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Giustizia: Rutelli; una "banca" del Dna, come in America
Corriere della Sera, 12 settembre 2007
Lo accolgono le note di Rino Gaetano che canta "Il cielo è sempre più blu...". Ma Francesco Rutelli non fa in tempo a salire sul palco della Festa dell’Unità che si trova subito davanti ai temi più scottanti. Per il governo e per il Partito democratico. Non c’è solo la "nota dolente" del giorno, il "no" della Fiom all’accordo sul welfare. C’è anche la sicurezza. E lui invece di fermarsi al dibattito sui lavavetri, lancia con forza la banca del Dna. In Italia come in America, per rendere più facile il lavoro di chi indaga sui crimini: "Si è parlato in questi giorni di poteri di polizia ai sindaci. In realtà ce l’hanno già. I primi cittadini non devono diventare sceriffi, il discorso è un altro: dobbiamo far capire che tutti, senza distinzioni, hanno diritti e doveri, che è finita l’era berlusconiana in cui si invitava ognuno a fare ciò che più gli pareva. Magari con l’aiuto di alcune leggi". E ancora: "Trovo giusto che un minorenne debba rispondere dei reati. I sedicenni sono già responsabili, tanto che noi abbiamo deciso che possano votare alle primarie del Pd. La sicurezza però non tocca tanto chi ha i soldi per proteggersi, tocca di più i deboli: essere di centrosinistra vuol dire esser duri con il crimine e, al tempo stesso, con le cause dei crimini. Propongo allora che si crei anche in Italia, come in America, una banca del Dna. Servirà a facilitare il compito delle forze dell’ordine, a diminuire i reati e ad individuare con più facilità i colpevoli come, ad esempio, in Gran Bretagna dove l’identificazione dei criminali è praticamente raddoppiata passando dal 30 al 58%". Mentre risponde alle domande del direttore del Corriere, Paolo Mieli, guarda la platea e si guarda attorno. Dovrebbe essere l’ultimo invito alla Festa dell’Unità. E quel popolo, che è sotto il palco, a stragrande maggioranza diessino, dal 14 ottobre sarà anche il suo popolo. Tanto che persino la sala che lo accoglie si chiama "14 ottobre ", dal giorno delle primarie che dovrebbero far nascere in modo irreversibile il Partito democratico. Per questo oggi guarda la platea non da vicepremier, ma da leader del partito "fratello ", la Margherita. Non più ospite, ma non ancora padrone di casa. Il primo applauso, quello che lo accoglie è cordiale. Ci sono in prima fila i segretari provinciali di Ds e Margherita, seduti accanto come due gemellini, e molto parla del Partito democratico che sarà. Ma nella sala ci sono anche i militanti che sono e che furono, quelli dell’ex Pci, ex Pds ed ora ex Ds. Si riconoscono perché hanno l’Unità sotto il braccio. Come sempre. Arriva, all’ultimo momento, anche il fedelissimo rutelliano Renzo Lusetti, che in Emilia Romagna è di casa, ma alle feste dell’Unità finora era stato, anche lui, solo un ospite. Rutelli comincia a rispondere alle domande sapendo che la platea aspetta qualche cosa che sia anche di sinistra. E ad un certo punto mira direttamente al cuore dei Ds, con sicuro effetto sul parterre: "Dopo il 14 ottobre il governo si dovrà porre il problema di una delle personalità più importanti della vita politica italiana, che è Piero Fassino". E qui l’applauso si fa forte e sentito. "Del resto - aggiunge - a partire da quel giorno io non sarò più presidente della Margherita e lui segretario dei Ds". Sul volto di chi ascolta c’è qualche emozione. Come quando Mieli chiede al vicepremier che fine faranno le Feste dell’Unità. Rutelli risponde in modo salomonico: "Non dobbiamo impoverire quello che c’è già, ma arricchirlo con nuove iniziative rivolte ai giovani". Applauso contenuto fra il pubblico che si chiede: "Ma allora continueremo?". Si parla un po’ di tutto, dalla riduzione del numero dei parlamentari alla riduzione delle tasse, a parlare dall’Ici, che sta tanto a cuore a Rutelli. Quando, gli chiede Mieli? "Moh", risponde lui, alla romana. Cioè ora, con l’attuale Finanziaria. E arriva a fare una appassionata difesa dei 5 euro "necessari " per votare alle primarie: "E che volete che paghiamo a tutti cornetto e cappuccino e, magari, che li andiamo pure a prendere a casa? Finanziaria 2008: tagli alla Giustizia per circa 60 milioni di euro
Comunicato stampa, 12 settembre 2007
Ammonta a quasi 60 milioni di euro il contributo della Giustizia in termini di risparmi alla Legge Finanziaria 2008. Lo rende noto l’ufficio stampa del Ministero in una nota nella quale si precisa che il totale dei tagli previsti è così suddiviso: - 7.6 milioni di euro per la riduzione della spesa per l’acquisto di mezzi di trasporto, macchinari e attrezzature dell’amministrazione penitenziaria e di quella minorile; - 5 milioni di euro il risparmio sul funzionamento delle amministrazioni giudiziaria, penitenziaria e minorile; - 2 milioni di euro da autorizzazioni di spesa per dirigenti dell’amministrazione; - 3.3 milioni di euro in meno per l’acquisto di beni, macchine e attrezzature dell’amministrazione giudiziaria; - 40 milioni di euro dalla razionalizzazione delle spese relative ad intercettazioni telefoniche (risparmi che saliranno a 70 milioni nel 2009 e a 100 milioni di euro nel 2010). Un taglio, quindi, di circa 60 milioni di euro per venire incontro alle indicazioni governative in vista della prossima Finanziaria che, tuttavia, non potrà non tener conto delle necessità improcrastinabili per il buon funzionamento della Giustizia, considerando soprattutto che il settore, nella precedente legislatura, ha già subito tagli per il 53%. Polizia Penitenziaria negli Uepe: una lettera aperta a Mastella
Blog di Solidarietà, 12 settembre 2007
Gentilissimo Signor Ministro, è vero la fantasia non basta più, ci vogliono i soldi ma anche una reale volontà a cambiare rotta! Il Comitato di Solidarietà Assistenti Sociali, ribatte alle dichiarazioni del Ministro della Giustizia, pubblicate il 10 settembre in un articolo del quotidiano "La Repubblica", chiedendo come mai l’Amministrazione Penitenziaria predispone l’avvio di una sperimentazione "Inserimento della polizia penitenziaria negli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe) per il controllo delle misure alternative" (proposta che sta suscitando forti reazioni e allarme per il futuro dei servizi sociali della Giustizia - Settore Adulti, nella maggioranza degli assistenti sociali degli Uepe, nel mondo del volontariato penitenziario e dell’associazionismo e tra diverse organizzazioni sindacali) che gioco-forza renderà necessaria la destinazione di consistenti risorse finanziarie, umane e strumentali senza tra l’altro averle preventivate tra le spese per il 2007 e pare neanche tra quelle per il 2008". Come si fa a dire che tale progetto sarà a costo zero, così come i vertici dell’Amministrazione Penitenziaria hanno più volte dichiarato quando lo hanno presentato, se già in una prima fase si pensa di coinvolgere oltre 100 unità di polizia penitenziaria, attingendoli anche da Istituti con cronica mancanza di personale oltre i diversi esperti? Per avviare tale sperimentazione saranno necessarie auto di servizio, carburante, indennità di missione, straordinari, corsi di formazione, etc., che con tutta la fantasia possibile, non potranno mai essere a costo zero. Come farà Signor Ministro a fronteggiare la richiesta di ampliamento degli organici, con migliaia di unità di polizia penitenziaria, che diverse organizzazioni sindacali stanno già presentando a seguito di tale progetto? Come fa a prevedere tutto questo e annunciare per la prossima finanziaria un risparmio del Ministero della Giustizia di 50 milioni di euro? Spiace constatare come l’attenzione del Signor Ministro e dei vertici dell’Amministrazione Penitenziaria verso l’area trattamentale sociale ed educativa continui ad essere prossima allo zero, sia in termini di investimenti in risorse umane che strumentali sia per poter avviare realisticamente con la propria utenza dei percorsi di inclusione sociale. Signor Ministro come Lei saprà sicuramente, molti Uepe continuano ad essere sotto organico, gli ex art. 80 (esperti) sono pagati a distanza di mesi e gli sono state ridotte le ore per mancanza di fondi, la maggior parte degli interventi effettuati sul territorio dal personale di Servizio Sociale, sono garantiti grazie agli anticipi di spesa di tale personale, per i loro spostamenti con i mezzi pubblici, visto il ridotto numero di mezzi di servizio, e ancora saprà che tali anticipi, garantiti solo dal senso di dovere dei dipendenti, che rischia di non essere eterno, vengono restituiti dall’Amministrazione Penitenziaria anche dopo svariati mesi di attesa. Inoltre sempre a tale personale non viene riconosciuta la missione di servizio ed altri benefici (previdenziali, rimborso asili nido, etc.) che per contro sono invece riconosciuti ad altro personale della stessa Amministrazione Penitenziaria. E che dire Signor Ministro delle numerose richieste che pervengono agli Uepe dai proprietari degli immobili dove sono ubicati tali servizi e dagli enti erogatori dell’energia elettrica e del servizio telefonico per i ritardi nei pagamenti? E della mancanza della ormai indispensabile strumentazione informatica e spesso della stessa cancelleria, al cui acquisto più volte provvedono di tasca loro i dipendenti? Signor Ministro, forse questi Uffici, che sono riusciti a garantire, nell’arco di 30 anni, con investimenti residuali da parte dell’Amministrazione Centrale, ottimi risultati, anche sulla recidiva, come diverse ricerche hanno dimostrato, meritano maggiore considerazione rispetto alla loro connotazione di Servizi Sociali, invece che ritrovarsi all’improvviso trasformati in "altro". Per raggiungere tali risultati c’è voluta tanta professionalità ma anche tanta fantasia ma, come Lei ha dichiarato la "fantasia non basta". Leggendo le sue linee programmatiche abbiamo creduto che con Lei potesse arrivare finalmente il rilancio dei Servizi Sociali della Giustizia ed in particolar modo della professionalità di chi in questi anni, con grandi sacrifici ha prodotto ottimi e documentati risultati: Paradossalmente si intende invece trasportare il modello "carcere" sul territorio" per gestire le misure alternative, pensando in tal modo, ed a nostro parere e di tanti altri, erroneamente, di poterle ampliare. Seppur delusi, sia come operatori che come elettori (e ci creda, siamo in tanti ad esserlo), per tali scelte politiche-amministrative, crediamo ancora nella sua onestà e nel suo forte senso di responsabilità e per questo Le chiediamo un reale e significativo cambio di rotta prevedendo una rivalutazione di tale sperimentazione e concreti investimenti verso l’area trattamentale sociale - educativa. Sarebbe veramente demotivante se nei prossimi mesi l’unica risposta fosse quella della sperimentazione e dell’eventuale ampliamento degli organici di Polizia Penitenziaria da destinare agli Uepe.
Le Auguriamo buon lavoro. Il Comitato di Solidarietà Assistenti Sociali Polizia Penitenziaria negli Uepe: comunicato Associazione Anfu
Comunicato stampa, 12 settembre 2007
Non usa metafore Salvatore Mariano, Segretario nazionale dell’Associazione nazionale Funzionari della Polizia Penitenziaria Anfu, per giudicare lo schema di decreto interministeriale del Ministro della Giustizia di concerto con quello dell’Interno finalizzato a disciplinare il progetto che prevede l’utilizzo della Polizia Penitenziaria all’interno degli Uffici di esecuzione penale esterna (Uepe), che sarà discusso dai sindacati di Categoria con i vertici dell’Amministrazione Penitenziaria in una riunione già programmata a Roma per il prossimo 17 settembre. "Delude perché snatura i compiti propri di un Corpo di Polizia dello Stato e li subordina funzionalmente a profili professionali amministrativi dell’Amministrazione penitenziaria che nulla hanno a che fare con la Polizia penitenziaria. I tanto famigerati ed annunciati commissariati di Polizia penitenziaria (del quale parlò il Ministro della Giustizia Clemente Mastella nel suo intervento alla Festa nazionale del Corpo dello scorso anno) si sono trasformati in miseri nuclei sperimentali la cui responsabilità verrebbe affidata ai Direttori degli Uepe (che non sono poliziotti, ma impiegati civili dello Stato) i quali dovrebbero disporre (con proprio ordine di servizio e sentito l’assistente sociale assegnatario del caso) i controlli di polizia. La sicurezza e la funzione retributiva della pena dunque, abdicherebbe, in pieno contrasto con l’articolo 27 della Costituzione, in favore del trattamento inducendo i cittadini onesti e martirizzati dalla criminalità alla rassegnazione. È illogico conferire funzioni direttive di Polizia a personale civile dell’amministrazione ed ancor più amorale ed offensivo il declassamento dei funzionari della Polizia penitenziaria a coadiutori (livello professionale B2 per il personale del comparto ministeri) dei direttori di area del servizio sociale dei provveditorati." L’Anfu preannuncia che produrrà un articolato intervento in occasione della discussione dello schema di decreto proprio per ottenere la modifica delle parti incriminate. "Si dice che la speranza è l’ultima a morire" conclude Mariano "ma si dice pure che chi di speranza vive disperato muore. Il motto del Corpo è "despondere spem munus nostrum", ossia diffondere la speranza è il nostro compito. Allora diffondiamo la speranza di esserci sbagliati, di essere smentiti e di poter verificare presto che il nostro Ministro Clemente Mastella ed il Capo dell’Amministrazione Ettore Ferrara, il Capo della Polizia Penitenziaria, raccolgano la nostra profonda delusione affinché venga finalmente riconosciuta un po’ di dignità ai circa 43.000 operatori della polizia penitenziaria". Marche: il Sappe; da gennaio detenuti sono aumentati del 26%
Corriere Adriatico, 12 settembre 2007
Nelle marche le carceri esplodono più 26%, in solo due mesi più 15% record a Pesaro più 39.2%. In otto mesi la popolazione detenuta è aumentata del 26%. Al 30 agosto sono presenti 845 detenuti contro 622 del 31 dicembre 2006. Superati di nuovo o limiti regolamentari. L’ organico della polizia penitenziaria ai minimi storici Pesaro meno 25%. Una miscela esplosiva Impressiona il dato relativo al carcere di Pesaro; 140 detenuti al 31 dicembre 2006 ben 230 al 30 agosto 2007 con un incremento del 39,2% detenuti, una capienza regolamentare di 170 posti, più 26% rispetto alla capienza normale con una percentuale di stranieri reclusi pari al 52,94%. Dati forniti dal segretario regionale del Sappe Aldo Di Giacomo, che ha incontrato il sindaco il presidente della provincia ed il prefetto di Pesaro: " La situazione del carcere di Pesaro è a dir poco esplosiva da un parte l’incremento record di popolazione detenuta più 39.2% (la più alta d’Italia) dall’altra una carenza di personale di polizia penitenziaria da primato meno 25% rispetto al decreto ministeriale che prevede 169 unità, mentre ad oggi risultano amministrate 127 persone meno 42 unità" continua Di Giacomo;" la carenza di organico, l’elevato numero di detenuti stranieri, la percentuale di ripopolamento da record, la presenza di una sezione di alta sicurezza con un cospicuo numero di detenuti presenti fanno del carcere di Pesaro un a bomba pronta ed esplodere da un momento all’altro. Oggi ho incontrato il prefetto, il sindaco di Pesaro, il presidente della provincia Palmiro Ucchielli ai quali ho consegnato una relazione completa sulla grave situazione in cui versa il carcere di Pesaro. Va sottolineato,inoltre, che l’istituto Pesarese dalla fine del 2003 è senza un direttore, si susseguono direttori in missione i quali non garantiscono una continuità. Qualora il ministero della giustizia continui con questa assurda politica di disinteresse mi rivolgerò alla magistratura". Varese: don Rigoldi al convegno "Educare gli educatori"
Varese News, 12 settembre 2007
Educatore per vocazione, soprattutto laddove il disagio e le difficoltà si fanno più sentire. È a don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile "Beccaria" di Milano, che la parrocchia di Besnate ha affidato il compito di interpellare gli educatori, giovani e adulti impegnati in prima linea nell’accompagnamento di adolescenti e ragazzi. Il sacerdote, fondatore e presidente dell’associazione "Comunità nuova", si rivolgerà alla platea del Teatro Incontro, di via Paolo Rosa a Besnate, il prossimo mercoledì 18 settembre alle 21 in un incontro dal titolo: "Educare gli educatori". Non è sempre facile gestire le inquietudini dei più giovani, tanto più in una società che con i suoi molteplici richiami rischia di rendere instabile il percorso di una sana crescita umana. I ragazzi cercano punti di riferimento validi e se talvolta ricorrono ad atteggiamenti provocatori è proprio per urlare il loro bisogno di verità. Gli educatori - sia coloro che sono chiamati ad esserlo in quanto genitori, sia quelli che lo fanno per lavoro o per servizio, ma anche tutti gli adulti, cui ragazzi guardano come a dei modelli - hanno il non sempre facile compito di rispondere alla ricerca di identità e di valori dei più giovani, ricorrendo a modelli comunicativi loro comprensibili e allo stesso tempo efficaci. Don Gino offrirà alla platea interessanti spunti di riflessione, frutto di un’esperienza al fianco dei ragazzi maturata praticamente lungo tutta la sua esistenza. L’incontro è aperto a tutti gli adulti e gli educatori che vorranno partecipare ed è gratuito. Cosenza: il Progetto "Argo" nel carcere di Castrovillari
Agi, 12 settembre 2007
Uno specifico studio condotto dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha messo in evidenza che l’affido di cuccioli di cane, e comunque la cura di animali, da parte di persone recluse aiuta, facilita e migliora la loro riabilitazione ed il loro reinserimento sociale. A Castrovillari l’interessante scoperta ha dato l’idea due anni fa di pensare e predisporre l’esperienza, rivolgendola ai detenuti che hanno commesso reati di particolare ripugnanza sociale. Da qui il protocollo d’intesa tra Comune e Casa Circondariale siglato oggi dall’Amministrazione con il direttore, Fedele Rizzo, alla presenza dell’assessore Giuseppe Molino, del Comandante della Polizia Penitenziaria, e del responsabile dell’Ufficio ambiente, Franco Blanchimani, "che concretizza e sancisce - precisa l’assessore alle politiche ambientali - il progetto denominato Argo, previsto già nel giugno 2005 dall’Amministrazione Blaiotta, grazie alla disponibilità e collaborazione della stessa Casa Circondariale locale, per poter offrire ai detenuti l’importante opportunità". A tal riguardo il Comune aveva avuto intenzione tempo fa di consegnare 18 cani randagi ad altrettanti detenuti che ne avevano fatto richiesta. Oggi il progetto entra nella fase operativa. L’Amministrazione comunale, come previsto dal protocollo, fornirà tutto l’appoggio ed il materiale occorrente per la realizzazione e messa in opera del "piccolo canile" e per curare ed alimentare i cuccioli affidati. Nei prossimi giorni una squadra d’operai dell’Ente provvederà già alla realizzazione dei box. Nella stessa mattinata al Canile comunale si è svolto anche un incontro operativo tra l’Asl, il Comune e il Gestore del Canile, assistito dal veterinario Varcasia, nel quale si è discusso sulla gestione del canile e sul randagismo, "verso i quali - ricorda Molino - l’Amministrazione ha profuso tanto impegno e concertazione". Tra qualche giorno saranno comunicate dai soggetti preposti, ulteriori informazioni per una migliore ottimizzazione dei servizi di ricovero e di cura della struttura comunale. Benevento: un progetto per corsi d’informatica ai detenuti
Ansa, 12 settembre 2007
L’assessore alle Politiche del Lavoro del Comune, Antonio Medici, ha incontrato questa mattina presso la struttura penitenziaria, la direttrice del carcere di Capodimonte, Maria Luisa Palma. Scopo dell’incontro è stato avviare una ricognizione delle possibili iniziative di formazione e avviamento al lavoro per i detenuti. La direttrice dell’istituto penitenziario ha manifestato la necessità di organizzare dei corsi di informatica di base, cogliendo la disponibilità dell’assessore Medici a raccogliere varie istituzioni per la sottoscrizione di un protocollo d’intesa. "Credo che il modo migliore per garantire una maggiore sicurezza sociale sia lavorare per concedere un’alternativa di vita a quanti non ne hanno - ha dichiarato l’assessore Medici -. È questo il presupposto essenziale per ogni politica che miri in maniera seria alla lotta alla criminalità. Costruire per queste persone una possibilità d’inserimento nel già difficile mondo del lavoro è basilare per il pieno recupero di quanti hanno sbagliato a volte anche perché non avevano molte alternative". Udine: cortometraggio realizzato dai detenuti del carcere
Il Gazzettino, 12 settembre 2007
Un cortometraggio interamente concepito, scritto, interpretato e realizzato dai detenuti della Casa Circondariale di Udine. Questo è l’obiettivo del laboratorio artistico e video curato dalla regista e attrice Rita Maffei, al via lo scorso 29 agosto. Inserito all’interno del Progetto pilota in tema di disadattamento, devianza e criminalità, che il Css Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia coordina da oltre vent’anni all’interno delle Case Circondariali di Udine, Pordenone e Tolmezzo grazie al sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, questo percorso di lavoro impegna i detenuti partecipanti, nell’arco di dodici incontri di tre ore ciascuno, nella ricerca di uno spunto, una storia, un tema su cui costruire un soggetto significativo per loro, rappresentativo della loro esperienza interiore. "In queste prime ore di laboratorio abbiamo chiesto ai partecipanti di portare il loro contributo attingendo dalla loro storia personale, guidati, ma liberi di proporre testi (poesie, storie, idee, canzoni), scritti da loro stessi - spiega l’attrice e regista del Css, che continua - quello che emerso fin’ora è un comune desiderio di viaggiare, in libertà, sia in senso fisico che mentale, alla ricerca della felicità. Il soggetto del cortometraggio si costruirà dunque attraverso ogni singola testimonianza, in una sorta di caleidoscopio che porta un pezzo della storia di ciascun partecipante conclude Rita Maffei. La successiva fase del laboratorio prevede la creazione di uno story board e quindi le riprese e la realizzazione del video, che si avvarrà, nella stessa fase delle riprese, del montaggio e della post-produzione della collaborazione dello Studio Video Entract di Udine. Tutte le diverse fasi del progetto di lavoro saranno caratterizzate dalla partecipazione attiva e collettiva dei detenuti. Agrigento: a contrada Petrusa è tornato il "tutto esaurito"
La Sicilia, 12 settembre 2007
A un anno dall’indulto concesso a chi ha da scontare pene inferiori ai tre anni di detenzione, nel carcere di contrada Petrusa i benefici effetti di tale provvedimento sono già un lontano ricordo. Nei mesi immediatamente successivi all’apertura delle celle per decine di detenuti rinchiusi nel penitenziario agrigentino la cosiddetta "popolazione carceraria" era scesa addirittura al di sotto dei 200 detenuti. Un numero che aveva permesso alla direzione della struttura di rendere più vivibili le celle e più umano il regime di detenzione. Adesso, a distanza di alcuni giorni dal primo compleanno dell’indulto a Petrusa si è tornati al punto di partenza. Al momento si sfiora la quota delle 300 persone rinchiuse nelle patrie galere agrigentine, la maggior parte delle quali sono "ospiti" della sezione "comune", mentre il resto si trova nella sezione di massima sicurezza. A far lievitare giorno dopo giorno il numero delle persone detenute nel penitenziario tra Agrigento e Favara sono stati gli arresti effettuati dalle forze dell’ordine tra chi si è macchiato di reati "comuni". Ad esempio danneggiamenti, furti e altri reati che comunque, nella maggior parte dei casi si concludono con una detenzione di pochi giorni. Al Petrusa dunque c’è un continuo "turn over" di carcerati, con le decine di immigrati clandestini approdati sulle coste di Lampedusa o dell’agrigentino che la fanno da padroni. E proprio la massiccia e costante affluenza di nuovi "clienti" della casa circondariale agrigentina a far lievitare il numero complessivo delle presenze. C’è un dato da evidenziare ulteriormente. Il sovrannumero già scattato da alcune settimane si registra soprattutto all’interno della sezione comune dunque, dove sono già stati riposizionati dopo mesi di assenza i letti a castello a tre elevazioni. Una decisione indispensabile per guadagnare spazio all’interno delle celle le cui dimensioni non cambiano a seconda dell’indulto. A far toccare quota 300 sono stati anche coloro i quali, dopo essere stati scarcerati, tornando in libertà sono stati riarrestati per avere compiuto gli stessi o altri reati che hanno richiesto l’uso delle manette alle forze dell’ordine. Secondo il direttore del carcere Giovanni Mazzone "è una leggenda metropolitana quella che racconta dei detenuti che dopo essere stati scarcerati tornano in cella dopo poco tempo. La verità è che la criminalità offre sempre nuovi spunti alle forze dell’ordine e il ricambio della popolazione carceraria è sempre costante". Come costanti sono i problemi del Petrusa. Scarse risorse economiche rendono a dir poco problematico comprare anche una risma di carta per scrivere, per non parlare dei debiti accumulati con i fornitori di carburanti o con le ditte che si occupano della manutenzione di uno stabile già vecchio dopo circa 10 anni dalla sua inaugurazione. Chi ironicamente lo chiama "Grand Hotel Petrusa", alla luce di tutte queste emergenze, farebbe meglio a cambiare definizione. Firenze: una nuova Ordinanza comunale contro i lavavetri
Corriere della Sera, 12 settembre 2007
Il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, ha varato una nuova ordinanza contro i lavavetri, che sostituisce quella del 25 agosto, che è stata revocata. Nel testo scompare il riferimento all’esercizio del mestiere girovago di lavavetri, ma adesso c’è il divieto di "avvicinarsi agli automobilisti per offrire attività di pulizia dei vetri". La nuova ordinanza stabilisce infatti, al punto 2, che "fino al 30 ottobre 2007" è fatto "divieto alle persone, nelle strade cittadine e agli incroci semaforici, di avvicinarsi agli automobilisti, durante talune fasi della circolazione, per offrire attività di pulizia vetri o fari dell’automezzo e aspettarsi, in conseguenza, l’elargizione di denaro". Inoltre, "l’inosservanza delle disposizioni di cui al punto 2 è punita ai sensi dell’art. 650 del codice penale, e con il sequestro delle attrezzature utilizzate durante la tenuta dei comportamenti di cui al punto 2". Il compito di "far osservare la presente ordinanza", scrive Domenici, spetta "agli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria". Il provvedimento di modifica segue la richiesta di archiviazione delle denunce a carico dei lavavetri, richiesta avanzata lunedì dal procuratore capo di Firenze, Ubaldo Nannucci, secondo cui "il mestiere girovago di lavavetri è previsto dalla legge come illecito amministrativo, e per il principio di specialità non può essere oggetto di illecito penale". Droghe: don Gelmini; indagati anche alcuni collaboratori
Corriere della Sera, 12 settembre 2007
La procura: avrebbero offerto favori e soldi per far ritrattare i testi appena hanno saputo che erano arrivate le prime denunce ed era stata aperta un’inchiesta. Hanno incontrato persone, chiesto pareri illustri e poi avrebbero offerto soldi e favori. È stata proprio questa attività a far finire alcuni di loro nel registro degli indagati per favoreggiamento. La rete di don Pierino Gelmini è raccontata nelle carte processuali della magistratura di Terni. Sono i collaboratori più stretti ad essersi attivati per proteggere il fondatore della comunità "Incontro" di Amelia, indagato per violenza sessuale nei confronti di alcuni giovani tossicodipendenti ospitati nella struttura. Ma lui stesso avrebbe cercato appoggi. Per questo si sarebbe rivolto all’ex procuratore di Terni Cesare Martellino che nel 2002 aveva già archiviato un’analoga indagine. Dal magistrato, ora all’Aja come responsabile per l’Italia di Eurojust - la struttura giudiziaria europea - sarebbe poi andato uno dei volontari che da anni lavora con il sacerdote. Cinque anni fa il magistrato aveva esaminato una denuncia per molestie trasmessa dai colleghi di Bari per competenza, ma aveva ritenuto che non ci fossero gli elementi sufficienti a contestare il reato. Ora la situazione è cambiata. E da quando sono arrivate nuove decine di denunce, gli accertamenti si sono concentrati sull’attività di chi, secondo l’accusa, mirava a inquinare le prove. Sono le intercettazioni telefoniche a rivelare le "pressioni" esercitate sui ragazzi per convincerli a ritrattare. C’è chi si accorda con uno dei segretari sulla versione da fornire prima dell’interrogatorio. Ma c’è anche una donna che racconta di aver ricevuto 4.000 euro da un prete amico di don Gelmini per convincere il figlio a modificare quanto raccontato a verbale. Tracce di soldi versati alle parti lese si rintracciano nella movimentazione bancaria, ma soprattutto nelle registrazioni dei colloqui e nelle dichiarazioni delle parti lese . Molti hanno detto di aver ricevuto promesse di denaro che però non è mai stato versato, altri hanno ammesso di averne ricevuto soltanto una parte, altri ancora giurano di aver rifiutato l’offerta proprio perché "volevamo che uscisse fuori tutta la verità". Di quello che stava accadendo don Gelmini avrebbe parlato con Martellino dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia. Durante il colloquio il magistrato si sarebbe mostrato incredulo rispetto ai provvedimenti presi dai suoi colleghi di Terni. "Ma non è possibile, avevamo già archiviato", avrebbe commentato prima di consigliare al prete di cercarsi un buon avvocato. Qualche tempo dopo sarebbe nuovamente intervenuto come "consigliere", incontrando all’Aja uno dei volontari della comunità che aveva voluto vederlo per capire come bisognava muoversi. Gli investigatori stanno poi approfondendo i contatti tra l’avvocato Lanfranco Frezza e alcuni testimoni per capire se quanto raccontato a magistrati e poliziotti possa essere stato concordato con la difesa del sacerdote. Ieri il legale ha sostenuto che le nuove denunce presentate durante l’estate "non sono altro che un riassunto, anche fatto male, delle puntate precedenti". Il fondatore di "Incontro" si è invece affidato all’ex parlamentare di Forza Italia Alessandro Meluzzi che gli fa da portavoce: "Don Pierino continua a lavorare e prega con tenerezza per tutti i suoi ragazzi, di ieri, di oggi e di domani. Anche quelli che lo accusano. È stato sommerso da telefonate di solidarietà, ma coloro che gli sono più vicini sono preoccupati per la sua salute. Ha 82 anni e un pacemaker. Certo la sua anima è forte come la roccia, ma la salute è quella di un uomo anziano e un po’ malato". Iran: impiccati 8 detenuti; sono oltre 200 dall’inizio dell’anno
Associated Press, 12 settembre 2007
Il boia non si ferma in Iran, oggi sono stati impiccati altri otto detenuti sull’onda della strategia governativa indirizzata ad accrescere la sicurezza pubblica. Sette persone condannate per traffico di droga sono state giustiziate pubblicamente nella città di Mahan, 25 chilometri da Kerman. Lo riferisce l’agenzia Fars. Un ottavo detenuto riconosciuto colpevole di omicidio, secondo quanto riporta l’agenzia Isna, è stato impiccato nella provincia di Hormozgan. Non è chiaro se la condanna sia stata eseguita in pubblico o in carcere. Le nuove esecuzioni portano ad almeno 201 il numero dei giustiziati in Iran dal gennaio 2007.
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