Forum: Susanna ex detenuta

 

Susanna: non si parla dei problemi di convivenza 
tra detenuti italiani ed extracomunitari

 

Susanna - 4 marzo 2002

 

Sono un'ex detenuta, ho ancora tanti amici che si trovano in carcere e trovo che questo sito possa aiutare ad aprire gli occhi per chi non conosce questa realtà. Le cose su cui mi interesso molto attualmente è l’irrisolvibile problema dei malati di AIDS che devono rimanere dentro a morire rabbiosi e senza Dio.

Al problema degli italiani mescolati agli extracomunitari, come a Verona, dove si tengono nascosti fatti rilevanti come l’uso da parte loro di lamette e altro e, all’ordine del giorno, ci sono persone ferite, isolamenti e denunce. S’impongono sugli italiani perché sono sempre armati di qualcosa e perché sono numericamente di gran lunga superiori.

Il disagio dei nostri ragazzi italiani aumenta di molto la loro sofferenza sullo stato di impotenza e di paura. Vi ringrazio di questo spazio per comunicare. Un saluto a tutti i detenuti di Padova con i miei complimenti.

Karim, 4 marzo 2002

 

Gentilissima Susanna, mi chiamo Karim, sono un tunisino di 28 anni e collaboro con la redazione del giornale "Ristretti Orizzonti", dove ho ricevuto la tua e-mail attraverso Ornella Favero, la volontaria coordinatrice redazionale di Ristretti.

Il nostro giornale si occupa molto dei problemi che riporti nel tuo messaggio e cosi ho avuto la possibilità di riflettere sul problema. Il fatto di essere tunisino non mi porta a giustificare atti violenti, come l’impiego di lamette per aggredire altri detenuti, ma è il caso di guardare a questi eventi in maniera più globale.

Io sono detenuto a Padova, dove, pur nella sofferenza della detenzione, abbiamo la fortuna di avere numerose attività dove extracomunitari e italiani lavorano assieme senza problemi. Qui le risse sono fatti veramente sporadici.

Forse i comportamenti di tanti extracomunitari nascono dall’esasperazione, che può portare anche alla follia, e potrebbero finire se le amministrazioni penitenziarie cominciassero a trattare i detenuti come uomini e non come bestie.

Trovo sbagliato il silenzio che i media fanno su tutto ciò, ma è meglio il silenzio piuttosto che un parlarne che sia soltanto criminalizzare ancor di più gli extracomunitari, senza arrivare alla vera fonte del problema.

Ti invito quindi, oltre che a rispondere, a riflettere sulla tua esperienza carceraria: ora sei libera e senz’altro puoi vedere il carcere per ciò che è, senza la rabbia che offusca la mente di ogni persona privata della libertà. Spero che tutto ciò ci porti a un sereno confronto e a una nuova amicizia.

Altro punto dolente è la situazione degli ammalati di AIDS, di tumore, o di altre gravi patologie. Questo è un tema drammatico di cui noi cerchiamo di occuparci sempre, anche se ci si sente quasi impotenti davanti a questo scandalo, ma visto che "lo scritto rimane" scrivo il mio grido di aiuto a nome di chi non ha più la forza di farlo, sperando che tutto ciò prima o poi finisca. I miei migliori saluti.

 

Karim Ayari 

 

Franca - 4 marzo 2002

 

Anche a me è successo così, la prima volta che sono stata arrestata, io sono di Asti e mi hanno portato ad Imperia, niente mi era familiare e mi sono sentita sola e terrorizzata. ma la paura non basta.

Scherzando paragono la paura del carcere al dolore del parto per una donna, passato il momento di dolore te ne dimentichi fino al prossimo parto, ricordi di averlo avuto ma non è solo quello a frenarti nel fare un'altro figlio.

Italiani ed extracomunitari crea un pò di subbuglio! capisco bene che è un problema impellente e difficile, d'altra parte non riusciamo a risolvere il problema fuori dalle carceri figuriamoci in più piccolo mondo dove tutto è portato all'esasperazione. penso che un primo passo potrebbe essere quello di inserire la figura di un mediatore interculturale ad affiancare gli educatori, gli assistenti sociali all'interno delle carceri, ma...?

Separare per continenti dici,forse se si riuscisse a non avere sovraffollamento nelle carceri, più lavoro quindi più alta la possibilità di mantenersi autonomamente,un primo passo potrebbe essere fatto.

Anche le parole di Truciolo sono da considerare bene, il fatto che le leggi emanate per limitare un problema come i clandestini vengano a peggiorare una situazione già di suo grave. Mi piacerebbe arrivare al punto che tutti ci accettiamo come facenti parte di un unico continente, non è un atteggiamento alla "new age" o "vogliamoci tutti bene" perché è giusto che ognuno mantenga la sua individualità anche come appartenenza ad una etnia, semplicemente vorrei che ci rispettassimo di più.

L'unica distinzione che ritengo funzioni è quella in base all'entità della condanna,tra definitivi e in attesa di giudizio,penali e giudiziari,proprio per la diversificazione degli interventi. sperando in una velocizzazione di tutto l'apparato Giustizia.

 

Susanna

 

Redazione - 4 marzo 2002

 

Cara Franca, intanto i consigli per il forum sono buoni, stiamo cercando anche noi di "dare una regolata" al dibattito, cercando di organizzare la discussione per argomenti, o per lo meno di indicare in partenza i temi che si trattano nel messaggio (forse è già un passo avanti indicare all'inizio l'oggetto). Il problema è che in redazione i tempi per risolvere i problemi tecnici sono più lunghi del normale, non avendo a nostra disposizione consulenti, né internet, su cui studiare un pò di soluzioni possibili.

Quanto agli stranieri, capiamo il disagio di Susanna, ma la nostra piccola esperienza di redazione ci fa essere d'accordo con Franca:là dove è possibile avviare un confronto, è bello non sentirsi troppo legati alle proprie abitudini di vita, ed è anzi interessante mettersi in una posizione di curiosità e di voglia di ragionare sui rispettivi comportamenti. Noi ci siamo un po' riusciti, ed è paradossale che questo confronto qualche volta possa avvenire più in carcere che fuori: il fatto è che fuori stranieri e italiani hanno poche occasioni di "mettersi alla prova" reciprocamente.

 

Francesco e Ornella

 

Truciolo - 5 marzo 2002

 

Come gia precedentemente scritto, io personalmente vedo la necessità di fare un distinguo tra persone "temporaneamente" in Italia e persone "permanentemente" in Italia.

Quando riusciamo a fare questo distinguo, capiamo che l'Italia non ha più bisogno di tutte le emergenze che ci sono state per ciò che riguarda l'atteggiamento della popolazione residente in Italia, quindi e' giusto e necessario dare dei benefici, adesso.

Ci saranno sempre situazioni straniere che non possono essere aggiunte ai mali italiani e poi se ne trae un giudizio finale.

Lo straniero, ripeto, possiamo aiutarlo diversamente con persone più specializzate a dare qualcosa veramente, un compagno di cella può lasciare dei bei ricordi, ma ci sono istituzioni che dovrebbero offrire delle realtà concrete, per chi sceglie l'Italia in cerca di aiuto. Sopratutto il mio appello e' volto a non dimenticarci dell'Italia che di benefici non ne vede dagli anni '90, perché ci sono sempre dei motivi!

 

Truciolo

 

 

 

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