Rosa De Marco

 

Rosa De Marco

Educatore della Casa di Reclusione di Padova

 

Un ringraziamento a tutti i partecipanti e a coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo convegno, che, come ha già detto il direttore Pirruccio prima, è in un certo senso figlio di quello che si è tenuto a Galliera Veneta lo scorso novembre.

L’esperienza di Galliera Veneta, così come è stata organizzata, nasce del tutto casualmente. Un giorno in cui, come accade normalmente da un paio d’anni, mi ritrovavo con la professoressa Xodo a riflettere sugli avvenimenti che animano le nostre giornate in carcere. Questa abitudine di riesaminare il nostro lavoro ci aiuta a dipanare i fatti, a individuarne le cause, a rivedere in senso critico i nostri atteggiamenti, ad escogitare possibili soluzioni. E grazie a questa costante e attenta revisione del nostro operato che le cose che facciamo non sfuggono via tra le maglie della quotidianità, ma vengono, per così dire, ripiegate e riposte in ordine nelle nostre menti e nei nostri cuori, andando a formare il bagaglio di esperienza su cui fondare il nostro lavoro successivo, e da cui trarre forza nei momenti di maggiore fatica e scoramento. Stavamo appunto facendo una di queste riflessioni, quando ci siamo chieste: perché non condividere questo materiale, queste nostre esperienze anche con qualcun altro? È così che è nato il convegno di Galliera, da una nostra riflessione, che ha incontrato l’immediata e totale disponibilità dell’amministrazione comunale, a cui va a tutt’oggi il nostro ringraziamento.

Naturalmente la scelta di Galliera non è stata casuale. Questo Comune ormai da anni è entrato
nell’esperienza di contatto con la realtà carceraria, sia per il positivo inserimento lavorativo di detenuti in articolo 21, sia per una serie di iniziative volte a far conoscere alla cittadinanza ciò che avviene all’interno di un carcere. L’appuntamento del 28 novembre ha trovato un terreno fertile e la comunità ha risposto in modo convinto e caldo; la gente voleva capire, sapere, conoscere come si lavora e si vive in un Istituto di pena. È stato riflettendo sul successo dell’iniziativa che ci siamo chiesti: perché non aprirsi all’intera Provincia? Così grazie alla curiosità prima e alla disponibilità poi del Presidente Casarin, Galliera ha passato il testimone a Padova, e quindi, idealmente, a ogni Comune della Provincia, e perché no, forse si sta già aprendo a quelle di Vicenza e Treviso.
Colgo l’occasione per ringraziare i direttori delle Case Circondariali di Vicenza e di Treviso, che hanno accolto l’invito di partecipare a questo incontro.

Cosa si propone questo convegno? Cosa chiede? Lo scopo di questo incontro è ricordare che anche il carcere fa parte della nostra realtà, anche se di esso si conosce ben poco, dato che per sua natura è nascosto agli occhi, ma dietro quelle mura ogni giorno tante persone si incontrano, si scontrano, nel tentativo di riportare vite deviate alla comunità civile. Ma esiste realmente un canale che ci consente di riammettere chi ha sbagliato e pagato per il suo errore nella società cui appartiene? È così ovvio e immediato per un ex detenuto il ritorno alla cosiddetta vita normale?

È da questi interrogativi che deve partire una riflessione che vorremmo non fosse solo nostra, ma anche vostra. Nel corso di questo convegno cercheremo di illustrarvi quali opportunità e quali strumenti abbia a disposizione ogni Comune che voglia aprirsi all’esperienza del contatto con il carcere e con coloro che meritano di ritornare ad essere cittadini a pieno titolo.
La pena rappresenta oggi lo strumento irrinunciabile del controllo sociale, il preclusivo percorso di manifestazione del diritto penale apre attualmente le porte a risposte meno afflittive e più efficaci, la versatilità penale conferisce al trattamento del reo una forte valenza morale, offrendo spazi di efficace intervento fino al reinserimento sociale.

La persona reclusa ha contratto un debito con i suoi simili e questo debito va saldato, non con la sofferenza inerte e degradante, ma con uno sforzo costruttivo e positivo. L’articolo 21, di cui vi illustrerà le caratteristiche e l’efficacia il dottor Pirruccio si esprime anche nel concetto di servizio di pubblica utilità. Questo aspetto presenta una doppia valenza, da una parte è la società a dimostrare la propria disponibilità all’accoglienza, dall’altra è il soggetto detenuto ad avere l’opportunità di mettere alla prova se stesso e l’efficacia del percorso trattamentale intrapreso. La società ha forse il desiderio di accordare questa fiducia ma allo stesso tempo ha il timore di vederla tradita. La preoccupazione per la tutela della società non è per nulla in contrasto con il rispetto e la promozione della dignità del condannato, così come è previsto dall’articolo 27 della Costituzione, che enuncia il finalismo rieducativo della pena. È più produttiva infatti una politica tesa ad investire sulla capacità dell’uomo a scegliere il bene piuttosto che una politica fondata sulla forza e sulla deterrenza. La popolazione si sente turbata dalle azioni criminose e cerca una risposta per riequilibrarsi. Ieri questa risposta erano la morte e i supplizi, oggi la perdita della libertà è accompagnata da una riparazione costruttiva, frutto della collaborazione di ogni entità istituzionale e sociale.

Vi mostreremo quello che noi facciamo, fatti piccoli ma concreti, tangibili, progetti sognati, descritti ed ora anche realizzati. Attraverso i relatori di questo convegno vi presenteremo gli strumenti che avete a disposizione evi porteremo le esperienze di chi, usandoli, trova soddisfazione e riscontro. .. le possibilità sono molteplici, quelli dei sindaci di Padova, Galliera, Limena e San Giorgio in Bosco, quelli delle cooperative, quelli del volontariato, quelli della scuola. Ma quello che più preme a noi è far comprendere che il nostro lavoro, la nostra passione egli strumenti di cui disponiamo hanno un valore solo relativo. L’altra parte del cammino, altrettanto necessaria, spetta alla società, la quale può farsene carico solo se conosce e se da questa nuova consapevolezza scaturirà una nuova cultura, quella dell’accoglienza, nella quale il carcere non sarà più un contenitore di indesiderabili, da emarginare e dimenticare, ma una parte viva e attiva della vita sociale e umana.

 

 

Precedente Home Su Successiva