Roberto Castelli

 

La giustizia del Carroccio. Il guardasigilli leghista:

Al sud il problema è la mafia. Al nord sono gli immigrati e la microcriminalità

 

Il Manifesto, 21 agosto 2001

 

È un programma di governo in piena regola quello che il ministro della Giustizia Roberto Castelli squaderna di fronte alla platea di Comunione e liberazione, a Rimini. "Un programma ambizioso", ammette, per realizzarlo ci vorrà l’intera legislatura. Per fortuna. Difficile infatti immaginare una strategia peggiore per la politica della giustizia.

Castelli ammette che nelle carceri la situazione sia grave, anzi "al limite della civiltà", I posti sono 45.000, ma i detenuti sono invece 52.000 e aumentano al ritmo di 7.000 all’anno. Guai però a chi ritenesse che un’amnistia, anche solo per i reati minori, possa servire a migliorare la situazione. Al contrario, il leghista Castelli sospetta che la suddetta situazione possa essere stata "creata per diventare esplosiva c portare ad atti di clemenza. A un’amnistia o a un indulto, ai quali "il ministro dice no". Perché? Ma perché i provvedimenti di clemenza "Vanno fatti quando lo stato è forte, e oggi invece c debole".

Se ne riparlerà dopo la cura ricostituente con cui la destra intende rendere lo stato meno gracile. Chissà se Genova deve essere intesa come la prima dose di questa robusta medicina, trattandosi di clemenza, non può mancare un passaggio sul caso Soffi, il più anonimo e reticente possibile.

Il problema, spiega Castelli, non si pone, dal momento che l’ex leader di Lotta Continua la grazia non l’ha chiesta. Se mai lo farà, il guardasigilli aprirà un’istruttoria c provvederà a inoltrare il tutto al Quirinale. Punto e si passi ad altro.

Alla microcriminalità per esempio. "Quella che interessa la massaia di Casalpusterlengo". Inutile che il centrosinistra dica che i reati sono diminuiti. Non c’è mica solo la Mafia. Pensate che "a Lecco i furti in appartamento sono aumentati del 96 %, e per il 60 - 80% sono opera di extracomunitari".

Questa è la vera emergenza, perché se al sud il problema è Cosa nostra, al nord, ciellini cari, è invece l’immigrazione. Un passaggio sulla certezza della pena, come da copione: "Ci si è sempre occupati del condannato, che certamente è debole. Ma io voglio occuparmi anche di chi conduce una vita onesta. Molti sono stati dalla parte di Caino, io starò dalla parte di Abele. Chi sbaglia deve pagare un prezzo ed essere privato della libertà.

Un altro passaggio sui minori: "Certe sentenze sono sconcertanti. Possibile che i minorenni che uccidono i genitori non scontino neanche un giorno di galera?". Non è che l’agenda del leghista sia molto diversa da quella dell’Ulivo, quando era al governo, e neppure i metodi di cura. Il ministro della destra preme solo l’acceleratore a tavoletta sulla via imboccata dall’Ulivo.

Ma nel mirino di Castelli non ci sono solo i piccoli criminali, specialmente se extracomunitari, le leggi come la Gozzini, che rendono incerta la pena, e le ipotesi di amnistia, che apriti cielo. No, lui mira anche ai togati. "C’è la diffusa sensazione che i giudici non siano imparziali ma guidati dalle loro ideologie, e che parlino troppo".

Castelli annuncia quindi di aver messo al lavoro i tecnici di via Arenula per mettere a punto "criteri di valutazione dell’efficienza dei magistrati". Insomma, "piena indipendenza della magistratura sì, ma allora che si auto governino davvero".

Dal presidente dell’ANM Giuseppe Gennaro e dal CSM sono arrivate, in risposta, reazioni prudenti. Gennaro, che discuteva pubblicamente col ministro nel meeting di CL ha ammesso che "noi magistrati parliamo troppo".

E il consigliere Rossi si e detto favorevole al monitoraggio suggerito dal guardasigilli, segnalando tuttavia che l’importante è definire su quali criteri si valuteranno i magistrati. Effettivamente, il problema è tutto lì"…

 

Castelli: Non cederemo ai ricatti della piazza. G8, monito ai magistrati dal Guardasigilli. No all’amnistia

 

La Repubblica, 21 agosto 2001

 

Lo Stato è debole, il pugno deve essere duro. Roberto Castelli, ministro leghista della Giustizia, lo proclama senza giri di parole. "I nostri elettori hanno espresso una richiesta di sicurezza", spiega al Meeting di Comunione e Liberazione. Nessuna concessione, quindi. "Gli atti di clemenza vanno presi quando lo Stato è forte, non debole come adesso", dice.

"Io non sono contrario alla clemenza, ma non è questo il momento". Il guardasigilli ne ha per tutti. Le inchieste della Procura genovese sulle violenze compiute da poliziotti? "Mi auguro che i magistrati - dice Castelli - mettano esattamente lo stesso zelo nell’indagare sia sui manifestanti presunti colpevoli di violenza sia sugli esponenti delle forze dell’ordine". Poco prima i contestatori no global erano stati bollati come "ricattatori". "Se cediamo ai ricatti della piazza, ricordiamoci che i ricattatori non si accontentano mai", aveva risposto Castelli a chi gli chiedeva della possibilità di spostare le date dei vertici FAO di Roma e NATO di Napoli.

"Un governo legittimato - era andato giù deciso il ministro - deve fare ciò che deve". Nessun dubbio. Il sovraffollamento nei penitenziari non si risolve con amnistie. Castelli usa Andreotti: "A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina", per sparare sui predecessori dei governi di centrosinistra.

"Le carceri sono al limite della civiltà, ci sono 57 mila detenuti, 12 mila più della capienza, aumentano di settemila all’anno. Ma non vorrei si fosse creata una situazione così esplosiva per arrivare poi ad atti di clemenza". E sul caso di Adriano Sofri, che "Non ha chiesto la grazia, se la farà si deciderà se inoltrarla", solo una "sinistra razzista e snob" applica pesi diversi.

Anche sulle toghe si va giù pesante. "C’è la diffusa sensazione che i magistrati non siano imparziali, ma siano guidati dalle loro ideologie", dice Castelli, con il fazzoletto verde Lega nel taschino, e si becca l’applauso dei ciellini. "Parlano troppo - è l’avviso del ministro ai giudici - e questo va contro la stessa magistratura. Occorre più cautela, riserbo assoluto anche da parte dei politici, nel commentare le sentenze".

Poi l’annuncio: "L’efficienza del lavoro dei magistrati sarà valutata con appositi parametri, su cui è al lavoro una commissione di esperti nazionali ed internazionali. È un tema difficile, scottante, ma io che sono ingegnere me ne intendo".

"Certo - si entusiasma Castelli - andare a fare le pulci ai magistrati è mettere il dito sulla piaga, ma la stragrande maggioranza di loro lo desidera e anche al CSM si sono attivati". E in ogni caso pure il Consiglio superiore della magistratura sarà riformato, "con un sistema elettorale per cui, anche i singoli individui, possono esservi eletti senza far parte di correnti rigide e codificate".

 

 

Castelli: anche i giudici vanno valutati. Dal meeting di Rimini il ministro esclude amnistie: Stato troppo debole. Grazia a Sofri? Per ora no.

 

Il Sole 24 Ore, 21 agosto 2001

 

La giustizia soffre per troppa inefficienza e per l’eccessiva durata dei processi. Una situazione grave cui il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, vuole porre rimedio con un "programma ambizioso" di riforma. Anche perché, denuncia, le carceri italiane sono "al limite della civiltà". Niente amnistie, però. Almeno per il momento. "Perché spiega Castelli - lo Stato oggi è troppo debole".

Tutti dovranno fare la loro parte, spiega il ministro, compresi i magistrati. Sta infatti per essere varato un nuovo sistema di valutazione sull’efficienza del loro lavoro. Insomma i giudici imboscati o fannulloni verranno stanati, applicando precisi criteri di produttività. I parametri per stabilire in modo equo chi compie solo parzialmente il proprio dovere sono già allo studio di una commissione di esperti nazionali e internazionali, assicura Castelli.

Mentre annuncia il proposito, da vero ingegnere lombardo, di portare efficienza padana nei sonnolenti palazzi della giustizia, il ministro si rende conto delle difficoltà che l’impresa comporta: "Andare a fare le pulci ai magistrati è come mettere un dito nella piaga, ma molti giudici sono d’accordo". A raccogliere la sfida lanciata dal ministro è Giuseppe Gennaro, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, e lo fa in modo positivo: "Siamo favorevoli alla verifica della professionalità e del rendimento del nostro lavoro. Devono però essere chiare le condizioni. Ci sono magistrati che lavorano meno di altri per il semplice fatto che si trovano in zone a bassa criminalità e dove, quindi, la domanda di giustizia è minore. Un simile fatto non pone il problema dell’efficienza del lavoro, ma della corretta distribuzione delle risorse umane sul territorio". "Giudizio Sospeso", invece, almeno per ora, sul più generale progetto di riordino del sistema della giustizia in Italia. "Aspettiamo di conoscerne nel dettaglio i contenuti", aggiunge Gennaro.

Il ministro della Giustizia e il presidente dei magistrati italiani parlano a Rimini in occasione del meeting per l’amicizia tra i popoli, sollecitati dalla domanda degli organizzatori che vedono nel Paese "una diffusa domanda di giustizia che stenta a trovare risposta, trasformandosi in generale sfiducia".

Un appuntamento dal titolo interrogativo: "Giustizia sarà fatta?". Castelli risponde elencando alcuni dei punti salienti del suo progetto di riforma. Una ricetta che vede il ministro "più attento alle esigenze di Abele, che a quelle di Caino, perché chi sbaglia deve pagare un prezzo e non si deve rinunciare alla certezza della pena". Il primo passo è quello di rendere più veloci i processi. Anche perché "il 70% degli italiani non ha fiducia nella giustizia e, nel 50% dei casi, la ragione della delusione deriva dalla lentezza procedurale". Velocizzare, velocizzare, non solo sul fronte penale, dove si continuerà sul cammino della depena1izzazione. "È quasi pronto un disegno di legge per ridurre i tempi dei processi civili". Una proposta da emendare se necessario, ma da approvare in fretta perché "ci sono tre milioni di cause civili pendenti e solo 8.500 giudici per risolverle".

Ai magistrati Castelli chiede non solo efficienza, ma anche "imparzialità" e un "rigore deontologico molto elevato". C’è la diffusa sensazione che a volte i giudici siano "guidati dalla loro ideologia e parlino troppo". Occorre più cautela, ma la stessa cautela viene chiesta ai politici nel valutare le sentenze dei magistrati.

 

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