La nascita del Ser.T a Regina Coeli

     

L'esperienza del Ser.T. di Regina Coeli

tra problematiche risolte e in via di risoluzione

 

Per iniziare la mia relazione, mi vedo costretta a fare un breve accenno alla "storia" del Ser.T. di Regina. Coeli, sperando di non essere troppo noiosa.

Le mie prime esperienze risalgono al ‘97, quando il Ser.T. interno ancora non esisteva.

Noi specialisti ci recavamo tutte le mattine in carcere per circa mezz’ora, per scrivere consulenze farmacologiche praticamente tutte uguali (forse avremmo potuto addirittura ciclostilarle!), ben sapendo che sarebbero state di scarsa efficacia e con un enorme senso di impotenza e di frustrazione.

Lo spettacolo dei detenuti in astinenza era penoso: aspettavano il loro turno in fila, davanti alla nostra stanza, scossi dai brividi e, spesso, non riuscendo a trattenere il vomito Nel 2000, finalmente, nasce ufficialmente il Ser.T. come struttura autonoma e gli eroinomani vengono trattati con metadone che placa tutti i sintomi astinenziali, senza la necessità di somministrare cocktails di farmaci che si rivelano più tossici, più costosi e meno efficaci.

La somministrazione del metadone inizia verso le 8-00 del mattino e l'attività ambulatoriale propriamente detta viene svolta dalle 9.00 alle 18.00, in maniera pressoché continuativa senza dimenticare l'assistenza psicologica, assicurata da un nutrito staff di psicologi.

Purtroppo, dal 2001 non disponiamo più di un'assistente sociale, ma per fortuna ci sono venuti in soccorso gli educatori carcerari.

L’unico problema che non abbiamo ancora risolto è quello della somministrazione del metadone alle persone tradotte a Regina Coeli la notte o nei giorni festivi, perché i medici di guardia del carcere si rifiutano di usare i farmaci sostitutivi nonostante la loro maneggevolezza.

Ovviamente, non ci occupiamo solo di soggetti eroinomani, ma la terapia metadonica merita una particolare attenzione per due ordini di motivi: il primo riguarda la drammaticità della crisi di astinenza, e il secondo il fiorire di leggende (anche tra la classe medica) su di un farmaco insostituibile nella terapia dell’eroinismo. che è estremamente maneggevole, economico, relativamente sicuro e ben tollerato.

I pazienti in trattamento mostrano un netto miglioramento delle condizioni di vita, abbandonano o diminuiscono il consumo di droghe illega1i, sono meno propensi a delinquere ed hanno anche meno occasioni di contrarre epatiti e il virus dell’HIV.

Molti di loro sono perfettamente in grado di lavorare, di occuparsi dei figli, di guidare l’automobile o di azionare macchinari complessi, diventando praticamente indistinguibili dai soggetti che non hanno mai fatto uso di oppiacei, Questi sono dati di fatto inconfutabili e suffragati da quasi quarant' anni di ricerche e di studi clinici, ma che ancora non sono sta.1i del tutto accettati dall’opinione pubblica e purtroppo, neanche dalla maggior parte dei medici.

Le critiche più frequenti che ci rivolgono da anni sono le seguenti: "Prima che entrasse il metadone a Regina Coeli, i detenuti soffrivano solo (!) per cinque giorni e poi stavano benissimo (?) (quest’ultima affermazione è molto opinabile), vi state facendo manipolare dai detenuti li state intossicando e così via.

Forse, alla base di tutto, c’è la scarsa attenzione prestata dalle strutture pubbliche alla formazione degli operatori sanitari.

Spesso infatti, nei servizi per le dipendenze lavorano medici e infermieri assolutamente demotivati, che operano in questo settore solo perché non hanno trovato di meglio, che non hanno una specifica preparazione e neppure molta voglia di erudirsi in materia.

Ovviamente, su di un terreno del genere, certe ideo1ogie pseudoscientifiche trovano una grande facilità di attecchimento.

Un altro importante nodo da sciogliere riguarda i protocolli terapeutici, anch’essi protagonisti di svariate leggende metropolitane, le quali pero, lungi dal farci sorridere, ci mettono in seria difficoltà quando ci troviamo a dover attuare una terapia secondo canoni scientifici ben precisi e troviamo forti resistenze non solo da parte dei colleghi, ma anche dei pazienti stessi.

Parliamo, ad esempio,delle modalità di somministrazione del metadone. Sono essenzialmente due:a scalare e a mantenimento.

La prima che, stranamenle, riceve i maggiori consensi è assolutamente fallimentare e niente affatto terapeutica.

È vero che risolve la crisi di astinenza,ma non risolve il problema del "craving", cioè dell’intensa sete di droga, che si riaffaccerà anche Prima che sia terminato lo scalaggio.

Non dobbiamo dimenticare che la tossicomania non è un vizio e: neanche una colpa, ma una vera e propria malattia, con carattere di cronicità e ad andamento recidivante, perciò è pazzesco sperare di poterla "guarire" nel giro di pochi giorni.

Cosi facendo si immette il paziente in un assurdo ciclo di continue ricadute, ma non solo.

Il metadone a scalare, infatti, riduce la tolleranza dei pazienti agli oppiacei, perciò al momento della recidiva c’è un maggiore pericolo di overdose. Un altro preconcetto che trova molto seguito riguarda i dosaggi.

Si è visto che la maggior parte dei pazienti si stabilizza con dosi che variano da 80 a 120 mg/die.

Raramente dosi più basse si rivelano efficaci e, d’altro canto, alcuni soggetti, avendo scarsa capacità di trasformare il metadone nel suo metabolita attivo, necessitano di dosi altissime per poter mantenere le concentrazioni plasmatiche del farmaco a livelli terapeutici, ossia compresi tra 0,2 e 0,5 mcg/ml.

È stato appurato che il 98% del metadone assunto si accumula nei tessuti e il 2% oltrepassa la barriera emato-encefalica, venendo man mano reintegrato della quota immagazzinata nei tessuti periferici, per cui il SNC viene esposto ad una dose costante del farmaco.

Un paziente trattato con dosi troppo basse di metadone, non avendo sufficienti riserve farmacologiche, non riuscirà a far fronte ai sintomi astinenziali e cercherà di nuovo l’eroina oppure, essendo gli effetti di quest’ultima parzialmente bloccati dal metadone, ricorrerà a cocktails di psicofarmaci, cocaina ed alcool trasformandosi in un politossicodipendente.

Questa, però, è una realtà che viene misconosciuta e il peggioramento clinico non viene imputato alla cattiva gestione farmacologica del caso, ma alla "cattiva volontà" del paziente.

Spesso, i fautori dei bassi dosaggi ad ogni costo, ci accusano, come avevamo già accennato, di farci manipolare o, peggio, di "intossicare" i pazienti, quando decenni di ricerche svolte in tutto il mondo non hanno evidenziato alcuna proprietà organo-lesiva del metadone, a fronte delle innumerevoli mani causate direttamente o indirettamente dall’eroina.

Tuttavia, noi Operatori di Regina Coeli siamo costretti a somministrare metadone "a scalare" pur senza crederci, Perché ?

Per due motivi: i1 primo riguarda un articolo di legge che consente la possibilità di scontare la pena presso una comunità terapeutica e dato che la maggior parte delle comunità non accetta pazienti in trattamento metadonico, il soggetto si decide a scalare più rapidamente possibile pur di uscire di prigione, salvo poi morire di overdose appena in libertà proprio perché è stato disintossicato "troppo bene".

Il secondo motivo riguarda il lavoro. Il detenuto, infatti, non può accedere ad atti vita lavorative retribuite se assume metadone, per cui, spesso, interrompe bruscamente il piano metadonico pur di poter guadagnare qualcosa da inviare alla famiglia (si tratta di soggetti gravemente indigenti-quasi sempre extra-comunitari).

È ovvio che il soggetto lungi dall’essere guarito, è poi portato a cercare delle "alternative" alle cure ufficiali.

Tutto quello che possiamo fare, quindi, è cercare di convincere i pazienti a non scalare troppo rapida-mente e riprenderli in cura, quando si pentono dei loro inopportuni "eroismi".

Vorrei concludere ribadendo che gli sforzi che comunemente si fanno per allontanare il paziente dal metadone, non giovano al tossico-dipendente, ma solamente ai narcotrafficanti ai quali si riconsegna un cliente pagante.

 

 

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