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Per me è una bella notizia che Calissano sia riuscito a rimanere fuori dalle maglie del circuito penitenziario, quello che mi dà fastidio è che i quindicimila e più detenuti tossicodipendenti devono combattere non poco per guadagnarsi uno straccio di programma
di Mauro Cester - Redazione di Ristretti Orizzonti
Io odio la polemica ma non si può stare zitti dopo i fatti spiacevoli che hanno coinvolto l’attore Paolo Calissano e un’esponente della famiglia più importante d’Italia, e amministratore della FIAT, Lapo Elkann, ai quali rivolgo tutta la mia comprensione, solidarietà e un augurio di pronto recupero per un brillante ritorno. La prima cosa che mi viene da dire è: avete visto ragazzi che non siamo solo degli sfigati e siamo in "ottima compagnia"? Che il mondo ovattato dei cosiddetti VIP, che molti giovani sognano, non è poi così meraviglioso? La polemica può nascere perché molti detenuti tossicodipendenti aspettano anche per anni un programma terapeutico dal Ser.T. per poter uscire dal carcere per essere curati, a Paolo Calissano con trenta grammi di cocaina e una persona morta nel letto, praticamente è bastato dichiararsi ammalato e bisognoso di aiuto per non entrare quasi neanche in carcere ed essere già fuori in una comunità da cinquemila euro al mese. Per me è una bella notizia che Calissano sia riuscito a rimanere fuori dalle maglie del circuito penitenziario, quello che mi dà fastidio è che i quindicimila e più detenuti tossicodipendenti devono combattere non poco per guadagnarsi uno straccio di programma. La differenza sostanziale tra noi e loro è che se un tossico per drogarsi è costretto ad andare a fare piccoli reati, è un delinquente, il figlio di papà o attore famoso, tossico, che può permettersi di pagarsi la roba è solo ammalato. Per lui c’è la rapida disponibilità di Don Mazzi ad abbracciarlo amorevolmente per portarlo in una delle sue numerose comunità sparse per l’Italia, per Ana Lucia, la ragazza che è morta quella notte e che era insieme a Calissano, per i suoi figli e i suoi genitori ci sono pochissime parole. Nemmeno le varie trasmissioni quotidiane che continuano a riportare notizia della scarcerazione di Calissano, ne fanno menzione, e questo è vergognoso. Questi casi sono solo l’esito degli ultimi party a base di droghe e altro finiti male, ma dimostrano chiaramente come oramai l’uso di droga sia diffusissimo in ogni angolo di ogni città. Negli anni settanta-ottanta i drogati erano i malvisti eroinomani che, se da una parte erano le vittime di un periodo di grande cambiamento culturale e di protesta, che tutti conosciamo, dall’altra erano considerati da molti l’emblema della decadenza personale. I cocainomani, invece, erano i vari benestanti che si potevano permettere la cosiddetta "droga dei ricchi". Ora la cocaina è la droga di tutti e si può trovare ovunque. Per chi se ne intende è sicuramente una droga dagli effetti "soddisfacenti" ma anche devastanti per la salute, che spesso viene associata ad alcol, psicofarmaci e altre droghe, ed esempi lampanti sono i due-tre casi nominati finora. Questi due ricoveri in extremis, ed una morte, continueranno ad essere trasmessi per parecchio tempo ancora, ma solo perché sono stati coinvolti due volti noti. Del ragazzino padovano entrato in coma dopo l’assunzione di un "pastone" allucinogeno e del quindicenne morto su una panchina a Milano, con a fianco il suo zainetto scolastico pieno di bombolette di gas per caricare gli accendini, non ne parla più nessuno. Secondo me, il luogo, l’abbandono e la morte su una panchina a quindici anni, dovrebbero essere l’emblema del malessere giovanile e dell’indifferenza della società contemporanea di cui tutti siamo responsabili. Giovani senza rapporti familiari soddisfacenti e con tanta noia, che cercano con ogni mezzo di sfuggire allo stress insopportabile di un futuro, roseo solo per pochi. Ci sono tanti punti di discussione riguardo alla scarcerazione di Paolo Calissano, fare dei paragoni è anche difficile, ne abbiamo parlato in redazione, ma quello che richiama maggiormente la mia attenzione è come il sistema giudiziario sia diventato prevalentemente una complicatissima e oscura burocrazia, perché non ha una chiara ed equa fisionomia uguale per tutti. Si continuano a vedere persone uscire indenni da qualsiasi comportamento "antisociale" ed altre che vengono condannate per qualsiasi cazzata. In alcuni casi la legge condanna il reato, la colpa, e pretende la certezza della pena, in altri vengono presi in considerazione, con gli stessi reati, la provenienza e la stabilità familiare ed eventuali agganci con chi conta. Tutto si svolge sotto gli occhi di tutti senza che nessuno possa fare niente, e nemmeno vengono ascoltate le numerose testimonianze di persone come noi, che pure certe realtà le conoscono da vicino. Ci vorrebbe almeno più chiarezza nell’operato di chi lavora per aiutare i tossicodipendenti e, magari, più collaborazione con i magistrati che spesso rigettano i programmi redatti, dopo un lungo lavoro, dal Ser.T. Per fare un esempio, qui ci sono detenuti che vengono chiusi dalle misure alternative solo perché hanno fatto uso di sostanze stupefacenti. Anche se si dichiarano e sono ammalati e bisognosi di aiuto, per tre anni non hanno più benefici e successivamente vengono sottoposti a dei colloqui-interrogatori spesso spersonalizzanti, che tendono a creare un senso di colpa che non c’è. Eppure l’uso di sostanze stupefacenti durante una misura alternativa è un’infrazione al programma stilato dall’equipe trattamentale, non è un reato. È un po’ come i dieci comandamenti per i cristiani, quasi nessuno li osserva però loro non vanno all’inferno, almeno finora non ce n’è la prova, noi sì. Nessuno, coma ha fatto Don Mazzi per Calissano, si è mai presentato tanto tempestivamente e pubblicamente in nostro aiuto. Per avere un programma terapeutico bisogna diventare matti al punto tale che è quasi meglio tenersi il proprio male. Se a me trovano trenta grammi ed un morto nel letto, anche senza l’ipotesi del reato di spaccio, non voglio neanche pensare come andrebbe a finire, visto che, a suo tempo, incensurato, solo per sospetti, senza esami biologici o ritrovamenti di droga, mi è stata sospesa la patente di guida. A certi signori invece chiedono anche scusa e gli permettono di rimanere ai loro posti a consumare dell’ottima cocaina o eroina, perché hanno ottimi fornitori. Parliamo ancora di "La legge è uguale per tutti" o è solo un vecchio detto accademico, ormai astratto, roba d’altri tempi?
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