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Teresa Lapis, Difensore Civico della Provincia di Venezia, spiega novità, difficoltà, ritardi del nostro paese sulla questione della Difesa Civica
(Realizzata nel mese di marzo 2001)
A cura della Redazione
E sottolinea che, in assenza di una figura specifica di Difensore Civico per le carceri, tale funzione potrebbe essere assunta dal Difensore Civico che già esiste
"Il cittadino deve essere educato non con i favori, ma con la giustizia; non con le pretese di privilegi e vantaggi individuali, ma con l’assistenza nel far valere i propri diritti; non con le raccomandazioni per ottenere quel che non è giusto, ma con l’equa valutazione dei bisogni e delle esigenze collettive": sono parole di Luigi Sturzo, perfette per spiegare quale dovrebbe essere il ruolo del Difensore Civico. Il Difensore Civico, o Ombudsman (parola che stava a indicare, nella lingua svedese medievale, la persona con il potere di agire in favore di un altro), è un valido strumento per risolvere, in modo rapido e informale, le situazioni di conflitto tra pubblica amministrazione e cittadino, che non sempre possono essere risolte con i tempi e le procedure della giustizia civile e amministrativa. In Italia, ogni ente locale può nominare il suo Difensore Civico, mentre non c’è ancora un Difensore Civico nazionale e tantomeno un Difensore Civico per le carceri. Attualmente, l’unico modo per conoscere la reale situazione delle carceri in tutta Europa sono i rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), da cui sono partite sollecitazioni a tutti gli Stati europei per l’istituzione di figure di controllo delle carceri non appartenenti alla magistratura, cioè figure che abbiano il carattere effettivo dell’indipendenza e della terzietà. Oggi in Italia invece il garante delle condizioni di detenzione nelle carceri è il Magistrato di Sorveglianza.
Dottoressa Lapis, che novità ci sono nel campo della Difesa Civica? Una novità importante è l’art. 15 della legge n. 340 del 24/11/2000 sulla delegificazione e semplificazione di procedimenti amministrativi e sull’accesso agli atti amministrativi. Questa norma infatti amplia i poteri del Difensore Civico per il diritto di accesso e prevede che, decorsi inutilmente 30 giorni dalla richiesta di accesso, questa si intende rifiutata. In tal caso il richiedente può tutelarsi attraverso due strade. Può presentare un ricorso al TAR oppure chiedere al difensore civico competente (comunale, provinciale o regionale) il riesame della risposta negativa, anche implicita, dell’amministrazione. Se il difensore ritiene illegittimo il diniego all’accesso, in qualunque forma espresso, comunica il suo avviso all’ente interessato, il quale, per evitare l’accesso, è tenuto ad emanare entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione un provvedimento motivato che confermi il suo diniego. In caso contrario l’accesso è consentito. Qualora sia emanato il provvedimento espresso, che conferma il diniego dell’accesso, il cittadino non perde tuttavia il diritto di rivolgersi al TAR e potrà presentare ricorso entro 30 giorni dal ricevimento dell’esito della sua istanza al difensore.
Cosa pensano gli Ombudsman Europei della situazione italiana, in fatto di Difesa Civica e di possibilità del Difensore Civico di occuparsi anche delle carceri? La buona amministrazione dei luoghi di reclusione e pena è stata recentemente messa in discussione in Italia, dopo che alcune denunce hanno evidenziato che ci sono carceri nelle quali alla reclusione si assommano violenza diffusa e mancanza dei diritti fondamentali dell’uomo, e sicuramente non c’è il rispetto dei principi su cui poggia la costruzione della Carta Europea: dignità, eguaglianza, giustizia, cittadinanza, solidarietà, salvo la libertà, la privazione della quale per i detenuti è istituzionale (ma dovremo discutere le procedure).
In Italia il Difensore Civico non si occupa però di esecuzione della pena. Che cosa succede invece in altri paesi europei? Jacob SODERMAN, mediateur europeo: "Il difensore civico deve essere anche il difensore civico per il carcere, perché il carcere è un luogo di privazione della libertà personale dove sono più facili i conflitti e le violenze. Quando ero difensore civico della Finlandia, il difensore civico aveva, come ha, l’obbligo di andare anche in carcere, e non solo per una questione di controllo sulla buona amministrazione, ma anche per sostenere tutte le persone, singoli professionisti e associazioni, che lavorano dentro e per il carcere per le azioni di promozione della tutela dei diritti umani. I temi sono sempre quelli, dovunque: malcontento, sentenze ingiuste, le modalità e i criteri dei permessi di uscita, le misure disciplinari, e insomma tutto quanto fa parte della vita in carcere. Le iniziative di tutela e di accesso sono molte. E’ importante che ci sia un difensore civico, perché la questione centrale è quella di mediare l’esigenza di controllo con la tutela dei diritti umani di tutti. Un difensore civico dovrebbe poi sicuramente esserci per le persone recluse che soffrono di un disagio mentale, insomma in tutte le istituzioni totali e chiuse bisognerebbe garantire una tutela dall’interno. Solitamente c’è molta collaborazione da parte dei soggetti che lavorano ed operano in queste istituzioni, perché il mediateur solleva anche il problema, fondamentale per la definizione dei conflitti, della scarsità delle risorse, che solitamente sono destinate alle carceri. Quando parliamo di risorse parliamo anche di spazio, di disponibilità di personale adeguatamente specializzato e remunerato. Il problema delle carceri è poi collegato fortemente a quello della droga, e quindi alla riduzione del danno e alla prevenzione". Daniel JACOBY, Difensore dei cittadini del Quebec e Presidente della associazione internazionale dei difensori civici dei paesi francofoni: "Mi meraviglia molto che in Italia i difensori non si occupino o non possano o non vogliano occuparsi di carcere, perché l’esecuzione della pena è proprio un tema della buona amministrazione e della libertà che è importante per la legittimazione delle democrazie. Nel mio paese è la prassi, e a nessuno viene in mente di non avvalersi di un tale strumento di monitoraggio, che può sostenere una scelta di politica penitenziaria rispetto ad un’altra. Il tema della sicurezza è uno dei temi, dentro e fuori del carcere, più legato alla tutela dei diritti e alla prevenzione".
In carcere ci sono persone che hanno diritti molto compressi, il cui esercizio e la cui tutela è estremamente più difficile che in altri luoghi. Per un Difensore Civico italiano è molto utile e istruttivo potere conoscere e sfruttare la lunga e importante esperienza che questi mediatori hanno, anche se la cultura italiana non corre sulle stesse coordinate, soprattutto quella di coloro che decidono le leggi e la loro attuazione. Ma di fatto molti difensori civici locali, comunque, portano avanti questi principi condivisi a livello europeo e si occupano anche di carcere, nonostante l’obiezione, che il carcere sia materia esclusiva di ordine pubblico, sia molto forte e spaventi i più. Il difensore civico serve proprio per promuovere la negoziazione, per la gestione del conflitto come trasformazione costruttiva di quella situazione in un’altra, che consideri tutti i diritti e quindi i diritti civili, politici e sociali, ma soprattutto che li attui in un sistema garantista condiviso. Il difensore civico per le persone private della libertà è in Italia ancora oggetto di una proposta di legge promossa dall’associazione Antigone, ma ostacolata più dal silenzio e dall’inerzia che da una vera e propria opposizione. In carcere ci sono persone che hanno diritti molto compressi, il cui esercizio e la cui tutela è estremamente più difficile che in altri luoghi. Le testimonianze dei difensori civici di altre parti del mondo ci devono portare a pensare che, in assenza di una figura specifica di Difensore Civico per le carceri, tale funzione possa essere assunta dal Difensore Civico che già esiste e che, se nominato da una amministrazione democratica, viene da essa sostenuto nella sua azione autonoma e indipendente di tutela e promozione dei diritti umani. Si tratta, in fondo, di buona amministrazione e della sua effettiva attuazione anche dentro il carcere, nel quale in tal modo si contribuisce anche alla soluzione dei problemi di sicurezza. La richiesta di un documento, di un chiarimento e il diritto a ottenere una risposta in tempi ragionevoli, da parte di un detenuto, non ostacolano in alcun modo il mantenimento della sicurezza, ma promuovono il rispetto del richiedente, da una parte, e l’efficienza della amministrazione, dall’altra. E l’efficienza insieme alla certezza, trasparenza, economicità ed efficacia sono principi fondamentali della buona amministrazione, garantiti dalla Costituzione all’art. 97. La certezza, per esempio, del rispetto dei diritti viene garantita anche, e non da oggi, dal protocollo che tutte le amministrazioni devono avere e che serve per garantire il momento certo, la data e l’ora del ricevimento e della spedizione di una richiesta o di una risposta. Ciò non è una opzione, ma è un atto dovuto di qualsiasi amministrazione. Il difensore civico esprime proprio questa funzione e cioè di porre all’attenzione della amministrazione la buona amministrazione, ricoprendo un ruolo di mediazione, che è necessaria anche per promuovere la sicurezza . Nella recente Conferenza di Napoli, promossa dal Forum Europeo sulla Sicurezza Urbana, è stato proprio espresso questo concetto di sicurezza, che si basa sulla mediazione e sulla informazione.
Qualche proposta concreta, perché anche nelle carceri sia garantita la tutela dei diritti? Il Difensore Civico potrebbe entrare in carcere, anche attraverso una persona che raccolga le richieste, e poi concentrare gli incontri nei quali affrontare i temi in discussione, perché in realtà il difensore civico non è un "risponditore" ma un soggetto istituzionale che ricostruisce la chiarezza dei fatti, le fasi delle procedure, le competenze e i poteri coinvolti anche per chiedere solo un documento o una certificazione. E’ un referente per tutti i soggetti del carcere detenuti e per il personale amministrativo, che può non essere aggiornato su tutte le novità amministrative. Per questo sarebbe utile una formazione di tutti coloro che stanno e lavorano in carcere, una educazione continua alla legalità per potersi orientare alla domanda ma anche alla risposta giusta. L’aiuto è reciproco, perché dal monitoraggio dei bisogni sollevati da tutti coloro che vogliono sapere, per poter scegliere e decidere cosa fare, si produce conoscenza e consapevolezza dei tempi della amministrazione e della complessità su cui essa si basa anche nel cambiamento. Queste buone pratiche nel tempo fanno prevenzione e attenuano la conflittualità che scaturisce dalla incomprensione e dal disagio di non essere ascoltati, dalle mancate risposte ma anche dal non sapere come comportarsi nel modo previsto dalle leggi. Il corso di educazione alla legalità potrebbe essere oggetto di formazione permanente, finanziato con fondi nazionali o europei per la tutela dei diritti umani o per la promozione dell’informazione. Il difensore civico non è un avvocato difensore, perché non è di parte ma è terzo e promuove la gestione dei conflitti cercando soluzioni possibili e alternative, chiarendo in termini di legge e di interpretazione persuasiva il contemperamento degli interessi in gioco. Come difensore civico sollecito tutti i difensori civici a promuovere azioni per la realizzazione di quanto proposto. Sollecito le amministrazioni interessate (provveditorati, amministrazioni locali e penitenziarie) a organizzare, nella direzione indicata dalle recenti normative e da valori condivisi, quanto possibile per un vero diritto penale minimo e per la reale tutela dei diritti, sottolineando la condivisione di quanto espresso anche negli altri paesi europei e del resto del mondo.
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