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Don Tullio (Cappellano di Poggioreale - Napoli)
Io credo che non ci sia nessuna realtà, come quella del carcere e della giustizia, che richieda la conversione della Chiesa, che deve veramente cambiare. Fino al punto che abbiamo detto, al Cardinale di Napoli: "O nell’impostazione della Pastorale partiamo dagli ultimi, o riproduciamo continuamente noi stessi e difendiamo le nostre posizioni". Perché dico questo? Perché vorrei vedere una conversione della Chiesa al ruolo dei laici e, quindi, del volontariato. La Chiesa, secondo me, nonostante tutto è nemica del carcere, come la società italiana. Nonostante abbia i cappellani e nonostante abbia i volontari. È nemica del carcere o, perlomeno, ci sono le pericolose colpevoli disattenzioni di quasi tutte le parrocchie. Io, quando ho fatto gli interventi nel raduno dei preti, ho sempre scioccato i preti, i parroci, ogni volta. Perché, mediamente, a Napoli ogni parrocchia ha almeno 10 detenuti, che vuol dire 10 famiglie alle prese con questi problemi, 10 famiglie che soffrono e si vergognano. E nessuno avverte il problema, c’è questa grande disattenzione. Voi la chiamate "Chiesa", questa? Secondo me, una buona fetta di cappellani, non per colpa loro, ma continuano a fare i funzionari, dentro il carcere. "Funzionari", cosa vuol dire? Vengono, espletano il loro compito: professione della fede, istruzione - noi l’abbiamo chiamata evangelizzazione - celebrazione della vita, e non fanno altro. I volontari alle prese con questi cappellani, che non ammettono il volontariato, che non accettano i volontari, se si comportano come dei cristiani, che devono aiutare questa Chiesa a convertirsi, devono porsi il problema. Permane ancora la terribile e anticristiana mentalità della delega: il cappellano mi ha detto di fare questo e io da cristiano, sempre minorenne, continuo ad eseguire. Questo modello, che è fuori, lo si può portare anche dentro nel carcere, purtroppo. La Chiesa, che manda il cappellano dentro, invita anche i propri volontari, a partire dall’area di Napoli per un compito e un obbligo morale, di coscienza, che non può non essere assunto. Il carcere è inteso come il luogo del "doveroso risarcimento": come ci sono decine e decine di ragazzi analfabeti, ci sono centinaia e centinaia di analfabeti nella prassi cristiana e nel cristianesimo. È come partire da zero. La Chiesa può disinteressarsi? Il cappellano può disinteressarsi? I cristiano possono disinteressarsi di questa situazione? Grazie a Dio, noi abbiamo una trentina di evangelizzatori catechisti. Il risarcimento. O la Chiesa imposta veramente la sua Pastorale a partire dagli ultimi, da quelli che sono stati derubati, da quelli che sono stati defraudati, dei migliaia di ragazzi che non hanno avuto affetto, educazione, istruzione, educazione, che a 20 o 30 anni sono a zero, come cittadini e come cristiani…. Allora, quello che volevo dire qui non erano tanto i compiti, ma soprattutto parlare degli atteggiamenti mentali: questa disattenzione, questo rifiuto, questo disinteresse. Perché i detenuti hanno diritto a questo risarcimento. Chi ha detto che io dovevo essere coltivato, anche con studi di teologia, e tu niente… zero?! In carcere dovrebbero andare dentro tutti i preti in pensione, tutte le suore in pensione, tutti i professori in pensione. Siamo arrivati a dire: "Direttore, qui ci sono 2.300, a Poggioreale dovrebbero entrare 2.300 civili, perché ogni detenuto abbia a fianco un altro".
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