Informazione e Sportelli

 

Il Diritto? Se lo conosci non ti uccide

Nel carcere di Verbania funziona un efficiente sportello giuridico per i detenuti. Un gruppo di giuristi volontari affronta i vari problemi: dalle informazioni per accedere alle misure alternative al rinnovo del permesso di soggiorno. Non vogliono sostituirsi agli avvocati ma sono convinti che a volte, per districare situazioni difficili, basta rendere consapevoli le persone dei propri diritti

 

di Marino Occhipinti

 

Camminare insieme è un’associazione di Verbania impegnata nel sostegno ai detenuti, nata da un gruppo di volontari della Caritas diocesana. Fuori dal carcere gestisce progetti di accoglienza e di accompagnamento per chi finisce di scontare la pena. Dentro, invece, oltre alla formazione professionale e all’inserimento lavorativo, offre un gettonatissimo servizio di “accesso al diritto” tramite uno sportello giuridico. Lo coordina un giurista esperto di diritto penitenziario, Marco Girardello, che abbiamo intervistato.

 

Ci parli del carcere di Verbania: quali sono le sue condizioni di vivibilità, le difficoltà e gli aspetti positivi?

Il carcere è molto piccolo e privo di spazi verdi: non è davvero facile spendervi all’interno periodi significativi di vita. Di contro è anche vero che vengono ospitate persone con condanne brevi. Un punto di forza, almeno in quest’ultimo periodo, è rappresentato dalla grande mole di attività che si riescono a sviluppare all’interno grazie all’intraprendenza del direttore, che è molto sensibile alle attenzioni che la stampa riserva alle iniziative legate alla penalità.

 

E lo sportello giuridico interno alla Casa circondariale, come ha preso il via e come funziona?

È nato su iniziativa di un gruppo di volontari esperti di area penale che, stimolati dalla precedente direzione, hanno offerto la loro disponibilità a prendere in carico le richieste delle persone ospitate all’interno del carcere. Il funzionamento è semplice: si accede al servizio tramite una domanda e di norma una mattina alla settimana gli operatori prendono contatto con i richiedenti. Il servizio è aperto il mercoledì mattina, dalle 9.30 alle 11.30, o in alternativa il sabato pomeriggio dalle 13 alle 15. Sono io a coordinare l’iniziativa: sono un giurista specializzato in diritto penitenziario. Gli operatori dello sportello sono tutti laureati in giurisprudenza, meglio se anche loro esperti in diritto penitenziario.

 

Per quali problematiche i detenuti si rivolgono allo sportello?

Sono ovviamente le più disparate. Si passa dal chiarimento delle situazioni esecutive più complesse alle informazioni sui presupposti per l’accesso alle misure alternative previste dall’Ordinamento penitenziario; dai rinnovi dei permessi di soggiorno alle pratiche legate ai centri per l’impiego. Per risolvere questi problemi ci muoviamo nel modo più diretto che conosciamo: cerchiamo di risolvere i problemi. Se dobbiamo rinnovare un permesso di soggiorno lo rinnoviamo, se dobbiamo aiutare un detenuto a formulare un’istanza o un reclamo lo facciamo.

 

Come avete risolto il problema deontologico legato al fatto che gli avvocati non potrebbero prestare la loro opera gratuitamente?

Rispetto al tema della gratuità ci sarebbe un interessantissimo discorso da aprire. Ritengo comunque importante ricordare che non basta prevedere tanti diritti in astratto se poi nessuno si preoccupa di garantire nella sostanza soglie minime di accessibilità al diritto. Noi ci occupiamo di questo, facendo né più né meno di quanto farebbe un’associazione a tutela dei consumatori. Non ci immaginiamo minimamente di sostituirci al ruolo e al lavoro degli avvocati, che peraltro è fondamentale e imprescindibile in un’ottica processuale. Esistono tantissime situazioni alle quali le persone potrebbero accedere se solo ne avessero conoscenza.

 

Quante persone si sono finora rivolte a voi? E secondo lei è un’esperienza che potrebbe nascere in ogni carcere?

Negli anni è difficile contare i nostri “clienti”, ma sono stati davvero tanti. Per replicare altri sportelli credo che il presupposto fondamentale sia la presenza di esperti di settore estremamente motivati e la capacità di muoversi fra le tortuosità dell’Amministrazione penitenziaria. Un’altra condizione, a mio avviso, è la disponibilità a stare parzialmente nella “clandestinità”: troppo spesso si tende a dare un’enfasi eccessiva a questi temi, sollevando interessi di lobby potenti, in grado di paralizzare anche le iniziative più lodevoli sulla sola base di presunte invasioni di campo. Credo sia davvero importante trovare il modo di partire e di supportare concretamente i bisogni delle persone: per fare speculazione e dottrina sul rapporto tra professioni forensi classiche e professioni di accesso al diritto, ci sarà poi tutto il tempo.

 

La buona riuscita del reinserimento sociale, per i detenuti, dipende soprattutto da due fattori: l’inserimento lavorativo e la possibilità di avere un alloggio. Quali progetti avete messo in campo per realizzare queste condizioni?

Le nostre iniziative sono molteplici. All’interno del carcere gestiamo attività assistenziali come il guardaroba, un sostegno economico, i colloqui e l’accesso al diritto tramite lo sportello giuridico. Rispetto alla formazione professionale, la nostra associazione lavora in stretta sinergia con il C.F.P.P., Casa di carità Onlus, che è un’agenzia formativa specializzata nel lavoro al servizio della penalità, disponibile a investire sull’inclusione sociale dei detenuti. All’interno del carcere sono presenti alcune attività di formazione professionale legate al settore alberghiero e della ristorazione. Per quanto riguarda il tema del reinserimento, siamo davvero fieri del lavoro condotto in questi anni in stretto contatto con le istituzioni del territorio: abbiamo realizzato una piccola “agenzia d’inclusione” destinata proprio a sostenere le persone in uscita dal carcere, rendendo loro più prossime le opportunità sia in ambito lavorativo che alloggiativo.

 

Come rispondono i cittadini e gli enti locali alle richieste della popolazione detenuta in merito a questi problemi?

Le risposte della cittadinanza sono varie, ma è difficile stabilire l’indice di gradimento degli interventi svolti all’insegna di una politica di inclusione. Una parte consistente del nostro lavoro è dedicata proprio alla sensibilizzazione della cittadinanza. Gli enti locali invece direi che reagiscono bene alle sollecitazioni: si sono fidati della nostra esperienza e della nostra capacità di analisi. Sono anni che collaboriamo riuscendo spesso a definire obiettivi di prospettiva medio-lunga.

 

Associazione “Camminare insieme”

P.zza Giovanni XXIII, 1

28921 Verbania

 

 

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