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Amnistia e indulto: tante illusioni, poche speranze
di Stefano Bentivogli – Redazione di Ristretti Orizzonti
Amnistia: non c’è cosa peggiore dell’alimentare le speranze di persone, quali i detenuti, che in questi anni hanno sofferto in maniera incredibile dello sfascio del sistema penitenziario italiano. La realtà è nota solo ai più attenti e mostra l’impossibilità pressoché matematica di trovare il numero sufficiente di deputati e senatori per poter varare un provvedimento di clemenza. Ma è sempre brutto anche spegnere le speranze di chi soffre, di chi ormai ha solo quelle. E infatti capita spesso addirittura, in alcune discussioni che avvengono in carcere, di passare per essere uno che non lo vuole, questo atto di clemenza che per i detenuti si chiama indulto, solo perché si ricorda a tutti quale è la triste realtà, ossia che mancano i numeri, i voti, ed è inutile illudersi. Eppure gli appelli alla mobilitazione, almeno dal 2000 a oggi, si susseguono periodicamente e ad essi segue però, nel giro di qualche giorno, l’oblio della politica e la delusione dei detenuti. Ma questo non basta a uccidere le speranze, perché comunque le parole "amnistia ed indulto" riaccendono, al di là di ogni ragionevolezza, gli animi spenti, ed in questi giorni dietro le sbarre si è ancora lì ad illudersi che sia la volta buona…"magari sotto Natale qualcosa ci scappa anche per noi…", "c’è la marcia di Natale e poi ne parleranno in Parlamento". Quelli che da poco hanno a che fare col carcere – l’ho visto coi miei occhi – arrivano a preparare i bagagli, a scambiarsi gli indirizzi, a farsi piccoli regali, così, non si sa mai che ci scarcerano all’improvviso e non si riesce neanche a salutarsi. Purtroppo occorre esser chiari: finché non verrà modificato il quorum necessario per approvare un provvedimento di amnistia e indulto, – che attualmente corrisponde ai 2/3 dei deputati e i 2/3 dei senatori – un provvedimento di clemenza è possibile tanto quanto l’arrivo per Natale sulla terra dei marziani. È difficile però non rispondere agli appelli di chi continua a mobilitarsi, sembra quasi che non si voglia tentare il tutto per tutto. Ma purtroppo le cose non stanno così, e veramente spero, dopo avere verificato da tempo come stanno veramente le cose, che non ci sia qualcuno che si stia scordando quali danni in termini di sfiducia dei detenuti, a questo punto anche in chi si professa dalla loro parte, si rischia di venire a creare. Poi occhio anche ai meccanismi perversi della politica, che è fatta prima di tutto sugli interessi di chi sta fuori e non di chi sta dentro. C’è ad esempio chi cavilla sul fatto che un’amnistia cancellerebbe una serie di processi dove dietro ci sono evidenti rese dei conti a livello politico, e poi dimentica che il grosso problema sono gli oltre 60.000 che il processo o l’hanno già avuto o lo aspettano in qualche fogna di carcere a diritti zero ed in condizioni di vita da bestie. Ai detenuti oggi serve l’indulto e non l’amnistia, quest’ultima servirà magari a sfoltire i milioni di procedimenti penali sui quali vale la legge del doppio binario: se ti puoi pagare una buona difesa è facile arrivare alla prescrizione del reato, se sei un poveraccio, più poi che prima, ma un bel rinvio a giudizio con conseguente condanna arriveranno di certo. Essere alla marcia di Natale, ed a tutte le altre iniziative di questo genere, a questo punto ha un senso che va al di là dei giochi politici nei quali tutta questa mobilitazione rischia di essere incanalata ed illusa. Deve rappresentare comunque, al di là degli obiettivi quasi impossibili che si propone, la volontà inossidabile di una parte della società civile che non chiude la propria coscienza alle prime musichette natalizie, che non si arrende alle strumentalizzazioni ed ai giochi della politica, che crede seriamente nell’importanza di mantenere lo sguardo attento e la solidarietà nei confronti di chi sta pagando troppo caro ed in condizioni di violazione dei più elementari diritti le sue responsabilità.
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