Ruggero Ruggeri

 

Tagliamo l’IVA su tutto quello che ha a che fare con le carceri

Intervista a Ruggero Ruggeri, deputato della Margherita

 

(Realizzata nel mese di giugno 2002)

 

A cura di Nicola Sansonna

 

La proposta del deputato della Margherita, Ruggero Ruggeri, per migliorare la vita dietro le sbarre

 

Questa è una proposta che ci sembra del tutto nuova e particolarmente stimolante: una boccata d’aria buona, in un panorama di tagli su tutti i fronti dei fondi destinati alle carceri. Abbiamo intervistato Ruggero Ruggeri, deputato della Margherita, per capirne di più delle prospettive che potrebbe aprire la riduzione dell’Iva da lui ipotizzata.

 

Il Governo si è impegnato, accogliendo una sua proposta, ad abbassare l’Iva sulle transazioni di beni e servizi da e per le carceri italiane. Ci può spiegare che cosa l’ha ispirata nel fare questa proposta?

Questa è una delle diverse proposte che ho fatto al Governo per migliorare la vita nelle carceri. Si tratta di un ordine del giorno accolto dal Governo, che si è così impegnato, quando emanerà la riforma fiscale, ad abbassare al massimo l’Iva su beni e servizi che entrano ed escono dai nostri Istituti penitenziari. La motivazione è, per me, sempre la stessa, da quando sono parlamentare. Cerco, per quanto posso, di accendere i riflettori del parlamento sulla situazione delle persone che vivono nelle carceri. Un altro esempio di questi giorni è la presentazione di una mia interpellanza sul problema gravissimo dei suicidi, che trattate spesso anche sulla vostra rivista, che, tra l’altro, è una miniera di informazioni per i lavori di un parlamentare che si vuole impegnare sul tema della giustizia e del carcere.

 

Quali saranno i benefici immediati per i detenuti?

Per i detenuti e per le amministrazioni penitenziarie ci potrebbe essere una riduzione dei prezzi di tutti i beni che entrano in carcere. Ad esempio le derrate alimentari, il vestiario, i medicinali, libri, computer, attrezzature ecc. Se pensiamo al problema cronico dei deficit delle amministrazioni penitenziarie, la riduzione dell’Iva può essere anche un beneficio significativo perché si spende di meno e si può risparmiare o acquistare quantitativi maggiori di una merce. Ci sono macchinari, anche auto, sia per i detenuti che per tutti quelli che lavorano dentro, che senza Iva, costano davvero molto meno. Inoltre quei servizi, eccetto quelli sanitari già esenti da Iva professionali o altro che si acquisiscono dall’esterno, possono costare un po’ meno (meccanici, idraulici, avvocati, progettisti, informatici, etc.).

 

Quali sono i vantaggi per le imprese che intendono allestire laboratori di produzione in carcere?

Le imprese che allestiscono laboratori interni, nella trasparenza dell’organizzazione societaria del lavoro, potrebbero avere un grande beneficio, perché ad esempio le materie prime che servono per produrre beni all’interno possono costare di meno e così i prodotti finiti che escono. Le imprese all’esterno, quindi, possono essere più competitive nel fare prezzi più bassi ai consumatori.

 

Questo tipo di sgravi fiscali è applicabile anche a ditte esterne che assumono detenuti in misure alternative?

Questo penso di no, anche se dipende dal tipo di contratto di lavoro che l’azienda esterna contrae con i detenuti in misure alternative.

 

Ha altre considerazioni da fare sul lavoro in carcere e sull’attuale situazione degli istituti di pena?

Il lavoro non solo è uno strumento per imparare, investire sul proprio futuro, trascorrere meglio il tempo, per un recupero migliore, ma è anche, per molti, lo strumento per avere qualche soldo senza dipendere da altri, senza pesare sulle famiglie. Bisogna comunque rispettare un principio, che è quello che ad un lavoro deve corrispondere sempre una remunerazione. Questa non è una questione sindacale, ma il rispetto della dignità della persona che lavora. Nelle misure alternative non sempre chi lavora viene remunerato adeguatamente e molto spesso viene sfruttato. All’interno invece possiamo dire che le attività produttive quasi non esistono. Non c’è un rapporto fra le attività dentro e il mondo produttivo e del consumo fuori.

Anche gli enti pubblici potrebbero far lavorare i detenuti dentro con affidamenti di servizi e fuori con le misure alternative, ma sono troppo pochi quelli che lo fanno. In conclusione, mi pare che, anche in tema di lavoro, il problema più importante sia il dopo. Quando la persona esce dopo aver scontato e pagato si ritrova da sola. Invece di incontrare una cultura della solidarietà e della giustizia, chi esce trova la cultura del fai da te, dell’indifferenza, dell’ipocrisia e del pregiudizio. Troppo spesso la cultura della comunità locale non considera e tratta chi è dentro in carcere e chi esce come suoi componenti, forse i più importanti per l’attenzione e il sostegno di cui avrebbero bisogno. C’è ancora molto da fare in termini di pregiudizi culturali… ma siamo qui per questo.

 

 

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