Il lavoro pRecluso

 

Dott. Nicola Boscoletto Presidente Coop. GIOTTO

 

 

Innanzitutto un saluto a tutti i partecipanti ed un ringraziamento in modo particolare agli organizzatori perché comunque porre a tema ed approfondire la problematica del lavoro credo che sia uno degli aspetti, se non il primo, uno degli aspetti importanti. Mi ero preparato anch’io per relazionare su quella che è stata in questi 12 anni l’attività della cooperativa, prevalentemente anzi completamente svolta all’interno del carcere di massima sicurezza, dove c’è ……(CASSETTA 2)……… durante l’incontro, l’intervista e cambio un pò rotta perché in qualche modo questa mattina sono state molteplici le cose affrontate, io sono in tutto abbastanza istintivo e mi viene sempre da reagire in qualche modo e cercare di portare quello che è il contributo portato dall’esperienza di questi anni. L’esperienza di questi anni ci ha caratterizzato sostanzialmente, riassumiamolo in un termine, dal realismo, guardare la realtà con realismo. Questo perché, tra le altre cose sono contentissimo, io sono solo terzo di altre esperienze che poi ci racconteranno, tante altre ne mancano e sono una testimonianza comunque di un positivo che c’è. Noi ancora 10 anni fa, al Corso di Giardinaggio, mettevamo sempre una frase come titolo di un grosso scrittore inglese: "molto ragionamento e poca osservazione conducono all’errore, molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità". Questo non vuol dire in qualche modo che non bisogna ragionare, ma se al ragionamento di pari passo non segue un’attenzione ai dati della realtà come sono, si finisce che le utopie restano utopie e non diventano fattibili. Noi, voi, abbiamo bisogno di avere delle risposte concrete che sicuramente non si risolveranno da un giorno all’altro perché la bacchetta magica non ce l’ha nessuno. Io sottolineo dei punti di carattere generale che sono stati oggetto anche di altre discussioni, io reputo che il tema si possa riassumere in qualche modo con la il problema della qualità della vita che dettaglio in due punti sostanziali: uno è quello stiamo affrontando oggi che è il lavoro, l’altro che è quello della sanità. Ma se poi noi parliamo del fronte della vita all’esterno del carcere, si aggiunge un terzo problema che è quello della casa, perché noi non possiamo fare leggi o criticare leggi o farle anche più giuste possibili se poi quando uno esce e va fuori, se non si risolve il problema della casa soprattutto per qualcuno che legami familiari magari non ne ha, questo non va da nessuna parte, non è cattiveria ma una realtà, è una realtà che va affrontata. Quindi io dico questo, diciamo si i problemi, facciamo l’analisi anche dei problemi, ma poi lavoriamo, partiamo dal positivo che c’è e dalle persone che ci sono e sono sempre di più e sono disponibili a collaborare con questo. Per le imprese quel che noi possiamo fare è una goccia nel mare della necessità, allora abbiamo cominciato a rivolgerci alle imprese. Ma alle imprese non è che diciamo "ci sono un casino di problemi, ci sono situazioni difficili", diciamo dacci una mano, vienici incontro, inserisci una due persone, ti affianchiamo noi nella fase iniziale in cui magari le problematiche sono complesse per cui un’azienda non può conoscere tutto l’iter del carcere, del Magistrato etc., in qualche modo invitiamo a sostenere e ad allargare a macchia d’olio questa sensibilità. Questo tra l’altro, rispetto a quello che si diceva prima, non è vero che la legge SMURAGLIA da meno agevolazioni delle persone svantaggiate perché, se è vero che lo sgravio fiscale a differenza degli altri disabili è all’80% e non all’100% è anche vero però che per i detenuti è stato previsto un beneficio di imposta di 516 Euro al mese. Quindi, voglio dire, con la SMURAGLIA alle imprese è stato dato molto di più rispetto ad altre fasce svantaggiate quindi cos’è che occorre, occorre comunicarlo, occorre dirlo. E’ un problema culturale e soprattutto bisogna aiutarli a non avere paura e credo che ci sia bisogno di più realtà intermedie che facciano da ponte con la società civile, con l’imprenditoria normale che se non ha comunque come finalità una sensibilità sociale, anche il milione di credito di imposta, anche l’80% di defiscalizzazione potrebbe non bastare, potrebbe essere una leva, un’arma in più se in qualche modo questo fosse aiutato, accompagnato e supportato. Io ritorno non per essere ripetitivo a sottolineare che grossa dell’attività che noi, ma penso un po’ tutti, stiamo facendo, lo sottolineava prima anche il collega, è grazie ad una sensibilità via via crescente, per quel che ci riguarda ad esempio quel che abbiamo fatto in questi anni, se non avessimo avuto il Comune di Padova a sostenerci, la Provincia di Padova a sostenerci, la Regione e realtà anche private che in qualche modo sono sensibili a questo, se non ci fosse stato un lavoro di rete non avremmo potuto sviluppare, fare, creare, tutte le opportunità che abbiamo creato. Bisogna ringraziare per questo ma chiedere anche di più, non per la smania di chiedere di più, chiedere di più perché la necessità è elevata e rispetto a questo io voglio dire una cosa che oggi non è stata detta e la dico più per un senso di civiltà che rappresenta questa, più semplicemente per il fatto che risponde ad una necessità reale. Oggi c’è bisogno di un indulto, c’è bisogno perché prima di tutto è un fatto di civiltà che risponde anche questo delle necessità in qualche modo che le carceri oggi hanno ogni anno che passa 2000 detenuti in più e 100 posti in meno. Questo è un dato reale, ma mi preme sottolineare che risponde principalmente ad un dato di civiltà e cioè che comunque viviamo in uno stato che ha creduto, che ci crede oggi e che deve crederci domani, che ogni persona in ogni momento della vita deve avere la possibilità di ripartire, di rifarsi una vita. Altri due punti, faccio un po’ di pensieri un po’ sparsi, però ci tengo a queste cose. Io credo alla rieducazione cioè un conto è che una cosa non si possa fare, un conto è il crederci, io ci credo e sono in tanti che ci credono. Come pure quando si diceva in un documento " è lecito togliere la libertà ma non la dignità", ma neanche la libertà, si possono applicare delle costrizioni, si può vietare ad uno di fare la vita che normalmente conduceva fuori, ma la libertà ad una persona non gliela toglie nessuno, nemmeno la detenzione. Questo per me è importante, dire queste cose è per me importante perché c’è anche l’altra faccia della medaglia, e giro anche foglio, c’è l’altra faccia della medaglia che siete voi, sono i detenuti, io quel giorno nell’incontro fatto l’ho anche detto, cioè voi siete la forza, il compimento, l’incremento di quello che noi possiamo fare, perché io dico sempre, quel 10% di detenuti che in qualche modo possono trovare una possibilità occupazionale interna o esterna, soprattutto esterna, siete voi nella misura in cui questo 10% riesce, da soddisfazioni, la da a sé ma la da anche ad altri, in qualche modo siete il moltiplicatore che quel 10% trasforma in un 11%, un 12, un 13. Quindi chi ha maggiori possibilità, maggiori risorse, chi ha maggiori capacità ha una grossa responsabilità nei confronti degli altri e dovete in qualche modo saper distinguere quello che potrebbe essere una difficoltà che riemerge, una voglia di fare altre cose, dal fatto di essere all’interno di qualche cosa di buono che può portare ad un’utilità per tutti quelli dopo di voi. Quindi in qualche modo ognuno di voi deve essere una possibilità per un altro, io dico sempre che uno deve avere, ed è giusto, ma uno deve anche dare. Non è vero che fuori si trovano tante persone disponibili a lavorare. Noi non riusciamo a trovare gli operai all’esterno anche per le cose più comuni, non solo per le cose professionali e se c’è la coda, c’è la coda di persona che non hanno la voglia di lavorare o che vogliono solo essere assunte. Realtà come le nostre ma non solo, che hanno sempre operato nella legalità e vogliono continuare a farlo, ci sono. Per questo ho detto che l’altra faccia della medaglia siete voi perché quel 50 che possiamo fare, se non c’è in qualche modo il vostro 50, diventa meno anche quello che possiamo fare anche noi. Quindi l’invito in qualche modo che vi faccio è proprio che ci sia tra di voi, soprattutto tra chi sente più forte questa responsabilità, qualcuno che in qualche modo attui fin da subito dentro questo lavoro, questa sensibilità. E’ un lavoro proprio culturale che va fatto insomma, che i frutti si vedono domani, per alcuni ci sono già. Ecco, io vi ringrazio.

 

Precedente Home Su Successiva