L'opinione dei detenuti

 

Iniziative di prevenzione contro la violenza giovanile

a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 26 gennaio 2009

 

Ci sono stati, questa settimana, nella nostra città, episodi di particolare violenza che hanno coinvolto gruppi di giovani, fra cui una maxi rissa in zona Duomo. Ma qualcuno si ricorda di aver sentito parlare di una risposta a tutti questi fatti, che non sia esclusivamente punitiva o di controllo, ma anche di prevenzione? Le persone che stanno in carcere hanno allora l’ambizione di provare a pensare a iniziative di prevenzione che coinvolgano i giovani, per i quali forse le testimonianze di chi sta pagando con la galera proprio per storie di violenza possono essere preziose per riflettere sulla responsabilità, sui rischi, sulla colpevole leggerezza che sta dietro certi comportamenti.

 

Quel bisogno di visibilità attraverso la trasgressione

 

Quando sento parlare di baby gang mi viene la pelle d’oca, perché mi pare sempre di essere chiamato in causa anch’io. Quando avevo 14 anni nel mio paese c’era una compagnia di ragazzi, che avevano belle motociclette, fama di picchiatori ed erano sempre circondati da ragazze. Dentro di me desideravo essere come loro, ma entrare in questa compagnia non era facile, spesso dovevi subire umiliazioni o fare per loro ogni tipo di piaceri, che alla fine non venivano neppure apprezzati.

A Vicenza e in provincia c’erano d’estate tante discoteche, che io frequentavo, e cosi pure questa compagnia, ricordo che una sera un ragazzo, ubriaco, aveva molestato la mia ragazza, io subito avevo reagito dandogli un pugno in faccia, in quell’occasione la compagnia di ragazzi che ammiravo tanto aveva visto la scena e da quel momento avevo cominciato a godere della loro simpatia e amicizia. Giravamo sempre per locali e quando non c’erano ragazze ci annoiavamo, andavamo in pista a ballare e facevamo finta di spingere qualcuno per iniziare la rissa. Io assolutamente non giustifico le nostre azioni, però ricordo che dentro a questi comportamenti sbagliati, avevamo per lo meno una sorta di principio, non si toccavano mai le ragazze o le persone anziane. Adesso mi pare che non ci siano più neppure quei freni.

Troppe cose sono cambiate negli ultimi anni, anche i tutori della legge, che una volta svolgevano oltre al servizio di sicurezza anche un servizio di "rieducazione" con i minorenni, facendoti riflettere sugli sbagli, incutendoti sì timore, per poi trovare l’escamotage per "perdonarti", mentre ora scrivono tutto trattandoti come trasgressore, ti lasciano andare via e dopo qualche anno ti trovi con processi e galera da fare. Ricordo che, da ragazzo, avevo il vizio di entrare negli appartamenti del mio condominio, prendendo le chiavi delle macchine dai portachiavi e una volta fatto il mio giro rimettevo l’auto e le chiavi al loro posto. Capitò una volta che una signora si accorse che le era sparita l’auto, al mio ritorno mi sono trovato i miei genitori e i carabinieri, nonché tutte le persone del condominio in garage. I carabinieri mi hanno portato in caserma, mi hanno fatto stare lì parecchio tempo spaventandomi talmente tanto che non l’ho più fatto, però tutto si è risolto con una grande paura senza denuncia da parte loro, e da parte mia smettendo di mettere in atto questi comportamenti.

Penso che tra gli adolescenti quello che si manifesta oggi è soprattutto il bisogno di trovare visibilità attraverso la trasgressione, magari anche copiando gli stili di vita di personaggi televisivi. Ma se questo si accompagna alla certezza che nel nostro Paese ci sia una specie di impunità anche per comportamenti violenti, la situazione può diventare davvero esplosiva.

 

Fabio Zanni

 

Tempo e sofferenza ci cambiano la vita

 

Mi chiamo Serghei, sono originario della Moldavia, oggi mi trovo in carcere a scontare una lunga pena e spesso sento notizie di scontri tra ragazzi e violenze all’interno di gruppi. Allora ripenso alla mia vita e a come sono finito qui dentro. Ricordo quando da ragazzo vivevo con i sogni e con la speranza di ricostruire la mia vita in occidente, dopo un passato terribile, vissuto per strada fin dall’età di 11 anni. Ma non sono riuscito a costruirlo, questo mio futuro, e non so nemmeno perché, ricordo però che all’età di 13, 14 anni ho conosciuto delle persone in cui avevo molta fiducia e pensavo che con loro potevo iniziare a costruire il mio sogno.

Sono sempre stato fin da ragazzo appassionato di sport, tanto che ho iniziato a 14 anni a praticare il king boxing, e a quell’età credevo di diventare facilmente un campione. Purtroppo le persone in cui avevo fiducia hanno approfittato della mia esuberanza e delle mie doti sportive, facendomi crescere con una mentalità diversa da quella che avevo prima, che era di credere nell’onore, nella dignità e nella speranza di costruirmi quella famiglia che non avevo mai avuto.

Purtroppo quando si vive in strada come ho vissuto io si tende ad aggregarsi in gruppi e si perde il senso della realtà, per cui aggredire le persone diventa quasi un atto "naturale", e non hai mai un momento per riflettere che con questi comportamenti arrivi facilmente a commettere reati. Spesso le aggregazioni di ragazzi portano in sé una prepotenza gratuita, e anche l’aspirazione a diventare i più rispettati di tutti, e questo io ero convinto che fosse giusto. Con tutto ciò che ho vissuto fin dall’età di 11 anni, senza una guida che mi portasse verso altri valori, la via più facile è stata cercare di essere il più forte, fino a quando la mia esuberanza e il vivere con persone sbagliate mi hanno spinto a commettere un reato di sangue che mi ha portato in carcere con una condanna a 20 anni.

In carcere ho cominciato a riflettere su quello che ho fatto, e a chiedermi dove sono oggi il mio rispetto e l’onore, quell’onore che non aveva niente di onorevole, e dove sono finiti coloro che credevo amici e che mi erano vicini quando ero libero, solo perché la mia presenza fisica incuteva timore. Ma almeno oggi ho imparato a credere in un onore diverso, quello del rispetto verso gli altri, e verso se stessi.

Certo non sempre le cose finiscono così, a volte si ha la fortuna che non succeda niente di grave, e il maturare poi ti fa cambiare anche il modo di vivere, e di ragionare, ma spesso le cose vanno come sono andate a me. Io non sono in grado né di dare lezioni né di dare consigli, ma quando sento di episodi, che mi ricordano la mia gioventù, mi spavento, perché non vorrei che altri arrivassero dove io sono arrivato.

 

Serghei Vitali

 

Con le telecamere in classe le scuole diventano prigioni

 

Ho sentito che, in seguito agli ultimi episodi di bullismo, il Ministro Gelmini ha proposto di installare telecamere nelle classi per controllare meglio i comportamenti devianti degli alunni. Non so come sono oggi le scuole, ma conosco le galere e non credo che investire in controllo e sanzioni porterà a una soluzione, anzi, credo che così si corra il rischio di trasformare le scuole in luoghi simili proprio alle galere.

L’esigenza di installare un sistema di controllo capillare è comprensibile in carcere, perché qui dentro sono recluse persone che hanno già violato la legge e che sono potenzialmente un pericolo per se e per gli altri. Per questa ragione, in carcere ci sono telecamere installate in ogni angolo, e perfino il cortile dei passeggi è continuamente monitorato. D’altro canto, oltre alle telecamere ci vogliono anche le persone che guardino continuamente sullo schermo, di modo che appena si verifica un comportamento che va contro il regolamento, si possa intervenire e identificare l’autore. Ma se oggi l’Amministrazione penitenziaria lamenta una carenza di personale è anche perché, quando si tratta di controllare, il personale non basta mai. Quindi, mi domando: chi sostiene che c’è la necessità di introdurre nelle scuole una sorveglianza di questo genere, sa quanto verrà a costare?

D’altro canto mi vengono in mente tutte le frustrazioni quotidiane con cui noi detenuti dobbiamo convivere, poiché non è facile avere uno che ti può controllare in ogni momento della giornata, anche quando vai in bagno o ti fai la doccia. Si parla di mettere telecamere nelle classi, ma quali sono in realtà gli spazi dove i ragazzi dovranno essere controllati? È risaputo che se uno fa uso di stupefacenti, lo farà in bagno e non in classe. E anche gli atti di bullismo avvengono spesso nei luoghi più nascosti dello spazio scolastico. Allora bisogna essere chiari sul fatto che le telecamere saranno installate anche nei bagni, nei cortili e in ogni altro angolo della scuola, dove un ragazzo può commettere un illecito. A questo punto mi domando se davvero i genitori accetteranno di mandare i propri figli nella "fattoria degli animali", dove non ci sarà legalità, ma solo paura del Grande Fratello, che si impossesserà anche dei momenti più intimi di tutta una generazione di ragazzi che, innocenti, si ritroveranno a frequentare un luogo che avrà poco di scuola e tanto di prigione.

Se il governo ha denaro da spendere per le telecamere e i vigilantes, potrebbe usare invece quegli stessi soldi su progetti educativi e di prevenzione, che nel lungo periodo restituiscano una generazione di persone istruite e responsabili: istruzione e responsabilità sono il modo migliore per avere più sicurezza.

 

E. Makarov

 

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