In-Veneto: informazione tra il carcere e il territorio Edizione n° 52, del 17 gennaio 2009
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Ristretti Orizzonti ha incontrato il ministro ombra del PD per la Giustizia
In questi giorni in cui sono all’ordine del giorno del dibattito politico la riforma della Giustizia e le possibili soluzioni per il sovraffollamento, la redazione di Ristretti Orizzonti ha incontrato Lanfranco Tenaglia, magistrato, ministro ombra del Partito Democratico per la Giustizia. E si è confrontata sulle politiche per la sicurezza, sulle misure alternative, sulla situazione sempre più pesante all’interno delle carceri, chiedendo di diventare un interlocutore consultato su questi temi, proprio per la sua esperienza particolare nell’ambito dell’informazione dal carcere e sul carcere. L’onorevole Tenaglia ha parlato, tra l’altro, della difesa della Legge Gozzini, che il PD intende portare avanti con decisione, dell’urgenza di realizzare finalmente la riforma del Codice penale sulla base delle soluzioni proposte della commissione Pisapia, delle proposte del Partito Democratico per far fronte alle condizioni sempre più degradate delle carceri, sovraffollate e con personale del tutto insufficiente. La redazione gli ha fatto presente, tra l’altro, che ci sarebbero alcune riforme a costo zero o molto limitato per rendere più dignitosa la carcerazione, come il miglioramento dei colloqui con i famigliari, la possibilità di telefonare con meno limitazioni, i colloqui intimi, ormai consentiti quasi ovunque all’estero. L’incontro si è concluso con un impegno del ministro ombra a coinvolgere Ristretti Orizzonti nel dibattito del Partito Democratico sulla Giustizia e sul carcere, e anche in una eventuale audizione della Commissione Giustizia su questi temi. L’intervista all’onorevole Tenaglia sarà pubblicata nel numero di gennaio-febbraio di Ristretti Orizzonti.
Scuola in carcere
Spesso si è parlato del progetto "Il carcere entra a scuola, la scuola entra in carcere" attivato dall’associazione Granello di Senape Padova, puntando l’attenzione sull’importanza educativa di questi incontri, in funzione della sensibilizzazione alla legalità. Oggi affrontiamo il tema della scuola dentro al carcere, frequentata dai detenuti, e dell’importanza di questo percorso per chi vive una detenzione magari lunga anni, attraverso i quali la noia e la sensazione di inutilità, spesso, sono più deleteri di una malattia. Abbiamo parlato col Professor Paolo Piva, che insegna all’istituto Tecnico Commerciale Gramsci di Padova e che si trova ad entrare ogni mattina nella Casa di reclusione per tenere lezioni di Italiano agli studenti della sezione carceraria della scuola. Ha parlato dei diversi aspetti che rendono la scuola importante all’interno di un carcere: quello educativo, grazie al quale, chi porta a termine il percorso di studi arrivando alla maturità, può spendere questo titolo, una volta uscito, nel mondo del lavoro; può decidere di continuare gli studi seguendo un corso di laurea (dentro al carcere o fuori, se tornato libero); può accrescere le proprie conoscenze e se straniero può avere un modo per apprendere meglio la lingua italiana e integrarsi maggiormente col nostro paese. Ma conta anche l’aspetto umano: partecipare a una attività fuori dalla sezione significa poter evitare i "soliti" discorsi "da galera" che inevitabilmente si fanno coi compagni di cella, significa pensare in modo "altro", diverso dalla mentalità del carcere. Alcuni agenti, parlando con gli insegnanti, hanno notato che chi frequenta un corso scolastico, chi lavora, chi studia all’università o partecipa a un’attività fuori sezione, compie parallelamente un percorso di presa di coscienza di sé, c’è maggior consapevolezza e cresce l’affidabilità, queste persone, quando tornano in sezione, sono più serene di chi magari passa quasi l’intera giornata in cella. Recentemente c’è stata la visita alla sezione carceraria del Gramsci da parte del Dirigente provinciale del Centro Servizi Amministrativi, il dott. Venturella, che subito dopo ha mandato una lettera, poi pubblicata, al Mattino di Padova lodando l’azione ri-educativa di cui è parte integrante anche la formazione scolastica e ha espresso parere favorevole a migliorare questo servizio all’interno della Casa di reclusione. Alcuni problemi ci sono, è innegabile: sia di livello strutturale (ci sarebbero altri iscritti, ma mancano le classi per accoglierli), di livello motivazionale (mancando, a causa di certi tagli, un piccolo contributo economico che veniva dato al detenuto questi appena può accedere a una attività lavorativa abbandona il corso perché - purtroppo - di soldi c’è bisogno più urgente che della formazione scolastica), di livello amministrativo (per esempio c’è l’abbandono delle lezioni a causa di trasferimenti in altre carceri). Ma per alcuni di questi problemi, specialmente quello strutturale, si spera in un cambiamento. Per ora, i professori, hanno pensato di attivare dei moduli di 5-6 settimane durante i quali si studiano delle materie specifiche e, in seguito alla prova finale, si ottengono crediti formativi che l’anno successivo possono essere spesi per accedere all’anno scolastico seguente.
Anche per le persone in difficoltà l’anno è cominciato con un po’ di festa
Davide delle Cucine Popolari non c’era, ma è stato uno degli organizzatori della serata. Lui non c’era non certo per cattiva volontà ma per motivi familiari: deve nascere il suo primo figlio (o figlia!), e giustamente se ne è rimasto a casa con la moglie. Nel frattempo però era riuscito a raccogliere ben una sessantina circa di volontari che si sono prodigati per far trascorrere un capodanno "normale" ai numerosi ospiti. Far capire a persone che sono precipitate ai margini della società o che non hanno conosciuto altro tipo di vita, che si può vivere dignitosamente anche "dentro" la società, dare loro una speranza di riscatto, metterle in comunicazione con il mondo "normale" - in questo caso gli ospiti erano numericamente tanti quanti i volontari che, peraltro sono giunti da tutto il Veneto grazie al tam tam che si è creato attorno all’avvenimento - è una via per non accontentarsi solo dell’assistenzialismo. Perché, come ci diceva Davide, l’assistenza va bene, ma dare degli strumenti perché si riesca ad uscire dal meccanismo assistenziale è ben più importante. Gli ospiti, che ben rappresentavano la futura società multietnica, a fine serata sono stati riaccompagnati dai volontari, vista l’abbondante nevicata. I Padri Comboniani, sempre presenti e attivi in questi percorsi e iniziative di integrazione, hanno portato dei momenti di preghiera nei quali è stato posto l’accento sui conflitti in Palestina, che purtroppo in questo momento sono percepiti da molti migranti quasi come una contrapposizione tra la cultura occidentale e quella islamica.
Nonlavorarestanca numero 3
Già messo sul sito di "Ristretti Orizzonti", dove si trovano anche i primi due numeri, è uscito il terzo numero di Nonlavorarestanca, il foglio informativo prodotto dalla redazione di Ristretti, sul reinserimento lavorativo di detenuti e ex detenuti.. Dopo il numero dedicato al settore del profit e quello dedicato alle cooperative sociali, il terzo numero era stato progettato per essere rivolto agli enti pubblici, e, in parte, il progetto è stato seguito. Solo in parte però, perché in corso d’opera sono state presentate in Commissione Giustizia alcune proposte di legge volte di fatto a svuotare di significato la legge Gozzini - quella legge che permette il reinserimento graduale dei detenuti e senza la quale è inutile pensare a un reinserimento lavorativo - per cui parte delle interviste effettuate vertono proprio sull’importanza di quella legge. Sono state intervistati rappresentanti delle Istituzioni e della Chiesa. Il Patriarca Angelo Scola alla nostra domanda sulla mancanza di speranza che si verrebbe a creare nelle carceri se venissero tagliate le opportunità offerte dalla Legge Gozzini ha sostenuto che "togliere all’uomo la speranza è un po’ come ucciderlo moralmente, non bisogna mai farlo". Secondo il Cardinale "la pena ha, per sua natura, un carattere medicinale. Per questo tutte le volte che ho l’occasione di entrare in carcere, rimango colpito sempre positivamente quando vedo numerose iniziative di educazione, di reinserimento e di utilizzo positivo del tempo." Altro rappresentante della Chiesa, Padre Andrea Cereser, frate cappuccino che da settembre è parroco della parrocchia del Redentore e che prima è stato per tre anni priore del Santuario di S. Leopoldo a Padova, e che ha frequentato le carceri per trent’anni come cappellano ha dichiarato che la legge Gozzini non va toccata - almeno non nel senso restrittivo che hanno alcune recenti proposte di legge - se non vogliamo tornare alle galere violente e inumane di trenta-quarant’anni fa. Abbiamo intervistato anche Roberto Rovoletto, presidente del Gruppo Imprenditori della Zona industriale di Padova e anche lui si è dichiarato contrario a ridurre la possibilità, per le persone detenute, di accedere a percorsi di reinserimento che prevedano misure alternative al carcere.. Leopoldo Marcolongo è il sindaco di S. Giorgio in Bosco ed è anche il rappresentante dell’ANCI nella Commissione interistituzionale permanente dell’area penitenziaria e da anni è impegnato, in un rapporto con la Casa di Reclusione di Padova, a dare lavoro ai detenuti con un percorso penale esterno ed è convinto che bisogna aiutare chi esce dal carcere a trovare lavoro per rendere più sicuro il territorio. Ma molte altre sono le interviste di Nonlavorarestanca: Emilio Galati, presidente provinciale dell’Associazione Lavoratori Atipici Interinali della Cisl di Verona, Virgilio Zampieri, assessore alla Formazione della Provincia di Verona, Anna Bocca, assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Galliera Veneta - altro comune che da otto anni impiega detenuti -, Giovanni Barin, vicepresidente della cooperativa Comunità dei Giovani di Verona, Valeria Pavone, dirigente dell’Archivio del Comune di Padova e anch’essa con un’esperienza positiva di collaborazione con detenuti, Livio Ferrari, nuovo Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Rovigo e soprattutto direttore del Centro Francescano di ascolto e volontario in carcere da oltre vent’anni, Chiara Ghetti, direttrice dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.) di Venezia, Treviso e Belluno. E per finire c’è anche la testimonianza di una ex reclusa che dopo nove anni di carcere è riuscita a trovare lavoro e a reinserirsi nella società grazie al "Progetto per la Persona". Per chi vuole saperne di più basta andare sul sito di Ristretti Orizzonti, cliccare sul link "Notiziario quotidiano da e sul carcere", cliccare nuovamente sul link "Progetto Il carcere dentro la Città" che si trova in fondo alla pagina dentro l’archivio e si possono trovare i tre fogli informativi.
Notizie da Venezia
Il Patriarca dalle detenute
È stata Katharine Miroslawa a dare il saluto delle detenute della Casa di Reclusione Femminile di Venezia al Patriarca nel giorno della Sua visita annuale al carcere della Giudecca. Ogni anno il Patriarca il 5 di gennaio si reca nella storica galera per celebrare la Messa e incontrare le donne. E il saluto di Katharine ha posto l’accento su un argomento che il Cardinale Scola ha poi ripreso nella sua omelia: l’amore. "Accogliere l’amore e donarlo a sua volta fa parte dell’esperienza di ogni donna. Vorremmo pregare in questi tempi difficili affinché il genio femminile possa manifestarsi nella lotta per il vero bene, amando sempre e per sempre" ha detto la Miroslawa a nome di tutte le detenute. "La donna - ha detto il Patriarca - ha un genio particolare che si vede nel bell’amore. Il genio femminile è esaltato e potenziato dalla capacità di amore effettivo, che si prende cura dell’amato e rinasce anche dopo la caduta, anche dopo il nostro peccato. La vostra espiazione deve essere all’insegna del bell’amore, autentica medicina per ognuna di voi, perché possiate imparare a percorrere la strada della verità, della giustizia e della pace". La culla davanti all’altare, con un Bambin Gesù di gesso - una culla vera dove dormono i bimbi veri che stanno con le loro mamme in carcere - stava a ricordare l’altro lato della sofferenza in un carcere femminile: la sofferenza della maternità "rubata", di tutte quelle donne, e sono molte, che sono lontane dai propri figli. "Dio - continua il saluto delle donne - affidando il Figlio a Maria affida a ogni donna il destino dell’Uomo, di ogni singolo uomo sempre e comunque, persino nelle condizioni di emarginazione in cui essa si possa trovare." All’incontro con il Patriarca c’erano tutte le settanta ospiti del carcere con i loro sei bambini e come ogni anno gli hanno donato i prodotti dei laboratori, orto, legatoria e cosmesi promossi dalla Cooperativa Rio Terà dei Pensieri. Soprattutto quei prodotti per l’igiene personale che piacciono tanto al Patriarca, allergico ai profumi, e di cui ha decantato le lodi. Dopo la Messa c’è stato il tradizionale incontro informale nella sala-teatro, dove tre donne provenienti da continenti diversi - una donna africana, una dominicana e una ragazza slava di religione ortodossa - hanno raccontato delle storie tradizionali dei loro paesi d’origine, e dove tutte hanno avuto l’occasione di parlare con il Patriarca. E proprio di questa "fortuna" ha anche parlato Katharine ponendo l’accento sul fatto che se le detenute non fossero state in carcere, per vedere il Patriarca avrebbero dovuto recarsi in Cattedrale e vederlo da lontano!
Concorso: "Uno scatto nel sociale"
La Regione Veneto, l’Osservatorio Regionale Devianze Carcere e Marginalità Sociali, in collaborazione con R.C.E. Foto e il Gruppo Fotografico Antenore hanno promosso il concorso di arte visiva e scrittura: "Uno scatto nel sociale" rivolto agli studenti delle scuole medie superiori della regione sul tema della povertà economica, sociale e relazionale. La finalità è di stimolare i giovani alla riflessione rispetto a questa tematica. I ragazzi possono così offrire il loro modo di entrare in contatto con le persone che vivono situazioni di vulnerabilità e marginalità sociali. www.unoscattonelsociale.it
Notizie da Vicenza
I vent’anni del Progetto Jonathan e la formazione
A distanza di 20 anni al Jonathan si ripresenta un nuovo percorso di formazione al lavoro. Il Progetto Jonathan nasce nel 1989 dopo una riflessione da parte della Pia Società S. Gaetano, che metteva a disposizione "uomini, mezzi e cuore" per avvicinarsi alla realtà carceraria cittadina. Molto tempo è passato e molti uomini hanno calpestato il terreno di via Mora 12: volti e storie si sono intrecciati lasciando tracce, le impercettibili tracce delle relazioni, creando casa. Il contesto della casa del Progetto Jonathan è la scuola professionale S. Gaetano, che negli anni ha dato spazio a esperienze di formazione professionale per le persone accolte. Il 2009 sarà tempo di festa per noi: festa che sarà anche riflessione per questi primi 20 anni, in molte forme. Ci saranno una serie di piccoli eventi che accompagneranno l’anno e che tenteranno di raccontare questi 20 anni. Ma il 2009 parte molto bene per Jonathan perché è stato finanziato dalla Cariverona un progetto di formazione e addestramento alla pratica della termosaldatura e dell’utilizzo di macchine a controllo numerico. Saranno coinvolte inizialmente 4 persone in pena esterna che appartengono oltre che alla struttura del Progetto Jonathan ad altre 2 comunità e una in semilibertà. Lo scopo è quello di dare strumenti formativi specifici, ma anche, dove fosse necessario, possibilità di alfabetizzazione. Grazie alla disponibilità e professionalità del corpo insegnanti dell’Istituto S. Gaetano, in primis il suo direttore Paolo Faccin sempre molto attento verso il Jonathan, a fine gennaio inizierà questa nuova avventura, che vuole per l’ennesima volta sottolineare che è necessario creare relazioni affinché ci possa essere spazio per tutti, invece che esclusione.
Notizie da Verona
La Libellula in aiuto dei detenuti di Montorio, tra donazioni e iniziative
Per chi vive una condizione di reclusione, il Natale non rappresenta certo uno dei momenti più felici. Lontani dalle famiglie e ancora più costretti alla vita di cella (con la sospensione delle attività interne alle strutture penitenziarie) i detenuti guardano con un certo disagio alle festività che, solitamente, hanno in serbo per loro ben pochi doni. Quest’anno ci ha pensato l’associazione villafranchese La Libellula a risollevare un po’ lo spirito dei detenuti di Montorio, con un regalo senz’altro apprezzato dalla maggior parte di loro. L’associazione ha donato alla Casa Circondariale di Verona sette cyclette, destinate a migliorare le condizioni di salute dei detenuti che, tra le varie problematiche che accusano durante la reclusione, soffrono senz’altro della quasi impossibilità di fare movimento, a tutela della loro salute. Grazie alla collaborazione del gruppo San Vincenzo, della parrocchia del Duomo, di qualche imprenditore di Villafranca e grazie alla generosità del negozio che ha venduto a un buon prezzo le sette cyclette, La Libellula ha potuto ancora una volta fare qualcosa per migliorare le condizioni di vita di chi è recluso e offrire a tutti una seconda opportunità. Così come si impegna a fare da quando, nel 2006, è nata con la chiara consapevolezza che "per il carcere non servono muri ma ponti". Tra le iniziative già attuate dall’associazione per restituire dignità a chi è recluso, vanno ricordati il progetto Sorriso, per fornire protesi dentarie gratuite ai detenuti più bisognosi, la donazione di macchine da cucire destinate ai corsi di cucito e ricamo avviati nella sezione femminile e l’avvio della redazione di MicroCosmo, il giornale in uscita dal carcere di Montorio, scritto da detenuti, insegnanti del CTP Carducci e alcuni volontari. La redazione del giornale quest’anno ha promosso il progetto "Vedo Sento Parlo: il valore delle regole e l’esercizio della legalità". "Nato sulla falsa riga di un progetto già attivo a Padova - spiega una delle ideatrici - è un’iniziativa che prenderà il via nelle scuole di Verona con l’obbiettivo, oltre che della sensibilizzazione, anche della prevenzione delle devianze. Quella di quest’anno sarà la prima edizione e coinvolgerà una classe delle scuole medie e una delle superiori dell’Istituto Professionale "Giorgi". Da dicembre è inoltre attivo il progetto "HArgo. Diversamente abili e detenuti: insieme per una cultura di integrazione attraverso la cinofilia!".
Un assessore regionale ha fatto festa in carcere
Capita anche che un assessore regionale si improvvisi cantante e chitarrista in occasione della festa del Natale in carcere. Si è verificato a Montorio nel carcere di Verona dove il 22 dicembre si è svolto l’incontro con detenuti insegnanti e volontari dell’associazione la Fraternità, organizzato dalla docente Paola Tacchella del Ctp Carducci. L’assessore ai servizi sociali, Stefano Valdegamberi ha impugnato la chitarra e senza tanti fronzoli, ha intonato Io vagabondo insieme ad altri due detenuti. L’esibizione ha riscosso un grande successo tra i numerosi detenuti, presenti all’incontro. Poco prima, in un breve discorso, Valdegamberi aveva sottolineato la necessità di dare ai detenuti una possibilità per riscattarsi. L’esibizione dell’assessore è stata molto apprezzata da tutti gli intervenuti all’incontro, svoltosi nella grande sala accanto alla chiesa del carcere di Montorio.
Aumentano i docenti per i detenuti isolati di Montorio
Con il finire del 2008 a Verona è stata firmata un’importante convenzione destinata ad agevolare gli studi dei detenuti rinchiusi nella terza sezione di Montorio, destinata agli isolati. Gli accordi presi tra i vertici del Centro territoriale per I’istruzione in età adulta "Carducci", il Liceo scientifico europeo privato "Lavinia Mondin" e l’associazione di volontariato "La Fraternità" fanno sì che venga raddoppiato il numero dei docenti volontari che svolgeranno le loro lezioni a un gruppo di dodici detenuti della terza sezione. Dai cinque dell’anno scorso, nel 2009 i docenti saranno dieci, tutti impegnati ad agevolare i detenuti nella preparazione agli esami. Il corso è partito tre anni fa, ma solo quest’anno è stato organizzato in maniera tale da fornire un consistente supporto didattico a chi, anche tra i detenuti della terza sezione, vuole impegnarsi nel campo scolastico. Gli esami si svolgeranno a fine anno con una commissione nominata dallo stesso Istituto europeo, alla quale i detenuti si presenteranno come privatisti. I frequentanti del corso sono stati valutati con preventivo test d’ingresso e le lezioni si svolgeranno in un’aula che si trova nella stessa terza sezione. Questo perché i detenuti di quest’area - gli isolati - non possono accedere agli stessi spazi frequentati dai detenuti "comuni".
Prostituirsi non è un reato, neanche a Verona
Il sindaco di Verona non è riuscito a fare della prostituzione in strada un reato. Il Tar del Veneto ha accolto il ricorso del Comitato per i diritti civili delle prostitute e ha sospeso l’ordinanza sindacale che dall’agosto dello scorso anno prevedeva multe dai 450 ai 500 euro per i clienti trovati a "contrattare o concordare prestazioni sessuali a pagamento" o a "intrattenersi, anche dichiaratamente solo per chiedere informazioni, con soggetti che esercitano attività di meretricio", ritenuti tali anche soltanto per "l’abbigliamento o le modalità comportamentali". Pia Covre, una delle fondatrici del Comitato, vede nella decisione del Tar "uno spiraglio di giustizia". Uno spiraglio che si apre proprio nel momento in cui le lucciole di Verona si trovano a contestare una nuova ordinanza del sindaco, che di fatto mira a rendere illegale anche la prostituzione in casa. Intanto il sindaco leghista ha già annunciato che continuerà la sua battaglia, visto che a suo parere quella del Tar è una "sentenza aberrante". "Non appena conosceremo le motivazioni della sospensiva - ha dichiarato - ripresenteremo un’ordinanza sostanzialmente identica nei contenuti. Del resto, il provvedimento si era dimostrato efficace facendo sparire la prostituzione dalle strade veronesi".
Verona, città aperta: basta alla violenza e alla paura
È nato poco più di una ventina di giorni fa, e già trova una forte ragione di esistere. Presentato il 17 dicembre scorso sulla scalinata del municipio veronese, l’appello per una "Verona, città aperta" riunisce la voce di centinaia di cittadini che non si riconoscono in quanto sta avvenendo nella città scaligera, come il recente fatto di violenza che si è consumato nel cuore di Verona ai danni di una giovane ragazza - Francesca Ambrosi - e di un suo amico, per opera di un gruppo di ragazzi individuati come nazifascisti. Secondo Mao Valpiana del Movimento Nonviolento di Verona e firmatario dell’appello, nella città scaligera "c’è un’emergenza sociale da comprendere ed affrontare". "Per debellare la cieca violenza fascista di queste squadracce - continua Valpiana - bisogna far crescere gli anticorpi della nonviolenza attiva. Bisogna diffondere la cultura della nonviolenza attiva, della tolleranza, del rispetto, della gentilezza, della mitezza. Questi sentimenti devono trasformarsi in modi di agire, e devono diventare maggioranza". Ma il portavoce della nonviolenza a Verona, non si limita alle belle parole e lancia una proposta: "Proprio oggi (9 gennaio 2009, ndr) il nostro concittadino Marco Furlan ha saldato completamente e definitivamente il proprio debito con la giustizia per la condanna relativa al caso Ludwig per cui è stato riconosciuto colpevole. Ora, dopo aver scontato la condanna, viene riaccolto, giustamente, nella società civile. Certamente durante questi anni di detenzione ha avuto modo di ripensare e rielaborare la propria esperienza giovanile, capire quali furono i meccanismi che lo portarono a compiere simili nefandezze. Il nostro Sindaco potrebbe chiedergli la disponibilità come testimone di una riabilitazione avvenuta, e invitarlo a parlare ai giovani delle scuole veronesi, magari insieme a Francesca Ambrosi. Sarebbero due testimonianze esemplari, fortemente educative. E sarebbe un bel modo, per Verona, per rompere la spirale di violenza". Nel frattempo i firmatari dell’appello - stanchi di "vedere quotidianamente la città sprofondare sempre più nella chiusura e nella paura" - hanno deciso di dare il via alla campagna "Verona città aperta" con alcune iniziative, fra cui tre incontri che tra gennaio e marzo affronteranno la questione sicurezza non solo da un punto di vista giuridico, ma anche come sentimento personale e collettivo. Gli incontri, aperti a tutta la cittadinanza, si terranno all’Istituto Tecnico Galileo Ferraris, in Via del Pontiere, 40 dalle 20.30 alle 23 con il seguente calendario: lunedì 19 gennaio "C’è il mondo… fuor da queste mura. Lettura ragionata del decreto sicurezza" con Federica Panizzo, l’avvocato che difese i sinti nei confronti di esponenti leghisti, accusati di aver organizzato una campagna razzista contro i nomadi; lunedì 9 febbraio "La città violata. Insicurezza reale, insicurezza costruita, insicurezza percepita: le ordinanze del Sindaco di Verona" con il procuratore Guido Papalia, che farà una lettura delle ordinanze del sindaco Flavio Tosi; lunedì 2 marzo "L’obbedienza non è più una virtù. Teoria e pratica della disobbedienza civile" con Mao Valpiana e la proiezione di un filmato su azioni di nonviolenza attiva. Il percorso si chiuderà con un evento pubblico in cui sarà esposta la mostra fotografica sugli "orrori di una città che ha scordato i valori dell’accoglienza e in cui la "sicurezza" diventa cardine che giustifica ogni misura, trasformando ogni malessere in egoismo sociale". Per sottoscrivere l’appello basta inviare la propria adesione all’indirizzo e-mail del Comitato: veronacittaaperta@hotmail.it.
Appuntamenti
Quando il "diverso" genera paura e rifiuto
Verona - San Nicolò all’Arena, in sala Guardini (ingresso dalla parte dell’Arena). Domenica 18 gennaio dalle 16 alle 19 incontro sul tema: "Quando il "diverso" genera paura e rifiuto: lettura antropologica di questa paura e di questo rifiuto". Organizza il Gruppo per il Pluralismo e il Dialogo. Relazione introduttiva di Leonardo Piasere, professore ordinario in Discipline demoetnoantropologiche all’Università di Verona.
Verona, Città Aperta
Verona - Istituto Tecnico Galileo Ferraris, via del Pontiere, 40. Lunedì 19 gennaio dalle 20.30 alle 23. "C’è il mondo… fuor da queste mura. Lettura ragionata del decreto sicurezza" con Federica Panizzo, l’avvocato che difese i Sinti nei confronti di esponenti leghisti, accusati di aver organizzato una campagna razzista contro i nomadi. Primo appuntamento del ciclo di incontri organizzato dai firmatari dell’appello per l’iniziativa "Verona, città aperta" a cui ha aderito chi vuole contrastare il clima di paura e violenza che si sta costruendo nella città scaligera. Si è dato il via alla campagna con alcune iniziative per affrontare il nodo ‘sicurezza’, non solo da un punto di vista giuridico, ma anche come sentimento personale e collettivo. In questa prima fase si è ritenuto utile un approccio legato all’informazione e alla conoscenza. Prossimi appuntamenti (stesso luogo e stesso orario): lunedì 9 febbrai "La città violata. Insicurezza reale, insicurezza costruita, insicurezza percepita: le ordinanze del Sindaco di Verona" con il procuratore Guido Papalia, che farà una lettura delle ordinanze del sindaco Flavio Tosi; lunedì 2 marzo "L’obbedienza non è più una virtù. Teoria e pratica della disobbedienza civile" con Mao Valpiana e la proiezione di un filmato su azioni di nonviolenza attiva. Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella. Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |