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La "nostra" proposta di legge sull’affettività per i detenuti
Una proposta nata dentro un carcere da un gruppo di esperti in materia: magistrati, avvocati, operatori penitenziari, operatori sociali, detenuti, familiari dei detenuti
Quando ci siamo "lanciati" in un’iniziativa che intendeva riproporre con forza il tema degli affetti in carcere, sapevamo bene che i maggiori ostacoli da superare sarebbero stati di natura culturale. Che ai detenuti sia riconosciuto il diritto ad avere una vita affettiva sembra cosa ovvia: tra gli operatori del diritto (e anche tra i politici) pochi si arrischiano a sostenere il contrario, per non farci la figura dei cinici aguzzini… L’atteggiamento è piuttosto quello di una diffusa indifferenza e così il problema viene regolarmente aggirato proponendo dei "rimedi" alternativi. È successo nel 1997 – 1998, quando i deputati Folena e Pisapia portarono in Parlamento due proposte di legge su questo tema, proposte che non ebbero alcun seguito, anche perché gli sforzi per migliorare il sistema carcerario si indirizzarono dapprima sulla legge Simeone - Saraceni (che prevede l’affidamento ai servizi sociali e la detenzione domiciliare per i condannati a pene inferiori ai 3 - 4 anni) e poi sul nuovo Regolamento Penitenziario. Certo, si è trattato di riforme importanti, ma che non affrontano il problema della negazione del "diritto" all’esercizio dell’affettività e della sessualità. C’erano esigenze più importanti alle quali dare risposta? Forse, e forse ce ne sono anche oggi e ce ne saranno sempre… però se ragioniamo in questi termini la diamo vinta al partito degli indifferenti, che giudica sempre "marginale" tutto quello che non lo riguarda direttamente… Noi non vogliamo essere "indifferenti" e ci riproviamo, con una nuova proposta di legge, elaborata durante la Giornata di Studi del 10 maggio nella Casa di Reclusione di Padova. Il gruppo di lavoro che ha elaborato questa bozza di proposta di legge è stato guidato dal Magistrato di Sorveglianza di Firenze, dottor Alessandro Margara, ex Direttore del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria e uno degli artefici della Legge Gozzini, che ha rivoluzionato per molti aspetti le condizioni di detenzione a partire dal 1986. Hanno fatto parte del gruppo operatori penitenziari, avvocati, detenuti, operatori sociali, "esperti" in materia come Sergio Segio e Sergio Cusani, e due parlamentari. Relazione conclusiva del gruppo di lavoro
I lavori del gruppo tecnico sono iniziati con la lettura delle proposte di legge Pisapia (1997) e Folena (1998), miranti a modificare le normative sui colloqui ed i permessi - premio. È stata quindi esaminata la bozza del nuovo Regolamento Penitenziario, che prevedeva degli spazi nei quali i detenuti potessero vivere dei momenti d’intimità con i propri familiari (la versione definitiva del Regolamento non contiene questa modalità di colloqui, perché il Consiglio di Stato ha bocciato l’ipotesi di introdurla non attraverso una nuova legge, ma attraverso la modifica del Regolamento penitenziario). Abbiamo ritenuto importante che la legge, l’Ordinamento Penitenziario in questo caso specifico, stabilisca la sussistenza di un diritto all’affettività per i detenuti, prima di pensare ad una dettagliata regolamentazione degli incontri affettivi. All’articolo 28, che riguarda i rapporti con la famiglia e che attualmente prevede un unico comma ("Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o stabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie"), riteniamo debba essere considerata anche l’affettività in senso più ampio. Per cui al titolo dell’articolo, ("Rapporti con la famiglia"), abbiamo proposto di aggiungere "e diritto all’affettività". Dopo il primo comma proponiamo di aggiungere il seguente: "Particolare cura è altresì dedicata a coltivare i rapporti affettivi. A tal fine i detenuti e gli internati hanno diritto a una visita al mese della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore con le persone autorizzate ai colloqui. Le visite si svolgono in locali adibiti o realizzati a tale scopo senza controlli visivi e auditivi". In questo modo lasciamo un ampio spazio alla definizione della natura di quelli che possono essere i "rapporti affettivi": con un familiare, un convivente, o anche di amicizia. Questa visita potrebbe avvenire con qualsiasi persona che già effettua i colloqui ordinari; l’assenza dei controlli visivi e auditivi serve a garantire l’assoluta riservatezza dell’incontro. Altre due proposte, anch’esse volte a garantire il diritto all’affettività, intervengono sulla parte che riguarda la concessione dei permessi. All’articolo 30, che prevede i cosiddetti "permessi di necessità", attualmente concessi solo in caso di morte o di malattie gravissime dei familiari, proponiamo di sostituire il secondo comma ("Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi di particolare gravità"), in questo modo: "Analoghi permessi possono essere concessi per eventi familiari di particolare rilevanza", quindi eliminando sia il presupposto della "eccezionalità" sia quello della "gravità", sempre interpretato come attinente ad eventi luttuosi o comunque inerenti lo stato di salute dei familiari del detenuto. Con la nostra proposta intendiamo far riconoscere che anche gli eventi non traumatici hanno una "particolare rilevanza" nella vita di una famiglia, quindi rappresentano un fondato motivo perché la persona detenuta vi sia partecipe. All’articolo 30 ter, che riguarda i permessi - premio, proponiamo sia previsto un ulteriore periodo di permesso, oltre ai 45 giorni (al massimo) oggi concessi per "coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro". Alla fine dell’articolo proponiamo di inserire questa previsione: "Il magistrato di sorveglianza può concedere, oltre ai permessi di cui al comma 1, un ulteriore permesso della durata di dieci giorni per ogni semestre di carcerazione per coltivare specificatamente interessi affettivi". Anche in questo caso gli "interessi affettivi" sono da considerarsi in senso ampio, quindi il permesso non deve necessariamente essere trascorso con i famigliari, con un coniuge o convivente, ma può essere trascorso con qualsiasi persona con la quale vi sia un legame affettivo. Per quanto riguarda i detenuti che non possono avere colloqui regolari, ad esempio perché i loro famigliari e amici abitano lontano dal luogo di detenzione, proponiamo che vi sia la possibilità di sostituire i colloqui non effettuati con telefonate di quindici minuti. Proponiamo che il quinto comma dell’articolo 18 ("Può essere autorizzata nei rapporti con i famigliari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal regolamento"), sia sostituito dal seguente: "Per ciascun colloquio ordinario non effettuato è concesso ai detenuti e agli internati un colloquio telefonico aggiuntivo, con le persone autorizzate, della durata di quindici minuti. La telefonata può essere effettuata con costo a carico del destinatario". Le telefonate non dovrebbero, quindi, essere limitate ai soli famigliari ma riguardare tutte le persone con le quali vi sia un rapporto affettivo anche fuori della previsione dei "casi particolari". Con questa proposta di legge vorremmo ottenere che fosse garantito il diritto ad un’affettività intesa in senso molto ampio: dalla sessualità, all’amicizia, al rapporto familiare. Un diritto all’affettività che sia, in primo luogo, diritto ad avere incontri, in condizioni di intimità, con le persone con le quali si intrattiene un rapporto di affetto: riguarderà soltanto la sfera privata della persona detenuta che cosa voglia fare durante questi incontri. La proposta di legge
Articolo 1
Alla rubrica dell’articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n° 354, sono aggiunte, in fine, le parole: "e diritto all’affettività" All’articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n° 354, è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Particolare cura è altresì dedicata a coltivare i rapporti affettivi. A tal fine i detenuti e gli internati hanno diritto a una visita al mese della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore con le persone autorizzate ai colloqui. Le visite si svolgono in locali adibiti o realizzati a tale scopo senza controlli visivi e auditivi".
Articolo 2
All’articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n° 354, il secondo comma è sostituito dal seguente: "Analoghi permessi possono essere concessi per eventi familiari di particolare rilevanza".
Articolo 3
All’articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n° 354, introdotto dall’articolo 9 della legge 10 ottobre 1986, n° 663, è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del comma 8, il magistrato di sorveglianza può concedere, oltre ai permessi di cui al comma 1, un ulteriore permesso della durata di dieci giorni per ogni semestre di carcerazione per coltivare specificatamente interessi affettivi".
Articolo 4
All’articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n° 354, il quinto comma è sostituito dal seguente: "Per ciascun colloquio ordinario non effettuato è concesso ai detenuti e agli internati un colloquio telefonico aggiuntivo, con le persone autorizzate, della durata di quindici minuti. La telefonata può essere effettuata con costo a carico del destinatario".
Padova, 10 maggio 2002 – Giornata di Studi "Carcere: Salviamo gli affetti"
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