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Smontare
i pregiudizi degli altri, ripensare le nostre parole Non
potevamo certo immaginare, quando è uscito il primo numero di Ristretti
Orizzonti, nel 1998, che avremmo dovuto festeggiare dieci anni di attività nel
pieno di un attacco alla legge Gozzini. E pensare che il 1998 era stato l’anno
della Simeone-Saraceni, una legge, che ha permesso a tante persone con pene
basse di non finire in carcere, ma di iniziare da subito un percorso di
“rientro” nella società! La
voglia di festeggiare allora è poca, perché è in discussione, e rischia di
venire pesantemente ridimensionata, la legge-simbolo del carcere della speranza.
La cosa più dolorosa, poi, è la sensazione che una “società civile”
capace di difendere una buona legge non esista più, spaventata e messa a tacere
da una informazione aggressiva sui temi della sicurezza e da una politica che
mira più agli effetti speciali che alla sostanza. La sostanza è che quella
legge ha reso tutti più sicuri, spianando la via a un rientro in società di
tanti condannati lento, graduale e controllato. E invece, vediamo ogni giorno un
assurdo capovolgimento della realtà, per cui si decide di tagliare una buona
legge in nome di una sicurezza, che quella legge ha sempre garantito: ma
davvero, vorremmo chiedere alla gente di buon senso, qualcuno crede che
scarcerare le persone a fine pena sia meno rischioso che dar loro modo di
ricostruirsi passo passo una vita decente, con una uscita dalla galera “a
tappe”? Si
apre allora una stagione nuova, e più difficile anche per Ristretti Orizzonti:
bisogna che impariamo o reimpariamo tutti a fare un lavoro lento, paziente,
capillare nel cuore della società. Certo, è come voler svuotare il mare con un
cucchiaino, ma non dimentichiamoci che in questo Paese ci sono state battaglie,
come quella in difesa del divorzio e dell’aborto, che tutti davano per perse,
sottovalutando la capacità della nostra società di recuperare, al momento
necessario, uno spirito più libero e laico. Forse è un paragone che c’entra
poco, ma almeno mi consola. E mi consola anche pensare che, nella desolazione di
un momento storico così pesante, con l’aggiunta di una campagna forsennata
dei media di autentica demonizzazione dell’indulto, Ristretti Orizzonti è
comunque diventato uno straordinario laboratorio dove si sperimentano idee per
un senso diverso della pena, si discute e ci si confronta come ormai non avviene
quasi più nel mondo “libero”. Il
nostro compito è in fondo questo: un lavoro paziente e delicato per smontare i
pregiudizi e le illusioni che la sicurezza si costruisca lasciando tutti in
galera. Un progetto di informazione e comunicazione che in questi anni si è
dato degli strumenti, abbastanza straordinari per una realtà minuscola come la
nostra: oltre al giornale, il sito, una newsletter quotidiana che arriva a più
di 7.000 utenti, un percorso di conoscenza tra scuole e carcere che raggiunge
centinaia di studenti, i loro insegnanti, le loro famiglie. E più di recente
questo nostro “laboratorio” ha iniziato una riflessione sul rapporto
autori-vittime di reato che è diventata un momento fondamentale del nostro
lavoro. Perché noi lavoriamo con le parole, e abbiamo imparato che le nostre
parole devono sì aiutare le persone detenute a vedere riconosciuti i propri
diritti, ma devono anche essere parole che non offendono e non dimenticano chi
il reato l’ha subito. Per
quel che riguarda invece il futuro, i nostri “buoni propositi” non sono i
“buoni propositi di galera”, quelli che durano fino a quando si aprono le
porte del carcere e poco oltre: no, noi ci impegneremo perché il nostro lavoro
sulla comunicazione e l’informazione diventi motore di un cambiamento vero, e
ci batteremo perché il volontariato esca dalla logica della coltivazione del
proprio splendido orticello e capisca che oggi è indispensabile mettere insieme
le forze, se non vogliamo essere spazzati via, magari gentilmente, con
l’invito ad andare a occuparci dei “buoni” invece che dei “cattivi”
che stanno in galera.
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