Paolo La Marca

 

Paolo La Marca

 

Un antropologo tra gli anni 70 e gli anni 80 - perdonate l’ignoranza, non ricordo il nome - ha sintetizzato mirabilmente il bisogno di sicurezza della nostra società, ma io direi anche della nostra civiltà. Stamattina la parola "nemico" è stata pronunciata diverse volte, perché è normale quando si parla di sicurezza introdurre il concetto di minaccia, umanizzandola, "inventandosi" quindi il nemico. Quest’antropologo diceva "noi il nemico l’abbiamo già incontrato, e siamo noi".

Cinque punti molto veloci: recentemente al seminario di Perugia un rapporteur della comunità europea, precisamente dell’OEDT (l’Agenzia della comunità europea che fa il monitoraggio sulle droghe), ha fatto notare con due semplici dati una cosa molto interessante: il 50% circa delle persone incarcerate negli Stati dell’Unione europea è "dentro" per reati collegati alla droga, a vario titolo ovviamente: di questo 50% la metà è incarcerata per reati collegati alla cannabis. Vale a dire che la droga meno pericolosa in termini di impatto sulla salute - e la tutela della salute è un pezzo importante della sicurezza - è la più sanzionata.

Secondo elemento contraddittorio. Di un rhum che viene pubblicizzato, si dice che "brucia la notte", dunque la notte è una cosa da bruciare, utilizzando il rhum naturalmente. La birra, in un’altra pubblicità, è una "rivoluzione" (lo spot gioca sul fatto che il logo è una freccia che va rivoltata); il gin ti fa vivere una "vita dry" (qualunque cosa significhi), e la vodka "rompe il ghiaccio". Interessante anche questo: l’alcol, la droga più pericolosa dopo il tabacco è "spacciata" liberamente (spacciata nel senso di venduta, ma anche spacciata per qualcosa che non è), forte anche del fatto che ha una presenza fortissima nel nostro contesto culturale.

Terza contraddizione. Nelle pubblicità, la velocità e l’accelerazione che raggiunge un’auto sono fattori di pregio: più l’automobile è veloce, più è bella, tanto è vero che il numero di valvole nei motori si sta moltiplicando in maniera incredibile. Però è anche vero che la velocità costituisce la prima causa di morte in tutti gli incidenti stradali, ed è anche vero che riducendo la velocità sotto i 90 chilometri orari (in questo senso le leggi fisiche sono spietate: la forza di impatto è il quadrato della velocità) in caso di impatto si riduce la possibilità di lesioni, e quindi anche di morte, del 70%.

Quarta contraddizione (e qui sono particolarmente provocatorio). L’anno scorso nel nostro paese i morti sul lavoro sono stati più di 3 mila, una cifra allucinante. I morti per eroina più di mille. Dobbiamo conseguirne quindi che il lavoro è più pericoloso, rischioso, letale degli oppiacei?

Quinta e ultima contraddizione. L’anno scorso ho partecipato alla Conferenza internazionale sulla riduzione del danno a Lubiana e ho assistito alla presentazione di una ricercatrice americana, Martha Rosemberg, che ha fatto notare una situazione interessante: esiste negli Stati Uniti, secondo i media, una vera e propria emergenza sulla diffusione dell’ecstasy. I giornali e la televisione in America, con un ragionamento molto semplice, fanno notare come l’emergenza sia scaturita dal fatto che le mentions, cioè le segnalazioni, per l’uso dell’MDMA sono aumentate del 300% in un anno (negli Stati Uniti, se si viene ricoverati, si viene sottoposti ad un esame del sangue per accertamenti diagnostici e se viene scoperto nel sangue l’MDMA si viene segnalati alle autorità competenti). Questo è assolutamente incontrovertibile. Quello che i media non dicono mai, tralasciando un dato che permetterebbe di inquadrare maggiormente il pericolo, e quindi la mancanza di sicurezza, è che pur essendoci stato un aumento del 300%, le mentions per MDMA sono circa 11 mila su più di 1 milione di mentions relative a tutte le sostanze stupefacenti. Il e consegue che le mentions per MDMA si attestano intorno allo 0,01% del totale.

Con questo, ovviamente, non intendo dire che l’aumento del 300% delle mentions per MDMA sia una cosa positiva, però chiaramente manca un pezzo di informazione che permetta di contestualizzare con la dovuta precisione il livello di rischio, quindi la mancanza di sicurezza reale, Concludo dicendo che da anni vediamo che l’imperatore è nudo, però vederlo non basta, non basta più, quello che dobbiamo fare è trovare la forza - e ce ne vuole tantissima - e il coraggio per gridarlo.

 

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