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Com’è importante tener conto del "punto di vista bambino" In Friuli Venezia Giulia il bambino è un soggetto in grado di poter esercitare a tutti gli effetti i propri diritti. Ne abbiamo parlato con Francesco Milanese, Pubblico Tutore dei Minori della Regione
(Realizzata nel mese di Gennaio 2004)
di Graziano Scialpi
In contrasto con una tendenza nazionale che, sull’onda di sporadici episodi di cronaca, invoca una "svolta" inutilmente repressiva nella legislazione minorile, già da qualche tempo la Regione Friuli-Venezia Giulia ha avvertito la necessità di offrire una maggiore garanzia al rispetto dei diritti e della tutela dei minori. A questo scopo, è attiva da tempo la figura del Pubblico Tutore dei Minori, istituita con una legge regionale. A ricoprire, per la seconda volta, questo delicato ruolo è il professor Francesco Milanese, docente di Legislazione minorile presso l’Università di Trieste, che ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande.
Professor Milanese, lei ha da poco iniziato il suo secondo mandato come Pubblico Tutore dei Minori della Regione Friuli Venezia Giulia. Ci vuole parlare di questa figura poco conosciuta? Come e da chi viene scelta? Di cosa si occupa? Qual è la sua importanza? Esiste solo in Friuli-Venezia Giulia, che è una regione a statuto speciale, oppure è prevista in tutta Italia? Secondo lei come potrebbe essere migliorato questo ruolo? Il Pubblico Tutore dei Minori è un organo di garanzia emanazione del Consiglio Regionale, come tale riceve il proprio mandato dalla legge che ne definisce le funzioni. I suoi compiti sono di diversa natura: da un lato quelli promozionali, relativi alla diffusione di una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza che rispetti i diritti dei minori e che pervada tutta la pubblica amministrazione dalla scuola, ai servizi sociali, dalla cultura allo sport al tempo libero, così come ogni ambito che possa riguardarli direttamente o indirettamente; dall’altro lato compiti di garanzia, ossia la segnalazione di situazioni a rischio in riferimento a casi singoli o interessi diffusi. A queste attribuzioni se ne aggiunge una terza, importantissima, vista la vasta competenza legislativa del consiglio regionale, e cioè l’espressione di pareri sui progetti di legge e sui provvedimenti amministrativi. Essa si traduce nella possibilità per il Tutore Pubblico di aiutare il legislatore e l’amministrazione a tener conto del "punto di vista bambino" che altrimenti è difficile venga preso nella dovuta considerazione dalla politica. A questo proposito ho presentato, di recente, a Roma alla Presidenza della Commissione Infanzia del Senato alcune riflessioni di merito nella discussione relativa all’istituzione di un garante nazionale, figura prevista in alcuni disegni di legge all’esame della Commissione stessa, richiamando l’attenzione sulla necessità di produrre un nuovo sistema di esercizio della tutela dei diritti dei minori. Oggi siamo di fronte alla possibilità di una grande innovazione nella concezione della tutela in ambito minorile, introdotta dalla Convenzione Europea - ratificata in Italia nel marzo dello scorso anno - che impone di passare da una percezione del bambino come oggetto della nostra protezione e cura, a quella di considerarlo soggetto di diritto in grado di poter esercitare a tutti gli effetti i propri diritti, realizzando nel contempo le forme e gli spazi di un esercizio sostanziale degli stessi. La tutela quindi non più in sostituzione delle funzioni e delle capacità del soggetto bensì come accompagnamento nel percorso educativo fino al progressivo compimento delle sue capacità. Per quanto riguarda il miglioramento del ruolo del Tutore Pubblico intendo far crescere l’Ufficio da una parte aumentandone la visibilità, e a questo riguardo vorrei aggiungere con soddisfazione che da poco l’Ufficio gode di una maggiore dotazione organica ed è presente in tutti i capoluoghi di Provincia dove sono a disposizione del pubblico in ciascuna sede almeno una volta a settimana; dall’altra parte rafforzandone la riconoscibilità verso gli operatori, come punto di riferimento di consulenza, di mediazione e, ove si renda necessario, di controllo, ponendomi quale interlocutore di eccellenza nei rapporti con le diverse amministrazioni: regionale, degli enti locali, delle aziende sanitarie, delle scuole, dei servizi, del volontariato in relazione alle politiche per l’infanzia e l’adolescenza. Questo è un aspetto di principio sulla base del quale intendo qualificare l’attività del mio mandato anche attraverso un’attività di promozione della capacità operativa di quanti a vario titolo operano nel settore minorile. La formazione di tali operatori è un problema molto sentito perché la qualificazione dei servizi passa anche e soprattutto attraverso la preparazione di chi li fornisce e la garanzia che la stessa sia adeguata è senz’altro uno strumento per rispondere in modo sostanziale alle esigenze di tutela dei minori. Ci sono invece dei limiti ancora piuttosto evidenti sul piano normativo, che però il legislatore regionale ha dichiarato di voler superare all’interno di un progetto complessivo di riforma della difesa civica che dovrebbe trovare un importante e significativo luogo di legittimazione costituzionale nella ormai prossima elaborazione del nuovo statuto regionale.
Lei ha definito la famiglia come un "luogo nevralgico". Il Procuratore generale presso la Cassazione, parlando del cambiamento delle tipologie dei delitti minorili, sempre più gravi e commessi da giovani provenienti da ambienti sociali "normali", ha messo in relazione questi mutamenti con il maggiore numero di separazioni e divorzi e la conseguente crisi dei riferimenti e valori familiari. Lei condivide questo punto di vista? La crisi di valori che ormai da lungo tempo avvertiamo anche nel nostro vivere quotidiano è un dato che purtroppo contraddistingue la società contemporanea. Allo stesso tempo è innegabile che in relazione alle situazioni di separazione e divorzio - nelle cui delicate fasi i genitori vedono affievolirsi fino a scomparire, il loro ruolo di riferimento per i figli - si registri un aumento di situazioni di disagio minorile che a volte sfociano nei casi di cronaca che tutti noi conosciamo. L’aumento del ricorso al servizio di neuropsichiatria infantile, con una domanda che supera di gran lunga l’offerta del servizio e che conta migliaia di casi, è un altro forte e allarmante segnale di questo malessere. Tutto ciò fa riflettere sul difficile, ma fondamentale ruolo della famiglia come nucleo fondamentale, cellula costitutiva della società e induce a domandarsi se essa sia ancora in grado di svolgere il suo compito primario e cioè quello di far nascere e crescere al suo interno gli individui, le persone. La risposta è senz’altro positiva. Oggi più di ieri il ruolo della famiglia va riaffermato e sostenuto con vigore. Nell’epoca attuale le famiglie sembrano essere senz’altro più isolate, più abbandonate di un tempo. Questo scenario tuttavia non può essere semplicisticamente ricondotto all’incremento del numero dei divorzi, ma piuttosto ad una "metamorfosi" della famiglia stessa e della società di cui fa parte. Non dimentichiamo che nella famiglia tradizionale i nonni, accanto ai genitori quando non addirittura in loro sostituzione, rappresentavano per i nipoti un importantissimo punto di riferimento, mentre oggi quasi sempre costituiscono un nucleo familiare a parte. Il numero dei figli era quasi sempre superiore a due, con differenze d’età notevoli, tanto che anche i fratelli maggiori avevano compiti di aiuto e di controllo verso i più piccoli. La società inoltre, soprattutto nelle piccole realtà di paese, era strutturata in modo tale da costituire essa stessa una "rete" di protezione per i ragazzi: penso alla figura del parroco e al ruolo di aggregazione e di controllo svolto dagli oratori, penso alla maestra elementare percepita come una vera e propria istituzione di riferimento. Tutto questo è cambiato, fa parte dei nostri ricordi di un mondo lontanissimo dai figli di internet e della play-station e tuttavia la famiglia non può certo essere sostituita. Il suo ruolo primario è ancora indiscusso, ma di fronte alle nuove sfide che si trova ad affrontare, essa va sostenuta nel suo supremo compito. Solo nella famiglia infatti i ragazzi ricevono quel complesso di attenzioni, di affetto, di comprensione, di rispetto e di amore indispensabile per una sana crescita psico-fisica. Sappiamo bene come le relazioni famigliari siano uniche ed insostituibili anche quando per incomprensioni o avversità risultino difficili. Di fronte alle sollecitazioni disgregative sia interne che esterne, le istituzioni hanno il dovere di aiutare la famiglia a trovare e mantenere la necessaria stabilità e l’Ufficio del Tutore Pubblico dei Minori può offrire un valido aiuto in tal senso. Quest’anno, in collaborazione con il Centro per la Salute del Bambino, abbiamo promosso il progetto "Genitori quasi perfetti": un percorso finalizzato a promuovere le competenze della coppia genitoriale - che verrà poi ripreso a livello nazionale - e che mette ancora una volta al centro la famiglia. Anche a livello legislativo è stato più volte posto il problema di una legge ad hoc, in merito alla quale è indispensabile, a mio avviso, compiere uno sforzo di innovazione normativa finalizzata all’ottenimento di un vero e proprio testo unico sulla famiglia. Un riferimento unitario per una diversissima gamma di interventi che vedono la famiglia oggetto di numerosi e variegati rapporti con le diverse pubbliche amministrazioni. Un testo unico capace di offrire una sintesi e di innovare la progettazione dei servizi per, e con la famiglia, nella consapevolezza che essa rappresenta appunto un "luogo nevralgico" della società, in cui a volte si consumano grandi tragedie, ma nella quale si realizzano anche splendide forme di accoglienza e di straordinaria solidarietà. A questa famiglia nella sua interezza è necessario dar voce e spazio in una società che non vuole e non può perdersi.
Data la sua esperienza, non crede che in termini di sicurezza sociale, piuttosto che il carcere, dal cui circuito è poi molto difficile liberarsi, sarebbe preferibile e pagante una politica di prevenzione con la creazione di luoghi di aggregazione dove i giovani, e non solo quelli tradizionalmente a rischio, invece di essere lasciati a se stessi, possano trovare chi li ascolta e cerca di proporgli quegli stimoli e quelle motivazioni che, con gli attuali mutamenti sociali, la famiglia non sembra più in grado di trasmettere? Quando la famiglia non è in grado di garantire il necessario supporto educativo ai figli, un intervento da parte delle istituzioni è non solo indispensabile ma anche auspicabile. Pur riconoscendo un ruolo a tutti gli istituti che operano con compiti diversi, ma con uguale impegno, nel settore minorile, intervenendo nella delicata fase di correzione e di repressione di comportamenti giudicati devianti, sono convinto che lo spazio in cui occorre lavorare di più agendo con maggior vigore sia quello della prevenzione. Ho già accennato alla funzione importantissima svolta un tempo dagli oratori: luoghi sani, in cui bambini e bambine imparavano il valore del rispetto del prossimo e della solidarietà, in cui potevano trovare sempre dei punti di riferimento. Io provengo dal mondo cattolico, ho fatto esperienza presso la Caritas, le comunità di accoglienza, l’associazionismo giovanile e quello familiare e sono convinto che tutte queste realtà, per la loro capacità di infondere e rafforzare valori e sentimenti positivi, partecipando al percorso educativo dei ragazzi, possono giocare ancora oggi un ruolo fondamentale nella prevenzione di comportamenti a rischio nei giovani. Un altro settore fondamentale che andrebbe potenziato è quello dello sport. Si dovrebbe poter garantire a tutti i giovani in età scolare la pratica di una disciplina sportiva che oltre a consentire uno sviluppo fisico armonico, aiuta a controllare ed a gestire l’aggressività attraverso l’apprendimento e il rispetto delle regole. Accanto a queste forme "tradizionali" di aggregazione se ne potrebbero senz’altro aggiungere di nuove, le più svariate, attraverso il sostegno e lo sviluppo di iniziative volte a promuovere ed a valorizzare la partecipazione dei minori in esperienze aggregative, da inserirsi nelle attività complementari e integrative scolastiche, in un contesto di collaborazione tra ente locale e scuola. È in tale direzione che sto sviluppando un impegno specifico per la valorizzazione dei Consigli Municipali dei Ragazzi, un’esperienza di aggregazione e di educazione alla coscienza civica e alla partecipazione, comprensione e rispetto della propria comunità.
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