Multe e spese

 

Gestione dei rapporti economici con le istituzioni

 

La multa e l’ammenda (la conversione in libertà controllata o in lavoro socialmente utile)

 

Le pene pecuniarie possono chiamarsi "multe" o "ammende". Vengono stabilite al termine di un processo e possono accompagnare la condanna alla detenzione, oppure costituire l’unica sanzione inflitta. Molti reati prevedono sia la pena detentiva sia quella pecuniaria. Per esempio, per i reati di droga e di contrabbando, sono previste multe molto severe.

Ma queste pene possono essere inflitte anche se si fa un ricorso in Cassazione e questo viene riconosciuto infondato (dichiarato inammissibile).

Quando lei non è nelle condizioni economiche per pagare, multe e ammende vengono convertite d’ufficio in una pena sostitutiva, che consiste nella libertà controllata.

Ogni quota di 38,73 Euro, della pena pecuniaria non pagata, sarà sostituita con un giorno di libertà controllata, o di lavoro socialmente utile, la cui durata non potrà comunque superare:

1 anno, se si sostituisce una multa;

6 mesi, se si sostituisce una ammenda.

La libertà controllata la dovrà scontare al termine della detenzione e comporta alcuni obblighi e divieti, che vengono decisi dal Magistrato di Sorveglianza: presentarsi tutti i giorni in caserma, non uscire dal comune di residenza, etc. (Esiste la possibilità di far cessare in qualsiasi momento la pena sostitutiva, pagando la multa o l’ammenda dovuta).

Se non si rispettano tutte le prescrizioni della libertà controllata o del lavoro socialmente utile, che saranno indicate dal giudice, i giorni rimanenti della pena, così sostituita, saranno scontati in carcere.

La sostituzione della pena pecuniaria con la libertà controllata o il lavoro socialmente utile obbliga gli stranieri, anche se condannati all’espulsione in sentenza, a soggiornare in Italia fino al termine della pena sostitutiva.

Se intende pagare, anziché scontare la pena sostitutiva, ma al momento non ha soldi a sufficienza per farlo, può chiedere di pagare a rate quanto è dovuto, rivolgendo un’apposita istanza al Magistrato di Sorveglianza. Ogni rata non potrà, comunque, essere di importo inferiore ai 15,49 Euro e le rate possono essere, al massimo, trenta. Può anche chiedere di rimandare il pagamento per sei mesi, ulteriormente prorogabili, se prevede di avere, in quel momento, il necessario per versare la somma dovuta.

 

N.B. Per queste pene pecuniarie (multe e ammende) non è possibile chiedere, in nessun caso, la remissione del debito.

 

Le spese processuali e di mantenimento in carcere

 

Se lei è definitivo, le verrà chiesto il pagamento delle spese del processo e dei soldi che spettano all’avvocato d’ufficio (se non era stato ammesso al gratuito patrocinio).

Le verrà anche richiesto il pagamento di una quota giornaliera per il mantenimento in carcere, attualmente fissata in circa 1,80 Euro. Questa somma comprende il costo dei pasti e quello dell’uso del corredo personale, fornito dall’amministrazione penitenziaria (materasso, lenzuola, piatti, posate, etc.).

Per la copertura di queste due spese risponde con tutti i beni mobili e immobili che possiede (eccetto una parte della retribuzione del lavoro, anche se svolto in carcere, e della pensione, che non possono essere pignorati).

Se si trova in difficoltà economiche, può chiedere che le spese processuali e di mantenimento le siano rimesse, cioè condonate. (Oltre ad essere in difficoltà economiche, è necessario che lei abbia tenuto una buona condotta durante la detenzione).

Se la richiesta verrà accolta, non sarà più tenuto a pagare queste spese. In tal caso, le verranno addebitate solo le spese di mantenimento per i mesi di detenzione in cui ha lavorato.

Per chiedere la remissione del debito deve presentare un’apposita richiesta al Magistrato di Sorveglianza.

La domanda di remissione del debito, va presentata non appena riceve l’avviso di pagamento e comporta la provvisoria sospensione della procedura per il recupero delle somme dovute.

Quando terminerà la pena, il Magistrato di Sorveglianza valuterà se lei si trova nelle condizioni per ottenere la remissione effettiva del debito.

 

Se lei è "definitivo", la mercede per il lavoro effettuato in carcere verrà suddivisa tra il fondo disponibile (quattro quinti) e il fondo vincolato (un quinto).

I soldi del fondo vincolato le saranno dati quando finisce la pena però, se proprio non può farne a meno, può chiederne lo svincolo utilizzando l’apposito modulo, che troverà in sezione.

Nel modulo deve specificare il motivo della sua richiesta, che verrà accettata solo in presenza di motivi particolari e sempre che il bisogno non possa essere soddisfatto dal fondo disponibile.

 

Il risarcimento del danno

 

Quando il reato per il quale lei è stato condannato ha causato danni ad altre persone e queste si sono costituite al processo come parte offesa, deve risarcirle. La somma per il risarcimento, stabilita dal giudice, può essere recuperata con la vendita dei beni che possiede, oppure con trattenute sulla retribuzione, fino a un massimo dei due quinti (incluse le spese di mantenimento). Così come le pene pecuniarie, anche queste somme, dovute per il risarcimento del danno, non possono essere rimesse (condonate).

 

N.B. Il pagamento delle multe, delle spese processuali e di mantenimento e di eventuali risarcimenti (per chi si trova nelle condizioni economiche per effettuarlo) costituisce un requisito necessario per ottenere la liberazione condizionale, la grazia e la riabilitazione.

 

L’iscrizione al Collocamento (Sezione Circoscrizionale per l’Impiego)

 

Se cerca un lavoro deve iscriversi nelle liste dei disoccupati, rivolgendo la richiesta alla Sezione Circoscrizionale per l’Impiego della Provincia dove si trova detenuto. La domanda di iscrizione può essere inviata per posta, allegando:

l’apposito modulo di iscrizione, con firma autenticata dal Direttore del carcere (il modulo deve richiederlo alla Sezione stessa e, se trova difficoltà con la pratica, può rivolgersi allo Sportello Polaris che c’è in Istituto);

il certificato di detenzione;

il libretto di lavoro.

Il libretto di lavoro le verrà poi restituito. Entro il 30 novembre di ogni anno si ricordi di chiedere il rinnovo dell’iscrizione, altrimenti verrà cancellato dalle liste dei disoccupati; può anche richiedere l’esonero dal rinnovo annuale, segnalando il perdurare dello stato di detenzione.

A fine pena è possibile recuperare l’anzianità di disoccupazione maturata, presentandosi al Collocamento muniti di certificato attestante il periodo di detenzione, rilasciato dalla direzione del carcere. Chi possiede una qualifica (acquisita portando a termine un corso), può richiedere che venga registrata sul libretto di lavoro, allegando copia degli attestati rilasciati dagli enti di formazione professionale riconosciuti.

Il libretto di lavoro va richiesto al Comune di residenza, anche per posta e, in caso di smarrimento, si può chiederne un duplicato, allegando la denuncia di smarrimento.

 

L’indennità di disoccupazione

 

Si tratta di un contributo temporaneo, corrispondente al 30 % del salario mensile, che viene liquidato dall’I.N.P.S., e ne esistono due tipi: ordinaria e ridotta.

L’ordinaria spetta a chi ha lavorato per almeno 52 settimane nell’ultimo biennio ed è iscritto da almeno due anni alla Previdenza sociale. Il termine della presentazione delle domande scade il 68° giorno dal licenziamento, o al 98° dalle dimissioni.

L’indennità ridotta spetta a tutti i lavoratori stagionali e precari, quali sono in massima parte anche i detenuti: occorre aver lavorato almeno 78 giornate effettive nell’anno solare, sempre con almeno due anni di iscrizione all’I.N.P.S.

Questa domanda si presenta entro il 31 marzo dell’anno immediatamente successivo a quello di lavoro, e non occorre essere disoccupati al momento in cui si fa la domanda.

 

 

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