L'opinione dei detenuti

 

Gli sfasci della "salva-Previti" visti dalla parte dei detenuti...

 

Stefano Bentivogli - "Ristretti Orizzonti", 28 febbraio 2005

 

A proposito della legge cosiddetta salva-Previti, in un box pubblicato sul Corriere della Sera di domenica 27 febbraio, a firma di Virginia Piccolillo, si legge che "la ex-Cirielli prevede pene più severe per mafia e reati gravi. Ma anche termini di prescrizione più brevi per i reati di fascia intermedia".

Ci preme segnalare che si tratta, in realtà, di una lettura incompleta e in parte anche travisante del DDL in questione, che in effetti interviene pesantemente soprattutto sui reati – anche di "fascia media", in termini di gravità – commessi da recidivi. Mentre infatti attualmente sta ai giudici la facoltà di decidere se concedere o meno le "attenuanti generiche" e se applicare oppure no gli aumenti di pena previsti per i recidivi, valutando nel merito i singoli casi, con l’entrata in vigore della nuova legge non solo la negazione di tali attenuanti diverrebbe automatica, ma i giudici sarebbero anche obbligati ad applicare comunque quegli aumenti di pena che attualmente sono affidati alla loro discrezionalità. E’ evidente che così si finisce per colpire nel mucchio sia gli effettivi "recidivi incalliti" sia coloro – e sono i più – che nella recidiva sono incappati per disperazione (bisogna entrarci, in galera, per capire quanto le carceri siano piene di persone che sono ricadute non per scelta ma per…mancanza di scelta).

La cosiddetta legge salva-Previti rappresenterebbe inoltre, qualora passasse così come è formulata, un grave salto indietro nel processo di umanizzazione della pena (permessi premio e misure alternative) e di promozione del reinserimento sociale avviato con la legge Gozzini. Per i recidivi, in pratica, la pena tornerebbe a essere meramente afflittiva, escludendoli di fatto – con poche eccezioni – dalla concessione di quei benefici che la Gozzini introdusse proprio allo scopo di guidare gradualmente i detenuti al ritorno in società, avviandoli – dopo che abbiano scontato in carcere una consistente porzione di pena – ad attività di formazione e lavoro del tutto o in parte extracarcerarie, come quelle previste con l’affidamento e la semilibertà.

A ben vedere, insomma, il DDL in questione ha in realtà ben poco a che fare con le "pene più severe" e i "reati più gravi" a cui si accenna in quel box apparso sul Corriere. Al di là che serva a salvare o no Previti, e questo ci interessa solo indirettamente, rischia di dare un colpo di scure al civilissimo sogno di un carcere che non si limiti solo a escludere e punire, ma che punti davvero a rieducare e a guidare a un effettivo reinserimento sociale persone che hanno sbagliato ma che hanno pagato. E questo riguarda direttamente la gran parte degli oltre cinquantamila detenuti delle patrie galere, e – speriamo – non solo loro.

 

 

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