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Emanuele Bignamini
Le considerazioni che riporto di seguito derivano dal lavoro del gruppo che ho la fortuna di dirigere, in particolare dagli studi di Daniela Ostano, Paola Bogliaccino, Piergiorgio Cerrato e altri ancora e dalla collaborazione che si è sviluppata negli ultimi tre armi con le cooperative "Comunità e quartiere" e "Stranaidea" su un progetto denominato "Esta Siesta Sì" (nome che, come potete notare, è creato attraverso la ripetizione di estasi), condotto con lo scopo di riuscire a derivarne indicazioni per l’organizzazione di se[vizi e modelli di intervento specifici per le "nuove droghe". Una premessa sul "Nuovo". A volte mi pare che il "nuovo" sia un concetto molto relativo, addirittura un artificio che corrisponde a esigenze particolari. on voglio banalizzare troppo, ma ci sono esigenze dei mass media che devono rilanciare l’interesse dell’opinione pubblica, travestendolo da emergenza, e ci sono degli operatori che, a loro volta, non sanno più stupirsi dei loro soliti vecchi pazienti e cercano volentieri alternative professionali, quando non di mercato. "uovo" definisce un salto rispetto al già conosciuto, ed il fatto che sia usato in riferimento a specifiche sostanze o comportamenti è dimostrativo dei paradigmi culturali che operano inavvertiti. Anche l’eroina o la cocaina avrebbero potuto essere definite "nuove droghe" rispetto all’alcol o all’oppio, se già fossero stati attivi gli attuali modelli interpretativi. Invece furono introdotte nell’uso come potenti e benefici farmaci; ma del resto anche l’ecstasy è stata sintetizzata come anoressizzante, anche se ha avuto il suo impiego su larga scala in situazioni belliche. Potremmo dire che di nuovo c’è il nostro modo di vedere le cose vecchie, nuovo è quindi il paradigma che utilizziamo. Anche il tabacco potrebbe essere considerata una nuova droga, perché solo oggi la consideriamo tale. Ciò che c’è di nuovo, quindi, potrebbe essere il nostro modo di mettere la punteggiatura, di stabilire l’inizio, di evidenziare, enucleare, isolare, studiare, comprendere, interpretare le cose. on è nuovo, invece, l’allarme per la degenerazione delle nuove generazioni; si cita sempre a questo punto la preoccupazione di Esiodo, che dice: "Non nutro più alcuna speranza per il futuro del nostro popolo se deve dipendere dalla gioventù superficiale di oggi. Quando ero giovane io mi sono state insegnate le buone maniere e il rispetto dei genitori; la gioventù di oggi vuole sempre dire la sua ed è sfacciata". È nuova la nostra definizione di droga, di patologia, di problema. Ciò è testimoniato da molti dati: i servizi hanno circa 30 armi di vita; continuano a sopravvivere e a prosperare visioni moralistiche, interpretazioni fantasiose o (quando va bene) parafilosofiche: il dibattito avviene più nelle aule o nei corridoi dei palazzi che nei congressi scientifici (situazione, questa, che richiama fortemente il periodo pionieristico della medicina, quando i medici diagnosticavano il diabete mellito assaggiando l’urina dei pazienti o il salasso era la panacea di ogni male). In conclusione: è la nostra cultura che è nuova e quindi ancora insufficiente e inadeguata; ogni fenomeno richiede uno sforzo di interpretazione e di riorganizzazione del pensiero e dell’intervento.
Una premessa sulla "droga"
È vero che abbiamo a che fare con sostanze sintetizzate recentemente (l’ecstasy nel 1912) e continuamente modificate (anche per sfuggire alla normativa che proibisce specifiche molecole) ma è altrettanto vero - e la compresenza di diverse professionalità e competenze coinvolte nel problema lo dimostra che di nuovo non c’è solo l’uso di nuove sostanze, ma ci sono anche le condizioni di vita, che fanno da substrato e da veicolo del modo di essere. Ma anche questo non mi convince: è come dire che il nuovo modifica solo i giovani (oppure che sono i giovani che portano la novità) senza che questo invece riguardi tutti: adulti, vecchi e bambini. Non è la stessa cosa essere genitori oggi, figli, nonni e lo stile di consumo non riguarda solo le sostanze, ma il modo di fare le ferie, di divertirsi in generale, di lavorare, di consumare i cibi, di consumare qualsiasi cosa. Come esempio dei cambiamenti che avvengono anche nelle persone adulte e "mature.’ riporto la notizia, apparsa pochi giorni fa su "Il Sole-24 Ore", della performance di un fondo di investimento "non etico", che investe essenzialmente in "vizi e violenza", cioè tabacco, alcol, armi e scommesse. Il fondo specializzato ha dato un rendimento positivo del 7.5% negli ultimi tre anni, mentre gli altri fondi hanno avuto le difficoltà che sappiamo. Ritengo che questo sia un segno dei tempi, un segno del fatto che certi cambiamenti etici e comportamentali accomunano giovani e adulti. Questo colloca il problema che vogliamo trattare in una dimensione interdisciplinare e interculturale che, ritengo, porta inevitabilmente alla logica della rete dei servizi e delle competenze. Siamo di fronte ad una cosa, che è lo stile di vita, che richiede competenze di tipo sociologico, economico, psicologico, medico ecc. Ma è chiaro che la rete non è altro che un tentativo di compensare l’insufficienza di ognuno, di integrare i nostri saperi eccessivamente semplici. Per usare una frase non nuova: l’unione fa la forza, consente di affrontare tematiche troppo complesse per il singolo. Ma ciò che è complesso non è il problema della droga, sia ben chiaro: complesso è lo stile di vita, nelle sue dimensioni intra e interindividuali, sociali, economiche, filosofiche e religiose. Lo stile di vita è un circuito chiuso tra fare ed essere, tra regole di comportamento e identità. lo faccio, allora sono: io sono, allora faccio. E questo vale anche tra gli adulti. Provate a dare un po’ torto e un po’ ragione sia alla destra sia alla sinistra: il risultato non è che siete riconosciuti come originali liberi pensatori, ma che [mite per essere rifiutati da tutti. Torno nell’ambito di mia competenza, partendo da una ricerca fatta da Cerrato (e colleghi) nel 1997 su 226 studenti tra i 16 e 20 anni delle scuole superiori del nostro territorio. Riporto sinteticamente di seguito alcuni elementi emersi dalla ricerca:
Sulla base di questa prima iniziale ricerca, abbiamo sviluppato un progetto con la collaborazione delle cooperative "Comunità e quartiere" e "Stranaidea", un progetto che voleva passare dalla semplice conoscenza del fenomeno all’entrare in contatto, interagire e modificare alcuni aspetti del modo di vedere, di pensare e di agire. Il lavoro si è articolato su tre fIloni: gli interventi in strada a contatto con i gruppi di aggregazione spontanea dei giovani; interventi formali e informali nelle scuole: apertura di una chill - aut room. I gruppi di strada coinvolti sono stati 3.
Oltre a questi gruppi, una trentina di altri ragazzi tra i 16 e i 20 anni sono stati coinvolti, in strada, in diverse iniziative. In questo tipo di intervento è stata determinante la funzione dei "pari". È stato fatto un lavoro di contatto, di selezione e di formazione per creare peer supporters che avessero conoscenza diretta del fenomeno e capacità comunicative e che fossero ascoltati dai loro coetanei: sono stati un punto di comunicazione tra operatori e ragazzi assolutamente fondamentale. In strada e davanti alle scuole era attivo un furgone attrezzato in modo da poter sostenere i contatti e gli interventi, con a bordo materiale informativo, musica ecc. L’intervento nelle scuole ha riguardato sia interventi informali (presenza negli intervalli, nei corridoi, all’uscita) sia interventi strutturati in laboratori educativi, che hanno coinvolto 165 ragazzi di quattro istituti. Da sottolineare che il materiale informativo fornito agli studenti sottoforma di opuscoli e cartoline è stato richiestissimo e non risultava abbandonato appena girato l’angolo, indicatore del reale raggiungimento dello scopo. Da notare anche che alcune scuole non hanno accettato la nostra proposta di intervento, temendo che potesse essere un fattore di rischio per i ragazzi, invece che un fattore protettivo o di sviluppo di un collegamento per possibili interventi su problemi concreti. L’apertura di una chill-out è stata progettata con un gruppo di ragazzi con lo scopo di creare un luogo per il recupero psicofisico dallo stress da sostanze e da discoteca: un luogo dove rilassarsi, reidratarsi. calmarsi. Il luogo è aperto la domenica dalle ore 5 alle ore 13, con la presenza di due operatori e la possibilità di collegarsi ad interventi sanitari in caso di necessità e fornisce un ambiente tranquillo, con luci e suoni molto attutiti, temperatura e umidità confortevoli, possibilità di reidratarsi con frutta e bevande. disponibilità di tisane rilassanti, grandi cuscini su cui potersi distendere. Gli operatori non perdono l’occasione per parlare con i ragazzi, per conoscerli meglio e per offrire loro indicazioni e orientamento sui diversi problemi che presentano. Il luogo è stato molto frequentato soprattutto dai più giovani. Da queste esperienze abbiamo ricavato alcune indicazioni:
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