Lillo di Mauro

              

Consulta permanente cittadina del comune

di Roma per i problemi penitenziari

 

Intervento del Presidente Lillo Di Mauro

 

Buongiorno e benvenuti a tutti. Abbiamo promosso e organizzato questo convegno per cercare di rispondere al grido di aiuto che proviene dal carcere e per colmare il vuoto di informazione che ostacola la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

I troppi casi di malasanità, di suicidi di detenuti sono l’evidente sintomo di un sistema sanitario insufficiente, incapace di garantire cure appropriate e tempestive.

A fronte di 237 medici di base e 580 infermieri dipendenti dal Ministero della Giustizia vi sono migliaia di specialisti, medici di guardia, e infermieri che operano in carcere in qualità di consulenti. La stessa Corte dei Conti ha registrato che in carcere per la salute si spende il doppio che fuori: come si spiega allora che detenuti con malattie gravissime, che avrebbero bisogno di interventi urgenti, non ricevono cure adeguate?

Centinaia di malati aids rischiano di morire in cella, vi sono migliaia di sieropositivi, 10.000 disagiati mentali,centinaia di casi di epatiti, di scabbia, di tubercolosi, migliaia di giovani, di minori, centinaia di bambini da 0 a 3 anni che ci raccontano un carcere molto più avaro e tempestoso di quello descritto dal Ministro Castelli.

Per fronteggiare questa emergenza il governo con l’ultima finanziaria ha tagliato del 30% i fondi destinati alla sanità in carcere (16,2 milioni di euro), con ricadute gravissime sulla salute dei detenuti che ora devono pagarsi i medicinali di fascia C, non hanno garantite le cure odontoiatriche, devono rinunciare a visite specialistiche, hanno meno infermieri e medici di guardia.

Se a questo aggiungiamo la carenza di posti letto negli ospedali cittadini, le difficoltà legate alle esigenze di sicurezza, la carenza di personale penitenziario che non permette traduzioni e piantonamenti, la mancanza di defibrillatori nelle sezioni,….allora ci rendiamo conto di quanto sia drammatica tale situazione.

Come istituzione locale che a cuore la giustizia e il rispetto dei diritti non potevano più tacere il disagio che si vive nei penitenziari.

Il nostro impegno come volontari e come cittadini è quello di cercare soluzioni concrete e immediate ad un problema cosi grave e preoccupante e siano consapevoli che possiamo realizzarle solo attraverso il confronto tra soggetti istituzionali, operatori, sindacalisti, parlamentari e amministratori, detenuti.

C’è una legge di riordino della medicina penitenziaria approvata quattro anni fa e rimasta nel Limbo. Cosa è accaduto? Quali esiti hanno dato la sperimentazione e il passaggio di competenze in materia di prevenzione e cura delle tossicodipendenze? Che ruolo hanno assunto o possono assumere le Regioni e gli Enti Locali?

Sin da quando intraprendemmo il passaggio della medicina penitenziaria iniziarono le difficoltà dovute in parte a posizioni diverse ed in parte ad una non forte convinzione nel mondo politico che probabilmente non ha mai considerato vantaggioso investire in uno dei settori più deboli e meno garantiti dalla società. Un passaggio accompagnato da polemiche e toni a volte anche molto duri che hanno messo da parte la vera questione del problema: l’emergenza sanitaria in carcere.

Alla quale oggi noi dobbiamo cercare di dare una risposta, impegnarci con tutto noi stessi affinché si possa da subito regolarizzare un canale di reciproco scambio di conoscenze e informazioni tese alla formulazione di strategie che affrontino il problema del disagio e della malattia, perché un buon intervento sanitario in carcere deve avere una valenza anche sul piano del reinserimento del detenuto, cioè che aiuti il soggetto a recuperare la sua capacità di essere sociale.

Parlare di salute in ambito penitenziario è impresa non facile e non priva di implicazioni e considerazioni più generali sull’utilità della pena e sulla sua territorialità.

La Regione Toscana si stà movendo in questa direzione e grazie alla riforma del Titolo V della Costituzione, che prevede il passaggio di molte competenze tra cui la sanità alle Regioni, ha approntato una propria legge di riordino della Medicina Penitenziaria.

Oggi è qui per trasferirci questa esperienza che può aiutare a superare l’impasse creato dalla non attuazione della riforma.

Come presidente della Consulta del Comune di Roma auspico che si aprano spazi di collaborazione tra le Regioni, i Comuni, i Provveditorati del Ministero della Giustizia, le Direzioni degli istituti e le AASSLL per risolvere un problema che non può più essere rinviato.

Certo è semplicistico prevedere o immaginare che un detenuto curato dalla ASL diventerà finalmente un cittadino a cui è garantito il diritto alla salute, ma intanto portiamo a termine questo percorso, ricomponiamo le tessere del mosaico e restituiamo ai detenuti il diritto a prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione efficaci ed appropriate.

Facciamo in modo che questo giorno rappresenti un momento importante nell’affermazione di un diritto che non può essere negato ad alcuno, facciamo vivere nei fatti e nella forza delle idee la democrazia, perché di fronte alla vita e alla salute si devono abbandonare pregiudizi ideologici e di parte.

Non mi dilungo ulteriormente lascio la parola a Stefano Anastasia dell’Associazione Antigone che ci presenterà dati sulla sanità penitenziaria tratti dall’ultimo rapporto dell’osservatorio dell’Associazione.

Grazie per la vostra partecipazione e buon lavoro.

 

 

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