Intervento di mons. Giorgio Caniato

 

I diritti umani dei detenuti, di mons. Giorgio Caniato

(Ispettore Generale dei Cappellani Italiani)

 

Mi chiedo se in base al riconoscimento, anche da parte della legge, della dignità dell’uomo detenuto, soggetto di diritti e di doveri, la struttura detentiva in sé possa salvaguardare questa dignità e soddisfare e rispettare i diritti inalienabili. Io dico di no, non lo può.

Prima da un punto di vista teorico: il carcere limita moltissimo, per non dire "toglie", la libertà fisica all’uomo detenuto e con la libertà tolta si tolgono, di fatto, altri diritti, si distrugge l’Uomo. Il Carcere è struttura anti-umana e anti-cristiana. Poi, anche dal punto di vista pratico.

Noi Cappellani viviamo ogni giorno la sofferenza del non rispetto della dignità della persona del detenuto e del non rispetto dei suoi diritti, sia da parte delle strutture che della conduzione della vita del carcere. È vero che l’uomo è condannato alla pena del carcere perché ha commesso dei reati e anche gravi e ripugnanti, ma tuttavia rimane uomo e persona.

Per cercare di risolvere questo problema, e cioè il dovere dello Stato di Amministrare la Giustizia e il rispetto della dignità dell’uomo detenuto soggetto di diritti, mi sembra si debba spostare il problema sul modo di gestire la Giustizia. Il discorso cade sulla Pena: è questo, di comminare una pena, l’unico modo di fare Giustizia? Lo Stato ha il diritto di punire? Cioè, lo Stato, che ha il diritto di amministrare la Giustizia, deve (farlo solo "punendo"?) deve per forza solo "punire" il reo (il reato)? il violatore della legge, con una pena che è poi il carcere? Per amministrare la Giustizia lo Stato deve per forza rispondere al male del reato con un altro male?

Il carcere, la punizione, l’afflizione, la vendetta, anche se a parole lo Stato intende, almeno da noi, dare una pena retributiva, che di fatto è sempre afflittiva, vendicativa, distruttiva. Allora, chiedendovi se lo Stato ha il diritto di punire (ed io dico di no!), affermo che sarebbe più giusto, per risolvere il problema della compatibilità tra giustizia penale e rispetto dell’Uomo, anche se reo, che si amministrasse la Giustizia non con la Pena (carcere, ergastolo, pena di morte, etc.) ma obbligando il reo a riparare il male fatto compiendo il reato, a restituire, a ricostruire. Inoltre lo Stato dovrebbe trovare le cause, personali e sociali, che stanno a monte di ogni reato e deve aiutare il reo a ricostruire anche interiormente la propria vita. Molto importante è la prevenzione a tutti i livelli, personale e sociale. Il Carcere dovrebbe restare l’estrema ratio per chi non volesse riparare, restituire, ricostruire e volesse continuare a delinquere e quindi non volesse cambiare vita.

Così si rispetterebbe la dignità della persona colpevole e detenuta, giocando sul suo senso di responsabilità, sulla sua libertà e rispettando così i suoi diritti inalienabili e fondamentali. Inoltre si riparerebbero le vittime dei reati.

 

 

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