Sabrina Gaiera

 

Quindici cooperative che si sono messe insieme

La forza del Consorzio Sol.Co. di Varese

E poi un progetto comune: lavorare vale la pena

 

(Realizzata nel mese di aprile 2003)

 

Intervista a Sabrina Gaiera, Responsabile dell’Area Sociale del Consorzio Sol.Co. Varese

 

A cura di Marino Occhipinti

 

Dovunque ci siano situazioni, nelle quali chi lavora nell’area del disagio è riuscito a mettersi insieme e a iniziare a collaborare, noi andiamo a "metterci il naso" per capire come hanno fatto a superare le divisioni per porsi un comune obiettivo. A Varese ci sono riusciti, come ci ha raccontato Sabrina Gaiera, Responsabile dell’Area Sociale del Consorzio Sol.Co. che mette insieme ben quindici cooperative.

 

Ci spiega brevemente la storia del Consorzio di Cooperative Sociali del quale lei è responsabile per l’Area Sociale?

Il Consorzio Sol.Co. Varese, oggi guidato dal presidente Mario Frigerio, nasce nel 1991 su iniziativa di un ristretto gruppo di cooperative sociali operanti nella provincia di Varese; proprio la necessità di condividere esperienze differenti e la volontà di poter incidere più efficacemente sul territorio attraverso progetti comuni hanno portato alla fondazione di questa rete consortile. Nell’arco dei primi dieci anni di attività il Consorzio ha percorso molta strada: oggi conta 15 cooperative socie, suddivise in 10 cooperative di tipo B – inserimento lavorativo di persone svantaggiate – e 5 cooperative di tipo A – servizi alla persona – distribuite sull’intero territorio provinciale.

Il Consorzio Sol.Co. Varese risulta inoltre pienamente integrato nella rete delle principali organizzazioni della cooperazione sociale operanti a livello nazionale, regionale e provinciale; in particolare, il Consorzio aderisce a Confcooperative Nazionale, settore Federsolidarietà, e al Consorzio Nazionale Cooperative Sociali Gino Mattarelli (CGM) di Brescia. Infine, i delegati del Consorzio presiedono abitualmente agli incontri del Polo Lombardo, tavolo di lavoro di tutti i consorzi della Lombardia per l’elaborazione e lo sviluppo di progettazioni a livello regionale.

 

Il numero di detenuti coinvolti in progetti di inserimento lavorativo risulta oggi in significativa crescita

 

Quanto personale impiega l’insieme delle cooperative, quanti sono i soggetti svantaggiati, ed in particolare detenuti ed ex detenuti?

L’insieme delle 15 cooperative socie offre un’attività lavorativa almeno a 50 soggetti svantaggiati, riconducibili a diverse tipologie di disagio – ex tossicodipendenti, portatori di handicap psichiatrico o fisico etc…–. Il numero di detenuti coinvolti in progetti di inserimento lavorativo risulta oggi in significativa crescita e comprende già una decina di persone, con differenti modalità detentive – articolo 21, affidamento, arresti domiciliari – provenienti dalle Case Circondariali di Varese, Busto Arsizio, Bollate e dal CSSA (Centro Servizi Sociali Adulti) di Como. Solitamente, sono le cooperative socie a farsi carico del loro reinserimento lavorativo, impiegando i detenuti in attività varie quali pulizie, assemblaggi, cura del verde, sartoria; tuttavia, anche un’azienda privata della provincia di Varese, operante nel settore degli assemblaggi, recentemente ha scelto di inserire due soggetti detenuti.

 

L’opportunità lavorativa viene concessa solamente ai detenuti in misura alternativa alla detenzione, oppure proseguite il rapporto di lavoro anche una volta che gli interessati hanno terminato la pena?

L’avvio ancora relativamente recente di progetti di inserimento lavorativo di soggetti detenuti non ci permette al momento di valutare la reale possibilità di proseguire il rapporto di lavoro anche dopo il termine della pena. Sicuramente, di fronte a ulteriori motivi invalidanti – ad esempio handicap fisico o precedente dipendenza da sostanze stupefacenti – viene adottata una sorta di via preferenziale a favore dell’assunzione. Negli altri casi, l’obiettivo resta quello di portare il soggetto detenuto coinvolto nel reinserimento a un buon livello di autonomia e capacità lavorativa e di offrire tutti gli strumenti necessari per facilitarne l’ingresso nel mondo del lavoro; in sostanza, al termine della pena, se non l’assunzione vera e propria, dovrebbero essere garantite tutte le condizioni necessarie per ottenerla.

 

Quali sono le possibilità lavorative che offrite, sia all’interno sia all’esterno degli Istituti detentivi, e con quali criteri retributivi?

Il Consorzio Sol.Co. non svolge ancora alcuna attività lavorativa all’interno del Carcere, anche se si stanno valutando attentamente le concrete opportunità per avviare servizi di questo tipo. Restano tuttavia alcune difficoltà oggettive da affrontare: per esempio, la mancanza di spazi adeguati impedisce alla Casa Circondariale di Varese di organizzare attività lavorative interne che vadano al di là della semplice manutenzione delle stesse strutture penitenziarie.

Per le attività extra-carcerarie, le forme utilizzate per i progetti di inserimento lavorativo restano quelle "classiche" del tirocinio e della borsa lavoro, mentre nel caso di vere e proprie assunzioni in cooperativa vengono rispettati i parametri del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

 

Le cooperative aderenti al Consorzio si avvalgono degli sgravi fiscali previsti dalla legge Smuraglia?

Una delle nostre cooperative ha provato ad avvalersi delle agevolazioni previste dalla legge Smuraglia, sulla quale lo stesso Consorzio si prefigge certamente di raggiungere un livello di conoscenza più approfondito. I risultati raggiunti non sono stati finora del tutto positivi, soprattutto a causa della ristrettezza delle risorse economiche messe effettivamente sul campo. Sostanzialmente, la pur valida normativa non è stata accompagnata dai finanziamenti necessari per renderla pienamente operativa.

 

Molti operatori delle cooperative sostengono che durante la fase delle misure alternative nel rapporto con i detenuti non ci sono particolari problematiche, che però sorgono una volta terminata la pena: quali sono secondo lei i motivi che portano a questo "allentamento", e a volte anche alla recidiva?

Per il momento, il Consorzio non ha ancora maturato un’esperienza sufficiente per poter individuare specifiche motivazioni che potrebbero contribuire a spiegare il fenomeno, assai complesso, della "ricaduta" post-pena. Resta innegabile che qualsiasi progetto di inserimento lavorativo e sociale che coinvolga persone detenute dovrebbe ormai superare i confini temporali del periodo di detenzione e prevedere un’azione di accompagnamento almeno per i primi mesi successivi all’uscita dal carcere.

 

Ci spiega più nel dettaglio in cosa consiste il progetto "Lavorare vale la pena" avviato con altri soggetti della provincia di Varese?

Il progetto "Lavorare vale la pena" può essere definito come un percorso di formazione, orientamento e accompagnamento al lavoro avviato già all’interno delle mura carcerarie. Promosso dai due consorzi di cooperative sociali della provincia di Varese Sol.Co. Varese e Consorzio di Cooperative Sociali (CCS) di Cardano al Campo (VA), il progetto viene svolto in collaborazione con il Dipartimento delle Dipendenze – Progetto POIS (Progetto Orientamento Inserimento Sociale) dell’ASL di Varese e la Direzione della Casa Circondariale di Varese.

Alla base di "Lavorare vale la pena" è posta l’idea, innovativa per la realtà varesina, di "portare il mondo del lavoro all’interno del carcere": con questo obiettivo sono state coinvolte nel progetto alcune delle più importanti organizzazioni di categoria della provincia di Varese. La prima tappa prevede un incontro con il rappresentante dell’Unione degli Industriali della provincia di Varese (UNIVA) finalizzato a offrire un quadro della situazione attuale del mercato del lavoro nel territorio provinciale varesino – settori in espansione e in crisi, nicchie di mercato, competenze e risorse richieste dalle imprese ai lavoratori – ; successivamente, i delegati sindacali di CGIL e CISL illustreranno gli argomenti legati ai diritti e doveri del lavoratore – tipologie dei contratti, forme di collocamento, iter per la ricerca di una nuova occupazione – , mentre un addetto alla selezione aziendale curerà una simulazione di colloquio di lavoro.

Parallelamente, saranno avviati percorsi di orientamento individuale con un operatore dell’équipe del progetto, che aiuterà la persona nella definizione delle proprie risorse/competenze utilizzando specifici strumenti di analisi quali il racconto autobiografico e la stesura di un curriculm vitae. Proprio con l’obiettivo di migliorare le competenze lavorative dei detenuti coinvolti nell’iniziativa, con il mese di gennaio è partito anche un primo modulo formativo di 30 ore di informatica suddiviso tra momenti d’aula con docenti e momenti di esercitazione pratica svolti in presenza di un operatore del progetto.

Dopo un incontro di valutazione finale dell’efficacia dell’intervento da tenersi con la Direzione del carcere, le persone ritenute idonee saranno prese in carico dai servizi territoriali, sotto la supervisione del progetto POIS dell’ASL di Varese, per il sostegno alla ricerca di un posto di lavoro.

 

Quali sono gli enti ed i soggetti coinvolti in questo progetto?

I due enti promotori del progetto "Lavorare vale la pena" – Consorzio Sol.Co. Varese e Consorzio CCS Cardano al Campo (VA) – hanno potuto contare su un’ottima collaborazione con gli altri soggetti coinvolti, a partire dalla Direzione e dall’Area Trattamentale della Casa Circondariale di Varese e dall’Equipe Carcere del Ser.T. di Varese. Un ruolo particolare è stato inoltre giocato dal coinvolgimento dell’ASL di Varese – Direzione Dipendenze – Progetto POIS (Progetto di Orientamento e Inserimento Sociale): proprio all’interno di POIS è nato un Gruppo Guida sul reinserimento lavorativo in cui rientrano le principali organizzazioni di categoria della provincia di Varese – UNIVA, API, UNIASCOM, CGIL, CISL, Associazione Artigiani – ; alcune di esse hanno offerto un contributo importante anche per la realizzazione del progetto "Lavorare vale la pena". In vista di ulteriori collaborazioni, lo stesso progetto sarà infine presentato anche al CSSA (Centro Servizi Sociali Adulti) di Como e al NIL (Nucleo Inserimenti Lavorativi) dell’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Varese.

 

Qual è la situazione del mercato del lavoro nella provincia di Varese, ci sono settori in espansione?

Il mercato del lavoro della provincia di Varese si presenta oggi molto più articolato che nel passato, quando prevalevano decisamente attività produttive industriali: a una loro flessione, evidente per esempio nel settore tessile, è corrisposta una crescita notevole nell’ambito dei servizi e del commercio. Nonostante queste tendenze in atto, anche il responsabile dell’Unione degli Industriali della provincia di Varese coinvolto nel progetto "Lavorare vale la pena" ha comunque sottolineato il ruolo ancora importante della media industria: proprio in questo settore, tra l’altro, possono essere individuate buone offerte lavorative anche per persone con un basso livello formativo, che possono trovare facilmente impiego come operai generici e turnisti.

 

Quello della formazione è un tasto dolente, in mancanza della quale non è possibile reggere la competizione con il "normale" mondo del lavoro: avete previsto dei corsi per preparare anzitempo il personale?

Tutti gli incontri svolti in carcere all’interno del progetto "Lavorare vale la pena" sono stati preceduti da una specifica attività formativa: i relatori, scelti anche sulla base di una precedente esperienza di interventi nella realtà penitenziaria, hanno sempre potuto conoscere e valutare preventivamente caratteri e obiettivi del progetto; sull’altro versante, i detenuti sono stati preparati e accompagnati alle diverse fasi del progetto, sulle quali sono stati chiamati a svolgere anche apposite relazioni post-evento.

 

Allargando lo sguardo alla situazione complessiva del rapporto tra carcere e servizi del territorio varesino, quali possono essere a suo parere i dati più significativi?

L’impressione è forse quella di una macchina che, pur con grande fatica, si sta finalmente mettendo in moto: un segnale importante proviene per esempio dal mondo sindacale, che ha chiesto di aprire anche nel carcere di Varese uno Sportello Sociale su modello di quello già attivo da 2 anni nella Casa Circondariale di Busto Arsizio (VA). Del resto, anche per il progetto "Lavorare vale la pena" il coinvolgimento di numerosi e diversificati soggetti della realtà sociale e imprenditoriale provinciale, accolto con favore dalla Direzione carceraria, ha segnato un importante passo nella direzione di una più stretta relazione tra detenuti e mondo esterno. Sulla stessa linea, come Consorzio Sol.Co. abbiamo promosso anche la realizzazione di un progetto di mediazione culturale destinato ai detenuti stranieri del Carcere di Busto Arsizio (VA), che vengono guidati e assistiti nei contatti con gli avvocati, gli educatori, le famiglie e tutta la rete di servizi che ruota attorno all’istituto carcerario.

 

Consorzio Sol.Co.

Piazza della Libertà, 10

21100 - Varese (VA)

 

 

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