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La vita reale è molto più dura di quello che si immagina dalla galera Libero!!! Scarcerato per fine pena dopo più di trent’anni di galera ma gli effetti della carcerazione ti seguono ovunque
Un detenuto che si è chiuso la porta del carcere alle spalle
Quando fui arrestato nel marzo del 1977, pensai che dal carcere non sarei uscito più, o perlomeno ci sarei uscito vecchio. Sotto alcuni aspetti avevo ragione. La pena che mi è stata inflitta, e quelle che ho accumulato sia stando in carcere che dopo la mia fuga da un permesso datomi nel 1988 che mi costò tantissimo in termini di anni di galera, le ho scontate tutte, e nel giugno 2008 sono stato scarcerato per fine pena. Ma gli effetti della carcerazione ti seguono ovunque. Avevo 19 anni nel ‘77 e sono uscito a 50, una mattina di giugno: è stato come se rinascessi di nuovo. Era una giornata importante, se mia madre e mio padre fossero stati ancora vivi, sarebbero stati fuori ad attendermi, questo lo so, li ho persi entrambi durante la detenzione, con due miei fratelli morti tragicamente entrambi giovanissimi. Non c’era nessuno ad attendere la mia uscita, giustamente fuori la vita assorbe il tempo e le energie delle persone, ed erano tutti molto impegnati. Ma io ero veramente felice. Ora la vita mi si apriva davanti. Avevo mille sogni da realizzare: una casa, un lavoro, una donna, una famiglia. Avevo ed ho una compagna di cui sono ancora innamorato, molto più giovane di me ma quando si ama l’età conta relativamente se ti chiami Briatore, mentre se sei una persona normale conta un po’ di più. Sembrava comunque che tra noi tutto andasse benissimo… sembrava. Ero fuori in semilibertà da 4 anni, dormivo in carcere ma il giorno dalle 8 alle 21 di sera ero fuori, avevo una vita quasi normale, una semi-vita. Quindi avevo anche la donna, che alle 21 di sera restava senza il suo compagno, e questo lei me lo aveva rimarcato più volte: “La mia vita si ferma alle 21”, mi diceva. Con il cuore gonfio di gioia e l’euforia a mille appena fuori la chiamai: “Amore sono fuori, sono liberooooo!!! Questa sera finalmente la passiamo insieme, andiamo a cena fuori, potremmo fare anche tardi, potremmo svegliarci insieme, coccolarci fare l’amore”. Ma… lei mi fa “sai… devo dirti una cosa… non me la sento di venire a casa tua questa sera. Finché eri dentro era una cosa, così ora cambia tutto” (se qualcuno riesce a spiegarmi quale meccanismo mentale sia scattato, mi contatti tramite la redazione del giornale, sono seriamente intenzionato a capire e ad approfondire). Restai gelato. Il mio primo giorno di libertà, il giorno più bello della mia vita negli ultimi 30 anni, si era trasformato in una giornata in cui ero di un incazzato nero: contro me stesso, contro lei, contro il mondo. Pensai di andarmene subito da Padova, di espatriare, di andare a puttane e scopare tutta la notte, di stare in giro sino all’alba per vedere l’aurora e il sole che colora il mondo e tutta la natura con i suoi raggi, di chiamare degli amici per andarci a divertire insieme. Montai in macchina incazzato imprecando con l’universo, girai per Padova e provincia nei posti che mi piacciono di più, arrivai sino a Teolo al colle della Madonna, poi scesi sino all’Abazia di Praglia, poi tornai ancora verso i colli, giunsi sino a Vò Euganeo. Infine tornai a Padova e cercai di lavorare. Non volevo più vederla, ero arrabbiato di brutto. Mi chiamò sua madre e mi disse che anche lei stava male ed era andata da sola in un posto dove andavamo insieme di solito, nelle campagne vicino a casa sua, ed era ferma in macchina vicino ad una vecchia villa abbandonata immersa in un grande parco. La chiamai. Stava piangendo a dirotto. Parlava e diceva frasi sconnesse. Mi preoccupai e andai da lei nel parco. Non sapevo più che c. fare: la persona che amavo era sconvolta per il fatto che ero libero! Quella sera andammo a cena insieme, in un ristorante, per cercare di capirci a vicenda. Poi lei tornò a casa ed io mi avviai verso casa mia. Era la peggior doccia fredda che il mondo libero, di cui ora anch’io finalmente facevo parte, mi donava molto generosamente. Ne avrei prese altre ed anche più potenti in seguito. Ma questa è una pietra miliare. Non volevo tornare a casa come il giorno prima e come nei quattro anni precedenti “entro e non oltre le ore 21” come da programma trattamentale rilasciatomi dal carcere. Le 21 erano già trascorse ma tornare a casa da solo, senza lei, mi dava il senso di come la nostra storia stava evolvendo. Ripresi a girare in macchina, e dopo ore di vagabondaggio, mi ritrovai sulla strada di casa mia. Era già notte. Immerso nelle bellissime campagne della bassa padovana, mi fermai e mi sdraiai sotto un albero, respiravo a pieni polmoni inebriandomi di quell’aria che per la prima volta dopo 30 anni di carcere inspiravo da uomo libero. Ero ansioso ma cercavo di ragionare, di capire le ragioni, anche se non riuscivo a trovarle e quelle che trovavo non mi piacevano. Rimontai in macchina e mi rimisi per strada. Avevo comprato una cassa di birra per casa. Rientrai nel mio appartamento, mi distesi sul letto, accesi la televisione e presi una delle più colossali sbornie della mia storia Mi ubriacai sul serio, come non avevo mai fatto. Non era esattamente la serata che sognavo, ma la birra mi aiutò a passare la nottata, fumando sigarette una dietro l’altra, suonando piano la chitarra, intonando quelle canzoni che mi ricordavano ancora i momenti belli passati insieme a lei.
Forse la mia fretta di recuperare il tempo perduto mi stava fregando di nuovo
Pensai anche a cosa stavo lasciandomi alle spalle, il carcere come parte integrante della mia vita per quasi tutta la mia esistenza: quando ascolti una canzone per la prima volta la associ subito a qualcosa, mi veniva in mente che quando ascoltai per la prima volta “Ti Amo” di Umberto Tozzi ero nel carcere di Saluzzo 1977, poi ”Balla” di Umberto Balsamo 1978 Carcere Le Nuove di Torino, “Dio è morto” di Guccini ero ancora libero, suonavo piano arpeggiando la chitarra per non disturbare. Finita la galera, avevo però il cuore gonfio di rabbia, di delusione, credo che piansi, poi mi alzai ed andai a vomitare. Perché stava accadendo questo? Forse come al solito la mia fretta di fare, di ottenere, di concretizzare, di recuperare il tempo perduto, mi stava fregando di nuovo. Già un’altra storia sentimentale importante si era conclusa per la mia fretta di avere vicino a me la persona che amavo. Il giorno che sono uscito a fine pena è stato l’inizio della fine del rapporto con la mia compagna così come lo avevamo vissuto dal 2004, con i primi sguardi maliziosi, le prime cose dette e non dette, i primi timidi approcci, i primi baci, sino al giugno 2008, tra alti e bassi tra prendi e molla… e però quasi tutti i giorni ci vedevamo anche solo per darci un bacio. Ma cosa era successo? In quel momento capii ancora sotto l’effetto della più colossale sbornia mai presa in vita mia, che anche se avessimo continuato a stare insieme, e Dio sa quanto lo desidero, la nostra storia non sarebbe stata più la stessa. Io non ero più lo stesso, non sparivo più, in anticipo anche su Cenerentola, alle 21 ma ero lì, libero, 24 ore su 24, non ero più una persona da idealizzare, ma un uomo che voleva vivere una vita vera! Sono solito pensare che tutto serve nella vita, anche le esperienze negative. Ma sono stanco di esperienze negative! Desidero cose positive, costruttive, belle, che abbiano un senso, delle radici, che non creino ansie, paure, ho voglia di pace, serenità e di tanta, tanta, sana NORMALITÀ. Chissà, forse il nostro amore era come la semilibertà, la mia semivita… era un semi-amore, un amore temporaneo, o il fascino che i detenuti hanno su molte donne, il bello e dannato! Ma non sono neanche bello, però dannato per le mie scelte sbagliate, questo sì. La mia famiglia ha comprato per me una casa in provincia di Padova, l’abbiamo presa perché sognavo una vita con lei, ho iniziato anche un’attività imprenditoriale in edilizia che come partenza è andata abbastanza male, ci abbiamo rimesso dei soldi, e sono rimasto a combattere tra creditori e miei tentativi di uscirne a testa alta. Questo a causa della mia inesperienza e soprattutto perché ho valutato male alcune persone che hanno determinato poi il mio sbattere il muso in termini finanziari. Dopo tre mesi di libertà mi trovo attualmente con dei debiti, e tra l’altro lo Stato mi ha appena chiesto 8.856 euro da pagare in unica soluzione entro trenta giorni, per il mantenimento in carcere. Con la mia compagna che vuole altro, cose che forse a causa della differenza d’età probabilmente reputo frivole anche se belle ed interessanti, ma quello che può darmi ora è forse “solo” sesso, anche se non è poco! Da fidanzata ad amante. Ma senza amore, senza pensare ad una vita di coppia, senza condivisione. Vederci una volta, magari due alla settimana! Ci sarebbe da leccarsi le dita, perché certo è una donna che mi attrae… se non fosse che di lei sono innamorato. Spero comunque che supereremo la crisi. Ci proveremo. Questo è attualmente l’aspetto che riguarda la mia vita affettiva.
E per il lavoro?
Ho fatto prove per lavori in aziende fuori dal circuito delle cooperative sociali, ma pur superando le prove quando si parla della fedina penale, dei carichi pendenti, del casellario giudiziario… la porta mi si chiude subito sul muso, con molto tatto, ma si chiude. O non ci provo neppure perché so che per quel determinato lavoro è richiesto di essere incensurati. Mi ha fatto male dover eclissarmi dopo tre giorni di prova in una grossa e rinomata ditta che produce e consegna surgelati, ottime relazioni sia dall’autista che mi ha fatto l’affiancamento, sia dal promoter di vendita (ho una buona dialettica e sensibilità nell’impostare i colloqui con i possibili clienti, mi hanno detto), il terzo giorno mi hanno invitato ad andare in direzione: “Benvenuto tra noi, intendiamo assumerla, comunicheremo i suoi dati, se lei è d’accordo, alla sede centrale per l’assunzione e per il tesserino sui carichi pendenti e casellario giudiziario”. Doccia fredda. Gli ho risposto: grazie della fiducia, ma è un lavoro che mi assorbirebbe totalmente e non me la sento di lasciare in toto le attività che attualmente svolgo… E poi non so se ci sono portato. Ho fatto come la volpe nella favola che mi ricordo da un mio libro alle elementari, che non potendo arrivare a mangiare un grappolo di buonissima uva matura posto troppo in alto disse che tanto non era buona, era ancora acerba, e andò via mogia mogia con le orecchie basse. Voleva quell’uva, come io volevo quel lavoro! Nonostante tutto quanto mi è successo in questi pochissimi mesi, ho fiducia nella gente, credo nella vita, nella mia volontà di farcela. E soprattutto credo ancora nell’amore. Ma credo anche che solo la possibilità che ho avuto di uscire in misura alternativa, fare permessi, cominciare gradualmente a uscire per lavorare rientrando in carcere la sera, mi ha permesso di essere ancora fuori: non ho rapinato banche come la mia indole di qualche anno fa suggerirebbe, ma mi sono rimboccato le maniche e ci provo ancora, e poi ancora! Sono per così dire vaccinato nei confronti della vita reale, che è molto più dura di quella che un uomo privato della libertà per trenta anni possa immaginare. Ce la farò! Stringerò i denti, lo sto già facendo tra umiliazioni e nervosismo, so però una cosa: la via della legalità è l’unica che voglio e vorrò praticare. La Libertà è bella, è la possibilità di amare, è la vita, e qualunque vita libera per me vale la pena di viverla. Anche se oggi è una stupenda giornata piovosa, domani ci sarà il sole!
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