Giovanni Anversa

 

Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti"

L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute

(La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)

Introduzione dei lavori

 

Giovanni Anversa (Conduttore della giornata di studi e giornalista RAI)

 

Mi fa piacere essere qui, non tanto per una questione formale, ma per una questione molto sostanziale. Non so cosa ne pensiate voi ma mi pare che ci sia uno strano atteggiamento nell’aria, che è quello di rimuovere la questione del carcere. Mi sembra proprio di stare assistendo ad una rimozione della tematica "carcere" e di tutti i temi che ci stanno attorno.

Tanto più c’è una rimozione del tema al centro della discussione di oggi, l’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute. Che è una giornata voluta da molti lo avete visto anche dalle scritte che ci sono qua dentro, da un cartello di promotori che vanno dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, al Centro Documentazione Due Palazzi di Padova, alla Casa di Reclusione di Padova, al Coordinamento dei Giornali dal carcere del Nordest e poi c’è il patrocinio del Comune di Padova. Qui c’è l’assessore alla cultura Giovanni Pisani, che ringrazio e saluto, poi dovrebbe arrivare anche Vera Slepoj, assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Padova.

Questo è il cartello degli organizzatori e dei promotori, che ringraziamo, ovviamente, dicevo però che, nella agenda delle attenzioni, l’universo carcere è finito nelle ultime posizioni. Si parla poco di carcere e se ne parla sempre in modo accessorio, in qualche modo delegando la questione a convegni specialistici, come potrebbe essere questo, iniziative dell’associazionismo e del volontariato. Di conseguenza anche i media hanno ridotto il loro interesse verso il carcere, anche se c’è sempre qualche rara eccezione.

Forse questo è dovuto allo scontro che si sta consumando sulla giustizia, per cui si sposta l’attenzione su altre vicende, che ben conoscete. Ad esempio si parla di carcere quasi unicamente in rapporto all’aumento dei detenuti stranieri, quindi se ne parla sempre in chiave un po’ emergenziale, un po’ in relazione ai temi della criminalità e della sicurezza.

Con questo incontro mi pare ci sia da proporsi di rimettere al centro dell’attenzione il "problema carcere", perché secondo me è necessario farlo ora. Lo dico da operatore della comunicazione: mi sono occupato spessissimo della questione carceri ma, poi, rischiamo di essere i soliti due o tre che lo fanno e non si riesce, effettivamente, a dare l’impressione che si sia un’attenzione molto più diffusa.

Sulla questione dell’affettività, poi, mi sembra che è davvero necessario riaprire la riflessione, tentare di rimettere al centro il riconoscimento di un diritto per le persone detenute, oltre che pensare all’individuazione di forme di sostegno alle famiglie. Quindi mi auguro che questa giornata possa essere utile, utile a noi della comunicazione, per riaccendere i riflettori sul carcere, sulla vita, sui diritti delle persone e sulla complessità di tutti i temi che stanno dietro. Questa giornata deve anche servire per far riprendere l’iniziativa parlamentare (qui c’è l’onorevole Boato, che ringrazio per la sua presenza). C’è un cartello di adesioni alla lettera aperta che gli organizzatori hanno preparato, rivolgendola proprio ai parlamentari, perché si riprenda in mano la questione dell’affettività.

Avete visto che abbiamo tolto i tavoli perché volevamo (d’accordo con gli organizzatori) dare una dimensione più colloquiale al nostro incontro di stamattina, non ci sono relazioni ufficiali, istituzionali", ognuno di loro è portatore di un pezzo di storia, di un pezzo di esperienza, e quindi cercheremo di confrontarci su questo. Gli interventi sono molti, abbiamo cominciato in ritardo, quindi è ovvio che chiederò ai nostri amici di autoregolamentarsi, non superando i pochi minuti d’intervento, anche perché, ripeto, non sono interventi, ma sono testimonianze che rimettono al centro la questione "affettività negata".

Questa prima parte della mattinata è legata, appunto, a questa presentazione di esperienze di riflessione sul tema dell’affettività negata, poi nel pomeriggio, a parte il gruppo di lavoro che lavorerà in una sede separata, noi continueremo a presentare l’attività delle associazioni, che sono molte qui oggi.

Nel pomeriggio potremo capire meglio anche il tipo d’esperienza che state conducendo nelle vostre realtà, ora non vi rubo altro tempo e partiamo su questo tema dell’affettività negata ma, prima di parlare delle proposte di legge, vorrei che venissero fuori delle riflessioni sul piano dei vissuti, delle testimonianze.

Voglio scompaginare un po’ l’ordine fissato, cominciando in maniera letteraria, anche perché la prima persona che mi ha contattato è una signora che ha scritto un bel libro, che io non ho letto ma mi ripropongo di leggere, ed è Stefania Chiusoli, autrice del libro "Quasi tutto ancora da vivere". Ci siamo conosciuti stamattina ed ho avuto il piacere di ascoltare un po’ il suo racconto, la sua storia. Quindi a lei il compito di rompere il ghiaccio e di entrare dentro al tema dell’affettività in una maniera non istituzionale ma sul piano del vissuto. Lei il vissuto da raccontare ce l’ha, pochi minuti per dirci cosa significhi l’affettività negata.

 

 

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