Rassegna stampa 11 aprile

 

Giustizia: ergastolo è incivile, "grazia" dopo 24 anni di carcere

di Francesco Antille

 

www.noergastolo.it, 11 aprile 2008

 

La campagna elettorale volge al termine. Nessuna delle parti in causa ha fatto cenno allo scomodo argomento dell’abolizione dell’ergastolo. Strano, ma vero. Il computo delle schede prevale su quello delle vite. Eppure la Commissione Pisapia, prima della caduta del governo, aveva suggerito l’abrogazione di questa inciviltà giuridica. Anche il Brasile ci impartisce lezioni stabilendo che l’estradizione di Cesare Battisti è vincolata all’applicabilità di una pena temporanea poiché in quel Paese non esiste l’ergastolo.

Non si trovano parole bastevoli per commentare il silenzio. Tuttavia c’è ancora una soluzione che ci permettiamo di indicare. La nostra Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica la potestà esclusiva di concedere la grazia (anche d’ufficio) o di commutare le pene. Il Ministro Guardasigilli dovrebbe solo garantire la formalità dell’iter (d’intesa con il Capo dello Stato) .

Se Giorgio Napolitano volesse veramente lasciare il segno, se volesse affermare l’autonomia della Presidenza della Repubblica rispetto alle logiche dei partiti, se volesse imprimere una svolta in materia di giustizia affermandone i principi a discapito di malumori ed obiezioni, se volesse sfidare l’inciviltà con la civiltà, se volesse diventare non già il notaio di altrui decisioni ma il simbolo di un ordinamento dinamico e attento alle istanze di libertà e di garanzia, potrebbe - in attesa che le Camere si insedino e che le Commissioni tecniche e parlamentari decidano la definitiva soppressione della norma sull’ergastolo e in ottemperanza alle richieste provenienti dal mondo carcerario, dalle istituzioni internazionali, da larga parte dell’intellettualità italiana decidere d’ufficio la concessione della grazia in favore di tutti i detenuti che hanno scontato ventiquattro anni di reclusione.

Ciò comporterebbe: a) l’esercizio legittimo e costituzionale di una prerogativa presidenziale; b) l’anticipazione di un tema socio-giuridico di eccezionale rilievo; c) la proposizione della "questione giustizia" al centro del dibattito culturale e politico del Paese con una ventata di libertà e di rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo; d) l’effettuazione di un gesto umanitario, anticipatorio delle prossime e auspicabili decisioni parlamentari senza che ciò possa risolversi in una limitazione o compressione dei diritti delle Camere.

Giustizia: Osapp; tra un anno avremo carceri da Terzo Mondo

 

Dire, 11 aprile 2008

 

"Tra non molto la legge marziale sostituirà nei fatti l’attuale Ordinamento Penitenziario". A lanciare l’allarme è Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma di Polizia penitenziaria.

"A metà aprile - spiega - i detenuti sono oramai arrivati a quota 52.000, a fronte di una capienza complessiva regolamentare di 43.288. Con gli attuali ritmi di crescita, fra 12 mesi, i detenuti aumenteranno fino a 65.000 unità, oltre la quota tollerabile". E la capacità di accoglimento delle attuali strutture, aggiunge Beneduci, "anche a seguito dei lavori di rifacimento programmati nei prossimi 2 anni, non consente un’ espansione oltre il numero massimo di 46.705 posti letto: questa l’attuale realtà del pianeta carcere in Italia".

Di fronte questo "quadro funesto", continua Beneduci, diventa più che attuale l’ipotesi che per il ricevimento di nuovi detenuti debba farsi ricorso al "reperimento di strutture inutilizzate come vecchie caserme o immobili dimessi". Mentre, "per la loro custodia, viste le attuali condizioni della Polizia Penitenziaria", prosegue il segretario Osapp, si dovrà "provvedere mediante l’utilizzo di altre forze di Polizia, Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato o Guardia di Finanza, o, addirittura, come più probabile, dell’Esercito".

Saremo, conclude Beneduci, "un Paese ridotto all’osso, come un Paese del Terzo Mondo, con l’Esercito a guardia delle porte degli Istituti penitenziari e, appunto, la legge marziale in sostituzione dell’attuale Ordinamento Penitenziario".

Lettere: detenuti da varie carceri scrivono a Riccardo Arena…

 

www.radiocarcere.com, 11 aprile 2008

 

Antonio e Claudio, dal carcere di Piacenza

Caro Riccardo, ti scriviamo per informarti di quanto è successo qui nel carcere di Piacenza qualche giorno fa. Devi sapere che nel cortile dove facciamo l’ora d’aria siamo sorvegliati con delle telecamere. L’altro giorno mentre eravamo in cortile due ragazzi giovani, di circa 20 anni, giocavano con una giacca. Finché ad un certo punto questa giacca è finita sopra la telecamera. A quel punto uno dei ragazzi ha preso la giacca per la manica e si è portato giù anche la telecamera.

Ovviamente sono arrivati gli agenti. All’inizio nessuno sapeva nulla, ma dopo un ragazzo ha raccontato come sono andate le cose. Morale è scattata la denuncia e in più hanno messo quel ragazzo in isolamento per 15 giorni. Come se non bastasse però hanno punito tutti noi che stavamo all’ora d’aria, facendoci un rapporto disciplinare. Noi ora abbiamo impugnato quel rapporto disciplinare, anche perché non ci sembra giusto perdere la liberazione anticipata per qualcosa che non abbiamo fatto. È questo un fatto che ci crea non poche preoccupazioni. Anche perché in questo modo uno non solo deve stare attento a se stesso, ma deve anche sperare di non capitare in cortile quando succede qualcosa di sbagliato. Che dobbiamo fare, rimanere in cella per tutto il giorno? Ti mandiamo un caloroso saluto, sperando di scriverti ancora, magari cose positive.

 

Vincenzo, dal carcere di Cuneo

Ciao Carissimo amico Riccardo, Ti invio queste mie poche righe per farti sapere la mia vita qui nel carcere di Cuneo e quella di altri miei compagni rinchiusi in questo vecchio carcere. Devi sapere che per il regime carcerario a cui sono sottoposto, io in cella non posso tenere nulla. E tutto mi è vietato. Anche il semplice sopravitto non lo posso avere e sono costretto a mangiare il cibo dell’amministrazione penitenziaria. Cibo che come sai è pessimo e che mi crea ogni giorno dolori allo stomaco. Ti dicevo che il carcere di Cuneo è vecchio e non è a norma. Viviamo circondati dall’umidità che fa cadere a pezzi i muri delle nostre celle. La situazione qui nel carcere di Cuneo è davvero grave e qualche deputato dovrebbe venire a vedere come viviamo. Per quanto riguarda il diritto alla salute qui mancano le visite specialistiche. Non c’è dentista, otorino o oculista, ovvero quei medici che sono necessari in carcere. Io vorrei essere trasferito, anche perché la struttura di questo carcere non si adatta alle mie condizioni fisiche. Ma ad ogni mia richiesta hanno sempre risposto con un: "adesso non è possibile". Infine volevo dirti che qui anche il rapporto con gli agenti non è facile. Io per esempio, nel mese di gennaio, ho ricevuto diciamo così… un trattamento particolare da un agente… che mi ha anche denunciato. Ora ti saluto, e ti ringrazio a nome di tutti noi detenuto a Cuneo, per quello che fai per noi ogni martedì, che quando parli sembra che ci conosci da sempre! Con amicizia.

 

Fabio, dal carcere di Sassari

Cara Radio Carcere, mi chiamo Fabio e sono detenuto da 2 mesi nel vecchio carcere di Sassari. Un carcere non solo vecchio ma anche famoso, a causa dei pestaggi che ci sono stati qui nel 2000 e che per molti detenuti sono ancora una ferita aperta. Il carcere di Sassari è un struttura fatiscente e antichissima, che non vorrei sbagliare ma risale a circa 200 anni fa. Le condizioni di noi detenuti sono al limite. Ti dico solo che nella mia cella, grande 6 metri quadri, siamo in 5 detenuti. La mattina quando ci alziamo dobbiamo fare la fila per andare in bagno. Per poter fumare una sigaretta dobbiamo fare i turni, perché altrimenti la piccola cella si riempirebbe di fumo. Inoltre non possiamo stare tutti e 5 in piedi contemporaneamente. Il piccolo spazio della cella non ce lo consente. Inoltre nel carcere di Sassari regna sovrana la burocrazia. Si devono fare domandine per tutto e per qualsiasi necessità. Lo spreco di tempo è pari solo allo spreco di carta per fare le domandine. Eppure di cose da fare ce ne sarebbero tante. Non ultima quella di migliorare l’attività degli educatori o diminuire la burocrazia in carcere. Spero che ti arrivi questa mia lettera, anche perché la posta qui a Sassari è per noi detenuti un altro problema. Pensa che attendo da 10 giorni notizie dei miei familiari, di cui non so più nulla e la cosa mi sembra strana.

Veneto: la Regione stanzia 475mila euro per le attività in carcere

 

www.venetosociale.it, 11 aprile 2008

 

Definiti dalla Giunta regionale, su proposta dell’Assessore alle Politiche Sociali, i criteri e le modalità per la presentazione di progetti finalizzati alla realizzazione di iniziative socio-educative a favore di persone detenute negli Istituti Penitenziari del Veneto e di persone in Area Penale Esterna, ovvero affidate in prova ai servizi sociali, in semilibertà o detenzione domiciliare. Si tratta di un’iniziativa prevista nell’ambito di un protocollo d’intesa sottoscritto nel 2003 dalla Regione del Veneto e il Ministero di Grazia e Giustizia.

Per tali iniziative la Giunta ha stanziato per l’anno 2008 un finanziamento di 475 mila euro, di cui 350 mila euro per progetti a favore di persone detenute e 125 mila euro per quelle in area penale esterna. Potranno presentare progetti: le Cooperative sociali iscritte all’Albo regionale; le Associazioni di volontariato e di promozione sociale; gli Enti riconosciuti dalle confessioni religiose; gli enti che abbiano precise finalità sociali.

I progetti dovranno contemplare attività socio-educative rivolte a singoli o gruppi ed essere propedeutiche all’inserimento sociale e lavorativo. Gli obiettivi e le azioni dovranno essere validate dalle Direzioni degli Istituti di Pena, degli Uffici Esecuzione Penale Esterna e dell’Ufficio di Servizio Sociale Minorenni competenti, con i quali dovrà anche essere concertata la realizzazione delle attività . I progetti, con l’allegato parere delle Direzioni, dovranno essere trasmessi entro 60 giorni dalla pubblicazione del presente provvedimento nel Bollettino Ufficiale della Regione, dovranno essere trasmessi al Presidente della Giunta regionale del Veneto, Direzione per i Servizi Sociali - Servizio Prevenzione delle Devianze - Ufficio Carcere e Marginalità Sociale, Rio Nuovo - Dorsoduro 3493 - 30123 Venezia. Si tratta - precisa l’Assessore - di un impegno costante, che la Regione del Veneto persegue da anni con estrema attenzione all’obiettivo centrale, che è il recupero della persona detenuta, il suo inserimento sociale e lavorativo.

Negli ultimi otto anni - ricorda poi l’Assessore - la Giunta regionale, per la realizzazione di iniziative educative, culturali, sportive e ricreative a favore delle persone detenute, ha stanziati oltre 3 milioni di euro, la maggior parte dei quali rappresentati da fondi propri, coinvolgendo la totalità degli istituti penitenziari del Veneto.

Sicilia: dentisti volontari per prevenire le malattie tra i detenuti

 

Agi, 11 aprile 2008

 

Un progetto pilota per la prevenzione e la promozione della salute orale nelle carceri siciliani partirà a giugno grazie a un accordo tra il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e la Fondazione dell’associazione nazionale dei dentisti italiani.

I cinquemila detenuti degli istituti di pena siciliani potranno usufruire, in tutte le province, del supporto di dentisti volontari che li informeranno sulla prevenzione relativa alle infezioni e alle malattie infettive trasmissibili del cavo orale. La convenzione, firmata stamattina a Palermo dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Orazio Faramo e dal presidente nazionale dell’Andi, Marco Landi, prevede un percorso triennale finalizzato alla creazione di una rete di dentisti volontari, alla formazione del personale che opera negli istituti di pena e, già entro il 2008, all’inizio delle attività all’interno delle carceri. I detenuti riceveranno anche uno spazzolino da denti e un dentifricio.

"È un’esperienza unica in Italia che successivamente potrà essere estesa alle altre regioni. Partiremo probabilmente da Palermo - dice Orazio Faramo, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria - città che ha i più grandi istituti di pena dell’Isola. Il progetto parte dalle carceri perché sono grandi comunità che, peraltro, non vengono scelte dai soggetti che ci vivono. Al loro interno, come all’esterno, c’è necessità di informazione sui temi della prevenzione della salute orale: in carcere si verificano infatti comportamenti igienici dettati dall’ignoranza o da prassi sbagliate che cercheremo di contrastare".

Il nostro progetto parte dal riconoscimento del valore delle persone e dell’importanza del loro benessere. Interesseremo - continua Faramo - il personale sanitario, parasanitario e gli educatori di tutte le ventisei case circondariali siciliane che hanno continui contatti con la popolazione carceraria. Forniremo i kit prima ai soggetti con più difficoltà economiche, non lo faremo indiscriminatamente. Spero che questa iniziativa possa servire da esempio per altre attività volte a creare antidoti per il diffondersi di cattive prassi".

"Iniziamo una nuova attività solidale dell’Associazione nazionale dei dentisti e partiamo ancora una volta dalla Sicilia, dalla quale è arrivato un input positivo. Oggi parte un nuovo percorso di collaborazione istituzionale - dice Marco Landi, presidente nazionale dell’associazione - che segue di pochi giorni la sottoscrizione del nuovo accordo tra il ministero della Salute e quello della Giustizia per l’inserimento dei detenuti nel sistema sanitario nazionale. Il nostro intervento prevede supporto ai volontari che saranno protagonisti del progetto e formazione agli operatori dei carceri, per riaffermare il diritto alla salute di tutti i cittadini, anche di quanti si trovano in condizione di detenzione".

Piacenza: convegno e seminari nelle scuole, carcere protagonista

 

Libertà, 11 aprile 2008

 

Un aforisma di Dostoevskij, mai così calzante, campeggia sulla locandina della manifestazione: "Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni", narrava il prosatore moscovita. Così nell’Ottocento, così nei tempi odierni. Oggi, infatti, la sala Piana dell’Università Cattolica ospiterà il convegno "Piacenza ed il carcere - Una giornata per pensare", dedicato, con molte sfumature, alla riflessione su reato e pena.

Il progetto, sottolinea Rita Casalini, coordinatrice, "è partito nell’ottobre del 2007, ed ha già visto tre giorni di formazione sulla genitorialità in carcere, ma oggi l’evento con maggiore visibilità". "È un’iniziativa che interessa tutta la città - dichiara Caterina Zurlo, direttrice della casa circondariale sulla strada delle Novate -, perché si possa discutere del penitenziario, con i suoi limiti e le vere finalità.

Spesso si parla di carcere senza sapere di cosa si stia parlando, e per far conoscere questa realtà bisogna partire dai ragazzi, dagli studenti". Ed a proposito di giovani, saranno proprio loro - con otto seminari questa mattina al Gioia, Respighi, Cassinari, Colombini, Romagnosi, Raineri-Marcora, San Benedetto e Leonardo da Vinci - ad aprire il giovedì pensato per chi non è in libertà.

Poi, come detto, nel polo piacentino del Sacro Cuore, a partire dalle 17, con i saluti delle autorità e l’intervento dei redattori-detenuti del giornale "Sosta forzata", seguito dalla tavola rotonda "Pensar non nuoce: le attività culturali in carcere" con Michelina Capato Sartore, attrice, Davide Ferrario, regista - autore, tra le altre cose, di una mostra fotografica sul tema visitabile alla Passerini Landi -, Luciana Scarcia, esperta in scritture autobiografiche, e la coordinatrice Ornella Favero, direttrice di Ristretti orizzonti.

A seguire le premiazioni del premio letterario "Parole oltre il muro", giunto alla quinta edizione, con cinque giurie tecniche, tra cui il riconoscimento che dà il nome all’evento dedicato alla memoria di Stefania Manfroni, promosso dalla famiglia. Capofila del programma è lo Svep, centro di servizio per il volontariato (che ieri ha ospitato la conferenza stampa di presentazione ed è intervenuto con il presidente Giuseppe Pistone) insieme a Comune, Provincia, Fondazione di Piacenza e Vigevano, il Lions distretto 108 IB 3 IV (presente con il presidente circoscrizionale Claudio Tagliaferri) ed altri partner. "Il nostro obiettivo - sottolinea Valeria Viganò, referente dell’associazione "Oltre il muro", nata due anni e mezzo fa - è fare in modo che il territorio non sappia solamente a malapena dell’esistenza di un carcere, ma lo comprenda pienamente: non solo per conviverci, ma per collaborare. Come se Piacenza e la casa circondariale fossero due braccia".

La direttrice Zurlo, in seguito, precisa come all’istanza di sicurezza sia da affiancare "l’opera di rieducazione dei soggetti", cui le iniziative culturali possono contribuire; soddisfatto anche il vice commissario Stefano Magnani, comandante alle Novate, che, nell’ambito, rileva l’importanza della Polizia Penitenziaria nel garantire "l’ordine e la pacifica convivenza".

Genova: perché nei comizi elettorali non si parla mai di carcere?

 

Secolo XIX, 11 aprile 2008

 

Perché i comizi dei candidati Premier non hanno mai affrontato il problema delle carceri? L’indulto approvato dal governo Prodi ha consentito di scarcerare circa 23 mila detenuti. Oggi, con gli ingressi che ci sono stati, il numero dei detenuti presenti nelle carceri italiane è uguale a quello pre-indulto. La media degli ingressi mensili è di 1.200 detenuti circa. Stando così le cose alla fine dell’anno ci saranno nelle patrie galere circa 65.000 detenuti. Un numero esageratamente sproporzionato rispetto alla capienza delle carceri. Ma tutti tacciono, ignorando il problema e non dicendo cosa faranno. Si reclama certezza della pena ma poi non si dice dove mettere tutti i detenuti. È un modo per non dire ai cittadini cosa davvero si vuole fare per risolvere i problemi.

Accanto all’aumento esponenziale dei detenuti c’è la condizione di difficoltà del personale di custodia, di cui, anche in questo caso, nessuno parla. Agenti aggrediti nelle carceri, due suicidi di poliziotti penitenziari a poco tempo di distanza uno dall’altro nei giorni scorsi, e altri gravi episodi di patologie, indicano la difficoltà in cui versa la Polizia Penitenziaria. Ma di queste cose, chi ne parla? Nessuno. Ma allora oltre a promettere aumenti di pensione e di regalie che poi vedremo chi riuscirà a mantenere, mi piacerebbe sapere chi si occuperà di noi, della Polizia Penitenziaria e dell’emergenza carcere, problemi lasciati senza risposte da troppo tempo. Mi piacerebbe sapere dai vari candidati della Liguria cosa ne pensano e cosa intendono fare, appena eletti, per dare risposte al problema carcere.

 

Lorenzo Patti

Vice Commissario della Polizia Penitenziaria di Genova

Rovigo: la Procura indaga su caso detenuto straniero umiliato

di Carlo Cavriani

 

Il Resto del Carlino, 11 aprile 2008

 

era solo uno scherzo, come sostiene il direttore della Casa Circondariale? Certo è che prelevare una persona detenuta dalla sua cella, portarla nel corridoio del carcere, dargli in mano un cartello con varie scritte fra cui "Grazie per la terapia" e fotografarlo, è assai umiliante per chi viene ritratto e in generale, se di scherzo si trattava, sicuramente di cattivo gusto.

Per far luce sulla vicenda, oltre ad un’inchiesta interna del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e dell’Ufficio Ispettivo, verrà aperto un fascicolo anche da parte della Procura rodigina, come ha confermato ieri il procuratore Lorenzo Zen. Per il momento sarà a carico di ignoti, ma il reato che si potrebbe ipotizzare è quello di violenza privata, per lo più con l’aggravante che il fatto sarebbe stato compiuto da un pubblico ufficiale, quale è infatti un agente di polizia penitenziaria. Che la foto del detenuto marocchino sia stata scattata dal personale appartenente alla polizia penitenziaria, lo dice la Cgil funzione pubblica del Veneto in una lettera inviata al capo del Dap, Ettore Ferrara al ministro della Giustizia, Luigi Scotti e al sottosegretario, Luigi Manconi nella quale il sindacato sente "il dovere morale e etico di denunciare il fatto".

Ma cosa è successo? In sostanza poco prima di Pasqua, sarebbe stata rinvenuta la foto in questione, appesa ad un armadietto di un agente di polizia penitenziaria, ma in posizione un po’ nascosta. Un’immagine che risale a più di un anno fa nella quale oltre al detenuto, sono ritratte altre persone inequivocabilmente individuabili. "Grazie M... per la terapia data che mi ha fatto guarire", questo il testo del cartello incriminato.

Della vicenda è stato subito messo al corrente il direttore del carcere Fabizio Cacciabue, il quale anziché avviare un’indagine interna, ha messo tutto a tacere, ritenendolo in sostanza un episodio di poco conto. Anzi. Dalla relazione del dirigente del carcere risulta che il detenuto, nel frattempo dimesso dall’istituto di pena, sarebbe stato dileggiato per "l’ottimo rapporto" che aveva con la polizia penitenziaria, e non per razzismo. L’episodio, afferma il provveditore regionale per le carceri del Veneto Felice Bocchino, sarà comunque oggetto di una visita ispettiva per chiarire meglio la dinamica dei fatti.

Di tutt’altro parere invece la Fp Cgil del Veneto che ha segnalato la vicenda rilanciata l’altro ieri dal sottosegretario Luigi Manconi (foto in basso a sinistra). "Il direttore del carcere di Rovigo - rilevano Alessandro Biasioli, della segreteria regionale Fp Cgil, e Giampiero Pegoraro, coordinatore regionale veneto Fp Cgil penitenziari - è stato informato di quanto accaduto attraverso una relazione ma la sua non è stata una reazione colma di sdegno bensì propensa a sottovalutare l’episodio definito in termini di "bonarietà".

Riteniamo gravissimo questo episodio ma altrettanto inquietante - è detto ancora - la reazione, che assume aspetti di complicità, del direttore dell’istituto. Crediamo non esistano deroghe ai dettati degli articoli 2 e 3 della Carta Costituzionale che riconoscono i diritti inviolabili dell’uomo, la pari dignità sociale e l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. È doloroso per noi denunciare questo increscioso episodio in quanto pensavamo che i soprusi di Genova 2001 facessero ormai parte degli archivi. Chiediamo l’impegno di tutti affinché questo fatto rimanga isolato ma contemporaneamente chiediamo anche l’intervento autorevole di quanti ricoprono ruoli di responsabilità nella gestione del sistema carcerario in Italia".

A rendere noto l’episodio era stato l’altro ieri il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, il quale ha già chiesto al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e al Capo dell’Ufficio Ispettivo che "vengano effettuati tempestivi e completi accertamenti affinchè sia fatta chiarezza sull’accaduto e che, qualora il fatto venga confermato, siano presi provvedimenti nei confronti degli eventuali responsabili di atti che, per come sono stati descritti, sarebbero lesivi della dignità personale". Gli ispettori sono attesi a Rovigo nei prossimi giorni, in maniera tale da fare al più presto chiarezza su questo episodio.

Torino: rimosso il Direttore dell’Ipm dopo le tensioni e proteste

 

Ansa, 11 aprile 2008

 

Il direttore del carcere minorile di Torino "Ferrante Aporti", Paolo Planta, è stato rimosso dall’incarico. Non si conoscono le motivazioni del provvedimento (disposto dal Centro interregionale della giustizia minorile), che però potrebbe essere legato ad alcuni episodi di tensione avvenuti nella struttura. Le indiscrezioni trapelate all’esterno mettono in relazione il provvedimento anche col tentativo di suicidio messo in atto lo scorso 2 aprile da due giovanissimi reclusi di origine nordafricana.

Il giorno precedente, inoltre, due agenti hanno dovuto fare ricorso a cure mediche dopo essere stati percossi da detenuti. La reggenza dell’istituto, in attesa delle prossime mosse del Dipartimento giustizia minorile, è stata affidata al vicedirettore Gabriella Picco. Ambienti dei sindacati denunciano da tempo situazioni di disagio nelle carceri piemontesi, compreso il "Ferrante Aporti".

L’Osapp, che il 4 aprile scorso ha organizzato una veglia notturna di protesta davanti al penitenziario delle Vallette (260 i partecipanti), non ha chiesto le dimissioni di Planta, ma del dirigente del Centro giustizia minorile di Piemonte e Liguria, Antonio Pappalardo: fonti del sindacato ritengono infatti che Planta non sia il vero responsabile delle tensioni del "Ferrante Aporti", e che a lui non vi sia nulla da rimproverare.

Sempre fonti sindacali riferiscono - chiedendo l’anonimato - che Pappalardo aveva avocato a sé la gestione del "Ferrante Aporti" sin dal 3 marzo. "Guarda caso - viene osservato - in quest’ultimo mese si sono verificati gravi episodi di tensione all’interno della struttura". L’Osapp, alcuni giorni fa, aveva chiesto al Dipartimento giustizia minorile un’ispezione urgente per far cessare "il disagio e il malessere tra il personale di polizia Penitenziaria".

Salerno: lavoro (gratis) per il Comune… l’alternativa alla cella

 

www.salernonotizie.it, 11 aprile 2008

 

In virtù di una nuova Convenzione stipulata tra il Comune di Mercato S. Severino ed il Tribunale di Salerno, anche quest’anno, con decorrenza dall’1 aprile 2008 al 31 marzo 2009, sarà concessa ai detenuti che ne faranno richiesta, la possibilità di scontare la pena attraverso l’impegno in attività non retribuite a favore della comunità.

"L’Amministrazione Comunale" - dichiara Eduardo Caliano - consigliere di maggioranza, Presidente della Commissione Consiliare permanente Urbanistica - "nel rispetto degli articoli 54 del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274 e dell’ articolo 2 del Decreto Ministeriale 26 marzo 2001, potrà accogliere le istanze di dieci persone che hanno avuto una condanna penale non superiore ai quattro anni, che hanno chiesto di scontare ed ottenuto dal Giudice una pena alternativa alla detenzione lavorando per l’Ente, senza retribuzione, a favore della collettività. Una possibilità di integrazione ed un banco di prova quotidiano per persone che necessitano di un recupero personale e sociale".

I soggetti interessati saranno assegnati all’area di manutenzione del Comune e, pertanto, si occuperanno di servizi di pubblica utilità consistenti in lavori di manutenzione finalizzati al decoro del patrimonio pubblico quali la tenuta dei giardini, la sistemazione dei parchi, piccoli interventi di pitturazione, muratura, collaborazione per la pulizia del civico cimitero ed altro. L’attività non retribuita sarà svolta, come da convenzione, in conformità con le disposizioni della sentenza di condanna nella quale il Giudice ha indicato il tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità.

Il Comune fornirà periodicamente al Tribunale di Salerno informazioni in merito allo svolgimento del lavoro disposto e, quindi, al rispetto degli orari e delle regole. L’iniziativa dell’Amministrazione Comunale rientra nell’ottica di una politica finalizzata all’integrazione ed al recupero personale e sociale di categorie fragili ed esposte a maggiori rischi. Si tratta di offrire una possibilità ed uno stimolo a quanti decidono di intraprendere un percorso di crescita e di maturazione. Un’idea in linea con la politica dell’accoglienza e del rispetto.

Russia: si accende dibattito su abrogazione della pena capitale

 

Ansa, 11 aprile 2008

 

Tra le tante eredità che Putin ha lasciato al suo successore c’è quella relativa al processo per l’abolizione della pena di morte. Perché la strada verso una tale soluzione è ancora tutta in salita. L’ultima condanna (colpo di pistola alla nuca) risale al 2 settembre 1996. Subito dopo - in seguito alla pressione dell’opinione pubblica internazionale e del Consiglio d’Europa - Mosca ha introdotto una moratoria ma non ha ratificato il Protocollo entro i tre anni successivi, così come richiesto.

È poi stato Putin a dichiarare che la Russia avrebbe rispettato la Convenzione, aggiungendo però che "la completa eliminazione della pena capitale dipenderà dall’opinione dei cittadini russi". Un modo per prendere tempo e lasciare aperte le porte a quel 65% di abitanti della Russia che - secondo i rilevamenti più accreditati - sostengono la pena di morte. Ma nello stesso tempo Putin nel febbraio 2006 ha voluto manifestare di essere abolizionista e difensore della moratoria: "La punizione - ha detto - ha diversi scopi. C’è la correzione e il castigo. Con la pena di morte è impossibile parlare di correzione, c’è solo il castigo".

Giappone: eseguite 4 condanne a morte; 17 esecuzioni in 6 mesi

di Gabriella Mira Marq

 

www.osservatoriosullalegalita.org, 11 aprile 2008

 

Il Giappone ha messo in atto altre quattro esecuzioni. Lo ha annunciato ieri il ministero della giustizia di Tokio. I quattro detenuti nel braccio della morte, di età compresa tra 41 e 64 anni, sono stati impiccati in località separate del Giappone. Il Giappone - uno dei pochi paesi industrializzati a mantenere la pena di morte - ha ripreso le esecuzioni dopo una moratoria di fatto di alcuni anni dovuta al rifiuto del precedente ministro della giustizia di firmare le autorizzazioni all’esecuzione per i condannati a morte. Ma con il nuovo ministro, Kunio Hatoyama, le esecuzioni sono riprese a ritmo serrato: negli ultimi mesi del 2007 sono state giustiziate 9 persone, e 3 a febbraio 2008.

Il ministro si giustifica affermando che si sta solo adeguando alle esigenze della legge e i funzionari del ministero della giustizia affermano che i sondaggi di opinione indicano un notevole sostegno alla pena di morte nel pubblico giapponese. Come uso in Giappone, le esecuzioni vengono comunicate anche alle famiglie dei giustiziati solo dopo il fatto, pratica che ha suscitato la condanna del Consiglio d’Europa e di vari gruppi di difesa dei diritti umani.

Anche questa volta il Consiglio d’Europa è intervenuto a commentare negativamente l’accaduto, per bocca del presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio, Lluís Maria de Puig, il quale ha deplorato "la decisione delle autorità giapponesi di effettuare le quattro esecuzioni" avvenute "in segreto e senza preavviso". "La pena di morte non è un atto di giustizia civile - ha aggiunto de Puig - ma il modo in cui essa viene messa in atto in Giappone è particolarmente agghiacciante", ha detto il Presidente, sottolineando che le persone che sono state giustiziate non hanno avuto alcun preavviso e che le esecuzioni sono state annunciate solo dopo che avevano avuto luogo.

Secondo l’esponente dell’organizzazione nata per la difesa dei diritti umani, "È preoccupante che vi sia stato un aumento del numero di esecuzioni in Giappone, perché, stando a quanto riferito, l’attuale ministro della giustizia - a differenza di quello precedente - è a favore della pena di morte, ed è quindi disposto ad attuarla. Questo è sia arbitrario che ingiusto". L’esponente del Consiglio d’Europa ha ribadito l’appello dell’Assemblea al Giappone - Paese osservatore presso il Consiglio d’Europa - di porre una moratoria sulle esecuzioni: "L’Assemblea ha, in passato ha lavorato con la Dieta giapponese per contribuire a raggiungere questo traguardo, ed è disposta a farlo di nuovo".

Nuova Zelanda: la "carriera" da criminale si predice già all’asilo?

 

Associated Press, 11 aprile 2008

 

Secondo studiosi neozelandesi, è possibile individuare sin dall’asilo infantile, da una serie di segni anche fisici, se un bambino antisociale da grande prenderà la strada del crimine, o si integrerà nella società. E il comportamento antisociale negli adolescenti può essere legato a fattori neurobiologici, e aggravato da cattive situazioni familiari. Fra i segni rivelatori anche delle piccole anomalie fisiche, come le orecchie basse e la lingua fissurata (solcata da fessure sul dorso e sui bordi laterali), che sono segni di sviluppo neurale carente, e tra i fattori anche il tipo di alimentazione ricevuta nell’infanzia.

Le indicazioni vengono da un massiccio progetto neozelandese di lungo termine, detto "Studio multidisciplinare di salute e sviluppo", condotto dall’università di Dunedin, che dagli anni ‘70 sta seguendo lo sviluppo in ogni campo di oltre 1.000 persone dalla prima infanzia in poi, ed è arrivato ai 32 anni. Le osservazioni sul comportamento antisociale e sulla sua evoluzione sono pubblicate nell’ultimo numero della rivista New Scientist.

Fra i 535 maschi e 502 femmine seguiti nello studio, quelli che da adolescenti si sono macchiati di crimini si possono dividere in due gruppi distinti, scrivono gli studiosi. Il tipo più comune si dedica a piccoli reati in una fase dell’adolescenza per fare colpo sui coetanei ma poi si normalizza. Invece il tipo più problematico, essi sostengono, ha predisposizioni biologiche a problemi comportamentali, i cui segni si possono individuare già all’età di tre anni. Questi bambini, per lo più maschi, tendono ad avere un basso quoziente di intelligenza, scarsa abilità di linguaggio e sono spesso diagnosticati con disturbo di iperattività e deficit di attenzione.

Fra i segni indicatori, anche le orecchie in posizione bassa e la lingua fissurata. Se si aggiungono fattori come carenze familiari, povertà e abusi, questi bambini sono ad un più alto rischio di entrare in una carriera criminale per tutta la vita, con dipendenza da alcool e da droghe. Questo gruppo rappresenta solo il 10 percento dei maschi sotto studio a Dunedin, ma all’età di 26 anni hanno accumulato quasi metà delle condanne per reati di violenza, rispetto all’intero campione.

 

 

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