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Gozzini, una legge da salvare! di Dimitri Buffa
L’opinione, 20 giugno 2008
L’appello di "Ristretti Orizzonti" e del capo del Dap Ettore Ferrara. "Ha senso rinunciare, in un momento in cui al centro dell’attenzione di tutti c’è la voglia di vivere più sicuri, a una legge che da anni contribuisce proprio a creare sicurezza?" È la domanda, forse retorica conoscendo la demagogia di certi politicanti, che si fanno i promotori dell’appello per salvare la legge Gozzini dalle assurde modifiche contenute nel disegno di legge del senatore di An Filippo Berselli, purtroppo presidente della commissione Giustizia a palazzo Madama. Il nostro giornale qualche giorno fa ha fatto due conti a tavolino indicando in circa 2 miliardi e rotti di euro il costo economico di questo assurdo proposito. Vi è poi, e non è certo il lato minore della vicenda, un enorme costo sociale. Che si traduce in minore sicurezza per tutti. I beneficiati della Gozzini infatti perdono nel 99 per cento dei casi il terribile "vizio" alla reiterazione del reato. La cosiddetta recidiva. Che invece resta altissima, circa il 30% dei detenuti secondo le statistiche, in tutti gli altri casi. Idealmente il primo promotore di questo appello non è solo l’associazione no profit "Ristretti Orizzonti" che da anni svolge un’opera di informazione capillare sul mondo carcerario. No, idealmente, il primo promotore dell’appello è lo stesso responsabile del Dipartimento amministrazione penitenziaria Ettore Ferrara, che in più di un’occasione, insieme al suo vice Emilio Di Somma, si è speso a favore della Gozzini. Di Somma poi lo ha fatto anche parlando nei convegni ad hoc organizzati in varie città d’Italia dall’Unione delle camere penali. D’altronde gli esperti di carceri sanno di cosa parlano, gli altri solleticano solo i peggiori istinti della pubblica opinione magari con la complicità di alcuni media che si prestano scientemente a montare qualche decina di casi di cronaca nera. Che più che alla legge Gozzini fanno pensare alla mancanza di prevenzione sul territorio da parte delle forze dell’ordine. Secondo i promotori dell’iniziativa che sta circolando non solo nelle carceri, il disegno di legge Berselli (che porta il numero 623) che mira a ridurre drasticamente i benefici penitenziari, abolendo la liberazione anticipata, vietando la semilibertà per gli ergastolani e, in generale, rendendo più difficile l’ammissione a tutte le misure alternative, "rappresenta un pericolo gravissimo per il reinserimento dei detenuti, per il governo delle carceri e, infine, per la sicurezza di tutta la società". Insomma, come accade sempre in Italia, per furore demagogico e per amore delle scorciatoie non solo si massacra lo stato di diritto ma si ottengono effetti decisamente controproducenti. Non da ultimo c’è anche il quesito su dove si intendano mettere i prevedibili nuovi 20 o 30 mila detenuti l’anno che si produrrebbero in automatico con l’abolizione o il ridimensionamento della Gozzini. Poi se uno volesse essere un po’ cattivo potrebbe anche dire che questa classe politica chiede sicurezza solo contro i diseredati della discarica sociale chiamata carcere o contro i derelitti extra comunitari. Aggiustandosi invece ad hoc un bel po’ di leggi contro reati finanziari o da colletti bianchi. Ma non vorremmo giungere al dipietrismo per essere d’accordo con una battaglia, quella per la non abrogazione della Gozzini, che, basta ragionare con il cervello e non con le viscere o con qualche altro meno nobile organo del corpo umano, per capire quanto possa essere controindicata proprio per la sicurezza che pretenderebbe di tutelare. Invece della certezza della pena si rischia di avere carceri da Thailandia e una criminalità (organizzata e non) ancora più feroce di quella del Brasile o della Colombia. Andatevi a vedere al cinema "Tropa de elite" sugli squadroni della morte a Rio de Janeiro e poi ne riparliamo. È questo il modello che ha in mente il senatore di An Filippo Berselli? L'on Berselli vuole cancellare l’art. 27 della Costituzione di Sandro Padula
Liberazione, 20 giugno 2008
Il disegno di legge Berselli, già criticato su Liberazione del 15 giugno nei suoi aspetti specifici, intende modificare in senso reazionario la Riforma penitenziaria del 1975 e il codice di procedura penale in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione. Mentre da parecchi anni la popolazione detenuta lotta per eliminare le forme detentive più disumane (ergastolo e 41 bis) e per fare in modo che i benefici siano ottenuti automaticamente e non in modo discrezionale, il ddl punta a comprimere i benefici nel complesso, ad eliminarne alcuni relativamente consolidati nel tempo (come i giorni di liberazione anticipata) e a togliere ogni minima possibilità di andare in semilibertà per tutti gli ergastolani, così come già succede per i "fine pena mai" che oggi si trovano sottoposti alla misura ultrapunitiva del 41 bis. Per fare ciò, cercando al tempo stesso di essere coerente sul terreno della logica formale, il ddl non si basa su dati statistici effettivi e su analisi comparate fra la realtà italiana e quella degli altri paesi dell’Unione Europea. Non dice neanche il costo delle modifiche preannunciate che, secondo le stime fornite da Dimitri Buffa in suo interessante articolo a riguardo, potrebbe aggirarsi attorno ai due miliardi di euro l’anno! Parte invece, in maniera demagogica e quindi strumentale, dalla "percezione" secondo cui in Italia il sistema carcerario avrebbe troppe funzioni rieducative e poche caratteristiche sanzionatrici. Il ragionamento è semplice: il carcere servirebbe ancora, almeno in apparenza, alla "rieducazione" ma questo scopo a sua volta sarebbe fondamentalmente raggiungibile attraverso un "adeguato grado di afflittività". La "rieducazione", scopo della pena detentiva previsto dall’articolo 27 della Costituzione italiana, diviene così una finalità annichilita dal peggioramento del mezzo. Lo scopo effettivo del ddl Berselli è infatti la "deterrenza" (o intimidazione che dir si voglia) e quest’ultima sarebbe insita in un carcere più afflittivo per tutti coloro che hanno la sventura di finirvi in qualità di detenuti in attesa del processo o di condannati ai diversi gradi di giudizio. Sul piano della dottrina il disegno di legge si rifà, volente o nolente, alla teoria secondo cui la pena detentiva dovrebbe avere soprattutto un fine utilitaristico e intimidatorio. L’inglese Jeremy Bentham (1748-1832), fra i primi a teorizzare tale scopo, pensava che l’uomo agisse esclusivamente in base ad un calcolo sull’utilità di ogni propria azione, ad un calibrato ragionamento su come raggiungere il piacere ed evitare il dolore. Il francese Auguste Comte (1798-1857), il padre della moderna sociologia, criticò questa concezione perché l’uomo non agisce solo per calcolo. Agisce in base a diversi fattori, in diversi contesti e fasi della sua vita. D’altra parte, possiamo qui solo aggiungere e ricordare che le grandi trasformazioni sociali e politiche della storia non ci sarebbero state se tutti gli esseri umani avessero agito sempre e solo in virtù di un’ottica utilitaristica. Esistono forze e contraddizioni sociali ben più potenti nel fare la storia rispetto alle molteplici forme del cinismo umano. Ecco, proprio qui sta il punto. I novelli seguaci italiani di Bentham pensano che l’uomo non sia la sua continua trasformazione nei rapporti sociali e con il resto della natura ma qualcosa di essenzialmente cinico. E allora, cosa c’è di meglio del proporre leggi più spietate di quelle adottate finora? Il cerchio si chiude. Come Dio cacciò Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, così il disegno di legge Berselli vorrebbe cacciare l’articolo 27 della Costituzione dalle carceri italiane. Abbiamo così un paradosso di paradossi che nega del tutto la verità: le carceri italiane, come dimostrano le numerose condanne stabilite dalla Corte europea dei diritti umani, sono l’esatto contrario di un paradiso terrestre e, in larga misura, l’applicazione concreta dell’articolo 27 della Costituzione è ancora disattesa. Il carcere, in Italia ben più che in altri paesi dell’Unione Europea, è rimasto uno dei più liberticidi strumenti di monopolizzazione statuale della vendetta, della sopraffazione e del rito del capro espiatorio. Di conseguenza, chiedere che un tale strumento afflittivo diventi ancora più afflittivo è come pretendere che le persone detenute siano più sepolte vive di quanto lo siano adesso, in questo esatto momento. L’essere umano che avrebbe trasgredito il Codice penale italiano, un testo per la verità anacronistico dopo 78 anni di vita, è ritenuto dal ddl Berselli una semplice bestia, da trattare con un maggior "grado di afflittività". Secondo il dizionario De Mauro, "afflittivo" è ciò "che affligge, che provoca sofferenza". E allora, che cos’è una pena detentiva con un maggior grado di sofferenza se non una specifica e più profonda forma di tortura? Non sarà forse anche per questo motivo che in Italia ancora non esiste il reato di tortura? Per favore, cerchiamo di chiamare pane il pane e vino il vino. Chi vuole costruire una Terza Repubblica plasmata prevalentemente sul Codice penale del 1930 e per nulla rispettosa della Costituzione della Repubblica Italiana e di tutte le Carte mondiali dei Diritti Umani, lo dicesse senza tanti giri di parole. E poi, urliamolo ad alta voce: basta con la cultura della "percezione"! La cultura della "percezione" è roba da Medioevo! Se l’umanità le avesse dato sempre retta, adesso staremmo ancora a credere che il Sole giri attorno alla Terra! Cancellare la Gozzini? Rischio di rivolte nelle carceri
Il Manifesto, 20 giugno 2008
Distruggono la Gozzini, "una legge che funziona", pur di ottenere "facili consensi". Ieri la Conferenza nazionale del volontariato della giustizia, la rete degli enti che si occupano di carcere, ha espresso preoccupazione per l’eliminazione degli sconti di pena chiesta dal disegno di legge presentato da Filippo Berselli, presidente della commissione giustizia di palazzo Madama, di prossima calendarizzazione. Il testo prevede un giro di vite per i detenuti che pure osservano buona condotta: la semilibertà dopo due terzi della pena (e non la metà, com’è oggi), nessuna liberazione anticipata, permessi agli ergastolani solo dopo vent’anni di carcere (anziché dieci). Una scelta "devastante" secondo la camera penale di Palermo, contro una legge "civilissima e applicata in tutti i paesi giuridicamente evoluti". Per l’associazione Antigone alcune scelte di Berselli sono persino "folli". L’obiettivo dello sconto di pena, di fatto, ha consentito a giudici e polizia di azzerare le rivolte e rendere tranquille le sezioni. La loro cancellazione rischia di fare da detonatore nelle carceri, che già vivono la pesante emergenza del sovraffollamento. Camera Penale di Palermo: il ddl Berselli è devastante
Lettera aperta, 20 giugno 2008
A seguito dei recenti provvedimenti del Governo in materia di giustizia, su sollecitazione degli iscritti, si è riunito, in data odierna, il Direttivo della Camera Penale di Palermo per discutere sui contenuti del "pacchetto giustizia" e sulle refluenze sotto il profilo sia pratico, sia costituzionale, delle norme che andranno ad essere esaminate dal Parlamento. A tale proposito le preannunciate modifiche, sia al decreto legge che al disegno di legge, quali quelle: la sospensione dei procedimenti i cui reati siano stati commessi entro il 30.06.2002 e la cui pena edittale non superi gli anni dieci; l’allargamento del doppio binario anche ai reati di criminalità comune; la preannunciata abolizione dell’istituto della liberazione anticipata e la rivisitazione in pejus della legge Gozzini; la punibilità dei giornalisti, fermo restando la perseguibilità di quelli che violano il segreto di ufficio; l’abolizione dell’art 599 c.p.p (concordato in appello) in modo indiscriminato; l’utilizzo incontrollato al ricorso del giudizio immediato e/o direttissimo, al fine di ottenere una giustizia immediata ed esemplare; ed altro. Tali preannunciate modifiche di certo limitano la presunzione di innocenza, il diritto di difesa in determinati processi, secondo la logica del doppio binario, ampliano ogni forma di prevenzione con metodi di chiaro stampo illiberale, utilizzano un incontrollato giudizio immediato e pervengono solo ad ottenere una giustizia frettolosa ed esemplare. Si dà l’impressione di un potere politico che riesce ad essere garantista per la "casta" e "giustizialista" per il cittadino comune. Triste è il Paese che offre le massime garanzie per il potente di turno ed il minimo di tutela per il comune cittadino. Addirittura devastante è il disegno di legge per l’eliminazione di fatto della civilissima legge Gozzini applicata in tutti i Paesi giuridicamente evoluti, per rendere effettiva la funzione rieducativa della pena; ed, ancora, ai limiti della ragionevolezza e costituzionalità, è la proposta della sospensione dei processi che limita, peraltro, fortemente i diritti delle parti offese. Quanto sta avvenendo in questi giorni confligge con il tema sulla "ragionevole qualità del processo. Un cantiere per la riforma della giustizia nel segno dell’attuazione della Costituzione" che costituirà il manifesto della U.C.P.I. per il prossimo Congresso di Parma. Il direttivo della Camera Penale di Palermo, sottoporrà all’U.C.P.I. le iniziative consequenziali da intraprendere.
Camera Penale di Palermo Il Presidente, Avv. Roberto F. Tricoli Angela Fabiana Melicchio
Forse non sono nessuno per chiedere una cosa simile, solo una ventenne che crede ancora nell’umanità della gente, un’umanità che non ha il potere di mostrarsi se non le si da un po’ di fiducia. Ulteriori limitazioni ai sogni di un uomo in carcere non credo salvaguardino la società o il bene pubblico. Tanti sono gli sbagli che un uomo può commettere, spesso dettati da necessità quotidiane che la stessa società con il suo tetro individualismo non aiuta ad affrontare. È chiedere tanto dare delle speranze a uomini che pur con i loro errori alle spalle sempre uomini restano? Anche io chiedo che la Gozzini non sia modificata, che anzi siano forniti ai carcerati impulsi sempre più forti a cambiare la propria vita in meglio, anche se forse sono solo una sognatrice che spera che i delitti vengano sempre più prevenuti piuttosto che puniti. Diamo alla gente la possibilità di cambiare pagina nella loro vita, aiutiamo gli altri a vivere una vita degna di questo nome ancor prima che commettano reati, aiutiamoli a sperare nella redenzione su questa terra. Con profondo affetto verso coloro che vivono questo dramma e verso chi come voi li aiuta diffondendo notizie e agendo in loro soccorso.
Maria Pia, da Quarto
Quando Caino uccise Abele, certo non compì un atto encomiabile, cosi iniziando fra le genti l’orrenda sequela degli omicidi; eppure, se egli pecco neppure Abele dovette essere del tutto innocente, se Nostro Signore, dopo essersi giustamente adirato per l’evento tragico, ritenne nella sua infinita saggezza di assumere in qualche modo anche la protezione di Caino. Ciò non rende Caino meno colpevole, semplicemente rende colpevole anche Abele: come quasi tutti gli uomini eccetto pochi santi. Il buon Gozzini illustre umanista e per fortuna non giurista, se ne rese perfettamente conto quando chiese ad un ad un paese civile di scagliare la prima pietra solo dopo aver riflettuto sulla seguente affermazione "non ci si può limitare a chiedere che i rei siano posti in condizione di non nuocere più: ci si deve innanzitutto interrogare se del reato commesso non esista una responsabilità collettiva, sia pure indiretta, in quanto non abbiamo saputo intervenire in tempo per risolvere un disagio e prevenirne le conseguenze criminose" . Gentile Presidente della Commissione Giustizia al Senato, Signor Filippo Berselli, vorrà almeno concordare che un paese che non si vanti dei propri migliori uomini e delle proprie migliori riforme è quanto meno strano. Quel che resta della legge Gozzini va salvato con i denti, ma forse bisogna ricordare al signor Filippo Berselli che migliaia di detenuti per sua fortuna non possono vederlo in faccia , e ribadisco per sua fortuna perché lui illustre Presidente della Commissione Giustizia al Senato con molta probabilità non sarebbe in grado di reggerne lo sguardo. Aderisco all’appello " salviamo la legge Gozzini".
Don Domenico Ricca
Come Cappellano del Carcere Minorile Ferrante Aporti di Torino e come Presidente di SCS/CNOS Salesiani per il sociale aderisco alla Campagnia "Salviamo la legge Gozzini". Non si possono cancellare così conquiste di diritti e nostro impegno sociale e pastorale nelle carceri da quasi trenta anni.
Adesioni del 20 giugno 2008
Don Domenico Ricca (Cappellano del Carcere Minorile Ferrante Aporti di Torino); Patrizia Luisa De Santis Educatrice C2 - Casa Circondariale Sondrio; Silvana Di Mauro, Giovanna Longo, Barbara Campagna, Cristina Ruccia, Anna Chiara Tagliabue, Paola Guerzoni, Giovanni Zanoletti, Giovanni Fumagalli (Area Pedagogica di San Vittore Milano); Fabio Baglioni (Avvocato, Roma); Giuseppe Mosconi (Università di Padova); Marco Paviani; Carmela cosentino (Volontaria Associazione Ali nel Silenzio); Laura Baccaro; Paola Fontana (Assistente Sociale presso Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Pavia); Franco Scarpa (Psichiatra, Direttore Opg di Montelupo Fiorentino); Fabia Ghenzovich; Gabriella Brocchiero; Viviana Neri (Presidente Associazione Con-tatto di Forlì-Cesena); Barbara Bovelacci (Responsabile attività formative in area esecuzione penale Agenzia Techne s.c.p.a. di Forlì-Cesena); Raffaele Barbiero (Cisl Forlì-Cesena); Debora Battani (Associazione Con-tatto di Forlì-Cesena; Claudio Bulgarelli (Associazione Con-tatto di Forlì-Cesena); Rosalba Allia; Maria Voltolina, da Venezia; Don Agostino Zenere (Cappellano C.C. di Vicenza); Stefano Anastasia (Associazione Antigone); Francesca Ferrari (giornalista); Fulvia Colombini (Responsabile Politiche Sociali Cgil Milano); Roberta Zecchini; Monica Gazzola (Avvocato di Venezia); Giovanna Tadiotto; Cooperativa G.I.So. Onlus, di Roma; Francesco Marini; Maria Pia, da Quarto; Angela Fabiana Melicchio; Alberto Borgato; Giorgio Roversi (Cgil Lombardia); Grazia Stefanini (Coordinatrice del Centro di mediazione dei conflitti di Modena); Paolo Miola (Asl Biella); Donatella Gibbin, Antonio Trentin (Sportello Carcere esterno - di Venezia); Giulio De la Pierre (Gruppo Caritas della Caritas di Ivrea); Marco Francesco Doria (Presidente Arci Sondrio); Carmen Bertolazzi, Rita del Gaudio, Marilena Miceli (Associazione Ora D’Aria di Roma); Rosalba Trivellin; Giovanni Martini (Medico SIAS); Comunità Speranza; Francesco Vazzana (Ufficio Politiche Sociali Cgil Como); Franco Bonaldi; Tonino Francesco Lozzi (Arci Sondrio).
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