|
Ornella Favero (Coordinatrice di Ristretti Orizzonti)
Siccome io sono una volontaria laica, ho qualche dubbio, molto elementare. Una sera sono andata a Verona, a parlare dell’esperienza del giornale, e mi hanno raccontato che c’è un gruppo di ragazzi, ma 200, un numero enorme, che va in carcere a fare animazione alla messa. Io, da volontaria terra terra, mi sono detta: se avessi 200 ragazzi disponibili a fare qualcosa in carcere… rovescerei il carcere! Io parto da un’idea: il carcere c’è, quindi cerco di ridurne il più possibile i danni. Mi piacerebbe, invece, capire di più le motivazioni di chi ci entra da cristiano. In una situazione dove, come modo di vivere, spazi e possibilità di esprimersi, c’è una desolazione, dove i problemi della salute sono davvero sconvolgenti, mi domando come tutta questa forza viene indirizzata e utilizzata, che obiettivo ha una persona che non è come me. Anche perché ieri un volontario, che tutti conoscete, Livio Ferrari - che mi pare sia un volontario cristiano - mi ha lasciato molto perplessa, in una discussione molto animata, che io pensavo di continuare stamattina, appunto sulle motivazioni e sull’utilità di lavorare in carcere. La sua posizione mi dava non solo la sensazione della nostra inutilità ma del fatto che noi, lavorando in carcere, stiamo in qualche modo puntellando la situazione, invece di farla esplodere. Nemmeno questo punto di vista mi convince, però vorrei capire esattamente questo: con che motivazioni ci andate e anche, brutalmente, com’è il rapporto tra le energie spese per l’evangelizzazione e quelle spese… per i corpi, per i problemi, per i disastri…
|