Celso Coppola

 

S.E.A.C. Triveneto - Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

Sportello Giustizia di Rovigo - Ristretti Orizzonti

 

Meno carcere, più impegno sociale

 

Seminario sul volontariato penitenziario

(Padova, 3 - 5 luglio 2003)

 

Celso Coppola

 

Durante i lavori della giornata di ieri sono stati ribaditi alcuni concetti, ormai patrimonio comune, e sono state aperte delle finestre su possibili approfondimenti e sviluppi. I punti fermi, su cui c’è una convergenza pressoché unanime, sono questi, essenzialmente: la difficile situazione del carcere, in sé pressoché insolubile, in quanto la centralità del carcere, come unica forma di pena, avvita questa istituzione in una spirale senza fine, in un vicolo cieco che esige sempre nuovi posti, nuove costruzioni di istituti e quindi sempre più reclusione. Perché sapete che c’è una forma di vasi comunicanti tra polizia, magistratura, istituti penitenziari: più si espande la disponibilità di posti e più questi vengono coperti. Quindi, un carcere che diventa il centro della reclusione è sostanzialmente sempre sovraffollato, quindi impedito, salvo rare eccezioni, a fare il trattamento, nel senso che intendiamo, e quindi una istituzione chiusa in se stessa, che porta pochi benefici sia alle persone che ospita, sia alla società in generale.

Specularmente a questa valutazione della situazione del carcere c’è quella sulle misure alternative, che appaiono uno strumento di reinserimento sociale che, oltre ad alleggerire il carcere di tanti casi che non dovrebbero essere ospitati, ha un valore in sé stessa, come pena non più definita alternativa, ma come pena propria.

Si tratta di ampliare il raggio delle pene e speriamo che il nuovo codice penale, in gestazione, riesca a portare anche questa nuova realtà delle pene alternative date in fase di processo. Certamente questo creerà dei problemi tecnici e organizzativi enormi, perché significa estendere l’assistenza tecnica ai giudici di tutta Italia, perché non è più solo il giudice di sorveglianza che dovrebbe avere qualche elemento, oltre che sul reato, anche sulla persona e sull’ambiente e, quindi, non so come si potrà realizzare una cosa di questo tipo. Questo è un problema molto grosso. Quindi, diciamo, limiti dell’istituzione carceraria e possibilità di ampliare la gamma delle pene attraverso le misure alternative, su questo pare che ci sia una concordanza generale.

Le finestre aperte dalla discussione e dalla ricerca, condotta da Ristretti Orizzonti, riguardano molti aspetti. È emerso il tema del "controllo" visto sia dalla parte degli operatori sia dalla parte dei detenuti. Si è parlato della situazione dei detenuti stranieri, della scarsa utilizzazione delle misure alternative, che non vengono concesse pur esistendone i presupposti giuridici. Abbiamo parlato della ricerca, che segnala quante persone potrebbero godere delle misure alternative ed invece non ce le hanno. Pensiamo, per esempio, alle concessioni relative all’affidamento e relative all’articolo 21. Abbiamo parlato del problema del lavoro dentro e fuori il carcere, del ruolo degli enti locali, del modello d’organizzazione che possono scegliersi, del ruolo della Regione e del suo ruolo di programmazione e di orientamento generale che, abbiamo visto, è stato sancito in maniera molto positiva dalla firma, dell’aprile scorso, del protocollo d’intesa con il Ministero della giustizia. Quindi quello è l’orientamento culturale e organizzativo anche della Regione, quello è il ruolo del volontariato.

Si è discusso anche di altre cose, per esempio dell’importanza dei Protocolli d’intesa e dell’impazienza generata dalla loro scarsa realizzazione. Per dare concretezza al dibattito di oggi e per avere una finalizzazione precisa, bisogna fare un passo avanti concreto.

Penso si possa concentrare l’attenzione sul tema delle misure alternative, che in qualche modo riassume tutti gli altri, poiché siamo tutti d’accordo sull’orientamento da prendere, confortati sul piano costituzionale, legislativo, culturale, operativo. Perché questo cambiamento tarda tanto? Perché tante difficoltà? Quali sono queste difficoltà? Cosa si oppone al cambiamento, nei vari settori di cui si occupano i nostri relatori di stamattina? Cosa occorre fare per rilanciare il cambiamento? Siamo praticamente d’accordo su quasi tutto e siamo d’accordo sul fatto che la situazione ristagna, non riesce ad evolversi. Che cosa occorre fare per rilanciarla in tutti settori? Sul piano normativo, sul piano dell’organizzazione, sul piano degli enti locali, sul piano dei mass media, su tutti i piani possibili?

Dobbiamo inventarci nuove soluzioni, nuove forme di mobilitazione, nuove idee. Dobbiamo fare qualcosa perché altrimenti noi continuiamo a constatare di essere d’accordo su certe cose e di capire quante sono le difficoltà per realizzarle. Questo è il punto da superare: non è una cosa da poco. Credo che siamo una parte di una società civile che intende dare il suo contributo alle istituzioni, alla società nel suo complesso, al cambiamento e al superamento di questa impasse. Noi dobbiamo cominciare a cimentarci su questo terreno, lasciare da parte le discussioni già fatte e vedere che cosa dobbiamo mettere in campo. Dobbiamo fare qualcosa, tutti insieme: non è una questione di carattere politico, anche se ci sono degli aspetti politici. Si tratta soprattutto di orientamento culturale. Il problema è lavorare tutti assieme per la realizzazione completa di tutto questo.

 

 

Precedente Home Su Successiva