Aldo Merani

 

Associazione "Diritti umani - Sviluppo umano" di Padova e Associazione "Antigone"

Il difensore civico per le carceri

 

 

Aldo Merani

 

Sarò sicuramente breve in quanto molte delle cose che avevo pensato di dire sono state dette dagli altri e non è un caso poiché i discorsi che fanno i Magistrati di Sorveglianza sono sempre più o meno gli stessi. Cercherò quindi di ragionare un po’ a braccio : devo dire che in tutti questi anni di lavoro non mi sono mai sentito "gassoso" anzi mi sono sempre sentito piuttosto concreto, molto permeabile agli stimoli che mi venivano dai detenuti, molto permeabile da quello che vedevo e toccavo in carcere, molto interattivo con quello che succedeva negli istituti di cui mi occupavo. Credo che anche un Magistrato di Sorveglianza che non si occupasse, direttamente e senza vincolo di giurisdizionalità, del carcere in qualche misura potrebbe anche finire con lo sparire. Cerco di spiegarmi: dice Giancarlo Zappa, alla fine della fiera noi potremmo avere un difensore civico che si occupa di quello che succede dentro e un giudice che si occupa dei diritti e allora io gli domando perché questo giudice deve essere il Magistrato di Sorveglianza o il tribunale di sorveglianza; può essere benissimo il giudice dell’esecuzione o il pretore civile o il pretore penale o il T.A.R.; può benissimo essere un qualsiasi altro giudice che in galera non ci mette mai piede, come io personalmente solo una volta ho messo piede in Ansaldo. Allora facevo il pretore penale a Genova e mi occupavo molto di infortunistica sul lavoro, però non sono mai andato in nessun luogo di lavoro. Una volta sola sono andato in Ansaldo perché erano successi una serie di episodi molto brutti dal punto di vista della sicurezza sul lavoro e ho trovato uno striscione con scritto "finalmente un pretore in Ansaldo". Allora mi domando qual è la differenza tra il Magistrato di Sorveglianza e gli altri giudici che si occupano dei diritti. Io credo che la differenza è che, mi si consenta, non è terzo; io questa terzietà nel magistrato di sorveglianza l’ho sempre sentita nel senso della indipendenza delle mie decisioni, della libertà intellettuale, culturale, giuridica, giudiziaria di ciò che facevo ma mi sono sempre seduto al tavolino con davanti un detenuto e ho cercato in qualche modo di trarre direttamente da lui la decisione, quale che essa fosse, se mandarlo in permesso, se mandarlo in affidamento in prova, se mandarlo in semilibertà, se tenerlo ben legato con la palla al piede; quale che fosse la decisione non poteva che scaturire da lui. Allora mi domando se davvero quello che dice Giancarlo Zappa sia la verità. Ho il timore che il Magistrato di Sorveglianza potrebbe essere tranquillamente cancellato e depennato dall’ordinamento giudiziario perché allora basterebbe il Pretore Civile. Proteste come: non mi danno l’acqua per lavarmi, mi è venuta la scabbia, risarcimento di danno per omissione etc. A me non danno lo spazzolino, interesse legittimo, il diritto alla tutela, il T.A.R. di Firenze si pronuncia perché il silenzio - rifiuto di dare lo spazzolino...Non è questo il magistrato di sorveglianza entra in carcere, sta in carcere, vive la sua professione all’interno del carcere, e dice alla guardia: "c’è il detenuto che afferma che non gli avete dato lo spazzolino, lui non ce l’ha, sul libretto ha trenta lire, gli trovate uno spazzolino ?" E, in un modo o in un altro, la guardia lo spazzolino lo trova. Mi direte che lo spazzolino è una stupidaggine ma in galera sono tutte stupidaggini che in galera diventano grosse cose ; ogni passaggio da una condizione deteriore a una condizione migliorativa, per quanto piccola sia, per quanto essa possa entrare nei particolari delle necessità del singolo, è una cosa enorme, perché il detenuto non ha nulla e tutto deve chiedere, deve fare la domandina, deve sollecitare. Mi sembra di ricordare Patroclo e le armi di Achille, il Magistrato di Sorveglianza è Patroclo che indossa le armi di Achille, non le sa usare, non ha il coraggio di Achille, non ne ha la forza e la temerarietà ma le indossa e comunque con esse si mostra dentro il carcere e qualcuno, una volta è la guardia, una volta è l’educatore, una volta è il direttore. Qualcuno gli dà ascolto, con qualcuno dialoga, con qualcuno non apre una riflessione, a qualcuno cerca di far capire che i percorsi penitenziari sono percorsi umani, sono percorsi di persone, non sono percorsi giudiziari, non sono vicende processuali. Ecco io ho la paura forte che quello che dice Giancarlo Zappa possa produrre questo. Volevo fare anche un’altra riflessione: dice il dott. Margara, e quante volte lo abbiamo detto che i Magistrati di Sorveglianza non vanno in galera, i magistrati di sorveglianza non hanno la cultura della galera, è il magistrato più impreparato, più improvvisato, più denegato che ci possa essere, non tra i magistrati della magistratura ordinaria ma fra i magistrati del mondo, per quanti magistrati possano esistere nel mondo e di quanti tipi ne possano esistere. Voglio allora raccontarvi come si diventa magistrati di sorveglianza: all’università l’esame di diritto penitenziario non esiste in quasi nessun ateneo e solo da qualche anno in qualcuno si comincia a fare i primi passi. Il diritto penitenziario all’università non è studiato e quando parlo di diritto penitenziario non penso soltanto alla dotta elencazione delle norme, penso a una riflessione sulla pena, sul reo, a una riflessione su una serie di norme del codice penale, del codice di procedura penale che non vengono affatto guardati nel corso di diritto e procedura penale ; penso a tutta quella parte che riguarda il diritto punitivo, quel diritto secondo cui lo Stato decide di privare un membro della comunità dei beni più preziosi che ha, da quello della libertà a quello di andare avanti. Torniamo a come si diventa magistrati : si fa l’esame e all’orale la materia penitenziaria non c’è, ci sono le istituzioni di diritto romano, c’è il diritto ecclesiastico, c’è la statistica, ci sono tutta una serie di materie che si studiano sui Bignami, che si buttano via quando si esce da via Arenula e che si dimenticano il giorno dopo, ammesso che uno se li sia ricordati in sede di esame e che nessuno della commissione conosce. Ma il diritto penitenziario è lasciato accuratamente fuori. Si va poi a fare il tirocinio e c’è un periodo che si chiama tirocinio generale, dura alcuni mesi, si vanno toccando tutte le funzioni e tutti ima legge penitenziaria, soltanto nel 1975 si è riusciti a superare i regolamenti che reggevano il carcere, regolamenti emanati esclusivamente dal potere esecutivo e questo è importante. Oggi almeno sappiamo che il diritto al trattamento ordinario è un diritto preciso, il trattamento deve essere conforme a umanità, deve essere rispettoso della dignità della persona, deve essere imparziale e deve essere senza discriminazioni. Perché il trattamento sia tale è chiaro che occorrono dei controlli di cui poi parleremo, perché le violazioni sono sempre possibili. Il diritto al trattamento rieducativo poi si prospetta addirittura come una legittima aspettativa del condannato verso un possibile reinserimento sociale, reinserimento sociale e trattamento rieducativo che è fondato anche su contatti con l’ambiente esterno e deve essere individualizzato, cioè in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. Fatta questa premessa io credo che bisogna dire subito, perché si fa presto a parlare di diritti, io penso che pi uffici ma nessuno mette piede in un ufficio di sorveglianza o in un tribunale di sorveglianza, non è previsto dal tirocinio. Voglio raccontarvi un’esperienza personale che mi sembra grottesca : nel 1994/95 Margara mi chiese di andare a fare il corso agli uditori perché non poteva andarci. Io andai e mi trovai con gli uditori che facevano il tirocinio generale e che si trovavano nella condizione che ho appena descritto di completo ignoranza rispetto al diritto penitenziario ; la mattina era di quattro ore e io dovevo parlare per due ore del diritto penitenziario, del magistrato di sorveglianza, del tribunale di sorveglianza, di tutta la mia professione e il collega doveva parlare del rapporto che intercorreva tra il sequestro preventivo, istituto previsto dall’art. 321 c.p.p. e i sequestri previsti da una legge del ‘92, mi sembra relativa alle misure di prevenzione, al riciclaggio dei soldi, comunque un argomento stra specifico, ed aveva lo stesso tempo che avevo io per parlare a persone che conoscevano vuoi il sequestro preventivo, vuoi il sequestro come misura di prevenzione, su cui avevano anche ragionato e io avevo due ore per spiegargli un mondo. Questo per dire come si diventa magistrati di sorveglianza e poi come lo si fa. Si va avanti e in questa totale ignoranza si arriva alla scelta. È noto che la stragrande maggioranza dei magistrati di sorveglianza sono uditori di prima nomina, una volta si era fatto anche una specie di calcolo e dovevano essere tra il 70 e l’80%; nessuna funzione giudiziaria è gestita al 70% da uditori di prima nomina. Non voglio parlare di delicatezza, importanza, gravità, ma tutte le funzioni giudiziarie sono essenzialmente gestite da magistrati con un filo di esperienza e poi c’è qualche uditore, secondo il rapporto numerico tra gli uditori e i magistrati con una certa anzianità. La magistratura di sorveglianza ha una stragrande maggioranza formata da giovani uditori, cioè uditori di prima nomina. Questi uditori di prima nomina scelgono la magistratura di sorveglianza essenzialmente per un paio di motivi : il primo è che sono in fondo alla graduatoria e gli restano i posti di magistrati di sorveglianza ; la seconda ragione è che dovendo scegliere tra fare il pretore a Locri e il magistrato di sorveglianza a Massa essendo di Reggio Emilio, si va a fare il magistrato di sorveglianza a Massa. Allora questa riflessione extra giuridica ci fa capire come mai il Magistrato di Sorveglianza secondo qualcuno si è giurisdizionalizzato, secondo me burocratizzato, ma questo però è una visione personale, perché ai magistrati di sorveglianza che sono venuti dopo il 1975, cioè dopo avere visto centinaia di detenuti sui tetti, celle bruciate, cose inverosimili ed è venuta fuori la legge penitenziaria, tutta una serie di persone che erano andate in galera a fare, brigare, parlare che era stata fatta la legge si sono messe a fare i magistrati di sorveglianza e lì c’era una "onda lunga" direi sana in questo caso di persone che volevano questa legge, volevano questa funzione, credevano in questa funzione. Questa onda lunga si è fatalmente esaurita: il Margara ha 67 anni e si mette a fare il Direttore generale del D.A.P., il Presidente Zappa va in pensione, il Presidente Canepa anche lui è andato in pensione, e qualcuno ha preso le randellate ed è dovuto andare via perché gli facevano i procedimenti disciplinari. Un’altra cosa rovinosa che voglio dire è che fino a quando il Tribunale di sorveglianza si chiamava sezione di sorveglianza ed era appannaggio di modesti magistrati di appello chi aveva voglia di andare a fare il magistrato di appello, a fare il presidente della sezione di sorveglianza ? Nessuno ci andava, tutti andavano a fare altre cose, ora è diventato un posto per magistrati di cassazione e allora ha un altro prestigio, ci si approda per fare carriera e addirittura qualcuno dice di fare il posto di magistrato di appello di sorveglianza così ci saranno altre persone che vanno a fare il magistrato di sorveglianza perché così fanno carriera e allora lì è facile dire : io deva fare l’ordinanza, il decreto, non posso andare in galera a parlare con i detenuti, io devo stare seduto al tavolone, sulla sedia, davanti alla legge è uguale per tutti, come vado a Porto Azzurro in quello schifo di stanzaccia dove non ho nemmeno la sedia a parlare con questi avanzi di galera? è eccessivo ? io dico di no. Invece si deve andare in carcere. La situazione non è tanto da ridere nemmeno sul piano giurisdizionale perché quando arriviamo in udienza con il tribunale, o peggio ancora, dobbiamo dare un permesso a uno con trenta anni di reclusione per omicidio a scopo di rapina, allora lì ci trema la mano se non siamo andati in galera a guardarlo in faccia, perché, quello che dice l’educatore è utile, quello che dice l’assistente sociale è importante, quello che dice la sentenza è fondamentale, ma la conoscenza diretta è imprescindibile direi. Io mi sono sempre sentito dire dai detenuti che non sarebbero scappati perché a me questa non l’avrebbero fatta; ne sono scappati anche ....ma non me l’avevano detto, forse sono stato bischero io che non ci ho fatto caso che non me l’avevano detto che non sarebbero scappati, ma molti lo hanno detto e sono sempre rientrati. Io non ho mai voluto pensare che loro rientrassero per fare un piacere a me però ho sempre pensato che il fatto che ragionassimo insieme dell’importanza di andare e di tornare e di fare un percorso insieme, che fosse il permesso premio o la licenza era importante; ho sempre pensato che questa funzione del magistrato di sorveglianza che non è scritta da nessuna parte ma che la si può distillare da queste norme che sono così vaghe, che sono senza reclami, senza rimedi, che sono senza tante cose è una funzione rilevante nella professione del magistrato in generale. Il processo penale si può fare senza interrogare l’imputato, il processo civile si può fare senza l’interrogatorio formale del convenuto, il procedimento di sorveglianza, secondo me, non si può fare senza parlare con il detenuto e chi lo fa si assume, secondo me, dei rischi spropositati ma non perché il detenuto va e gli fa la rapina perché questo può capitare a tutti, ma si assume dei rischi rispetto alla possibilità che questo percorso che si avvia sia un percorso che veramente in qualche modo si muove sulle linee volute dalla legge, cioè che sia un percorso vuoto, magari formalmente rispettoso delle norme, ma dentro vuoto. Il principio in Costituzione è che la pena deve tendere alla rieducazione del reo, allora questo percorso deve tendere a che i detenuti siano protagonisti della loro rieducazione e il provvedimento del magistrato di sorveglianza dovrebbe contenere qualcosa di diverso dal fatto che è stata scontata metà della pena, non ci sono informazioni di pericolosità, il reato non è ostativo, etc., perché il magistrato di sorveglianza è qualcosa di più, è qualcosa di diverso. Io credo che qualunque figura, qualunque persona, qualunque istituzione governativa, non governativa, organizzazione spontanea o come la volete si avvicini al carcere è bene che lo faccia ed è bene che lo faccia per una ragione semplice : perché il carcere è un luogo del sociale, perché il carcere è previsto nell’art. 2 della Costituzione, è una formazione sociale, sta dentro la società magari un pochino spostata verso i margini, non è proprio centrale però è dentro. Quindi ben venga anche il difensore civico non so se generico o specifico, ma ben venga. È però bene che il magistrato di sorveglianza sia quello che è scritto in questa legge e non che l’art. 69 O.P. comma 1 e 2 possono anche essere delegati ad altri, il potere di prospettazione deve essere usato ma può essere usato soltanto da un magistrato di sorveglianza che va in carcere per anni, che lo conosce, che parla con i detenuti, con le guardie, con tutto il personale. Il potere di prospettazione dovrebbe aprire un confronto dialettico e forse, ora che c’è un altro D.A.P. Un carcere per 50 mila detenuti, devono essere coltivati, devono essere respirati, devono essere parte della cultura delle guardie, dei ladri anche, dei direttori, di tutti. Ricordo che quando sono passato dalla Pretura alla Sorveglianza mi sembrava di non avere le norme, di non avere la legge e di dovermi inventare tutto ; è questa capacità di inventare del Magistrato di Sorveglianza, è questa capacità di andare a cercare che mi sembra la ricchezza e questa ricchezza credo debba essere valorizzata.

 

Stefano Anastasia

 

A questo punto essendo state prospettate soluzioni diverse rispetto al tema di cui discutevamo si chiude questa parte dei nostri lavori pomeridiani e invito Giuseppe Mosconi a sostituirmi qui alla Presidenza così possiamo iniziare la tavola rotonda che appunto Mosconi dovrà coordinare.

 

 

 

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