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Napoli, alleanza tra Comune e associazioni per una detenzione “utile”
Il sindaco Rosa Russo Iervolino racconta la nascita dell’Osservatorio permanente sul carcere. Un progetto per dare opportunità di reinserimento ai detenuti e per vigilare sulla situazione dei penitenziari partenopei. Magari destinando gli appartamenti confiscati alla camorra a chi si ritrova libero e senza una casa
(Realizzata nel mese di ottobre 2004)
A cura di Marino Occhipinti
A Napoli si sta pensando di destinare un appartamento confiscato alla camorra ad accogliere chi esce dal carcere e non ha più una casa dove andare. Lo ha annunciato il sindaco del capoluogo campano Rosa Russo Iervolino alla presentazione dell’Osservatorio permanente sul carcere, pensato per prevenire i reati offrendo opportunità di recupero e di reinserimento sociale ai detenuti, in particolare a quelli con una bassa soglia di pericolosità sociale. Un progetto importante, nato su iniziativa del Comune di Napoli insieme alle organizzazioni che operano nei penitenziari locali e su sollecitazione del Laboratorio per le città sociali, un’associazione costituita da Magistratura democratica, Psichiatria democratica, Funzione pubblica Cgil e Cantieri sociali. L’Osservatorio sarà anche il luogo in cui acquisire elementi di conoscenza diretta sulle strutture carcerarie napoletane, per monitorare le condizioni di vita delle persone recluse, la loro situazione sanitaria e le problematiche dei detenuti extracomunitari. Stabilendo un rapporto di collaborazione con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, l’Osservatorio promuoverà corsi di lingua per i detenuti stranieri e corsi di formazione professionale; aprirà sportelli di informazione sul territorio e nelle carceri e costituirà comunità di accoglienza per gli ex detenuti. L’attività del nuovo “ente”, inoltre, si collega a quanto previsto dall’articolo 17 dell’Ordinamento penitenziario, che valorizza la partecipazione della comunità al percorso di reinserimento e di umanizzazione della detenzione. Il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, oltre a parlarci della nascita dell’Osservatorio, ci racconta quello che il suo Comune mette in campo per la popolazione delle carceri partenopee.
Il rapporto tra la città e le proprie carceri non può restare fuori dall’orizzonte degli enti locali
Sindaco Iervolino, chi ha proposto di istituire l’Osservatorio permanente sul carcere e con quali scopi? L’istituzione dell’Osservatorio permanente sul carcere è il frutto di una discussione alla quale hanno partecipato diverse associazioni e organizzazioni operanti a vario titolo nella realtà penitenziaria. In particolare l’idea dell’Osservatorio è stata sottoposta all’amministrazione comunale dal Laboratorio per le città sociali. Abbiamo raccolto l’idea perché siamo convinti che il tema del rapporto tra la città e le proprie carceri non possa restare fuori dell’orizzonte degli enti locali. Troppo spesso oggi il carcere è un luogo nel quale si consuma solo un intervallo tra un reato e un altro. Bisogna spezzare questo meccanismo, anche per garantire più sicurezza ai cittadini.
Oltre al Comune, quali altri enti hanno collaborato all’esecuzione del progetto? All’Osservatorio hanno aderito e collaborano attivamente, oltre al Laboratorio per le città sociali, l’Associazione nazionale magistrati, il Consiglio dell’ordine degli avvocati, la Camera penale, il Sindacato forense, la Asl Napoli 1, Italia lavoro, la Caritas diocesana, Antigone e altre realtà associative. Un insieme molto ampio e autorevole di presenze, che è una garanzia per la qualità dell’azione dell’Osservatorio.
Come pensate di lavorare affinché l’Osservatorio sia veramente funzionale? L’Osservatorio intende rappresentare un organismo nel quale produrre sollecitazioni e proposte agli organi competenti per migliorare le condizioni di vita dei detenuti, cooperando con l’amministrazione penitenziaria e i direttori degli istituti, con i quali a Napoli abbiamo un rapporto molto positivo. Siamo anche impegnati a contribuire alla costituzione di una rete tra gli enti locali, che sempre più spesso si pongono il problema delle carceri.
E in tutto questo lavoro quale sarà il ruolo delle associazioni di volontariato? Il ruolo dell’associazionismo per noi è fondamentale. Ho già ricordato che dell’Osservatorio fanno parte esperienze cattoliche e laiche del volontariato. I valori di solidarietà dei quali il volontariato è portatore e la conoscenza diretta, dall’interno, della realtà carceraria, arricchiscono la nostra azione sul piano della concretezza e dell’efficacia.
Una delle questioni più urgenti da affrontare è quella sanitaria
Vi siete posti delle priorità, ovviamente in base alle difficoltà più impellenti lamentate dalla popolazione detenuta? L’Osservatorio è in una fase di avvio. Una delle questioni più urgenti da affrontare è quella sanitaria. C’è il rischio di serie difficoltà nell’approvvigionamento di farmaci rispetto al quale l’Osservatorio è molto vigile.
Com’è la situazione delle carceri napoletane? È caratterizzata dal sovraffollamento, anche se non si raggiungono più i livelli drammatici degli anni scorsi. Mi auguro che la questione non continui a essere sottovalutata, e che si promuovano politiche e interventi diretti a migliorare le condizioni di vita nei penitenziari.
Su qualche quotidiano è apparsa la notizia di un appartamento, sequestrato alla camorra, che volete destinare all’accoglienza dei detenuti che non hanno una famiglia…
Il Comune di Napoli ha fatto delle confische dei beni alla camorra e della loro riutilizzazione per fini sociali una priorità. Si sta valutando l’ipotesi di una casa-famiglia, ma occorrono approfondimenti con gli organi competenti per l’estrema delicatezza dell’argomento, quindi siamo in un momento di attesa ma contiamo di riuscire a realizzare questo importante progetto.
Come sindaco di Napoli può parlarci dei minori o comunque dei giovani a “rischio devianza”, che in Campania rappresentano un’emergenza sociale? Da tempo l’amministrazione comunale di Napoli ha definito in collaborazione con le altre agenzie educative, istituzioni e non, progetti e iniziative di recupero e reinserimento di minori a rischio di devianza e dell’area penale, di età compresa tra i 14 e i 21 anni, in particolare quelli residenti in aree ad alto rischio. L’esigenza di realizzare interventi progettuali in queste aree deriva dalla necessità di sostenere e sviluppare le articolate iniziative di contrasto all’esclusione sociale già promosse dall’amministrazione comunale di Napoli. In quest’ambito intendiamo promuovere anche forme diverse di autoimprenditorialità nei comparti dell’artigianato, dei beni ambientali e delle attività correlate al tempo libero.
È in questo contesto che rientra la vostra particolare attenzione nei confronti di Nisida, sede dell’istituto penale per i minorenni? Esattamente. Insieme al Centro di giustizia minorile di Napoli e all’ufficio di sorveglianza del Tribunale per i minorenni di Napoli, sono stati attivati diversi progetti: Officina, Napoli futuro ragazzi ‘96, Napoli futuro ragazzi ‘98 e Ragazzi ancora ‘91. Abbiamo utilizzato le norme previste dalle leggi 216 e 41 del 1987 per organizzare corsi di ristoro sociale, scenotecnica e falegnameria, operatori foto-video, praticantato creativo, custodia e manutenzione dei parchi, guide ambientaliste, ripristino sentieri dell’isola di Nisida e per ultimo un corso di agricoltura che prevede la coltivazione biologica e la trasformazione dei prodotti agricoli a indirizzo informatico. La nostra attenzione non è però concentrata solo su Nisida e sui minori: abbiamo finanziato attività e corsi anche nelle altre carceri cittadine, come laboratori di legno e bricolage, informatica, attività nautiche e remiere, ceramica, foto-video, tirocini lavorativi in bottega, corsi di addetti alla ristorazione, laboratori di socializzazione e del tempo libero, preformazione e orientamento lavorativo. Il nostro impegno è quindi particolarmente intenso ed è destinato a proseguire e rafforzarsi ulteriormente, in modo che le persone detenute abbiano veramente la possibilità di tornare alla vita libera con delle chance da spendere.
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