|
I detenuti di Bergamo al lavoro nei paesi della zona
Tanti comuni spesso definiti "chiusi e refrattari al nuovo" hanno dato una dimostrazione d'attenzione e sensibilità a un’esperienza tanto innovativa
Il progetto Albatros raddoppia. Dopo il successo dell’iniziativa che lo scorso anno ha visto l’assunzione sperimentale di sei detenuti da parte di altrettanti comuni della Val Seriana, nella provincia di Bergamo, un’analoga convenzione è stata stipulata da altri sei comuni. Dal punto di vista della sfida del lavoro e del reinserimento per i detenuti, Bergamo sta vivendo un momento di grande fermento. La Casa Circondariale ha aperto un panificio-scuola in cui lavorano una ventina di carcerati, alcuni dei quali, non appena scontata la condanna, hanno già il posto assicurato in panetterie della provincia. Inoltre l’ospedale di Seriate sta valutando la possibilità di affidare ai detenuti le sue lavanderie, mentre la Caritas si sta impegnando per trovare nuovi alloggi per gli ex carcerati da aggiungere ai cinque appartamenti già gestiti dal Comitato Carcere e Territorio, che nel 2002 ha realizzato 52 inserimenti lavorativi tramite cooperative e 20 borse lavoro. In questo contesto il progetto Albatros si propone di promuovere e accompagnare i percorsi di reinserimento sociale e lavorativo di persone sottoposte a misure limitative della libertà personale sia all’esterno del carcere (arresti domiciliari e affidamento ai servizi sociali) sia all’interno (misure alternative e articolo 21), nonché gli ex detenuti nei sei mesi successivi al fine pena. Lo scorso anno i primi ad aderire all’iniziativa sono stati sei comuni della Val Seriana: Ardesio, Gandellino, Gromo, Valbondione, Valgoglio e Villa d’Ogna. Ogni mattina sei detenuti della Casa Circondariale di Bergamo uscivano per raggiungere le loro destinazioni dove svolgevano compiti che andavano dalla manutenzione del verde a incarichi negli uffici amministrativi. Visto il successo dell’esperienza, quest’anno hanno deciso di sperimentare questa forma di reinserimento sociale altri sei comuni: Castione della Presolana (3300 abitanti), Cerete (1400), Fino del Monte (1100), Onore (750), Rovetta (3400) e Songavazzo (650).
Marco Oprandi, presidente dell’Unione dei Comuni della Presolana, ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande sull’argomento.
Signor presidente, com’è iniziato e come si è sviluppato il progetto relativo alle assunzioni dei detenuti da parte dei comuni della Presolana? La scelta di valutare la possibilità di aderire al progetto da parte nostra nasce concretamente da due elementi: innanzitutto dalla conoscenza dell’esperienza positiva dei comuni dell’alta Valle Seriana, che lo scorso anno lo hanno sperimentato, in secondo luogo dalla disponibilità delle autorità competenti ad allargarlo ad altri enti locali. La proposta d’adesione avanzata ai nostri comuni ha determinato un confronto fra i sindaci prima, le giunte ed i consigli comunali poi. Un momento decisionale articolato che ha richiesto un dibattito approfondito, perché l’adesione a questa esperienza richiede una condivisione culturale prima che pratica. L’elemento positivo del progetto è far sì che il detenuto non sia più considerato un corpo estraneo della società, ma un soggetto da reinserire attraverso l’avviamento ad attività lavorative. Ciò gli permette di ripagare concretamente il danno causato alla società. Il progetto della durata di sei mesi prevede l’impiego dei detenuti per lavori nei comuni convenzionati. Lo scorso anno con questa iniziativa sono stati occupati sei detenuti nei comuni dell’alta Valle Seriana, per quest’anno è previsto un allargamento dell’esperienza a 12 comuni. Nei comuni dell’Unione sono state individuate diverse occupazioni: a Cerete, Fino del Monte, Onore, Rovetta i detenuti affiancheranno i collaboratori tecnici nei lavori di manutenzione, nel comune di Songavazzo un detenuto svolgerà l’attività negli uffici amministrativi e nel comune di Castione della Presolana un detenuto sarà destinato a svolgere attività di tipo boschivo per il Consorzio Forestale della Presolana.
Quali sono i vostri partner nella realizzazione del progetto e come viene organizzata la gestione, anche dal punto di vista pratico? Per avviare il progetto è stata stipulata una convenzione tra la direzione della Casa Circondariale, l’Associazione Carcere e Territorio ed i comuni. L’istituto e le autorità competenti individuano i detenuti ammissibili al progetto, quindi i comuni concordano con la direzione il programma di lavoro e si devono far carico delle spese di assicurazione INAIL e RC, delle spese di noleggio e carburante del mezzo necessario per recarsi sul posto di lavoro e per il rientro, della somministrazione dei pasti presso un ristorante convenzionato e degli indumenti di lavoro necessari. I detenuti hanno a disposizione un mezzo per recarsi sul posto di lavoro, l’autista opera nel paese più distante, alle ore 13 terminata l’attività lavorativa sono ripresi nei singoli comuni, si recano presso un ristorante per il pranzo per poi rientrare in carcere nel pomeriggio. I costi a carico degli enti sono di circa 2.700 € per ogni detenuto. Alla copertura delle spese hanno partecipato con un contributo anche la Provincia di Bergamo e la Comunità Montana Valle Seriana Superiore. L’Associazione Carcere e Territorio riconosce una borsa lavoro di 2 € all’ora. Nei nostri comuni il progetto dovrebbe partire in questi giorni, pertanto non possiamo ancora esprimere giudizi diretti, ma l’esperienza dello scorso anno nei comuni dell’alta Valle Seriana si è rivelata positiva anche nei rapporti interpersonali fra amministrazioni, cittadini e lavoratori detenuti.
Quali sono state le reazioni da parte dei responsabili delle Amministrazioni locali e dei cittadini di fronte alla prospettiva di far lavorare dei carcerati? Nel confronto sono emerse anche contrarietà che trovavano fondamento su forti convinzioni culturali. Di questi elementi in particolare si possono sottolineare i concetti di certezza della pena e severità della stessa. I cittadini che subiscono reati subiscono anche gravi contraccolpi psicologici, quali la paura, la percezione di vulnerabilità, e legittimamente chiedono che chi ha compiuto il reato espii fino in fondo la pena "meritata", concedetemi l’uso di questo termine tecnicamente improprio ma che ben rappresenta l’opinione comune. La diffidenza verso chi ha commesso reati e la relativa preoccupazione per il suo inserimento senza controlli nella comunità sono comprensibili. Una risposta importante a queste riflessioni ed a questi dubbi è stata data dall’esperienza positiva dei comuni dell’alta Valle Seriana, che hanno avuto modo di dimostrare la validità del progetto, e di questo sento il dovere di ringraziare tutte le autorità e amministratori coinvolti, per le responsabilità che si sono assunte e la lungimiranza dimostrata. Ma perché questo progetto assuma una valenza culturale significativa è bene che sia sottolineata l’importanza che sia sperimentato in piccole realtà, dove l’operazione non è più un progetto da laboratorio di sociologia ma diventa momento di condivisione da parte delle comunità. Quei piccoli comuni, citati spesso per le loro problematiche, diventano in questo caso una ricchezza per sperimentare un progetto innovativo per il sistema carcerario odierno.
Quindi non sono solo i detenuti ad essere messi alla prova? Non solamente l’esperienza dei detenuti deve essere elemento di valutazione, ma anche la comunità nelle sue reazioni deve essere momento di riflessione, e questi piccoli enti della provincia di Bergamo, che l’iconografia comune presenta come "chiusi e refrattari al nuovo", hanno dato una dimostrazione d’attenzione e sensibilità ad un’esperienza tanto innovativa. È una scommessa che tutti, autorità competenti, amministrazioni locali e associazioni coinvolte hanno voluto giocare, convinti dell’importanza del progetto. La responsabilità maggiore ricade però sulle spalle dei detenuti coinvolti, poiché la buona riuscita del progetto ne permetterebbe ulteriori ampliamenti, rispondendo alle forti aspettative del mondo carcerario e dando notevole impulso alla strada intrapresa. A loro volta, le nostre Comunità sono chiamate ad una prova di rispetto e civiltà nei confronti di questi uomini, che stanno affrontando un esame per il loro riscatto.
Intervista di Marino Occhipinti Anche i piccolissimi comuni danno lavoro ai detenuti
Ce lo racconta Giacomo Benzoni, sindaco di Songavazzo
Ho avuto a lungo la vostra lettera sulla scrivania, indeciso se rispondervi facendo sapere che le cose si stavano mettendo male per il progetto "Albatros" o se invece aspettare in attesa di una buona notizia da potervi comunicare. Ho rimandato di giorno in giorno e finalmente posso dirvi che il progetto è partito lo scorso 30 giugno. Songavazzo è un piccolissimo Comune di montagna di poco più di seicento abitanti che fa parte dell’Unione Comuni della Presolana (Provincia di Bergamo) comprendente altri cinque comuni. È situato in cima alla Valle Seriana, e più precisamente in una zona chiamata Altopiano di Clusone. Il progetto è stato sperimentato lo scorso anno da sei comuni limitrofi alla nostra Unione: essi si sono dichiarati soddisfatti dell’esperienza e disponibili a ripeterla (sembra anzi che abbiano firmato una convenzione triennale). Alla fine dello scorso anno è stato proposto anche ai comuni dell’Unione di partecipare al progetto. Nei primi mesi dell’anno si sono tenuti alcuni incontri con il professor Luigi Gelmi, presidente dell’Associazione Comitato d’iniziativa Carcere-Territorio, con il direttore, il vicedirettore ed il cappellano del carcere di Bergamo, nel corso dei quali sono stati chiariti le finalità e le modalità di funzionamento del progetto. Anche la Provincia di Bergamo, tramite l’Assessore provinciale ai Servizi sociali, e la Comunità montana Valle Seriana Superiore hanno patrocinato il progetto e si sono dette disponibili ad erogare un contributo economico. Sono stati messi a disposizione sei posti per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità per la durata di sei mesi. Certamente uno degli aspetti che più ha inizialmente preoccupato è stata la responsabilità che i comuni si andavano ad assumere in ordine alla sicurezza e ad eventuali comportamenti non corretti da parte dei detenuti coinvolti nel progetto. Chiarito questo aspetto, nel corso del mese di marzo 2003 è stata approvata dal Consiglio comunale di Songavazzo la convenzione tra la direzione della Casa Circondariale di Bergamo, l’Associazione Carcere-Territorio ed il Comune. In base a tale convenzione, l’Istituto si è impegnato a individuare tra la popolazione reclusa le persone nei cui confronti esistono le condizioni per l’ammissione al lavoro esterno, alla semilibertà e all’affidamento in prova al Servizio sociale. È pure cura dell’Istituto redigere il piano di trattamento relativo a ciascun detenuto sulla base del programma di lavoro predisposto dai Comuni ed inviarlo al Magistrato di Sorveglianza per l’approvazione. Il Comitato assegna ai detenuti individuati una borsa di studio della durata di sei mesi corrispondendo, a fronte del lavoro svolto, un compenso orario di 2 €. La somma corrispondente viene inviata mensilmente alla direzione dell’Istituto circondariale di Bergamo per l’accredito sul conto corrente dei rispettivi detenuti. Il Comune si fa carico di sostenere, con risorse proprie o fornite da altri enti (nel nostro caso è stata richiesta la compartecipazione alle spese della Provincia e della Comunità montana) le spese relative all’assicurazione INAIL, all’assicurazione sulla responsabilità civile, le spese relative al trasporto dei detenuti dall’Istituto alla sede di lavoro e viceversa, le spese relative alla somministrazione del pranzo. Il progetto doveva prendere il via ai primi di maggio ma vi sono state delle difficoltà che ne hanno fatto slittare l’avvio al 30 giugno. Due dei detenuti selezionati dall’Istituto circondariale e che avevano avuto pure l’approvazione del Magistrato di Sorveglianza sono stati depennati dalla lista dal Comitato Provinciale per la Sicurezza. Attualmente quindi i detenuti in servizio presso i Comuni dell’Unione sono quattro e, allo stato attuale, non è dato sapere se i due depennati saranno sostituiti o se invece per quest’anno il progetto resterà monco. Nel caso del Comune di Songavazzo si tratta di un detenuto in articolo 21, che svolge servizio per cinque giorni alla settimana, dal lunedì al venerdì, dalle ore 8.00 alle ore 13.00. Al termine del servizio pranza con i tre colleghi presso un ristorante della zona e fa poi rientro in istituto servendosi di un automezzo da loro stessi condotto. Le mansioni a lui assegnate sono prevalentemente lavoro di ufficio/amministrativo vario ma, in caso di necessità, anche di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale quali pulizia delle strade, pulizia dei cestini dislocati sul territorio comunale, pulizia, taglio erba e manutenzione parchi e giardini, ecc… Trattandosi di lavoro prevalentemente di ufficio, i referenti individuati sono il Responsabile del servizio affari generali ed il Responsabile del servizio finanziario. Essendo l’esperienza appena avviata, al momento non sono in grado di esprimere un giudizio né tanto meno di dare consigli. Anche per la reazione da parte della cittadinanza è ancora presto: probabilmente chi si presenta agli sportelli si limita, per il momento, a chiedersi chi sia il nuovo "impiegato". È chiaro che il progetto non sarebbe partito senza la disponibilità dei responsabili di servizio che sono stati individuati come referenti. Posso inoltre dire che il Consiglio comunale, dopo gli opportuni chiarimenti, ha approvato all’unanimità la convenzione condividendo gli obiettivi del progetto: si può quindi prevedere che, se l’esperienza sarà positiva, non vi sarà difficoltà a portare avanti il progetto anche per i prossimi anni. Le iniziative sul territorio bergamasco a favore di detenuti
Un’intervista a Maurizio Bonassi, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Bergamo
"Carcere non più solo come luogo di pena, ma anche come spazio di apertura e rieducazione alla vita facendo leva sul lavoro. Una politica di investimento sociale quindi per ostacolare la recidività al crimine e preservare il detenuto in quanto persona dall’annichilimento. Un obiettivo raggiungibile solo grazie alla cooperazione tanto delle istituzioni locali quanto della società civile, chiamata a superare i tabù che la legano al mondo dei detenuti". Queste sono state le conclusioni del convegno "Pena, carcere, lavoro - la giustizia in-divenire", organizzato di recente a Bergamo. Vista la vivacità di tutta la provincia bergamasca nell’ambito del reinserimento dei detenuti, abbiamo intervistato l’assessore Maurizio Bonassi per avere qualche informazione in più.
Gli enti pubblici e privati aderenti all’Associazione Carcere e Territorio hanno sviluppato un notevole lavoro a favore dei carcerati
Assessore, cos’è emerso, di significativo, dal recente convegno che avete organizzato? Il Convegno "Pena, carcere, lavoro - la giustizia in-divenire" del 9 giugno 2003 è stato organizzato dalla Provincia di Bergamo, Assessorato alle Politiche Sociali, ed è stato pensato all’interno del direttivo dell’Associazione Carcere e Territorio in continuità al Consiglio Comunale Aperto organizzato dal Comune di Bergamo nell’aprile 2001. Per la prima volta, allora, il Consiglio Comunale si occupò di questa realtà con una seduta speciale ed aperta, cercando di far capire ai nostri cittadini che va considerata e affrontata come parte della nostra città e specifica di una serie di problemi. In questi anni tutti gli enti pubblici e privati aderenti all’Associazione Carcere e Territorio hanno sviluppato un notevole lavoro a favore dei carcerati e del loro reinserimento lavorativo e abitativo nel tessuto sociale bergamasco. Questo Convegno è servito per fare il punto della situazione, per far conoscere tutte le iniziative sviluppate sul territorio provinciale negli ultimi quattro anni. Al convegno, un invito espresso un po’ da tutti gli interlocutori è stato quello di continuare con il lavoro sinergico di tutti gli enti pubblici e privati e associazioni del territorio, il quale sta dando risultati molto concreti e positivi in quest’ambito d’azione sociale. Quali progetti di reinserimento avete avviato nei confronti dei detenuti che scontano una pena nella vostra città? Come già accennato, un Comune non ha diretta competenza sui carcerati, ma solo sulle famiglie residenti e sul reinserimento post-carcerario. Per quanto riguarda il carcere di Bergamo tutte le istituzioni operano con il Comitato Carcere e Territorio, che definisce le iniziative alle quali chiama a collaborare organi competenti e disponibili. Si va dalle attività trattamentali (iniziative interne scolastiche o di formazione professionale) al lavoro in cooperative esterne. In sintesi, come Comune abbiamo sviluppato le seguenti iniziative:
Sulle competenze specifiche che riguardano in particolare le famiglie dei detenuti residenti, il reinserimento dei detenuti dopo la carcerazione e la prevenzione il Comune di Bergamo opera in questo modo:
Le iniziative riguardano il lavoro, vero e proprio valore della gente bergamasca.
Una delle difficoltà di chi esce dal carcere è naturalmente trovare un lavoro: come operate per cercare di affrontare questo problema? La maggior parte delle iniziative attuate sul territorio bergamasco a favore di detenuti o ex detenuti riguarda il lavoro, vero e proprio valore della gente bergamasca ed esigenza del territorio provinciale (disoccupazione sotto il 2%). Dai corsi di formazione professionale interni e esterni al carcere, agli inserimenti lavorativi in cooperative, l’attenzione di tutti è soprattutto sul lavoro, perché solo con esso una persona può ricostruire una propria vita sociale. La casa e il benessere familiare sono una conseguenza. La maggior parte delle persone formate e avviate al lavoro vengono poi assunte in cooperative o aziende del territorio. Se la persona non trova lavoro autonomamente (cosa difficile vista la disoccupazione inesistente sul nostro territorio, come dicevo prima) il Servizio Sociale cerca di attuare un reinserimento al lavoro tramite cooperative sociali, dapprima a tempo parziale, poi per periodi più lunghi e infine, se il cammino è positivo, con l’assunzione definitiva. Il passaggio successivo può essere l’inserimento in aziende vere e proprie, soprattutto dopo aver acquisito una capacità lavorativa e eventualmente un mestiere.
Comune e Provincia di Bergamo, hanno dato enorme sviluppo e concretezza operativa a questo lavoro
Quali scopi vi siete prefissi, quali obiettivi pensate di raggiungere? Gli scopi e obiettivi prefissi sono quelli di poter fare sempre qualcosa in più rispetto agli interventi attuali, suscitando sempre più interesse in tutti i soggetti del territorio affinché possano accogliere detenuti o ex-detenuti nel tessuto socio-lavorativo. Poi ci sembra importante l’essere riusciti a mettere assieme le associazioni e tutte le altre componenti che si occupano a vario titolo del carcere: a Bergamo questo scopo è già stato raggiunto da diversi anni. L’Associazione Carcere e Territorio raggruppa infatti tutte le realtà locali che sono interessate e che si occupano a vario titolo del carcere. Devo però aggiungere che in questi ultimi anni le istituzioni pubbliche, in particolare Comune e Provincia di Bergamo, hanno dato enorme sviluppo e concretezza operativa a questo lavoro.
La dimostrazione più bella che possiamo mostrare sono i tantissimi casi positivi di inserimento
Lavorate in qualche modo per vincere le comprensibili resistenze delle aziende nei confronti di chi ha avuto problemi con la giustizia? Visto il bisogno di lavoro nella nostra provincia e con i percorsi di cui sopra, accade difficilmente che ci siano delle resistenze di questo tipo. Ovviamente, non possiamo intervenire nel mercato privato cercando di convincere chi magari non vuole lasciarsi convincere. La dimostrazione più bella che possiamo mostrare sono i tantissimi casi positivi di inserimento già verificatisi sul territorio. È lì che si vince la scommessa!
Intervista di Marino Occhipinti
|