed organizzare il reinserimento sociale e lavorativo; in caso contrario la recidiva è la norma. Dalla letteratura scientifica internazionale in merito all’efficacia delle terapie per l’eroinodipendenza, si evince questo: Metadone a mantenimento o a lungo termine: 50-80% Buprenorfina-naloxone a mantenimento: 40-50% Naltrexone a mantenimento: 10-20% Comunità e trattamenti drug-free :5-20% Per quanto riguarda la dipendenza da cocaina attualmente non esistono terapie farmacologiche. La risorsa più valida è la comunità abbinata ad interventi psicologici appropriati. L’efficacia di tali trattamenti è del: 10-20%.
La politica sulle droghe
In Italia un approccio scientifico alle tossicodipendenze inizia negli anni 90, sulla spinta emotiva provocata dall’infezione HIV e dall’AIDS. Solo allora ci si accorge, a differenza di quanto avviene nella maggior parte dei paesi occidentali, che le dipendenze sono malattie. Questa situazione aveva lasciato per 50 anni uno spazio "terapeutico" ad una serie di personaggi, che medici non erano. In Italia per definire le dipendenze si sono coniati nuovi termini quali devianza e disagio. Le conseguenze sono state tragiche sia per la scarsa efficacia degli interventi effettuati, sia per le modalità di approccio alla tossicodipendenza. Le teorie messe in atto sino a metà degli anni 90, erano basate sulla necessità di far terra bruciata attorno al tossicodipendente (il tossicodipendente doveva "toccare il fondo"), si accettavano nelle comunità solo quelli che dimostravano, previo esami delle urine, di non far più uso di eroina, ci si opponeva ai trattamenti con metadone, alla politica della riduzione del danno (= insieme di strategie per prevenire l’infezione HIV) promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità ed alla medicalizzazione delle dipendenze. Queste strategie non solo hanno tenuto lontano i pazienti dai luoghi di cura, ma hanno portato alla diffusione dell’infezione HIV e dell’epatite C tra i consumatori di eroina, causando la morte negli anni 90 di oltre 20.000 pazienti. La maggioranza dei politici (di sinistra e di centro destra ) ha sempre legiferato assecondando questi pareri gravemente dannosi, ed è stata incapace di valutare criticamente nel tempo i risultati ottenuti. Nel 1954 fu varata la legge 1041. Per effetto dell’art.6 e della interpretazione fornita dalla Cassazione a Sezione Unite (1957) il consumatore veniva punito per detenzione anche minima di sostanza da 3 ad 8 anni. Nel 90, dalla legge 309/90 sino al referendum popolare abrogativo del 93, furono riproposte sanzioni amministrative o penali per i consumatori a secondo della dose detenuta. I dati dimostrano che l’andamento delle dipendenze non è stato minimamente influenzato positivamente dalla normativa repressiva.
I politici del centro destra e la politica sulle droghe
Mentre la maggioranza degli operatori del pubblico e del privato (90%) ha capito che una politica punitiva nei confronti del consumatore è ininfluente sullo spaccio e sulla diffusione delle sostanze, l’orientamento di questa maggioranza politica, ripropone ora sostanzialmente quanto è stato abrogato dal referendum del 93, con l’avallo di una agguerrita minoranza di operatori, impermeabile alla cultura scientifica ed alle evidenze di efficacia dei percorsi terapeutici. Partendo dagli slogan "tutte le droghe fanno male", "drogarsi è immorale", "non vogliamo punire ma curare", si sono introdotte nella legislazione attuale una serie di norme contrastanti gli obiettivi proposti. Innanzitutto si è attuato un diverso trattamento tra gli assuntori delle diverse droghe. Usare il tabacco (90.000 morti all’anno) è etico, salutare ed innocuo; a dimostrazione di questo anche l’on. Fini fuma. Possedere una cantina piena di vini e liquori o produrre e vendere dell’ottimo vino Sangiovese (come fa una comunità nota per il suo proibizionismo) non è un reato, perché l’alcol (30.000 morti all’anno in Italia) non è una droga. Anche se sappiamo che l’alcol è responsabile del 20-25% di tutti i suicidi e del 50-70% di tutti gli omicidi, delle morti accidentali, delle violenze in famiglia. Avere con sé uno spinello può comportare il ritiro della patente e di conseguenza per alcuni la perdita del lavoro, averne una modesta quantità (da stabilire, presumibilmente 7-8 dosi) può comportare anche 3 anni di carcere o in alternativa un programma di recupero in comunità, perché uno stato responsabile deve curare e reinserire nella società i 4 milioni di cittadini che utilizzano in modo saltuario i derivati della cannabis. Se, al posto delle viti coltivi una piantina, gli anni di carcere potrebbero essere anche 6 o più. Le conseguenze di tale legge, se entrerà in vigore, saranno queste: Gli assuntori di sostanze, viste le sanzioni amministrative e penali saranno meno inclini a rivolgersi ai centri di cura per il timore di essere individuati e puniti. Aumenteranno i consumatori di bevande alcoliche. Sarà impossibile condurre significative ricerche epidemiologiche per evidenziare i consumi e le tendenze, ricerche fondamentali agli effetti della valutazione di efficacia dei provvedimenti presi o da prendere. Aumenterà il numero dei processi ed il numero dei detenuti. Tra i detenuti o gli ospiti delle comunità vi saranno consumatori non dipendenti ben inseriti nella società, che per la stupidità di una classe dirigente, ignorante in materia di droghe e dipendenze, perderanno il lavoro o dovranno interrompere gli studi. Il numero di coloro che potrebbero beneficiare dell’affidamento in prova al servizio sociale o della sospensione dell’esecuzione della pena, non potrà variare in modo significativo, in quanto la nuova normativa non introduce i criteri che sarebbero necessari per migliorarne l’efficacia: cioè la possibilità di usufruire più volte di tali provvedimenti ed una diversa valutazione dei programmi predisposti. Attualmente esiste la possibilità, spesso non attuata, di non revocare tali provvedimenti per una recidiva in assenza di reato. Se drogarsi diverrà un reato, il fallimento di tali misure alternative sarà la norma.
Per informazioni, segnalazioni e adesioni rivolgersi a Gruppo Calamandrana Presso Lega dei Popoli, via Bagutta 12 Milano tel. 02780811 e-mail gruppocalamandrana@libero.it Sito internet: http://calamandrana.interfree.it Gli originali degli scritti pervenutici direttamente da detenuti sono a disposizione presso la nostra sede. Maria Elena Belli, Nunzio Ferrante, Augusto Magnone, Maria Vittoria Mora, Mario Napoleoni, Dajana Pennacchietti, Gabriella Sacchetti, Sandro Sessa. Le Associazioni: Naga, Lega per i Diritti dei Popoli - Sez. di Milano.
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