Marzia Monciatti

 

Marzia Monciatti

 

Io premetto che oggi siamo qui, ma ieri, alla stessa ora, assieme a Franco Corleone al dott. Margara e a tutto l’associazionismo e il volontariato che opera sul carcere, abbiamo fatto l’ennesima iniziativa pubblica di denuncia – e anche di proposta naturalmente – relativa alla situazione del carcere di Sollicciano. Voi sapete che un mese e mezzo fa sono fuggiti cinque albanesi, e da quel momento (non che la situazione prima fosse fantastica) ci sono state e continuano ad esserci restrizioni per tutti: socialità ridotta a zero, un di più per tutti i detenuti albanesi. Ieri mattina le persone presenti a Sollicciano erano 1078, Franco Corleone è entrato ieri pomeriggio ed  erano  già cresciute di qualche unità.

Questa è la situazione di un carcere che sta diventando di massima sicurezza, che non è nato per questo, che dovrebbe ospitare circa un terzo delle persone presenti e voi capite che la situazione è veramente preoccupante. Quello che succede a Sollicciano oggi è successo e succederà purtroppo in altri istituti, non deve succedere neanche per motivi di sicurezza e penso di dare a questo termine il valore giusto, perché noi siamo di fronte a politiche securitarie sempre più evidenti e non a politiche di sicurezza necessarie legittime, un diritto di tutti i cittadini naturalmente, ma un diritto anche di coloro che stanno negli istituti. Noi siamo di fronte a queste politiche che chiudono, che nascondono, che separano, per cui davvero il carcere diventa un non-luogo, qualcosa che è lì, da cui si sta molto lontano, poi c’è qualche volontario che forse ci entra qualche volta e questo non deve succedere.

Questa politica securitaria, secondo me, è destinata ad esplodere e implodere, ci chiediamo una cosa importantissima, in questo momento a Solliciano ci sono le finestre sbarrate e voi immaginate che cosa sia stare lì dentro. Anche questa idea di sicurezza securitaria che rinchiude nasconde e cancella i diritti, e non voglio fare un ragionamento politico, ma sarà capitato anche a voi di passare per le strade e vedere i manifesti elettorali del Presidente del Consiglio, fra questi ce n’è uno che mi colpisce in particolare – faccio anche l’assessore all’immigrazione, ho anche questa delega nel Comune di Firenze – che dice: X mila immigrati respinti nelle loro terre: questo diventa un manifesto elettorale. Senza vena polemica e senza ideologia, io credo che l’alternativa che sento giusta sarebbe dire: X mila persone immigrate accolte nel nostro paese, perché magari scappate da guerre, da persecuzioni e da tutto ciò che sappiamo.

Tutto questo poi succede in un momento in cui, avete sentito da stamattina tutta l’energia che c’è da parte dell’associazionismo di persone relative ai detenuti e al carcere, tutto questo succede, ed è vero che le istituzioni hanno i loro doveri, però è anche vero che si fa fatica a metterli in pratica quando il panorama che hai intorno ti rema contro, non ti rema ma ti travolge, insomma. Tutto questo succede, dicevo, in un periodo in cui – e Franco Corleone è qui, Firenze e il sindaco hanno voluto fortemente istituire questa figura del Garante, poi lui si autodefinisce un profeta disarmato, ma a Firenze ha acceso una nuova vita anche in tante persone, e non parlo solo dei detenuti, ma anche dei lavoratori del carcere che ormai si rivolgono a lui, sentendolo in qualche modo il garante dei loro diritti, che sappiamo vanno tutelati – quando finalmente firmiamo una convenzione, perché è faticoso lavorare nella pubblica amministrazione.

Quando riusciamo finalmente a convincere tutte le direzione del Comune di Firenze che in fondo alcuni lavori, che normalmente vengono dati all’esterno, possono essere affidati alle persone detenute, e finalmente ce l’abbiamo fatta, succede che le persone detenute non escono dalle loro celle chiuse, sbarrate. Tutto questo succede quando c’è uno sviluppo anche dei progetti esistenti per lavoro e formazione, perché finalmente abbiamo convinto qualche fondazione bancaria che forse sì, il restauro del quadro è utile, ma forse esercitarsi un po’ sullo sviluppo umano, forse è utile anche quello. Quindi qualche fondazione bancaria si sta piano piano incamminando anche su questa strada e le risorse economiche sono importanti.

Quando abbiamo costituito il Centro di via Attavante, questo progetto di ospitalità diurna per tutti coloro che possono godere delle misure alternative, che è un condominio in mezzo alla case, non è successo tutto quello che dicevano avrebbe dovuto succedere, e dico questo perché sono convinta che la società civile è spesso più avanti delle istituzioni o anche del sistema dei partiti. Non è successo niente. Abbiamo discusso, abbiamo spiegato, soprattutto la presidente, i volontari dell’AVP, però la cosa va bene. Si è creata una relazione con gli abitanti di quelle case e del condominio. Il centro è un luogo di relazioni, dove ci si può anche sedere attorno ad un tavolino.

Con la Prefettura ci stiamo interessando per trovare un luogo di accoglienza per le madri detenute, che a Firenze non sono molte, ma quelle che ci sono stanno male. La cosa che ho sentito dire stamattina, è che davvero la cosa va cercata negli indirizzi di programma da livello nazionale, certo anche a livello decentrato, però non dimentichiamoci mai quelle, perché rischiano di vanificare sforzi ed esperienze importanti, però anche stamattina veniva fatto riferimento alle leggi: alcune sono già arrivate, altre arrivano velocemente, pensate solo alla Bossi-Fini sull’immigrazione. Franco Corleone ci dà sempre questa immagine di carcere come discarica sociale, in carcere si può finire anche dopo 15-16 anni che si vive a Firenze, che si è lavorato, semplicemente perché si diventa clandestini irregolari e sappiamo benissimo che si può finire in carcere anche per questo motivo. Ecco, l’alternativa bisogna cercarla dal basso e le istituzioni possono e devono avere un ruolo sempre più importante in questo campo.

 

 

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