Rassegna stampa 13 marzo

 

Giustizia: Berlusconi a breve firmerà Ordinanza Piano carceri

 

Apcom, 13 marzo 2010

 

Potrebbe essere attuato a breve il cosiddetto piano carceri. Lo ha annunciato lo stesso ministro della Giustizia, Angelino Alfano, intervenendo a un appuntamento elettorale del Pdl a sostegno del candidato alla presidenza della Regione Campania, Stefano Caldoro. Rispondendo ad una domanda dei giornalisti sul sovraffollamento degli istituti penitenziari, il Guardasigilli ha preannunciato che farà presto visita al carcere napoletano di Poggioreale. "Nel corso della prossima visita constaterò di persona lo stato di Poggioreale", ha detto e riferendosi anche ai recenti suicidi negli istituti di pena ha sottolineato che "da parte del governo c’è attenzione al tema del sovraffollamento".

A breve, inoltre, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi firmerà l’ordinanza di Protezione civile che decreterà l’emergenza carceri. "Dopo, entro trenta giorni, partirà il piano carceri. Lo Stato, infatti, può togliere la libertà ma non la dignità alle persone". E riferendosi alle strutture carcerarie in Campania, ha ribadito che nella regione se ne costruiranno "una o due di grandi dimensioni per alleviare le condizioni di vita di chi vi è rinchiuso".

Giustizia: Alfano; per la Campania, 1 o 2 nuove grandi carceri

 

Ansa, 13 marzo 2010

 

Quattro impegni per il buon funzionamento della giustizia in Campania: li ha presi il ministro della Giustizia Angelino Alfano, a Napoli per sostenere la candidatura di Stefano Caldoro (Pdl) a presidente della Regione Campania. Restituire alla giurisdizione napoletana Castel Capuano come sede degli uffici giudiziari napoletani: "Questo - ha detto il ministro - è il primo obiettivo per il quale mi sono impegnato con Caldoro".

Secondo impegno: garantire l’efficienza degli uffici giudiziari di Napoli con investimenti tecnici e di natura economica con l’obiettivo "non solo - ha precisato il Guardasigilli - di far funzionare i grandi processi, ma anche la giustizia affidata ai giudici di pace". Terzo impegno, fare di Napoli la sede sperimentale della posta elettronica certificata.

All’attenzione del ministro però c’è anche il problema del sovraffollamento delle carceri, reso di drammatica attualità dal suicidio verificatosi l’altro ieri nel carcere di Poggioreale. Un problema che il piano carceri redatto dal governo intende risolvere con la costruzione di nuove carceri. "Nel corso della prossima visita che farò - ha assicurato Alfano - ho intenzione di constatare di persona lo stato di Poggioreale. Il suicidio dell’altro giorno è servito ad accendere i riflettori sul tema, anche se non è strettamente legato al sovraffollamento della popolazione carceraria". "Il piano carceri - ha sottolineato Alfano - che entrerà in vigore entro trenta giorni dall’approvazione dell’ordinanza di Protezione Civile prevede in Campania la costruzione di una o due strutture carcerarie di grandi dimensioni per migliorare le condizioni di vita dei detenuti".

Giustizia: Sappe; servono garanzie su attuazione piano carceri

 

Il Velino, 13 marzo 2010

 

"Esprimo apprezzamento per le parole odierne del ministro della Giustizia Angelino Alfano che intervenendo oggi ad un appuntamento elettorale del Pdl a sostegno del candidato alla presidenza della Regione Campania ha annunciato che a breve sarà attuato il cosiddetto piano carceri del Governo". È quanto afferma Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria, in relazione alle dichiarazioni rilasciate oggi a Napoli dal ministro della Giustizia Angelino Alfano.

"La situazione penitenziaria - aggiunge Capece - si aggrava infatti ogni giorno di più, come attestano i quasi 67mila detenuti che affollano i 206 istituti penitenziari italiani: in questo contesto è necessario avere garanzie che il Piano carceri del Governo trovi una prima urgente applicazione nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di 2mila agenti di Polizia Penitenziaria e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità. Sarebbe anche opportuno accelerare sulla previsione normativa di espulsione per i detenuti stranieri in Italia, in modo da far scontare loro la pena nei penitenziari dei Paesi di provenienza e istituire una sede di confronto.

Questo per perseguire l’obiettivo di armonizzare i provvedimenti in corso e gli altri urgenti finalizzati all’ampliamento della carceri e alla realizzazione di nuovi padiglioni e - conclude Capece - per garantire la definizione urgente degli annunciati interventi straordinari di edilizia penitenziaria".

Giustizia: le "Case protette" speranza per le mamme detenute

 

www.agoravox.it, 13 marzo 2010

 

Sono migliaia le donne rinchiuse in carcere costrette a doversi allontanare dai propri figli, maggiori di 3 anni, mentre almeno un centinaio di loro crescono il proprio bambino dietro le mura di un istituto penitenziario, con la prospettiva della separazione al compimento del terzo anno d’età.

"In base all’attuale ordinamento, i bambini dagli 1 ai 3 anni figli di detenute sono costretti a trascorrere gli anni più delicati della loro crescita in carcere, un ambiente certamente non adeguato al loro sviluppo - dicono da Terres des Hommes -.

Inoltre sono destinati ad essere allontanati dal carcere e dall’affetto della madre al compimento del terzo anno di età, nonostante la legge n. 40/2001 preveda il diritto agli arresti domiciliari per le mamme detenute già condannate se non esiste il rischio di recidiva e se hanno già scontato un terzo della pena".

Requisiti che tuttavia rendono la legge "praticamente inaccessibile alla stragrande maggioranza delle detenute, dato che moltissime non hanno un domicilio dove scontarli o sono ancora in attesa della pena definitiva o ancora, hanno commesso reati per i quali c’è un pericolo di recidiva (tra cui quelli legati all’uso o allo spaccio di droga, piuttosto che alla prostituzione)"; dicono dalla ong. "Se il Disegno di legge 1814, fermo in Commissione Giustizia della Camera dal 2008, venisse approvato, queste mamme potrebbero essere accolte in apposite "Case famiglia protette", in grado di assicurare l’indispensabile protezione dei bambini che crescerebbero accanto alle madri, almeno fino ai 10 anni di età", dice Federica Giannotta di Terres des Hommes.

Terre des Hommes, organizzazione attiva da 50 anni nella difesa dei diritti dell’infanzia, e Bambinisenzasbarre, associazione impegnata da oltre un decennio nel sostegno, tutela e mantenimento della relazione genitoriale in detenzione, per la prima volta insieme, promuovono la Campagna "Fuori i bambini dalle Carceri italiane!" e chiedono al Parlamento Italiano di approvare rapidamente la proposta di legge n. 18141 (proposta Bernardini) per accogliere bimbi e mamme detenute in Case Famiglia Protette.

Continua la Gianotta: "L’Italia oggi costringe decine di bambini a scontare una pena di cui non hanno colpa, rinchiusi in un carcere ed impone a migliaia di altri di crescere lontano dalla propria madre, perché detenuta, in palese violazione con la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia, che invece vorrebbe sempre garantito e protetto il diritto del bambino a crescere con i propri genitori, sempre".

Lia Sacerdote, Presidente dell’associazione Bambinisenzasbarre aggiunge alcuni dati: "La questione dei bambini detenuti con la mamma e di quelle migliaia che entrano ogni giorno in carcere per incontrare i propri genitori detenuti rappresenta un tema di salute pubblica e responsabilità sociale che coinvolge tutti e ci indica che la prigione non interessa solo chi sta dentro ma anche chi sta fuori. Sono 750mila infatti i bambini che entrano ogni giorno nelle carceri europee per incontrare i propri genitori detenuti, 75 mila ogni anno in Italia sono separati da un genitore (o da entrambi) perché detenuti, 4.500 nella sola Lombardia, secondo un rapporto Caritas, 2.500 secondo il Ministero di Giustizia".

Se il Disegno di legge n. 1814 (Proposta Bernardini) venisse approvato, finalmente si darebbe la possibilità sia alle madri che oggi sono in carcere con i propri bambini piccoli, sia a quelle che se lo sono viste portare via di vivere accanto ai propri figli in apposite "Case Famiglie Protette" almeno fino ai 10 anni di età. Nonostante il Disegno di legge n.1814 goda del consenso trasversale di tutte le forze politiche, è fermo dal 2008 in Commissione Giustizia della Camera, nel silenzio e nell’indifferenza generale. Terre des Hommes e Bambinisenzasbarre chiedono che riprenda al più presto l’iter di approvazione della legge.

È urgente sollecitare la necessità di una rapida approvazione della proposta di legge 1814, promossa da un gruppo di parlamentari bipartisan, per modificare il codice penale e il codice di procedura penale, con l’obiettivo di favorire i rapporti tra detenute madri e figli minori e per l’istituzione di case-famiglia protette. E al progetto delle case famiglia protette, sul modello dell’Icam (istituto di custodia attenuata per le detenute madri) di Milano, sta lavorando il Gruppo di lavoro nazionale per la liberazione dei bambini dalle carceri, voluto dal Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per valutare la costruzione di altre 5 comunità protette su scala nazionale. "Stiamo definendo i protocolli d’intesa con i provveditorati regionali e le amministrazioni locali - dice Francesca Corso, tra gli ideatori dell’Icam di Milano -, convinta che queste tali strutture devono vedere un protagonismo di gestione sinergico anche con la magistratura e il terzo settore, altrimenti si riducono a un piccolo carcere per cui non cambia molto dove essere".

Giustizia: così il riscatto dei detenuti comincia nel laboratorio

di Anna Cirillo

 

La Repubblica, 13 marzo 2010

 

I dolci della Banda Biscotti, il design di Terra & Fuoco, i cosmetici di Rio Terà dei Pensieri sono solo alcuni dei prodotti presentati alla tre giorni di Fà la cosa giusta nella sezione "Sprigioniamoci" (da oggi a domenica a Fieramilanocity). Stand interamente dedicati ai laboratori di creatività nati negli ultimi anni nelle carceri di tutto il paese non solo per tenere occupati i detenuti, ma anche per insegnar loro un nuovo mestiere. Da cui traggono anche qualche profitto.

Anche in carcere ci può essere una seconda chance da coltivare dietro le sbarre per utilizzarla in un futuro di libertà. Da Milano a Lecce, da Venezia a Torino sono molte le cooperative sociali che offrono prodotti e servizi di eccellenza, realizzati in prigione dai detenuti che così impiegano il proprio tempo, ricevono un compenso economico come soci e imparano un lavoro che potrà essere loro utile a fine pena. Un ventaglio di realtà diverse che ora si presenta nella tre giorni di "Fà la cosa giusta!" con la bella sigla "Sprigioniamoci".

La Banda Biscotti, per esempio, è il marchio legato alla produzione di dolci all’ interno del laboratorio di cucina del carcere di Verbania, mentre nella casa di reclusione di Fossano si produce la linea di prodotti di design per interni Ferro & Fuoco. Rio Terà dei Pensieri, dalla calle che costeggia il carcere maschile di Santa Maria Maggiore a Venezia, si chiama, invece, la linea di prodotti cosmetici di qualità con erbe officinali, messa in piedi dalla cooperativa sociale di detenuti e detenute del penale femminile alla Giudecca, venduta anche ad alberghi a 4 stelle come il Bauer. Una cooperativa attiva dal 1994, che ha iniziato con un laboratorio di pelletteria, poi di sartoria, ora anche di serigrafia.

"La cosmesi nasce dalla competenza di un ex dirigente della Mira Lanza in pensione - spiega il presidente della cooperativa, Gianpietro D’Errico - che ha creato il primo laboratorio. Produciamo una quindicina di specialità diverse, circa 200 mila euro di fatturato, e vorremo allargarci. E poi abbiamo il nostro Orto delle Meraviglie, in cui le detenute coltivano ortaggi bio e li vendono all’ esterno del carcere ogni giovedì, rifornendo anche i Gas di quartiere". L’ultima attività, che coinvolge sette detenuti, è il laboratorio di taglio del vetro per il mosaico. Si producono tessere artigianali per un grosso gruppo del settore, che voleva decentrare questo tipo di attività, portandola fuori dall’ Italia, ma poi ha stipulato un contratto con la cooperativa.

Le detenute nelle carceri di massima sicurezza di Trani e Lecce, invece, sono state coinvolte in Made in Carcere, grazie ad una idea nata due anni fa da Luciana Delle Donne, 48 anni, ex dirigente di banca. In tre laboratori 15 persone, inquadrate con orario di lavoro, stipendio e periodi di ferie, realizzano borse, buste, oggetti con scarti di tessuti e pelle. "È un modo per stimolare anche la loro creatività - dice la fondatrice - che, in un luogo restrittivo come questo carcere, qui finiscono i 41 bis, viaggia a mille. Ricicliamo i materiali di scarto per offrire un’ altra occasione alle detenute e una doppia vita a tessuti e oggetti".

Anche Altracittà, cooperativa sociale nata da 10 donne a Padova, si occupa di inserimento di detenuti ed ex detenuti, proponendo formazione in laboratori di legatoria e cartotecnica. E poi c’ è Milano, con due realtà molto attive e conosciute. La cooperativa Alice, dal 1992 nella sezione femminile di San Vittore crea abiti per le opere della Scala e del Regio di Parma, la tv, il cinema, gli show room, formando sarte fatte e finite - un centinaio di donne sono passate di qui - e sforna un migliaio di articoli al mese tra abiti, borse, gadget. Alice si avvia anche ad aprire un negozio esterno, Sartoria San Vittore, dove metterà in vendita la propria linea.

E il carcere di Bollate, dove, tra le molte attività, spicca la cooperativa di giardinaggio Cascina Bollate: sette detenuti producono 90 mila piante l’ anno, tra cui rose antiche e rarità stagionali. "L’intenzione è farne dei veri giardinieri professionisti - dice Susanna Magistretti, ideatrice della cooperativa - che sappiamo la differenza tra le piante e conoscano le complicazioni e le complessità dei giardini".

Giustizia: Casa Zacchera, l'alternativa per gli internati all’Opg

di Jenner Meletti

 

La Repubblica, 13 marzo 2010

 

Castrocaro, da manicomio criminale a comunità aperta. L’annuncio dopo 2 anni di "prova". L’applauso della Lega. Francesco Billi: "Siamo orgogliosi di questa comunità". "Non ne abbiamo parlato per paura. Pensavamo che chi abita qui non avrebbe capito". "I risultati? Abbiamo avuto 27 ospiti, sedici sono qui oggi. Mai nessuna fuga".

Mario dice che verso sera, nel prato di fronte alla casa gialla, si vedono i caprioli. "All’alba arrivano anche i cinghiali". Stefano racconta che gli faceva impressione, le prime volte, aprire la porta della camera da letto, andare nella sala per la colazione, uscire in cortile. "Non c’ero più abituato". Una volta la vita era tutta dentro una cella di un carcere che era anche manicomio e di un manicomio che era pure carcere. "Manicomio criminale", c’era scritto sul portone. Poi fu corretto in "Ospedale psichiatrico giudiziario". Mario e Stefano sono due dei sedici ospiti di una casa gialla sulle colline di Castrocaro che fino ad oggi è stata tenuta segreta. "Non ne abbiamo mai parlato - dice Gianluca Borghi, che quindici anni fa era assessore ed ebbe l’idea di costruire questa casa - perché avevamo paura. Abbiamo fatto una cosa importante: per la prima volta in Italia siamo riusciti ad aprire una breccia nel manicomio giudiziario. Abbiamo liberato persone con addosso un marchio pesantissimo: matto, galeotto, assassino? Pensavamo che chi abita qui attorno si spaventasse e che la sua paura ci costringesse a riportare i malati in una cella. Per fortuna ci siamo sbagliati".

Casa Zacchera, si chiama la casa gialla, dal nome di un antico podere. La neve ha gelato le mimose già fiorite. Oggi, nella sala delle colazioni, c’è una riunione importante. Dirigenti delle Asl e della coop Sadurano (gestisce l’assistenza a questi "internati in licenza di esperimento"), assieme all’assessore regionale Giovanni Bissoni annunciano a chi vive su queste colline che quelle persone viste in paese o nei sentieri dei boschi sono uomini la cui vita era stata cancellata e che ora hanno avuto un’altra occasione. "Parliamo oggi - dice l’assessore - perché possiamo annunciare i primi risultati. La comunità è stata aperta il 16 ottobre 2007 ed ha già contato 27 ospiti. Sedici sono qui oggi. Degli altri, due sono tornati all’Opg perché, forse stroncati da troppi anni di cella, non sono riusciti ad affrontare questa nuova realtà. Gli altri sono tornati nelle loro famiglie, o in piccoli appartamenti protetti, nei loro paesi".

Si pronunciano parole che sembravano dimenticate: sogno, solidarietà, utopia? "La legge Basaglia - dice Gianluca Borghi - ha dimenticato gli ospedali psichiatrici giudiziari. Lì si continua a vivere senza diritti, come nei manicomi di un tempo. Avevamo un debito, con queste persone. Abbiamo cominciato a pagarlo". Casa Zacchera non è stata scelta a caso. Qui, in località Sadurano, sorge da più di vent’anni la comunità di un sacerdote, don Dario Ciani, che ha sempre accolto i deboli e i disperati: tossicodipendenti, alcolisti, ex ospiti dei manicomi?

Dalla prima comunità sono nate le cooperative, vere e proprie imprese sociali. "Noi gestiamo casa Zacchera - raccontano il presidente Stefano Rambelli e l’organizzatore Matteo Montanari - ma non vogliamo vivere sulle disgrazie delle persone. Il nostro obiettivo è quello di fare tornare questi ospiti a casa loro. Con un costo che è la metà di quello di un ospedale giudiziario, per 16 persone mettiamo a disposizione venti operatori. Ogni settimana garantiamo 50 ore di aiuto psicologico, 84 ore di infermeria, 25 di psichiatria? Non ci sono reti, cancelli e sbarre, qui da noi, e ospitiamo anche chi ha commesso omicidi. La nostra custodia è capacità relazionale, è assistenza sanitaria. In questi due anni e mezzo non c’è stata nessuna fuga, non c’è stato nessun incidente".

Qualcuno sapeva, di questa casa gialla. "Abbiamo avvertito - dicono Gianluca Borghi e Giovanni Bissoni - il sindaco di Castrocaro, la giunta comunale e il comandante dei carabinieri. Ma nemmeno il consiglio comunale era informato. Proprio quando la casa stava per aprire, ci sono state le elezioni comunali e la maggioranza è passata dal centro sinistra al centro destra. E qui c’è stata la sorpresa: anche la nuova amministrazione si è comportata in modo splendido".

Davvero strana, la terra di Romagna. Parli con l’assessore al welfare e cultura, Francesco Billi della Lega Nord, e anche a nome del sindaco Francesca Metri, vicina a Bossi, lui dichiara subito che "alla casa Zacchera hanno fatto la cosa giusta". "Sapevamo bene che lì c’erano gli ex ospiti Opg e abbiamo capito che almeno per un certo tempo c’era bisogno di riservatezza. Il nostro parere? Noi siamo orgogliosi di avere qui una comunità come quella. Sadurano la conosciamo da sempre. Don Dario Ciani, il fondatore, è una grande persona che è riuscita a circondarsi di persone brave e capaci".

In altri luoghi, sulla paura e sulla voglia di sicurezza sono state montate campagne e fortune elettorali. "Noi stiamo con Sadurano - dice l’assessore - perché non è un’enclave ma un luogo aperto a tutti. I ragazzi, gli uomini e le donne che sono lì sono persone che cercano di uscire da un passato pesante. Certo, oggi tutti sapranno che ci sono anche gli ex internati in manicomio giudiziario, ma non credo che ci saranno problemi.

Tutti noi, attorno a Sadurano, abbiamo steso non un assurdo cordone sanitario ma un cordone di solidarietà. Quando arrivano turisti, noi li mandiamo a Sadurano. Hanno un ristorante biologico con i prodotti del territorio, organizzano concerti e spettacoli di comici? È giusto che tanti vengano a contatto con questa comunità di gente liberata". Dopo la colazione, tanti vanno al lavoro. Ci sono il caseificio, il ristorante, i campi da calcetto... C’è chi va a lavorare fuori, in officina e dall’elettrauto. C’è chi, appena arrivato, come un bimbo deve imparare a camminare in spazi liberi, non una cella tre per tre con letti a castello. Un chilometro e mezzo per andare al ristorante, assieme agli ospiti delle altre comunità e ai turisti. Mario e Stefano sono contenti. "Guardi là nella valle. Si vede il mare".

Giustizia: Cassazione; cappellani carceri, "segreto" fuori luogo

 

Adnkronos, 13 marzo 2010

 

La Cassazione bacchetta i cappellani del carcere e sottolinea che, davanti a condanne pesanti, è del tutto "fuori luogo" il silenzio dei sacerdoti su confidenze importanti. La Quinta sezione penale lo ha rilevato occupandosi del caso di un uomo, condannato dalla Corte d’assise d’appello di Palermo all’ergastolo -pena confermata dalla Cassazione nel 2000 - con l’accusa di essere stato mandante dell’omicidio di una coppia (in primo grado era stato assolto per non avere commesso il fatto), che chiedeva la revisione della sua posizione alla luce delle dichiarazioni rese, soltanto a distanza di nove anni dai fatti, dal cappellano del carcere dove era detenuto. Dichiarazioni che avrebbero, a suo dire, dimostrato la completa estraneità ai fatti.

 

Caniato: cappellani tacciano il più possibile

 

Monsignor Giorgio Caniato, ispettore generale dei cappellani italiani del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile, non condivide il giudizio della Cassazione che ha bacchettato il lungo silenzio tenuto da un cappellano in Sicilia a proposito di colloqui importanti avuti in carceri con i detenuti. "La strumentalizzazione in carcere è facilissima - afferma all’Adnkronos -. Per cui è ovvio che i detenuti, sapendo che una guida spirituale parlerà facilmente, lo utilizzano per veicolare notizie su detenuti che magari sono false".

L’ispettore generale dei cappellani parla della sua lunga esperienza negli istituti di pena. "Io non ho mai aperto bocca quando i detenuti mi facevano confidenze. Sulle Brigate Rosse, poi, mai e poi mai anche se non è che si confessassero granché". Senza dover violare alcun segreto, anche se non è stato ricevuto in confessione, monsignor Caniato ritiene che ci sia un modo per mettere per così dire la pulce nell’orecchio dell’autorità giudiziaria. "Mi è capitato una volta ad un processo davanti alla Corte d’assise - ricorda il capo dei cappellani -. Non intervenni come teste ma parlai in privato con il magistrato e, facendo appello alla mia coscienza, gli misi la pulce nell’orecchio su una determinata situazione. Senza violare confidenze o tantomeno segreti confessionali".

Perché, insiste monsignor Caniato, "i detenuti possono sempre utilizzare i cappellani se hanno sentore della loro mancata riservatezza. Meglio avere la fiducia dei detenuti che essere da loro strumentalizzati".

Il cappellano, secondo quanto aveva riferito, aveva mantenuto il silenzio "per non mettere in crisi la affidabilità di cui godeva presso i detenuti". Ma il "riserbo -argomentano i supremi giudici- se può essere comprensibile perché è necessario un clima di fiducia tra i detenuti e la guida spirituale", non lo è più "a fronte di una condanna pesante all’ergastolo di una persona ritenuta, dal prelato, innocente e del tutto estranea agli efferati crimini". Ecco perché in casi del genere, dice la Cassazione, "il mantenimento del riserbo non apre del tutto logico essendo i due valori, quello del mantenimento di un clima di fiducia nei rapporti con i detenuti e la pesante condanna di un innocente, non comparabili".

E anche se un altro sacerdote era a conoscenza del "travaglio" del cappellano e anche se dopo il 2003 la guida spirituale si decise ad incontrare il vescovo di Trapani e l’allora procuratore della città, "tali circostanze non spiegano affatto il silenzio così a lungo serbato". Il ricorso dell’imputato è stato in ogni caso bocciato anche in Cassazione poiché la "Corte di merito ha ampiamente esaminato le deposizioni dei singoli detenuti e ha messo in evidenza i motivi che le rendevano attendibili". Ma il silenzio del sacerdote va censurato.

La Procura della Repubblica ha conferito stamattina due incarichi di consulenza tecnica per il decesso di Angelo Russo, avvenuto nella Casa Circondariale di Poggioreale. Una consulenza dovrà accertare la presenza di eventuali segni di violenza fisica, l’altra avrà ad oggetto indagini chimico-tossicologiche. La famiglia del Russo, difesa dall’Avv. Raffaele Affuso, ha nominato consulenti tecnici di parte il Prof. Luigi Palmieri ed il Dott. Domenico Visone, indicati da "Il Carcere Possibile Onlus".

La nostra associazione, che da anni denuncia la violazione dei diritti dei detenuti e le gravissime condizioni igienico-sanitarie in cui gli stessi sono costretti a vivere, sull’episodio della morte del giovanissimo detenuto vuole richiamare l’attenzione sulla circostanza che questi era in regime di custodia cautelare in carcere, perché accusato di aver commesso un delitto mentre era ricoverato presso l’Istituto d’ Igiene Mentale di Pozzuoli. Da quanto si è appreso era, tra l’altro, affetto da schizofrenia. Come è possibile ritenere la misura del "carcere" idonea per un soggetto affetto da malattie mentali ? Quando, poi, il carcere di detenzione è Poggioreale, con un sovraffollamento record ( circa 2700 detenuti su una capienza tollerabile di 1300 e con un padiglione chiuso) e con notorie carenze strutturali, la domanda diventa ancora più angosciante.

"Il Carcere Possibile Onlus", nel maggio del 2009, ha depositato alla Procura della Repubblica di Napoli un esposto per denunciare le condizioni igienico-sanitarie degli Istituti di Pena napoletani, compreso Poggioreale. L’indagine è in corso, mentre la situazione continua ad aggravarsi.

Palermo: progetto della Caritas punta sulle misure alternative

 

Redattore Sociale, 13 marzo 2010

 

Presentato il progetto "Oltre le sbarre", finanziato tramite l’8x1000, che vedrà impegnati i volontari in percorsi di mediazione penale e incontro tra autore e vittima, orientamento al lavoro, sostegno alle famiglie.

Sulle misure alternative alla detenzione la Caritas ha presentato oggi il progetto "Oltre le sbarre", presso il Centro Agape della Caritas diocesana di piazza Santa Chiara di Palermo, nel corso del seminario di studio sul tema: "Oltre le sbarre. Ero carcerato e mi avete visitato". Il progetto, che avrà la durata di un anno, si svilupperà attraverso l’accesso alle misure alternative alla detenzione; i percorsi di mediazione penale e di incontro tra autore e vittima, percorsi di giustizia riparativa, percorsi di orientamento al lavoro, sostegno all’individuo e alle famiglie, non solo in termini materiali, ma attraverso percorsi di accompagnamento all’esperienza detentiva, nell’ottica di offrire esempi alternativi di legalità, responsabilità e aiuto. Altro obiettivo del programma è il superamento dell’attuale distanza tra il territorio (diocesi e parrocchie) e il carcere, nonché il potenziamento del volontariato penitenziario.

Le strutture presso le quali si svolgerà il progetto sono, il centro Agape, la sede operativa della mensa diocesana, la Locanda del Samaritano, gli istituti penitenziari di Ucciardone, Pagliarelli e Centro per la giustizia minorile Malaspina e alcune parrocchie. Il progetto allo scopo anche di coinvolgere realtà plurime che operano nell’ambito diocesano. L’iniziativa è finanziato dalla Caritas tramite l’8x1000 e prevede anche dei contributi al reddito delle famiglie del detenuto per i generi di prima necessità. Gli operatori sono uno psicologo, un tutor, un mediatore culturale, una decina di volontari della Caritas e altri volontari (una ventina) che operano in alcune parrocchie.

"La Caritas ha cercato in questi anni di porre la sua attenzione alla situazione carceraria, cercando di ascoltare i bisogni non solo del detenuto ma di tutta la sua famiglia - spiega il direttore della Caritas diocesana mons. Benedetto Genualdi -.

Quello che spesso emerge è lo stato di profonda solitudine di queste persone che è anche determinato dal forte distacco che esiste tra la società civile e il mondo penitenziario. Il progetto mira a favorire percorsi di ricomposizione della frattura sociale tra l’autore di un reato, sia esso adulto o minore, italiano o di altro Paese, e il contesto sociale più ampio in cui esso è stato commesso".

"La casa circondariale Pagliarelli è una grossa realtà pienamente inserita in tutte le problematiche che interessano il mondo penitenziario - afferma il direttore Francesca Vazzana -. Purtroppo oggi il carcere viene considerato la discarica sociale dove vengono relegate persone con problematiche che dovrebbero avere soluzioni diverse dalla reclusione. Al Pagliarelli abbiamo 1282 detenuti tra questi molti stranieri e molte persone affette da patologie di tipo sanitario. Si tratta in gran parte di detenuti sottoposti a misure di media sicurezza che avrebbero bisogno di altro. Un plauso particolare va al volontariato perché ci rendiamo conto quanto sia forte l’esigenza del detenuto di avere accanto oltre il personale penitenziario delle figure che possano aiutarlo in forma diversa".

"Il sovraffollamento è la principale problematica con cui fare i conti - sostiene Lino Buscemi dell’ufficio Garante dei Diritti dei Detenuti -. Rendiamoci conto che nelle carceri transitano per l’80% persone che, per quello che hanno commesso, dovrebbero essere sottoposte a misure alternative alla detenzione.

Ricordiamoci che di ogni mille detenuti sottoposti ad un processo di recupero sociale solo il 5% torna a delinquere". "Questo progetto consolida l’attività che finora abbiamo portato avanti da 4 anni a favore di detenuti adulti e minori reclusi o segnalati all’Ussm - sottolinea Anna Cullotta, psicologa e responsabile del progetto -. I risultati sono stati nella gran parte dei casi positivi. Quest’anno abbiamo seguito 15 ragazzi fra questi anche due ragazze che si sono impegnate come volontarie presso la mensa diocesana di San Carlo e il centro per bambini immigrati "Il Giardino di Madre Teresa". Molto importante è anche il confronto che siamo riusciti a favorire tra i minori e le vittime del reato attraverso la stesura di alcune lettere.

Tra le belle esperienze che abbiamo avuto c’è stata recentemente la possibilità che abbiamo dato a un detenuto, dopo 15 anni di detenzione, di potere sfruttare il suo permesso premio, venendo ospitato insieme alla sua famiglia all’interno della "Locanda del Samaritano".

Al seminario coordinato da Rosalba Salierno, direttrice U.S.S.M. di Palermo sono intervenuti inoltre Marina Altavilla, direttore Ufficio Esecuzione Penale Esterno Palermo, Rosalba Romano assistente sociale del Centro per la giustizia Minorile per la Sicilia, Raffaele Sarno, direttore Caritas Diocesana di Trani, Enrico Schirru, ispettore dei Cappellani di Sicilia e Rosario Leone, direttore Ufficio Scolastico Provinciale Palermo, On.le Giuseppe Lupo.

Sanremo: Sappe; 200 posti 300 detenuti, situazione allarmante

 

www.riviera24.it, 13 marzo 2010

 

Il Sappe ha anche chiesto di recente, al Ministro della Giustizia Angelino Alfano, di adottare quanto prima provvedimenti finalizzati, da un lato, a incrementare concretamente gli organici di tutti i reparti di Polizia Penitenziaria della Liguria.

Anche la Liguria è tra le 12 regioni fuori legge in fatto di esagerato sovraffollamento dei detenuti, crediamo come Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria, prima struttura della categoria del corpo che, dire di trovarci seduti su una bomba ad orologeria è veramente riduttivo e di poco conto! Dopo il penitenziario di Imperia e il suo annoso sovraffollamento che non lascia respiro ai poliziotti di quella sede, è la volta di quello sanremese il quale ha nuovamente toccato il proprio record in fatto di sovraffollamento.

Sono al momento 360 i detenuti presenti nella struttura a fronte dei 209 posti idonei per la funzionalità e l’efficacia che dovrebbe sostenere lo sviluppo del tanto decantato "trattamento", riservato ai detenuti nella loro fase di espiazione della pena onde poi permettere a questi una rieducazione tale per meglio reinserirsi nella società.

Tutto questo appare pura utopia, stamani addirittura ci è stato riferito che c’erano problemi per reperire ulteriori brande per accogliere i soggetti nuovi giunti , la soglia numerica è da qualche mese risalita senza mai più scendere ad una quota accettabile, oltre a questo si aggiunge una scarsità di fondi economici che non permettono di fare della adeguata manutenzione

alla struttura , infatti appaiono diverse le celle con rubinetti rotti, water vecchi e perdite d’ acqua annesse, pareti murali in attesa di sistemazioni a causa di infiltrazioni d’acqua, scarsità di detersivi e igienizzanti per il mantenimento costante che, per ovvie ragioni, ambienti del genere richiedono costantemente.

I Poliziotti Penitenziari che rappresentiamo non fanno altro che sopperire a questa grave lacuna dell’amministrazione penitenziaria con un importante dispendio di energie, barcamenandosi in servizi dal triplice mansionamento e purtroppo hanno forze psico-fisiche al limite.

Crediamo che anche gli istituti del ponente ligure meritano una attenzione maggiore da parte sia delle loro direzioni che del provveditorato regionale dei sette penitenziari della regione al quale chiediamo di leggere diligentemente questo nostro comunicato. All’interno dell’istituto sanremese si palpa un’aria veramente pesante per tutti, qui va anche detto che la collaborazione e l’intelligenza umana dei detenuti presenti è veramente encomiabile per come sanno sopportare e gestire la cosa.

Tornando alla polizia penitenziaria del comando di Sanremo, va fatto veramente un grosso complimento per quanto sta facendo e ancora dovrà fare, ma è anche vero che la neve non scende sempre a Natale. Dovranno essere prese immediatamente delle serie precauzioni per decongestionare questo istituto che fino ad ora ha posto la Polizia Penitenziaria in una attività lavorativa di estenuante assorbimento.

Oggi gli istituti penitenziari della penisola ospitano qualcosa come 66.000 detenuti, contro una tolleranza regolamentare di 43.327, di cui 25.000 circa risultano essere tutti stranieri e tantissimi di questi clandestini sul territorio nazionale, allo stato attuale le regioni maggiormente a rischio sono: Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Valle d`Aosta e Veneto.

Alcune statistiche attendibili, delineano il circuito penitenziario italiano da vero terzo mondo, il rischio sia per i detenuti che per il personale operante di p.p. è verosimilmente alto in tutti i sensi, lavorare in carcere in queste condizioni di assoluto caos non permetterà mai a questa sigla di sottacere sull’argomento...., Del resto non si capisce come mai ci sia stata nuovamente da parte della direzione questa gravissima forma di disattenzione a non premunirsi prima , molto prima, del raggiungimento di questo spaventoso numero di 360 detenuti cioè quasi il doppio della portata consentita con un allarme soprattutto sociale che va a riverberarsi senza volere sulla famosissima città del Festival e del Casinò!

Siamo seriamente preoccupati, quando si arriva a tanto esistono anche delle responsabilità al quanto palesi, in Liguria mancano all’appello circa 400 agenti in virtù delle reali piante organiche, si lavora e si cerca di fare il possibile per scongiurare eventi negativi , che solamente grazie alla profonda professionalità delle donne e degli uomini del corpo si riesce ad ottenere, ma tutto ciò attraverso grossi sacrifici che quotidianamente vengono fatti ; e spesso il benservito dell’amministrazione ligure è quello di colpire il personale è non quello di premiarlo oppure gratificarlo e stargli vicino.

Basta con i numeri di tollerabilità , basta con i numeri, va garantita una condizione di vivibilità per tutti sia detenuti che poliziotti all’interno delle carceri, in primis la dovuta restituzione della cosiddetta dignità all’essere umano prima sopra ogni altra cosa.

Il Sappe ha anche chiesto di recente, al Ministro della Giustizia Angelino Alfano, di adottare quanto prima provvedimenti finalizzati, da un lato, a incrementare concretamente gli organici di tutti i reparti di Polizia Penitenziaria della Liguria e, dall’altro, a ridurre il numero dei detenuti presenti in regione, a parere del Sappe troppo eccessivo e ad alto rischio per chi comanda i reparti e per chi ne fa parte.

Taranto: Sappe; Cpa per minori, molte spese, nessun detenuto

 

Comunicato stampa, 13 marzo 2010

 

Sarà a breve la magistratura contabile a cui si rivolgerà il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria maggior sindacato di categoria, a fare luce su un’altra inquietante vicenda che va avanti da anni,in un paese dove lo spreco di denaro pubblico è normalità.

E così, mentre la situazione economica è drammatica, mentre le carceri scoppiano per il sovraffollamento dei detenuti a cui si aggiunge la grave carenza di Poliziotti Penitenziari, i Capi della Giustizia Minorile di Roma continuano a tenere in piedi da anni, il Cpa di Taranto e l’Istituto per Minori di Lecce nonostante di detenuti non c’ è ne sia nemmeno l’ombra. Infatti i dati di ingresso di ragazzi minori arrestati, che per legge non debbono restare più di 48 ore all’interno del Centro di Prima Accoglienza di Taranto prima di essere smistati in altre strutture, in un solo anno superano a mala pena le dita delle mani; ciò vuol dire che in quasi tutti i mesi dell’anno tale struttura resta vuota, ma continua a rimanere presidiata da circa una decina di persone tra Polizia Penitenziaria e amministrativi (spesa oltre 250.000).

Il Sappe ritiene inaccettabile una situazione del genere considerato che nella stessa città di Taranto la situazione della Casa Circondariale è drammatica a causa del preoccupante sovraffollamento che ha raggiunto quasi 600 detenuti a fronte di 250 posti disponibili, mentre mancano all’appello almeno 50 poliziotti penitenziari. Abbiamo notizia che presto la popolazione detenuta potrebbe sfiorare persino quota 700 (cifra mai raggiunta). Ulteriore paradosso è che il centro di prima accoglienza di Taranto, per "carenza di personale " chiude il venerdì per riaprire il lunedì.

Questa O.S. si chiede come mai in un momento così delicato per la finanza pubblica e per la carenza di Poliziotti Penitenziari si possano tollerare tali sprechi senza minimamente pensare di chiudere tale struttura destinando il personale di Polizia Penitenziaria ed eventualmente quello amministrativo a dar man forte alla casa circondariale di Taranto che si trova in una situazione disperata?

Il Sappe ritiene che tale proposta sia sensata poiché in occasione di sporadici arresti di giovani, (che ribadiamo non possono sostare nella struttura per non più di 48 ore) sarebbe la Casa Circondariale di Taranto che si accollerebbe l’onere di organizzare il servizio, destinando presso la struttura i Poliziotti Penitenziari per il tempo strettamente necessario, per poi far rientro presso il penitenziario Jonico così carente di personale. Perché il Ministro della Giustizia consente che il Dipartimento della Giustizia Minorile continui a sperperare milioni di euro, considerato che oltre a Taranto anche l’Istituto per Minori di Lecce nonostante sia chiuso da anni, continua a tenere in organico decine di Poliziotti Penitenziari che fanno i custodi ad una struttura che non ospita detenuti, se non qualche ragazzo al centro di prima accoglienza, mentre anche al Carcere di Lecce la situazione è esplosiva e richiederebbe l’invio di Poliziotti Penitenziari?

Il Sappe si chiede cosa ci sia sotto, considerato che neanche la famosa trasmissione "Striscia la Notizia" insieme ai mass-media nazionali, sono riusciti a penetrare questo muro di gomma che consente impunemente di sotto impiegare Operatori Penitenziari (non certo per colpa loro) mentre le carceri scoppiano anche a causa della carenza di Poliziotti? Il Sappe ritiene che non sia più accettabile che ci siano Poliziotti Penitenziari sotto utilizzati a cui si pagano anche ore di lavoro straordinario, premi di produzione, buoni pasto,mentre nell’inferno delle carceri altri Poliziotti rischiano la vita giornalmente, vengono aggrediti dai detenuti, sopportano carichi di lavoro massacranti, spesso sono costretti a rinunciare a ferie o riposi, ed a cui a volte,non vengono pagate nemmeno le prestazioni di lavoro straordinario o i servizi di missione.

Il Sappe chiede che i Responsabili della Giustizia Minorile Romana spieghino perché si stiano sprecando tanti milioni di euro di denaro pubblico, senza che poi nessuno ne renda conto, anzi forse qualcuno ha fatto anche carriera, con buona pace delle tante promesse del Ministro Brunetta, il moralizzatore dei poveri(dipendenti)e non dei ricchi (dirigenti).

 

Il Segretario Nazionale Sappe

Federico Pilagatti

Pordenone: Serracchiani (Pd) ed il Sindaco, in visita al carcere

 

Agi, 13 marzo 2010

 

Lunedì 15 marzo alle 11.30 l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani e il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzonello, assieme ai consiglieri del Pd Paolo Menis e Daniele Gerolin, visiteranno la casa circondariale di Pordenone. "Nell’istituto pordenonese l’aspetto strutturale è uno dei più critici - ha anticipato Serracchiani - ma il problema delle carceri non è solo quello di costruire nuovi edifici. Siamo convinti che una risposta efficace all’emergenza consista anche in azioni alternative alla detenzione, in una giustizia che si muove con tempi e mezzi adeguati, in una legiferazione che garantisca sicurezza senza aumentare inutilmente la massa dei detenuti".

Quella di Pordenone è una tappa del percorso di approfondimento della situazione carceraria nel Friuli Venezia Giulia, che negli scorsi mesi ha visto gli esponenti del Partito Democratico incontrare i direttori degli istituti detentivi di Udine e Tolmezzo. "È un’occasione importante - ha sottolineato Menis - per verificare personalmente le condizioni di vita all’interno di queste realtà e accertarsi che siano garantiti agli operatori tutti gli strumenti e le risorse, anche di organico, per raggiungere la finalità rieducativa della pena e favorire il reinserimento sociale dei detenuti".

Chieti: giornale di carcere sarà distribuito sui pullman di linea

 

Comunicato stampa, 13 marzo 2010

 

Voci di Dentro "prende il pullman": grazie a una sponsorizzazione dell’Arpa, l’Azienda Autolinee Regionali Pubbliche Abruzzesi, il nuovo numero della rivista edita dalla Onlus di via Porta Pescara 3, sarà distribuito nei mezzi a lunga percorrenza della società di trasporti. Lo ha annunciato il direttore della rivista e presidente della Onlus Francesco Lo Piccolo nella conferenza stampa di ieri, presenti tra gli altri la Direttrice della Casa circondariale di Chieti Giuseppina Ruggero e il comandante Valentino Di Bartolomeo.

"Quella dell’Arpa - è stato spiegato - è una sponsorizzazione che si aggiunge a quella della Fondazione Carichieti e della Camera di Commercio di Chieti e che permette la pubblicazione di una rivista di 32 pagine, a colori e con testi scritti da detenuti diventati redattori e che per i loro articoli riceveranno anche un compenso". Un ulteriore passo nel progetto della Onlus Voci di Dentro teso al reinserimento dei detenuti nella società, grazie anche all’aiuto della Caritas (che sostiene le spese per l’affitto della sede), del Csv (grafica e impaginazione), del Comune di Chieti (una borsa lavoro e una borsa di volontariato).

Ha detto la Direttrice Ruggero: "I volontari di Voci di Dentro, considerate anche le esigue risorse economiche a nostra disposizione, svolgono la quasi totalità delle attività trattamentali dentro il carcere. Ma si occupano anche del "fuori" seguendo e assistendo anche ex detenuti che diversamente sarebbero abbandonati a se stessi ricadendo facilmente nella recidiva. Di fatto un’attività che ha dato prospettive per tutta la popolazione carceraria".

Nel corso della conferenza stampa illustrati anche alcuni articoli del nuovo numero (il resoconto del convegno in carcere con il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Abruzzo Stefano Pallotta e il faccia a faccia tra i candidati sindaci Ricci e Di Primio anche questo all’interno dell’Istituito di via Madonna del Freddo) e le altre iniziative dell’associazione: due corsi di giornalismo (per informazioni telefonare al n. 334.1797693) che saranno tenuti da Francesco Lo Piccolo, responsabile del Messaggero Chieti, e da Luciano Di Tizio, responsabile de Il Tempo di Chieti; quello di cinese (per informazioni telefonare al numero 392.8268759); e di musica via web, che sarà tenuto da Mario Cannone.

Infine, è stata anticipato che l’Associazione sta promuovendo la nascita di una cooperativa sociale informatica - tipografica per digitalizzare documenti e fascicoli e stampare volantini, manifesti e bollettini vari. Una cooperativa che prevede l’inserimento come soci lavoratori di detenuti, ex-detenuti, persone svantaggiate, disoccupati.

Televisione: domani "TeleCamere" (Raitre) parla delle carceri

 

Ansa, 13 marzo 2010

 

Sarà il direttore del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria Franco Ionta l’ospite della puntata di "TeleCamere" in onda domani alle 12.25 su Raitre. La vita nelle carceri e i grandi problemi da affrontare per migliorare il sistema dove vivono 66 mila reclusi e operano 40 mila agenti della polizia penitenziaria. Al centro anche della puntata serale, in onda alle 23.45, alla quale parteciperanno anche la direttrice della rivista Ristretti Orizzonti, Ornella Favero, ed il regista Fabio Cavalli, che cura la realizzazione delle opere teatrali, con i detenuti di Rebibbia.

Libri: la "Malagente" raccontata dal magistrato, un’altra storia

 

Varese News, 13 marzo 2010

 

Otello Lupacchini ha indagato sul caso Calvi, D’Antona, sulla strage di Bologna e sulla Banda della Magliana. Sarà intervistato da Gianni Spartà al teatro Santuccio nell’ambito della rassegna "Sabatogiallo" in occasione dell’uscita del suo nuovo libro.

Se una storia te la racconta uno come Otello Lupacchini, forse è il caso di ascoltarlo. Uno che è da oltre 30 anni in magistratura e che si è occupato di casi come: l’omicidio del pm Mario Amato, del banchiere Roberto Calvi, del generale americano Lemmon Hunt, del professor Massimo D’Antona, nonché della strage di Bologna e della Banda della Magliana, qualcosa di interessante da dire ce l’ha. Come altri magistrati prima di lui, Lupacchini ha scelto il romanzo per raccontare un pezzo di questa Italia. Una scelta di impegno civile, ancor prima che letteraria. "Malagente" (Cairo Editore) sarà presentato all’interno della rassegna "Sabatogiallo", organizzata dall’associazione culturale "Il Vellone" , sabato 13 marzo alle 18 al Teatrino Gianni Santuccio (Via Sacco a Varese). L’incontro sarà condotto da un altro uomo di lunga esperienza nella cronaca giudiziaria, il giornalista della "Prealpina" Gianni Spartà.

"Malagente" è ambientato nel ricco nord Italia, dove si sta celebrando il maxiprocesso alla banda di Edmondo Durante, criminale plurievaso che negli anni Ottanta, tra rapine e società off-shore, ha costruito un impero economico. Intanto, nella Capitale si assiste al tumultuoso trapasso dalla Prima alla Seconda Repubblica, tra le incontenibili esternazioni del capo dello Stato Alberico Gentili, le spericolate transumanze degli uomini compromessi con il vecchio regime e i processi delle "toghe rosse", accusate di voler spazzare via un’intera classe politica.

Sullo sfondo una società civile disillusa, frastornata e inerme che concorre più o meno consapevolmente allo scardinamento dei valori, in un mondo nel quale il Male crea profitti e il Bene non ne produce alcuno.

Ma è tra la morte di Arcangelo Moscato, per decenni Direttore della Struttura, un vero e proprio corpo separato dello Stato, e la fuga di "Lucifero" Durante insieme ad altri cinque detenuti da un supercarcere, che nelle stanze più segrete del potere si gioca una partita dagli esiti imprevedibili. Una partita che coinvolge servizi e procure, agenti segreti e pentiti gestiti senza scrupoli, organismi antimafia e funzionari corrotti. Una partita a scacchi nella quale molti pedoni verranno mangiati, lasciando sul terreno qualche morto di troppo. Perché in questa operazione spericolata, e giocata senza freno, la posta è altissima: chi arriverà per primo al boss latitante, a cui qualcuno molto in alto ha permesso la fuga in cambio della sua collaborazione? Chi raccoglierà, insieme alle confidenze, gli onori del suo falso arresto?

Libri: in "Strabismi" racconti del carcere e del senso delle cose

di Ermanno Gallo

 

Il Manifesto, 13 marzo 2010

 

"Strabismi", di Annino Mele, Edizioni Sensibili alle foglie, 14 euro.

Annino Mele è stato arrestato nel 1987, il suo destino penale è racchiuso nel codice informatico: 99/99/9999. In altri termini: "fine pena mai", argomento su cui Mele ha scritto diversi libri, che accendono luci radenti sul mondo degli ergastolani. Attualmente in Italia (nonostante le numerose denunce delle associazioni abolizioniste) sono 1450 le "camicie di pietra", disperse nel tempo senza tempo di decine di prigioni, in cui viene perpetuata la "ghigliottina secca", abolita de facto da altri stati europei. Mele associa la libertà assoluta a onirici scenari barbaricini, contrappone la dura legge consuetudinaria della sua gente, della sua cultura, all’insopportabile realtà del presente.

Scrive: "eravamo convinti che fare cadere una generazione nel consumo della droga fosse una strategia di quello stato che volevamo abbattere". Il bandito sardo ha uno sguardo etico che nel capitolo "la guardia e il libro", stigmatizza con incisività folgorante l’istituzione carceraria. Nel trasferimento repentino del detenuto (la traduzione), si evidenzia la reificazione del prigioniero - oggetto senza patria, tetto, diritti... corpo per sbarre e obbedienza al potere disumano..

"Hai una mezz’ora di tempo"(...) "Ti buttano due zaini in cella che sembrano due preservativi" (...) "Per questo noi detenuti perdiamo per strada tante cose, oggetti dimenticati in cella o scartati".

Mele, scrittore ergastolano passe-muraille, dà voce ad altri dannati della terra espropriati di tutto. Sono migranti, nomadi, stranieri, recintati nei Cie, senza neanche uno zainetto, in attesa di essere comprati al mercato delle braccia. Non è difficile riconoscere nella diversità una parola comune: libertà.

 

 

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