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Canicattì, dove alcuni minori che hanno avuto problemi con la giustizia lavorano negli uffici del Comune
(Realizzata nel mese di gennaio 2003)
A cura di Marino Occhipinti
Intervista al dottor Antonio Cani, Assessore ai Servizi sociali del Comune di Canicattì
Assessore, ci parla del progetto che prevede l’avvio al lavoro di alcuni minori che hanno avuto problemi con la giustizia? Partendo dalla considerazione che il ruolo dei Comuni nella logica del Welfare di Comunità ci impone una nuova modalità nell’approccio alle problematiche del disagio giovanile, abbiamo ritenuto che se ci si vuole fare carico di adolescenti (ma non solo) che hanno problemi con la giustizia, è necessario lavorare sulla prevenzione del disagio e trovare strategie in cui è coinvolto l’intero contesto socio-familiare. Abbiamo voluto chiamare il progetto "Obiettivo lavoro per l’inclusione dei giovani a rischio devianza" appunto perché riteniamo fortemente che l’inserimento lavorativo sia un primo passo per contrastare l’esclusione sociale. I quattro inserimenti lavorativi sono stati infatti realizzati in rete con il Tribunale per i minorenni quale misura alternativa al carcere.
Materialmente, che lavori svolgono i ragazzi? Come dicevo abbiamo realizzato sino ad ora quattro inserimenti lavorativi tutti in uffici del Comune. I primi due ragazzi sono stati destinati all’ufficio manutenzione: uno ha svolto attività di idraulico, l’altro ha fatto l’imbianchino. Dei due attualmente in corso uno sta svolgendo il lavoro di idraulico, l’altra è stata destinata all’assistenza dei bambini disabili nelle scuole.
Quali sono stati i vostri interlocutori in quest’iniziativa e che genere di supporto avete ricevuto dagli altri enti locali? Per realizzare questi inserimenti, abbiamo coinvolto il Servizio sociale del Tribunale per i minorenni di Palermo, che ha colto immediatamente la nostra iniziativa con un valido e professionale supporto. Inoltre abbiamo raccolto la collaborazione dell’ARCI che ha offerto luoghi e opportunità di confronto sociale. Il progetto ha avuto un suo valore perché ha utilizzato, quale metodologia, la logica del lavoro di rete.
Ci dà la chiave di lettura di questo progetto? Può essere visto come un metodo per riavvicinare alla società coloro che hanno sbagliato, per farli sentire partecipi alla vita attiva e non solamente degli esclusi? La chiave di lettura del progetto è la promozione di una modalità di rapporto con la realtà sociale positiva e costruttiva. Attraverso l’impegno lavorativo, infatti, si ritiene sia possibile, per il giovane destinatario, la rivisitazione e la riorganizzazione della struttura e dei contenuti dei suoi rapporti con i propri familiari, gli amici e la comunità locale. L’impegno quotidiano, la nuova percezione di se stesso e degli altri, il feedback originato dai nuovi rapporti, si ritiene possano procurare ai ragazzi una opportunità di riabilitazione sociale volta a superare quei pregiudizi diffusi verso quanti hanno avuto a che fare, nel proprio passato, con misure restrittive della libertà. Inoltre lavorare sulla prevenzione del disagio sociale, ritengo possa avere come effetto diretto quello di togliere manodopera alla delinquenza comune e alla mafia.
È la prima iniziativa del genere che come Comune avete attuato, oppure vi siete già impegnati in questo settore? Ritenete che il vostro impegno abbia un valore in termini di reinserimento sociale? È la prima esperienza del Comune di Canicattì in questo senso. Abbiamo comunque lavorato perché l’esperienza possa essere proseguita, ed è stato ammesso al finanziamento, dal POR (Programma Operativo Regionale) Sicilia, un progetto presentato insieme all’ARCI per l’inserimento lavorativo di soggetti socialmente svantaggiati. È il progetto "Pole Position", destinato a 160 persone di 4 comuni diversi, ed un buon numero di destinatari saranno appunto ex detenuti o persone in affidamento in prova ai Servizi sociali. Ritengo possa essere un concreto impegno se si vuole avviare una seria politica di prevenzione primaria e secondaria del disagio nel senso più ampio del termine.
Quindi una scelta che potremmo definire politica e sociale, con la quale offrire opportunità sia ai giovani sia agli adulti che si trovano in condizioni di disagio? Naturalmente. La scelta politica di questa amministrazione comunale, e di questo Assessorato alle Politiche sociali, è quella di continuare l’esperienza sia con i giovani ma anche con gli adulti. In questo senso abbiamo già avviato un protocollo d’intesa con il CSSA del Carcere di Agrigento e abbiamo coinvolto strutture sia di organizzazione sia di imprenditori locali per l’avvio a reinserimenti socio-lavorativi di adulti.
Possiamo considerare il vostro impegno come una sfida che cerca di portare anche ad un cambiamento "culturale", sia delle persone "svantaggiate" che della comunità? Certo, ma purtroppo siamo solo all’inizio di un percorso che mi auguro possa portare ad una piena inclusione sociale e lavorativa delle persone che hanno avuto problemi con la giustizia. Quindi, per il momento, non posso registrare un radicale cambiamento culturale relativamente all’accoglienza e all’inclusione, ma è la sfida che ci poniamo: una scelta politica dell’ente Comune che coinvolga tutti per un percorso di crescita culturale dell’intera comunità.
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