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Alfio Lucchini
In premessa: anch’io, seguendo chi mi ha preceduto, ho un piccolo spot. Rappresento la Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze, un’organizzazione recente mente rifondata, nota come l’organizzazione degli operatori pubblici di base, ora apertasi anche agli operatori professionali del privato. Il moderatore consigliava di analizzare i bisogni, io però, stimolato dagli altri interventi, andrò veloce mente oltre. Se vogliamo vedere l’evoluzione del settore, notiamo uno spostamento dei bisogni espressi dai nostri pazienti. Vale la pena di non dimenticare le 150mila persone che vengono più o meno giornalmente all’interno dei servizi italiani, pubblici o del privato sociale. Perché questa è una realtà che - pur con tutte le novità - persiste, esprime necessità e potenzialità che dobbiamo assolutamente continuare a trattare, senza diminuire il nostro impegno, Già in questa utenza si vedono cambiamenti importanti - di ordine socia le e personale, ma anche nel modo di consumare le sostanze - cambiamenti sul territorio, legati ai consumi giovanili e alle prove di uso delle sostanze da parte di giovani e meno giovani. Se un nostro obiettivo importante è quello di riuscire a mettere in campo interventi validi, possibilmente precoci, quello che possiamo da subito fare è capire meglio i nuovi fenomeni. Insisterei su alcuni concetti: uno è sicuramente quello di complessità, assolutamente da difendere - diceva prima Augusto Consoli - dal punto di vista scientifico e - dico io - anche dal punto di vista organizzativo e delle risorse da mettere in campo. Legato al tema della complessità è quello della differenziazione dell’intervento, scritto nel nuovo 444. Mi permetterei di sottolineare la necessità di una differenziazione nella strutturazione degli interventi: residenziale, semiresidenziale, di bassa soglia, drop in. Interventi dei servizi, degli ambulatori, delle attività di territorio intese nel modo più vasto, della promozione della salute nei vari ambiti e nei vari momenti di vita, Talvolta - questo è un vizio del nostro Paese - non vi sono soltanto documenti legislativi che affermano determinate necessità, come il nuovo 444, ma anche parecchi documenti tecnici, ad esempio quelli prodotti dal gruppo di studio che ha definito le linee guida sulla riduzione del danno al Ministero della allora Sanità, un anno e mezzo di lavoro della Commissione, con una visione che andava anche oltre i concetti della riduzione del danno e trattava una articolazione dei servizi possibili, con i necessari supporti scientifici. Spesso, purtroppo, questi documenti vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, o su qualche rivista scientifica e non trovano ascolto ne applicazione. Abbiamo bisogno di un’articolazione ampia di servizi e di funzioni, cosa che credo sia già in atto, e - come diceva Achille Saletti - di una riformulazione dei Ser.T. Non dobbiamo però dare l’impressione di mettere insieme servizio pubblico e servizio privato come, non so, due realtà in difficoltà che si uniscono per sopravvivere. La realtà è completamente diversa, la realtà è quella di un sistema di intervento che da venti - trenta anni agisce su un tema molto complesso e che, avendo capito di trovarsi di fronte a questioni strutturali, si mette in discussione. A me piacerebbe sapere quanti altri settori della sanità e non solo si mettono in discussione in questo modo. Permettetemi di dire due parole sul Dipartimento: l’impostazione che auspico è quella di non guardare tanto ai nominalismi, quindi "dipartimento strutturale" o "dipartimento funzionale", ma guardare ai contenuti. Credo che il Dipartimento debba essere il luogo della programmazione, ovviamente, ma anche un luogo in cui non limitarsi a questo; per esempio in un documento che abbiamo sottoscritto come Federserd della Regione Lombardia insieme a direttori dei servizi pubblici e CEAL (quindi pubblico e privato insieme) siamo andati molto oltre nel defInire il Dipartimento. Vorrei leggervi soltanto alcuni concetti sui compiti del Dipartimento: garantire il massimo livello di intervento efficace nei confronti delle dipendenze e dei fenomeni di consumo e abuso di sostanze legali ed illegali attraverso la programmazione, l’articolazione e l’interazione degli interventi preventivi, terapeutici, di tutela della salute, di riabilitazione e reinserimento sociale attraverso la definizione condivisa di uno specifico piano triennale territoriale di indirizzo programmatico e di gestione della spesa, sia sulla quota del fondo sanitario che sui fondi integrativi (ad es. l. 45, l. 328); - rilevare e monitorare i bisogni assistenziali e di intervento attraverso dati epidemiologici, indagini sociali, verifiche relative a domanda, offerta, spesa e soddisfazione dei clienti; - favorire l’integrazione ed il collegamento tra le attività svolte nell’ambito delle diverse strutture accreditate; esercitare funzioni di controllo, garantendo una strategia complessiva di intervento e pari dignità dei soggetti che operano nel sistema di intervento attraverso la definizione di strumenti e indicatori condivisi di valutazione; verificare, sulla base delle indicazioni regionali (fatti salvi gli specifici e diversi compiti di vigilanza e accreditamento propri di altre strutture), l’applicazione degli standard di funzionamento del settore (Enti autorizzati) anche attraverso la definizione delle procedure, l’individuazione e il controllo degli indicatori di qualità delle strutture operative e dei programmi, la verifica del raggiungimento degli obiettivi, la valutazione degli interventi e dei risultati raggiunti; cooperare alla definizione o alla revisione degli standard regionali di accreditamento e di parametrazione dei servizi ai livelli essenziali di assistenza; proporre gli accordi contrattuali determinanti per l’accesso al Fondo sanitario regionale; stabilire, sulla base delle indicazioni regionali, protocolli di collaborazione tra le strutture accreditate del Servizio sanitario regionale ed altre amministrazioni (prefetture, istituzioni scolastiche, sistema carcerario, comuni ecc.) definendo gli obiettivi prioritari e le competenze dei singoli componenti della rete , al fine di evitare la dispersione o la sovrapposizione delle risorse: programmare e gestire localmente l’erogazione e l’utilizzo dei fondi nazionali e regionali dedicati a progetti preventivi, terapeutici o riabilitativi, con particolare attenzione all’integrazione socio-sanitaria: definire, programmare e attuare localmente il piano di formazione e aggiornamento per il sistema di intervento; definire, coordinare e gestire il piano annuale o pluriennale delle ricerche, anche in collaborazione con istituzioni pubbliche e private regionali, nazionali ed internazionali, Se questi sono i compiti, penso che ognuno debba fare il suo dovere: lo faccia lo Stato, lo facciano le Regioni e gli Enti locali, lo facciano le aziende sanitarie locali, Quando parliamo di Dipartimento, è evidente che parliamo di un dipartimento "aperto", che parta dalle capacità di programmazione delle aree territoriali, per raggiungere il massimo della inclusione e possibile diffusione, lo sinceramente non vedo in questo dei conflitti d’interesse, ci vedo invece la possibilità di evitare quelle confusioni, quell’economicismo totale che altri tipi di contrattazioni funzionariali porterebbero, ovviamente sono d’accordo sulla pari dignità di funzioni fra pubblico e privato. E, anche rispetto al "chi comanda tra pubblico e privato", cosa di cui sempre si discute, la questione è rilevante se il Dipartimento, oltre a essere il luogo in cui si possono sentire 150 associazioni, persone, entità, alla fine è il luogo in cui si decidono le politiche sociali e sanitarie di un tema specifico (seppur diffuso) come quelle dell’utilizzo di sostanze. Che un funzionario sia del settore pubblico o del privato non mi interessa, purché svolga una funzione pubblica, quindi sappia di rappresentare lo Stato, Per quanto riguarda il tema della certificazione dello stato di tossicodipendenza, è un ambito in cui la funzione pubblica si caratterizza maggiormente, non solo come riconoscimento della funzione ma anche come dimostrazione delle capacità tecniche di conoscere i percorsi di diagnosi, previa validazione degli stessi. Da quello che ho detto si potrebbe concludere che il problema è quello di applicare le leggi che ci sono e in modo corretto, on mancano problemi, come quelli citati nel documento preparatorio di questa assise, sotto la dizione "conflitti d’interesse", Bisogna affrontarli e bisogna forse anche un po’ chiarirli, anche sul periodico trimestrale di Federserd, commentando il nuovo 444 ci mostriamo non particolarmente entusiasti del fatto che le Regioni impugnino questo decreto, colpisce che si facciano documenti e atti delle Regioni, si facciano dei ricorsi e poi in molte Regioni il gioco al ribasso rispetto alla definizione del sistema di intervento venga praticato giornalmente. Credo che una riflessione attenta su questo tema vada fatta è un tema complesso, e purtroppo siamo in un periodo in cui la parola "complessità" non è molto di moda. Sulla legge 328 del sociale condivido quello che ha detto Teresa Marzocchi, cioè il rischio della polverizzazione della discussione e degli interventi. Da qui la necessità, vista la grande potenzialità della legge, di studiare i momenti di programmazione più diffusa a livello di territorio, e di sintesi decisionali mature ed efficaci.
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