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Perché spendere valanghe di soldi per costruire galere-deposito? a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti
Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 18 gennaio 2010
Il Ministro Alfano ha proclamato lo stato di emergenza per le carceri. Certo il problema del sovraffollamento nelle galere italiane è drammatico, anche per tutto quello che porta con sé, in termini di disumanità della carcerazione, basta pensare che l'anno è appena iniziato e già si contano cinque suicidi. Ma davvero è solo un problema che riguarda l’edilizia? e non succederà poi che, con le procedure previste per l’emergenza, costruiranno senza nessun controllo ancora una volta casermoni inutili, dove le persone saranno parcheggiate senza nessuna possibilità di costruirsi un percorso per rientrare nella società?
Bisogna iniziare a trattare diversamente la tossicodipendenza
Emergenza carceri: il Ministro della giustizia Alfano l’ha dichiarata in televisione, in prima serata, se fossi un telespettatore chiederei a mia moglie o a mio figlio se le galere sono crollate o si sono allagate. Emergenza è sinonimo di catastrofi naturali, che notizia è questa che deve essere trasmessa all’ora di cena dalla tv? Come definire allora i terremoti, le esondazioni dei fiumi, le valanghe? Da detenuto posso dire che 66000 ristretti nelle 206 carceri italiane non sono un’emergenza, sono una violazione dei diritti umani più elementari, dato che siamo diventati un ammasso umano depositato in un contenitore, dove molti di noi vivono in condizioni prive di ogni dignità. Se uno viene a fare una visita qui dentro, trova a stretto contatto malati mentali, portatori di patologie quali AIDS, malati terminali e tossicodipendenti. Su questi ultimi poi, mi sento di dire che non esiste solo un’emergenza "numerica", ma esiste un’emergenza nell’emergenza. Purtroppo nelle carceri il numero di tossicodipendenti, anche molto giovani, è in aumento, e i reati commessi sono sempre legati alla necessità di acquistare la dose di droga. Per questa ragione, il Ministro Alfano dovrebbe tenere sempre presente che per risolvere questa emergenza bisogna iniziare a trattare diversamente i tossicodipendenti. Costruire carceri, arrestare di più, non risolve il problema, anzi lo rende più drammatico. Gentile Ministro, mi permetta, esiste una legge, si chiama Fini/Giovanardi, e una cosa buona l’avrebbe, permette ai tossicodipendenti e alcoldipendenti almeno gli ultimi anni di pena (fino a sei) di essere curati e osservati invece che in carcere, in strutture idonee e da operatori competenti, il tutto in osservanza a quella futura sicurezza di cui il cittadino ha bisogno. Rendiamo operativa la legge, di fronte ad una emergenza sanitaria, come è giusto e corretto chiamarla, facciamo in modo che siano i Servizi per la tossicodipendenza a decidere i percorsi adatti, e la loro concessione diventi automatica. Quello che si chiede è semplicemente che, per questi detenuti, la pena non superi la colpa.
Franco Garaffoni
È il momento giusto per una riforma delle carceri, ma non basata sull’edilizia
Alcuni parlamentari, Rita Bernardini in particolare, hanno richiamato l’attenzione sulla situazione delle carceri presentando una mozione con diverse proposte, gran parte delle quali sono state approvate dalla Camera dei deputati, e questo è per noi un segnale positivo. Ma l’allargamento di quella enorme macchina di contenzione che è il sistema penale è l’ultimo atto del dramma di cui sono protagonisti migliaia di italiani e stranieri, che si sono macchiati di reati considerati di allarme sociale - furti, spaccio, clandestinità. Certo hanno violato la legge, ma se sono così tanti, e con pene così lunghe, forse non è dovuto solo alla loro responsabilità individuale. Chi abita le carceri vede che la maggior parte dei detenuti sono persone con problemi di tossicodipendenza, e per questo hanno commesso reati, oppure sono stranieri che, trovando solo lavoro in nero, sono finiti in quell’altro mercato, che è lo spaccio degli stupefacenti. Poi ci sono sempre più persone condannate per clandestinità e soprattutto ragazzi giovani, vittime di una povertà ormai travolgente. Se per conoscere una società bisogna visitare le carceri, io che in galera ci vivo posso affermare che l’odierno affollamento è dovuto soprattutto alle politiche punitive portate avanti verso quelle categorie della società, che media e politici hanno presentato come causa dei più gravi mali del Paese. Forse le paure della popolazione sono state inizialmente placate dal pugno di ferro mostrato da chi governa, l’idea di carceri che scoppiano può far sentire più tranquillo qualche cittadino. Ma la carceri si sono trasformate in luoghi di una sofferenza talmente disumana, che rimarranno nelle pagine della storia italiana. E allora, i recenti impegni presi dal governo dovrebbero offrire l’occasione per riflettere che quando si lancia una guerra alla droga, in realtà si fa la guerra ai tossicodipendenti e agli spacciatori di strada; quando si dichiara guerra alla clandestinità, si fa la guerra agli immigrati che non riescono a costruirsi altra vita se non quella da clandestino; ma visti i costi, uno dovrebbe pur chiedersi se vale davvero la pena fare la guerra contro i tossici, gli spacciatori e i clandestini usando armi come certe leggi e certi pacchetti sicurezza, che criminalizzano ogni comportamento che disturba, forse perché non si riesce a gestire le dinamiche di una società sempre più complessa. Il Parlamento si è impegnato a intraprendere una riforma radicale in materia di trattamento penitenziario e se lo augurano tutti i detenuti, che oggi si trovano a vivere sempre più stretti in celle dove si sta chiusi per venti ore al giorno, parcheggiati nell’inerzia, per cui gran parte di noi lascia il carcere senza alcun programma di reinserimento graduale. E allora provate a chiedervi se è questo che serve alla società per avere più sicurezza.
Elton Kalica
Nuove carceri, ma i conti non tornano
Il ministro Alfano ha proclamato l’EMERGENZA CARCERI dicendo che i detenuti presenti nelle carceri in questo momento sono 20000 in più della capienza consentita, e che le condizioni di vita sono diventate tanto insopportabili da non poter essere più tollerate né dai detenuti né dal personale. Il ministro insiste sul fatto che la soluzione è quella di costruire nuove carceri, come se costruire un carcere partendo da zero sia una cosa che si può fare in pochi giorni e con poca spesa. L’esperienza insegna che per costruire un carcere medio, di 500 posti, sono sempre stati necessari dai 10 ai 15 anni e un mare di soldi. Ammettendo che si riesca a farli in tempi brevi, con quali soldi li farà se soldi non ce ne sono? All’interno delle carceri è stata perfino diminuita drasticamente la distribuzione di prodotti di prima necessità come sapone, detersivo, dentifricio, carta igienica, e tutto ciò per mancanza di soldi. Dove troverà il ministro quel miliardo e 500 milioni per fare carceri nuove? E i soldi per pagare il personale per gestirli? Lui dice che fra tre anni saranno disponibili 20000 posti in più, non considerando che fra tre anni, con un aumento della popolazione detenuta di 800 soggetti al mese come sta attualmente avvenendo, i detenuti non saranno più 67000 ma attorno ai 95000. Al ministro Alfano questo particolare non sarà sfuggito, così come non gli sarà sfuggito che per combattere questa emergenza ci sono altre soluzioni a costo quasi zero e soprattutto "realizzabili nell’immediato", come la gravissima situazione richiede. Forse non tutti sanno che nella marea di gente che tutti gli anni viene arrestata, oltre 30000 persone vengono scarcerate dopo pochi giorni. Se ciò succede probabilmente si poteva evitare di portarle in carcere, ma in quei pochi giorni che sono state in galera hanno occupato 30000 posti letto. Non sarebbe più conveniente ritoccare la legge per fare in modo di limitare inutili arresti? Perché non si mettono a pieno regime le misure alternative già previste dalla legge? Ciò consentirebbe a 20.000 e più persone di finire di espiare la pena fuori dal carcere, ma inserite in un percorso di recupero, facendo così anche risparmiare soldi per il loro mantenimento e in più rendendole utili per la società. Non per essere sospettosi, ma annunciare pubblicamente un’emergenza e insistere tanto sulla costruzione di nuove carceri per sanarla non è che sia un pretesto per far sapere alla gente che è necessario mettere mano a una montagna di soldi pubblici ad esclusivo vantaggio delle imprese che le costruiscono e non della società né tantomeno dei detenuti?
Antonio Floris
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