Andrea Noventa

 

Andrea Noventa

 

Analizzare il problema della droga in questi ultimi anni significa porsi m un ottica il più ampia possibile, che non si limiti riduttivamente all’analisi di qualche sostanza ma che analizzi il quadro complessivo dell’uso di tutte le sostanze. Quando si parla comunemente di droga si pensa solo ad un gruppo di sostanze riconosciute da tutti come "le droghe".

È molto difficile, almeno nel nostro Paese, pensare a quante sostanze sono droghe e quindi agli effetti che provocano, alle problematiche ad esse correlate e agli stili di consumo, in particolare dei giovani. Cosi quando si parla di droghe, non si parla dell’uso di alcol e di tabacco: è come se queste sostanze fossero fuori dal dibattito degli operatori e dei cittadini; sembra quasi che l’inserire l’ambito dell’alcol e del tabacco snaturi la stessa analisi specifica sull’uso delle droghe.

Questo ha una ricaduta anche nelle ricerche epidemiologiche svolte nel nostro Paese, nelle analisi sugli stili di vita in particolare dei giovani, nelle azioni di prevenzione attuate e quindi anche nella organizzazione di tutti i servizi, e in specifico di quelli delle tossicodipendenze. Il sottovalutare l’uso di sostanze e di alcol significa non considerare il costo (non solo economico) individuale, familiare e sociale che la comunità deve sopportare. È particolarmente strano che comportamenti cosi diffusi e rilevanti sotto tutti i punti di vista non costituiscano parte delle riflessioni ecologiche del mondo degli operatori e dei cittadini interessati ad intervenire per ridurre le sofferenze della comunità. Parlare di consumi di alcol, della popolazione generale e in particolare del mondo giovanile, dei nuovi stili di vita e di consumo costituisce ancora un processo molto marginale a differenza di altri ambiti più noti: l’uso di eroina, le nuove droghe ecc.

Recentemente si sono anche sviluppati fenomeni correlati a variazioni di comportamenti e stili di vita dei giovani che hanno portato ad un uso combinato di sostanze, i policonsumi, e ad un abuso di alcol alla ricerca specifica di ubriacatura e sballo: il binge drinking. Questa situazione di policonsumo, per altro già presente in passato ma scarsamente considerata in particolare dagli operatori (la copresenza di uso di alcol ed eroina o cocaina, o cannabis), è ormai un’evidenza non solo epidemiologica ma spesso anche clinica. È inoltre strano che si parli prevalentemente di alcol quando si parla di policonsumi e non si tratti la tematica come comportamento specifico e determinante. Ciò conduce inoltre a non evidenziare l’eziologia dell’uso di alcol e la sua rilevanza sotto il profilo diagnostico. Al contrario la rilevazione clinica evidenzia come l’alcol sia molto spesso la sostanza primaria, la prima droga dei giovani.

È inoltre interessante notare che tale scarsa attenzione a questi fenomeni riguarda sia il sistema dei servizi pubblici che la rete dei servizi privati (Comunità terapeutiche).

"Anche nella stessa politica di "riduzione del danno", specifica per le droghe illegali, nulla o quasi è stato fatto relativamente all’uso di alcol; nonostante proprio la riduzione dei consumi di alcol (obiettivo OMS) ne sia un ambito. [n’altra considerazione importante è che le tematiche relative al consumo di alcol sono strettamente connesse alle altre aree di azione sociale trattate nel convegno:

carcere e criminalità (almeno il 15-20 % dei detenuti ha gravi problemi con l’alcol);

immigrazione (gravissimi sono i problemi di alcolismo tra gli immigrati, correlati inoltre con problemi sociali già molto significativi);

fenomeni sociali relativi all’urbanizzazione e l’inclusione o esclusione sociale (marginalità sociale, grave emarginazione...);

sicurezza delle città (comportamenti rischiosi e devianti: guida/incidenti stradali, tifo sportivo, prostituzione ecc.);

vivibilità dei quartieri e delle città (ambiti di aggregazione e socializzazione).

Emerge quindi la necessità di analizzare le droghe in una "visione d’insieme" che tenga conto sia dei contesti di relazione, sia dei comportamenti individuali, sia degli ambienti sociali. Questo può permettere lo sviluppo non solo di azioni normative e di controllo sociale ma soprattutto la promozione di sensibilità e responsabilità di tutta la comunità: la "necessità di costruire un modello sociale mettersi tutti in gioco, nella coscienza dei propri limiti, alla ricerca di quel "di più" che può nascere soltanto da un lavoro di squadra" (Ciotti, "Avvenimenti" settembre 2002).

Quesiti relativi a quale "Strada" stiamo "facendo" sul problema:

quali servizi pubblici e privati hanno organizzato in maniera stabile, consolidata e professionale una risposta a tale emergenza (pensiamo anche agli ospedali, al carcere, alle comunità, ai programmi di strada)?

quali azioni si sono promosse sotto il profilo della ricerca (contributo dell’università)?

quali risorse economiche e professionali sono state impiegate per affrontare questo problema"?

qual è la rete (servizi) presente per assistere le famiglie e i giovani che hanno questo problema nelle diverse regioni d’italia; quanto è conosciuta e accessibile?

quali sono le azioni di comunità attuate in maniera continuativa e che costituiscono un supporto per le azioni di sensibilizzazione e prevenzione primaria e per un cambiamento culturale"?

quali azioni sotto il profilo della crescita culturale in particolare dei giovani sono state promosse (libri, indagini, internet, dibattiti...)"?

quali strumenti hanno gli operatori per affrontare tali tematiche, in particolare sotto il profilo della formazione?

quali articolazioni (ministeri, assessorati, enti) dello stato sono impegnate ad affrontare tali tematiche e quali sono i progetti attivi?

quale cooperazione sviluppare tra servizi del pubblico e del privato, tra rete del volontariato e dell’auto-mutuo-aiuto e come far conoscere tale risorsa alla comunità?

quale coinvolgimento della comunità, dei cittadini, delle famiglie è stato sviluppato per rendere tale problematica un elemento prioritario delle azioni per la salute?

quali azioni legislative e di reale applicazione delle norme sono necessarie nel nostro paese?

 

Premessa

 

Il consumo di alcolici e le problematiche correlate costituiscono uno dei più gravi problemi di salute della nostra comunità. I costi sociali, sanitari ed economici evidenziano non solo la tematica relativa ai giovani ma le correlazioni ad altri ambiti sociali rilevanti: il carico delle problematiche per la famiglia, le problematiche in ambito lavorativo, sulla guida, sui trattamenti e sistemi di cura. Inoltre l’uso dell’alcol provoca almeno 30 mila vittime l’anno e un costo di almeno 30 mila miliardi di lire.

 

Il bere in Italia

 

L’analisi delle problematiche specifiche dell’uso di alcol da parte dei giovani necessita di un quadro di riferimento ben più ampio e che possa considerare tale fenomeno giovanile in un processo di comprensione dinamica e complessa dei comportamenti umani. Inoltre il considerare il consumo di alcolici all’interno delle diverse modalità di comportamento degli individui, delle famiglie, dei gruppi sociali significa richiamare il complesso di fattori economici, legislativi, sociali. culturali, genetici, fisici, psicologici che evidentemente rendono più complesso il modello di analisi centrata su di un semplice fattore, l’alcol. A livello nazionale e internazionale si assiste ad una netta modificazione dei consumi di alcol e dei comportamenti ad esso associati in particolare della popolazione giovanile. Alcuni elementi significativi di queste modificazioni sono:

1. Il rilassamento delle politiche di controllo sui consumi di alcol. Nel nostro Paese in particolare si assiste ad una sostanziale inapplicazione della scarsa normativa specifica, si pensi ad esempio all’età legale (16 anni) per poter consumare alcolici (acquisto e somministrazione), alcol test dei guidatori, presenza di alcol nei posti di lavoro.

2. La diminuzione del costo reale dell’alcol. In particolare in Italia il costo delle bevande alcoliche è molto basso e quindi facilita l’accessibilità, in particolare dei giovani e delle categorie di persone con poche risorse economiche (immigrati).

3. La "internazionalizzazione dei consumi". In sostanza nel nostro Paese, e in particolare per i giovani, si assiste all’aumento del consumo di birra e alla riduzione del consumo di vino; i superalcolici si mantengono stazionari. Tale fenomeno di "inversione" degli stili del bere è presente anche negli altri Paesi (aumento dell’uso di vino e diminuzione dell’uso di birra nei Paesi del Nord Europa). Tali processi sono in parte determinati dalla pressione pubblicitaria svolta dalle multinazionali dell’alcol, dal turismo. Inoltre per la popolazione giovanile è particolarmente rilevante nel cambiamento dello stile del bere non solo la tipologia di bevanda alcolica, ma in particolare la variazione delle modalità di assunzione. Si passa da una assunzione giornaliera ed associata ai pasti ad una sempre più concentrata al fine settimana e in particolari momenti di socializzazione e di relazione. Il momento della discoteca, del ballo, dello stare assieme agli altri giovani vede come "mediatore" l’alcol come droga facilmente utilizzabile, normativamente meno pericolosa e ampiamente tollerata dal contesto amicale, dalla famiglia e dalla comunità.

4. La stabilizzazione su alti livelli di consumo pro-capite. Tale processo per il nostro Paese significa non tanto un aumento di consumo pro-capite quanto una stabilizzazione su un livello di consumo più simile a quello di altri Paesi. È da considerare che il nostro Paese era tra i primi consumatori al mondo di alcol e l’andamento della cuI"va dei consumi doveva presumibilmente scendere, anche se, secondo alcune recenti stime si sta assistendo ad un incremento dei consumi. È noto che il livello dei consumi della comunità determina o influisce molto sulle problematiche alcolcorrelate della stessa comunità (OMS, 1992).

6. Aumento dei problemi alcolcorrelati che significano una elevata mortalità (da 22 mila a 34 mila morti all’anno, quarta causa di morte) e una importante correlazione su molti altri problemi a livello individuale (acuti e cronici), a livello familiare (in particolare nelle famiglie degli alcolisti e per i loro figli), a livello sociale (costi sanitari e sociali).

6. L'amento dei consumi in alcuni "gruppi a rischio", quali i giovani (specie se figli di alcolisti, forti bevitori, emigrati), tra i quali si nota un preoccupante abbassamento dell’età d’inizio del bere: le donne, gli immigrati, i tossicodipendenti. Tale fenomeno causa anche una maggiore visibilità, che determina evidentemente problematiche un tempo non considerate o non conosciute nel nostro Paese, più tipiche di Paesi del Nord Europa.

7. L’aumento del consumo nei Paesi in via di sviluppo, a causa dell’introduzione della "cultura dell’alcol di stile occidentale e per il basso prezzo delle bevande alcoliche rispetto ad altri beni presenti sul mercato.

8. L’aumento dell’influenza dei mass-media e del sistema di vendita correlati ad una affermazione di identità sociale nell’uso di alcol. L:incremento delle spese pubblicitarie in tale settore, sottolinea - a discapito delle indicazioni CE recepite anche dalla nostra legislazione - una valorizzazione di simboli di successo correlati all’uso di alcolici, valori economici, personali, sessuali, relazionali, di benessere fisico etc., pubblicità particolarmente rivolta ai giovani e alle donne.

9. L’aumento nell’attenzione all’uso di droga ha inoltre incrementato la tolleranza sociale per l’alcol e diminuito l’interesse delle istituzioni e della informazione ad un intervento complesso ed articolato sia sul fronte educativo (ruolo della famiglia e della scuola) che su quello socio-sanitario. Il problema della droga ha allontanato la considerazione che l’uso di alcol è uno dei problemi "droga correlati" e che forse nella nostra società è il maggior problema. e che va considerato almeno con la stessa determinazione.

È evidente che l’alcolismo giovanile va considerato a partire dalla valutazione generale delle problematiche alcol correlate di una determinata società. Inoltre la stessa terminologia utilizzata per definire "l’alcolismo... non chiara neanche per la popolazione adulta. si fa ancora più incerta quando si considerano stati di alcolizzazione di giovani. che spesso non presentano molte delle caratteristiche nosologiche tipiche dell’alcolismo. Definire ed inquadrare quindi "l’alcolismo giovanile" è molto difficile, perché bisogna sostanzialmente modificare non solo la valutazione delle conseguenze del bere (i problemi e la patologia alcol correlata), ma anche il quadro anamnestico e lo stile del bere del giovane.

È in tale direzione che si parla di "alcolismi" cioè di diverse e diversificate fom1e di alcolismo che riguardano diverse tipologie del bere. stile di bere. diverse categorie di persone. in diversi contesti culturali e sociali. L’alcolismo giovanile va inquadrato come una delle possibili fom1e di alcolismo e certamente va contestualizzato. La considerazione quindi dei "fattori eziologici" alcol correlati va cercata non considerando solo gli estremi della curva dei comportamenti ma il complesso dei comportamenti che sono espressione delle più infinite combinazioni causali.

 

L’alcol e i giovani: quale realtà in Italia

 

L’alcol è la prima causa di morte per i giovani uomini europei. Un decesso su quattro, tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. è dovl1to al consumo di alcol. per un totale di 55mila morti l’anno a causa di incidenti automobilistici, avvelenamenti, suicidi, omicidi legati all’alcol (OIS 2001). Nei trenta Paesi esaminati, più della metà dei sedicenni ha già sperimentato lo stato di ubriachezza. I dati del 1999 rivelano un aumento del consumo di tabacco in 11 Paesi sui 20: un aumento dell’uso di alcol in 12 Paesi e di cannabis in 14 paesi. Ormai è accertato che il 46% degli incidenti stradali è correlato alluso di alcol e la mortalità per incidente stradale è la prima causa di morte tra i giovani (18 - 26 anni).

Nel 2001, 2.050 giovani hanno perso la vita in incidenti stradali. Cosa viene fatto per questo tipo di emergenza sociale? Quali ricerche sugli stili di vita dei giovani in relazione a tali tematiche vengono realizzate in Italia? Esistono poche ricerche che indicano con relativa esattezza quali siano le dimensioni di questa problematica. Sicuramente il 2% degli adolescenti (tra i 12 e 15 anni) ha un grave problema fisico o psicologico con l’alcol, inoltre un numero molto elevato (dallo al 15%) ha seri problemi con l’alcol (incidenze, violenze, aggressività...). Tutte le ricerche in Italia sono concordi nel ritenere che questa quota di popolazione giovanile che abusa di alcol e ha problemi sta aumentando. A fronte di una generale riduzione nell’uso di alcolici, si assiste ad un incremento nell’uso di questa quota di popolazione giovanile. La popolazione che sta riducendo i consumi è prevalentemente la popolazione adulta e che consuma molto (forti bevitori o alcolisti), a differenza della popolazione dei bevitori moderati che invece o è stabile o sta aumentando il consumo. Tale riduzione è determinata anche da spinte di mercato volte a modificare i consumi e orientare ad una maggiore stabilizzazione dei giovani e delle donne. Inoltre molte delle campagne di prevenzione e riduzione dei consumi che si rivolgono in particolare ai giovani dimostrano scarso successo nel modificare tali comportamenti. Questa parte di popolazione giovanile è molto resistente al cambiamento nel senso della tutela della salute e si espone a diversi rischi: beve molto, fuma, usa diverse droghe, guida in modo spericolato.

 

Fattori associati all’uso e all’abuso di droghe

 

I fattori associati sia all’uso che all’abuso sono molti. In particolare viene evidenziata l’età. Con il crescere dell’età cresce il consumo. Nella nostra comunità inoltre due sono le età importanti anche sotto il profilo della prevenzione: l’età di iniziazione attorno agli 8 anni, dove inizia l’avvicinamento e il primo contatto con la bevanda alcolica e i 17-18 anni. età di consolidamento delle abitudini dove si assiste ad un incremento notevole del consumo in termini di quantità e frequenza. In questo arco d’età si assiste anche alla sperimentazione dell’uso del tabacco e successivamente. in alcuni casi, anche delle droghe "illegali". È evidente l’importanza del contesto di apprendimento del comportamento, in termini di influenza sulle abitudini e sul consolidamento delle stesse: famiglia e gruppo dei pari.

L’altra variabile importante è il genere: i maschi consumano di più e sviluppano maggiori rischi delle femmine, anche se tale differenza si sta ampiamente riducendo. È evidente che la combinazione tra il consumo di alcol, come tutte le altre droghe, e uno o più fattori di rischio aumenta la probabilità di esposizione dell’individuo a comportamenti o situazioni altamente problematiche. L’uso di alcol da una parte e lo sviluppo di problematiche alcol correlate e comportamenti a rischio dall’altra trovano spiegazione in un modello di interazione di fattori multipli. In definitiva non può essere identificata un’unica spiegazione dell’uso di sostanze, come l’alcol che sia di per sé applicabile a tutti coloro che ne fanno uso o abuso. Emerge quindi l’importanza di identificare dei processi diagnostici che tengano conto di tale multifattorialità e della necessità di una analisi differenziale. Si assiste quindi ad una varietà di fattori eziologici che può predisporre, ma non necessariamente, all’uso e all’abuso di sostanze e alcol. In letteratura vengono riportati diversi modelli interpretativi che individuano fattori e variabili con una probabile e differente importanza nella causalità dell’uso e soprattutto nell’abuso di alcol.

 

Fattori individuali

 

Di seguito vengono indicati i fattori di rischio e protezione rispetto al comportamento di assunzione di alcol e droghe (Jessor 1991):

  1. Biogenetica (fattori biogenetici e alcolismo familiare) - Fattori di rischio: anamnesi familiare di alcolismo - Fattori di protezione: intelligenza acuta.

  2. Ambiente sociale-strutturale e demografico - Fattori di rischio: povertà, anomia normativa, disuguaglianza razziale, opportunità illegali. Fattori di protezione: scuole di qualità, famiglia unita, risorse del vicinato, adulti presenti nell’educazione.

  3. Ambiente percepito (famiglia - gruppo dei pari). Fattori di rischio: modelli di comportamento deviante, conflitto normativo tra genitori e amici. - Fattori di protezione: modelli di comportamento convenzionale, controlli elevati contro il comportamento deviante.

  4. Personalità (caratteristiche e problematiche) - Fattori di rischio: scarsa possibilità di vita percepita, scarsa autostima, propensione al correre dei rischi. - Fattori di protezione: valore al conseguimento della salute, tolleranza della devianza.

  5. Comportamento/condotta. Fattori di rischio: bere problematico, scarso impegno scolastico. Fattori di protezione: frequentazione della Chiesa, partecipazione ad associazioni scolastiche e di volontariato,

 

Uso di alcol e danni nei giovani

 

Alcuni giovani soffrono per le conseguenze del loro bere. Sebbene il numero di adolescenti che si considerano "bevitori" è probabilmente diminuito, i dati disponibili sui livelli di consumo mostrano globalmente un incremento.

Una larga maggioranza sperimenta intossicazioni e altri minori conseguenze di breve durata. Una minoranza, tuttavia, beve fortemente aumentando il rischio di incorrere in danni più seri e duraturi. L’eziologia di un simile impiego rimane incerta. I forti bevitori sono più portati rispetto agli altri adolescenti ad assumere droghe illecite o a lasciarsi coinvolgere in altri comportamenti rischiosi (rapporti sessuali non protetti. comportamenti delittuosi, violenti, guida in stato di ubriachezza. risse ecc.) anche quando cessano di bere eccessivamente. I forti bevitori hanno una maggiore predisposizione al fumo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Health 21) nelle sue indicazioni ha indicato due obiettivi prioritari (target 12) da raggiungere per modificare il trend dei consumi e ridurre il numero delle problematiche alcol correlate e dell’alcolismo.

Ridurre il consumo medio pro-capite a 6 litri alcol anidro/anno.

Ridurre il consumo dei giovani al di sotto dei 15 anni a zero litri.

La strategia delle azioni sull’alcol ha identificato alcune popolazioni specifiche a cui rivolgere l’intervento: bambini, adolescenti e giovani adulti, adulti. È evidente che le azioni per raggiungere tali obiettivi si rifanno ad alcune premesse importanti:

L’uso di alcol è un fattore di rischio per l’individuo e per la comunità.

Il consumo di alcol incide direttamente o indirettamente su tutti i cittadini e rappresenta un problema di salute pubblica della comunità e prioritariamente dei giovani.

I problemi di salute pubblica non riguardano solo le scelte individuali, ma il sistema sociale in cui tutti noi viviamo. La riduzione dei problemi alcol correlati richiede un intervento a livello individuale, familiare e ambientale.

La prevenzione e la promozione deve prevedere sia campagne di carattere informativo e di sensibilizzazione, che la limitazione della disponibilità di bevande alcoliche (v applicazione della legislazione: l’età legale, l’azione sul prezzo delle bevande alcoliche rispetto alle analcoliche o altri beni o servizi, la limitazione dei punti di vendita degli orari di apertura, controllo delle situazioni ad alto rischio ad esempio durante il lavoro e la guida).

Lo sviluppo di interesse in ambito sanitario e sociale in particolare per gli operatori della salute della comunità che dovrebbero essere i promotori di azioni orientate al benessere individuale e collettivo. Lo sviluppo di una cultura della tolleranza e della tutela del bene collettivo e conseguentemente anche di stili di vita orientati alla salute. La mobilitazione di tutta la comunità attraverso processi di responsabilizzazione e un reale investimento delle istituzioni per un sostegno agli obiettivi di salute e alle strategie per un incremento della consapevolezza e della attenzione generale sui rischi associati al consumo di alcol.

La prevenzione e le azioni conseguenti necessitano di un approccio di popolazione. Tale intervento non riguarda solamente la popolazione dei forti bevitori o degli alcolisti, ma è orientata ad un cambiamento generalizzato degli stili di vita e ad un coinvolgimento di tutta la comunità.

La popolazione ad alto rischio è raggiungibile solo se il messaggio è diretto a tutta la popolazione, se tutta la comunità si fa carico di affrontare il problema.

In tal senso gli interventi sull’abuso di alcol sono più facili perché l’uso è proprio di tutta la comunità, a differenza della droga che coinvolge invece una minima parte della popolazione. Quindi le azioni di prevenzione non etichettano o stigmatizzano il gruppo dei bevitori ma sottolineano elementi di normalità e quindi di maggiore disponibilità. La stragrande maggioranza dei problemi derivanti dal consumo di bevande alcoliche da parte dei giovani non è riconducibile alla dipendenza dall’alcol e neppure ai forti bevitori cronici, bensì agli spiacevoli effetti collaterali di intossicazioni acute. L’approccio di comunità ai problemi alcol correlati necessita di un cambiamento radicale del target degli interventi in ambito alcologico. Per tale considerazione un "modello ecologico" è definibile a partire dalla individuazione dei diversi piani di analisi e di intervento che coinvolgono popolazioni e categorie differenti (alcolisti, abusatori, consumatori moderati ecc.).

È evidente che uno degli obiettivi principali è quello di ridurre al minimo l’esposizione ai fattori di rischio identificati o ridurre quelli che in qualche modo sono già presenti a livello individuale, familiare o ambientale.

I programmi quindi si orientano in tre ambiti:

programmi che riguardano la grande maggioranza di giovani che usano bevande alcoliche e quindi programmi comunitari che coinvolgono in maniera differenziale i diversi contesti di vita dei giovani (famiglia – genitori - fratelli, scuola, amicizie) in correlazione all’età specifica;

programmi per i giovani che hanno già sviluppato comportamenti correlati ad un bere problematico (incidentati, coinvolti in risse, denunciati);

programmi per giovani alcolisti e/o che vivono in contesti familiari altamente problematici. Un’attenzione particolare andrebbe rivolta dai servizi che in qualche modo contattano famiglie con problematiche alcol correlate.

Questa popolazione è ad altissimo rischio è spesso conosciuta dai servizi più diversi (TM, servizi sociali, servizi sul trattamento, ospedali, scuole, servizi psichiatrici, servizi giudiziari, associazioni di auto mutuo aiuto, associazioni di volontariato ecc.) ma su di essa non viene svolta un’azione efficace e continuativa.

È perciò evidente la vastità di intervento preventivo che può riguardare sia la comunità cosiddetta ..normale" che una popolazione ampiamente differenziata ed esposta a fattori di rischio molto diversi tra loro.

Le azioni di prevenzione non possono realizzarsi positivamente se non sono inserite in un contesto più globale di azioni promozionali che vedano tutta la comunità attenta alla prevenzione delle problematiche alcol correlate. Una comunità attenta significa una comunità sensibile anche nei confronti della popolazione giovanile. Approccio comunitario significa anche una reale condivisione di contenuti, obiettivi e strategie. In tale processo di sensibilizzazione è necessario coinvolgere tutta la comunità in azioni semplici ma condivise. Se una comunità non considera l’alcolismo e il bere un comportamento a rischio e non rileva il problema nella sua gravità e vastità difficilmente potrà considerare l’alcolismo giovanile e i comportamenti alcol correlati come un epifenomeno di un "disagio" più ampio che non coinvolge solo i giovani ma anche gli adulti. Nell’analisi dei processi in corso e nei cambiamenti degli stili di vita dei giovani è evidente un uso di alcol ancora legato a schemi culturali localmente importanti, che differenziano in maniera sostanziale non solo la quantità del consumo di alcolici ma le stesse modalità. Va inoltre considerata, nel panorama culturale italiano. la marcata sottovalutazione generale sulle conseguenze e sui rischi della assunzione di alcolici e quindi l’implicito se non spesso l’incentivo a consumare alcolici come una sostanza "senza-rischi".

Dalle ricerche, ma ancor più dalla pratica clinica, risulta che le problematiche alcol correlate, in particolare per il futuro della nostra comunità, cambieranno sostanzialmente anche come conseguenza del modificarsi degli stili del bere dei giovani. La realizzazione di un programma preventivo significa modificare la "politica della salute" per tutta la comunità nell’individuare innanzi tutto delle azioni concrete da parte degli Enti preposti a tutela della salute individuale e pubblica, processo che attualmente è molto lontano dalla realtà almeno per quanto concerne l’alcol e la condizione giovanile. Un approccio di comunità e di salute pubblica, comporta la considerazione di tutte quelle azioni concrete che possono favorire lo sviluppo di stili di vita sani. Il modello di prevenzione quindi deve agire sul livello culturale della comunità.

Lo sviluppo di interesse in ambito sanitario e sociale in particolare per gli operatori della salute della comunità che dovrebbero essere i promotori di azioni orientate al benessere individuale e collettivo. Lo sviluppo di una cultura della tolleranza e della tutela del bene collettivo e conseguentemente anche di stili di vita orientati alla salute. La mobilitazione di tutta la comunità attraverso processi di responsabilizzazione e un reale investimento delle istituzioni per un sostegno agli obiettivi di salute e alle strategie per un incremento della consapevolezza e della attenzione generale sui rischi associati al consumo di alcol.

La prevenzione e le azioni conseguenti necessitano di un approccio di popolazione. Tale intervento non riguarda solamente la popolazione dei forti bevitori o degli alcolisti, ma è orientata ad un cambiamento generalizzato degli stili di vita e ad un coinvolgimento di tutta la comunità. La popolazione ad alto rischio è raggiungibile solo se il messaggio è diretto a tutta la popolazione, se tutta la comunità si fa carico di affrontare il problema.

In tal senso gli interventi sull’abuso di alcol sono più facili perché l’uso è proprio di tutta la comunità, a differenza della droga che coinvolge invece una minima parte della popolazione. Quindi le azioni di prevenzione non etichettano o stigmatizzano il gruppo dei bevitori ma sottolineano elementi di normalità e quindi di maggiore disponibilità.

La stragrande maggioranza dei problemi derivanti dal consumo di bevande alcoliche da parte dei giovani non è riconducibile alla dipendenza dall’alcol e neppure ai forti bevitori cronici, bensì agli spiacevoli effetti collaterali di intossicazioni acute, l’approccio di comunità ai problemi alcol correlati necessita di un cambiamento radicale del target degli interventi in ambito alcologico. Per tale considerazione un "modello ecologico" è defInibile a partire dalla individuazione dei diversi piani di analisi e di intervento che coinvolgono popolazioni e categorie differenti (alcolisti, abusatori, consumatori moderati ecc.). È evidente che uno degli obiettivi principali è quello di ridurre al minimo l’esposizione ai fattori di rischio identificati o ridurre quelli che in qualche modo sono già presenti a livello individuale, familiare o ambientale.

I programmi quindi si orientano in tre ambiti:

programmi che riguardano la grande maggioranza di giovani che usano bevande alcoliche e quindi programmi comunitari che coinvolgono in maniera differenziale i diversi contesti di vita dei giovani (famiglia/genitori/fratelli, scuola, amicizie) in correlazione all’età specifica;

programmi per i giovani che hanno già sviluppato comportamenti correlati ad un bere problematico (v. incidentati, coinvolti in risse, denunciati);

programmi per giovani alcolisti e/o che vivono in contesti familiari altamente problematici. un’attenzione particolare andrebbe rivolta dai servizi che in qualche modo contattano famiglie con problematiche alcol correlate.

Questa popolazione è ad altissimo rischio è spesso conosciuta dai servizi più diversi (TM, servizi sociali, servizi sul trattamento, ospedali, scuole, servizi psichiatrici, servizi giudiziari, associazioni di auto mutuo aiuto, associazioni di volontariato ecc.) ma su di essa non viene svolta un’azione efficace e continuativa.

È perciò evidente la vastità di intervento preventivo che può riguardare sia la comunità cosiddetta "normale" che una popolazione ampiamente differenziata ed esposta a fattori di rischio molto diversi tra loro.

Le azioni di prevenzione non possono realizzarsi positivamente se non sono inserite in un contesto più globale di azioni promozionali che vedano tutta la comunità attenta alla prevenzione delle problematiche alcol correlate. una comunità attenta significa una comunità sensibile anche nei confronti della popolazione giovanile. Approccio comunitario significa anche una reale condivisione di contenuti, obiettivi e strategie. In tale processo di sensibilizzazione è necessario coinvolgere tutta la comunità in azioni semplici ma condivise. Se una comunità non considera l’alcolismo e il bere un comportamento a rischio e non rileva il problema nella sua gravità e vastità difficilmente potrà considerare l’alcolismo giovanile e i comportamenti alcol correlati come un epifenomeno di un "disagio" più ampio che non coinvolge solo i giovani ma anche gli adulti. Nell’analisi dei processi in corso e nei cambiamenti degli stili di vita dei giovani è evidente un uso di alcol ancora legato a schemi culturali localmente importanti, che differenziano in maniera sostanziale non solo la quantità del consumo di alcolici ma le stesse modalità. Va inoltre considerata, nel panorama culturale italiano, la marcata sottovalutazione generale sulle conseguenze e sui rischi della assunzione di alcolici e quindi l’implicito se non spesso l’incentivo a consumare alcolici come una sostanza "senza-rischi".

Dalle ricerche, ma ancor più dalla pratica clinica, risulta che le problematiche alcol correlate, in particolare per il futuro della nostra comunità, cambieranno sostanzialmente anche come conseguenza del modificarsi degli stili del bere dei giovani. La realizzazione di un programma preventivo significa modificare la "politica della salute" per tutta la comunità nell’individuare innanzi tutto delle azioni concrete da parte degli Enti preposti a tutela della salute individuale e pubblica, processo che attualmente è molto lontano dalla realtà almeno per quanto concerne l’alcol e la condizione giovanile. Un approccio di comunità e di salute pubblica, comporta la considerazione di tutte quelle azioni concrete che possono favorire lo sviluppo di stili di vita sani. Il modello di prevenzione quindi deve agire sul livello culturale della comunità.

 

 

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