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Giovanardi ci riprova con lo stralcio… in realtà è come se passasse tutto il disegno di legge Fini sulle droghe… ma non per tutti… come al solito
Mi fa un po’ rabbia questo clima di comprensione esploso sui numerosi casi di cocainomani famosi, diversi da noi sporchi tossici, solo perché per pagarsela la roba non hanno mai dovuto rischiare niente e commettere alcun reato
di Stefano Bentivogli - Redazione di Ristretti Orizzonti
Alla IV Conferenza Nazionale sulle tossicodipendenze, che si terrà a Palermo dal 5 al 7 dicembre 2005, appuntamento che si trascina da mesi, dovrebbe esserci l’occasione per fare il punto della situazione, e stabilire, dopo un reale confronto tra istituzioni, Ser.T., pubblico e privato sociale, gli indirizzi e le priorità che il legislatore dovrà assumere sulla questione droga. Occorre premettere che in realtà il confronto è di per sé condizionato dalla volontà comunque di questo governo di procedere con il varo del ddl Fini – Mantovano, la tanto discussa riforma del Testo Unico sugli Stupefacenti, il d.p.r. 309/90. Questo ddl ha già suscitato discussioni e polemiche, soprattutto tra la gran parte degli operatori pubblici (i Ser.T.) e delle comunità appartenenti al privato sociale non allineate alle linee di governo della destra ed alle pratiche terapeutiche delle super comunità, San Patrignano in testa, che con questo governo e certa politica hanno un rapporto quasi di parentela. Con questa riforma, così come è stata presentata, si possono intravedere scenari talmente catastrofici da scatenare le ostilità, non solo dell’opposizione, ma di tanti altri, perché droghe e dipendenze mettono in difficoltà qualsiasi schieramento, coinvolgono un po’ tutti ed a nessuno fa piacere immaginare di vedere un bel giorno il proprio figlio o quello di un parente, o se stessi addirittura, finire in galera per consumo di stupefacenti, non importa quali né in che quantità.
Con la riforma o si "guarisce" velocemente e obbligatoriamente o si va in galera
Le ostilità alla linea Fini, che sinteticamente inasprisce l’attuale legge 309/90, già esplicitamente proibizionista, stanno proprio nel prevedere un sistema sanzionatorio del consumo di stupefacenti, che arriva al carcere, qualsiasi siano i quantitativi detenuti per il consumo, e reintroduce le tabelle sul quantitativo di principio attivo la cui detenzione distingue il consumatore dallo spacciatore. Su questa famigerata dose minima, che era presente già nella prima versione della legge vigente, un referendum del ’93 aveva espresso parere contrario, proprio perché gli italiani si erano resi conto che quelle famigerate tabelle avevano portato in carcere molti ragazzi, alcuni dei quali poi morti suicidi nelle celle che li ospitavano. Ora con lo stralcio Giovanardi le vuole reintrodurre, queste dosi minime, sperando forse che i consumatori, che comunque pur con modalità progressive arriveranno al carcere, staranno attenti ad acquistare sempre le giuste quantità di principio attivo, e che quindi i giudici saranno più facilmente in grado di distinguerli dagli spacciatori. Un’altra parte degli articoli stralciati, da far passare prima della fine della legislatura, riguarda l’equiparazione delle strutture private a quelle pubbliche (Ser.T.) per quel che ha a che fare con la certificazione dello stato di tossicodipendenza e per stabilire l’idoneità dei programmi terapeutici, da seguire in sospensione della pena o in misura alternativa. Sarà sufficiente costruire comunità secondo i requisiti di legge ed iscriverle all’albo regionale per certificare quanto oggi invece può fare solo il servizio pubblico. Comunità private quindi, come sarà privato il costo che eventualmente avrà il programma terapeutico che consentirà la scarcerazione, e in realtà non è che l’ennesima spinta verso una sanità diversa, secondo il reddito che il paziente percepisce. Qui in ballo c’è, oltre ad un’ipotetica guarigione, anche una scarcerazione certa per condanne fino ai sei anni. Attualmente comunque, anche senza lo stralcio, pare che i finanziamenti ai Ser.T. siano continuamente in calo, in favore non del privato sociale in generale, ma di quello delle grandi imprese del business terapeutico, quelle delle statistiche poco credibili sui risultati terapeutici. Chiunque si intenda un po’ di statistica vada a controllare i dati che ha presentato San Patrignano sulla propria attività, sono veramente bravi, sono riusciti perfino a usare i risultati in modo tale da far risultare il 70% di successi dei casi da loro seguiti. In realtà la cosa che riescono a fare bene è il marketing aziendale, il resto sono favole per persone che hanno bisogno di crederci, che purtroppo sono di solito genitori disperati che si illudono veramente, e poi scoprono amaramente che invece dalla droga si esce, ma forse e con strade sempre diverse, e soprattutto che non ci sono garanzie. Ma la questione finanziamenti è ancora più complessa, si tratta di 16 milioni di euro che verranno impiegati in tre progetti, il primo consiste nel finanziare i lavori del carcere per tossicodipendenti di Castelfranco Emilia ed un altro a Giarre, in Sicilia; il secondo è rivolto alle famiglie, ossia al dialogo da riaprire con "i nuclei familiari più problematici, culturalmente meno dotati o socialmente più isolati" (Adnkronos); il terzo è dedicato ai cocainomani ed ai consumatori di psicostimolanti. Al di là dei progetti sicuramente discutibili, almeno quelli di cui si capisce qualcosa tipo le carceri per tossicodipendenti, che sono l’apologia del non senso in termini terapeutici, si tratta dell’avvio dell’ennesima "buona prassi" forzata e costosissima, che, come ho già scritto su questo sito, tende a eliminare qualsiasi diritto alla libertà di cura per il tossicodipendente e fa intravedere il rischio di perdere addirittura quel minimo di garanzie che l’ordinamento penitenziario dà ai detenuti. Il progetto invece rivolto alle "famiglie poco dotate culturalmente" non lo conosco e quindi aspettiamo di vederlo (e le famiglie di Calissano ed Elkann, che cosa sono?): ed infine c’è il progetto che dispenserà un po’ di soldi per i cocainomani: dopo aver stabilito nelle tabelle che di coca se ne può possedere un po’ di più, rispetto all’eroina ed al resto, si corre ai ripari con qualche progetto specifico che sono sinceramente curioso di vedere. Sì, perché la cocaina è stata per anni uno status symbol, e che nella politica abbia fatto da anni il suo ingresso non è più un mistero per nessuno e personalmente mi fa un po’ rabbia questo clima di comprensione esploso sui numerosi casi di cocainomani famosi, diversi da noi sporchi tossici, solo perché per pagarsela la roba non hanno mai dovuto rischiare niente e commettere alcun reato. Ora con lo stralcio di Giovanardi rischiano di farsi un’overdose di carcere, ma tranquilli, nello stralcio è prevista l’uscita di sicurezza, e ve la spiego: Con dei buoni avvocati (quelli che costano) si dimostrerà che non c’è fine di lucro, che in fondo come persone pubbliche si tratta di un neo di fronte a personalità che tanto hanno dato al mondo dello spettacolo, della moda, dello sport o della politica, che un momento di debolezza ha causato questa caduta nella dipendenza, perché il successo ed i soldi (accidenti!) sono difficili da gestire. Questo garantirà le attenuanti. Sempre con i soliti buoni avvocati è possibile convertire la misura cautelare in arresti domiciliari perché (ancor più facilmente con lo stralcio) qualche comunità iscritta all’albo certificherà sia lo stato di dipendenza che la necessità di un programma terapeutico, che dopo poco, sempre secondo programma certificato, può svolgersi tranquillamente tra le mura della propria lussuosa villa. Per legge i programmi residenziali (ossia dove si dorme in comunità) sono obbligatori solo per i tossici che hanno commesso rapine aggravate o estorsioni. A questo punto il processo deve andare un po’ per le lunghe in maniera che, togliendo dalla pena il periodo trascorso agli arresti domiciliari, la pena che resterà da scontare sia sotto i sei anni, che è il nuovo termine per chiedere un affidamento in prova, sempre seguiti da un centro di recupero (non so perché ma me li immagino a pagamento), di questi che possono fare i programmi terapeutici senza l’accordo del Ser.T. Potranno così, se non fanno altre stupidaggini durante il periodo di messa alla prova, evitare totalmente la galera. Per gli altri, i non famosi e soprattutto non ricchi, la storia sarà un po’ più complicata, sarà più facile entrare in carcere perché saranno facilmente recidivi e difficilmente potranno dimostrare che col loro reddito potevano detenere lo stupefacente senza attività di lucro, e quindi avranno grosse difficoltà ad avere il riconoscimento delle attenuanti. Avranno le stesse possibilità che ci sono oggi di venir presi in carico dal servizio pubblico, perché i tempi saranno inversamente proporzionali ai finanziamenti che i Servizi riceveranno. Quindi pene più alte, un po’ di galera sicuramente e poi, se si ottiene la sospensione o l’affidamento, si tratterà di reggere diversi anni in realtà che in alcuni casi dalla galera poco si discostano. Insomma, questo stralcio di riforma che vogliono approvare a tutti i costi è praticamente la sostanza dell’intero ddl, solo che così si riuscirà a farlo passare in breve tempo e a renderlo operativo. Siamo alla solita giustizia a due binari, bastone coi deboli, carezze coi potenti. Ma a Palermo, dice Giovanardi, ci sarà apertura ai consigli e alle proposte di tutti, quasi che ci siano proposte alternative conciliabili con un colpo di mano di questo genere; e non è vero, come dichiara Giovanardi, che "non c’è alcuna tesi precostituita", perché le strade possibili restano sempre due, una penale e repressiva (con il solito salvacondotto per ricchi e potenti) e l’altra sociale, e quale sia stata imboccata mi sembra chiaro… Drogarsi fa male, come tante altre cose, in alcuni casi molto di più, ma non è un reato, la salute ma anche la sopravvivenza alle dipendenze sono diritti e non doveri, i tossicodipendenti sono persone al di là del loro status sociale, ed a Palermo invece forse ci andranno solo i cacciatori di drogati, a parlarsi addosso, fregandosene di chi la dipendenza la combatte in prima fila, in strada, nelle borgate e non nei salotti delle lobby, tra vip, modelle ed imprenditori del malessere.
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