|
Genova: suicidio detenuto, polemico il sindacato degli agenti
Ansa, 20 maggio 2007
Il suicidio. Un detenuto nella sezione "a rischio" del carcere di Marassi, Roberto Conte, di 43 anni, originario di Como, tossicodipendente, si è impiccato giovedì scorso utilizzando delle lenzuola di carta. L’uomo, in attesa di giudizio, si trovava in carcere per la ricettazione di un assegno di 2.500 euro. Il direttore. "Si trattava di un soggetto psichiatrico - spiega Salvatore Mazzeo, direttore del carcere -; veniva perciò controllato ogni 15 minuti. Aveva vestiti monouso e lenzuola di carta, ma è riuscito comunque a togliersi la vita". La polemica. "Un dramma che si poteva evitare" - è il commento di Patrizia Bellotto, responsabile per la Cgil - Polizia Penitenziaria. "Il suicidio di questa persona deve pesare sulle coscienze di tutti, ma soprattutto di chi avrebbe dovuto e potuto garantire un nuovo corso al difficile lavoro del poliziotto penitenziario e invece si è reso complice ed ha alimentato un indecente sistema di favoritismi". Le richieste inascoltate. La Bellotto ricorda inoltre che il 28 aprile scorso "il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, è venuto a Genova, ma ha evitato accuratamente di incontrare i rappresentanti sindacali del personale di polizia penitenziaria probabilmente per evitare di ascoltare le proteste della Cgil che nuovamente avrebbe denunciato l’insostenibile situazione delle carceri a causa, soprattutto, dell’abuso dello strumento del distacco". Sicurezza: Ferrero; ok al piano di Amato, ma non basterà
Ansa, 20 maggio 2007
Il piano Amato sulla sicurezza va bene, ma non basta. È in sostanza il parere del ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, rispetto al progetto varato dal ministro dell’interno e dai sindaci. Ferrero, intervistato da Repubblica, ha infatti sottolineato l’importanza di lavorare contro la criminalità sia sul piano repressivo ma anche di costruzione delle relazioni sociali per prevenire i conflitti. Ferrero ha respinto le accuse avanzate dell’opposizione di giustificare i reati commessi da immigrati. "Io - ha detto - penso una cosa banale. Che tutti i reati vanno perseguiti, chi delinque deve andare in carcere". Vanno realizzate politiche repressive ma anche "spendere soldi per insegnare agli immigrati l’italiano, la costituzione italiana, inserire i bambini stranieri a scuola". "Oltre che dire che se un immigrato delinque deve andare in galera che devo dire? Lo dobbiamo ammazzare? Fucilarlo? Deve andare in galera ed avere la certezza della pena. Accanto a questo lavoro di repressione, vanno ricostruiti i legami sociali che permettono di rompere l’isolamento, soprattutto nelle grandi città", alla base della "diffusa percezione di insicurezza" della gente. Un lavoro che prevede perciò interventi di politiche sociali più ampi (come la lotta al lavoro precario e ad avere maggiori servizi) che ridono i conflitti sociali. E senza le quali, "sì, si possono creare disordini". Se gli italiani si lamentano che gli immigrati hanno le case e loro no - ha osservato Ferrero - "hanno ragione. Sulla casa va fatta una politica" nuova, sia per gli italiani ma, ad esempio, anche per i nomadi. Roma: Danilo Coppola in carcere, un "padre discriminato"
Ansa, 20 maggio 2007
L’immobiliarista Danilo Coppola, detenuto a Rebibbia, è diventato padre ma non ha potuto vedere il figlio appena nato. La denuncia è dell’Associazione "Figli negati" che pur non volendo entrare minimamente nella vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’immobiliarista romano, sottolinea con una nota la grande disparità di trattamento che ricevono i padri al confronto delle mamme quando sono in carcere. Come se non bastassero le discriminazioni della vita quotidiana - si legge inoltre sulla nota - se ne aggiungono anche altre di natura penitenziaria. Mentre per le donne detenute con figli piccoli è prevista una legislazione protettiva (possono tenerli in carcere nei primi tre anni di vita e possono vederli in luoghi protetti), per i papà detenuti, separati e non, non è prevista neppure una piccola visita in ospedale per vedere in faccia il proprio figlio". Fossombrone: sopralluogo di Rc; carcere senza gravi disagi
Corriere Adriatico, 20 maggio 2007
"Soddisfacente, quantomeno non delle peggiori, la situazione che ho trovato all’interno del carcere di Fossombrone in termini di adeguamenti strutturali per migliorare la funzione dei servizi, così come previsto dall’apposito regolamento": è quanto ha dichiarato il consigliere regionale di Rifondazione Comunista Michele Altomeni al termine della visita ufficiale nel corso della quale è stato accompagnato da una volontaria.
Cosa è emerso in particolare? "Di positivo il fatto che le celle sono tutte singole per cui anche il problema dei servizi igienici non è drammatico come altrove e come ho avuto modo di vedere altrove".
Quali le carenze? "Il regolamento prevede la possibilità che i detenuti incontrino i familiari in un’area all’aperto. Per ora non è possibile. Per le strutture necessarie mancano i fondi".
In che termini ha inciso l’indulto? "In maniera limitata. Hanno beneficiato del provvedimento 16 detenuti. In tutto sono 105".
Il campetto di calcio è a posto? "Ci vorrebbe un tappeto erboso per renderlo più gradevole e meno polveroso".
L’acqua calda arriva nelle celle? "No, ma c’è nelle docce alle quali i reclusi possono accedere su richiesta anche tutti i giorni".
Problemi di sovraffollamento? "No. Nella maniera più assoluta".
Come proseguono le attività educative? "Quelle interne devono rispondere alle richieste dei reclusi forse in maniera più organica e meno burocratica. Dall’esterno non mancano stimoli e iniziative grazie ai volontari. Ci sono anche due corsi di teatro".
E per quanto riguarda il lavoro che i detenuti vorrebbero fare? "Al momento sono possibili solo quelli domestici. E la realtà è in effetti penalizzante. Quattro detenuti sono stati impegnati nella pulizia del parco Carloni grazie alla convenzione sottoscritta con il Comune per la gestione delle aree verdi".
Si parla della possibilità di lavori agricoli? "C’è un appezzamento di terreno, antistante la casa di reclusione, che può essere preso in affitto. Si spera di poter arrivare a porto".
Cosa pensa di poter fare la Regione per quanto riguarda gli istituti di pena e la loro popolazione? "Stiamo lavorando ad una legge che possa poi prevedere specifiche deleghe alla Province, siamo impegnati sui questa direttiva". Consolante che all’interno del carcere di Fossombrone sia stata riscontrata ancora una volta una situazione qualificata nel suo complesso. Un aspetto che si è sempre evidenziato e ancor più consolidato negli ultimi anni. Non è un caso se esiste anche un corso di studi superiori gestiti dal polo "L. Donati". Importante il lavoro portato avanti dai volontari. Padova: "Polo Universitario", sono 20 i detenuti - studenti
Il Gazzettino, 20 maggio 2007
Università e carcere: un legame che si rinnova. È stata infatti firmata l’altra mattina, a palazzo del Bo, la convenzione attraverso la quale prosegue il rapporto tra il nostro ateneo e il carcere Due Palazzi, con il supporto della Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, che consentirà ai detenuti - con accertati requisiti di idoneità - di seguire il percorso accademico anche durante la detenzione. Attualmente sono venti i detenuti iscritti ai corsi universitari: 12 alla Facoltà di Lettere e Filosofia, 4 a Scienze Politiche, 2 a Giurisprudenza e uno ciascuno a Psicologia e Farmacia. All’interno del Due Palazzi, poi, è stato creato uno speciale reparto in cui otto detenuti possono seguire gli studi universitari seguendo un regime carcerario più "aperto" rispetto ai loro compagni. "È uno spazio - spiega il direttore del Due Palazzi, Salvatore Pirruccio - in cui vi è una sorveglianza differente rispetto agli altri reparti della struttura. Qui i detenuti che studiano possono farlo assieme, consultando i libri e confrontando la loro preparazione. Naturalmente i criteri di selezione per accedere a questo reparto sono alti: i detenuti iscritti all’università debbono infatti avere superato tutti gli esami del primo anno, quindi c’è anche la consultazione con i professori e con i responsabili del carcere. Ora le Facoltà che fanno parte della convenzione, attivata per la prima volta nell’anno accademico 2004-5 - termina il direttore Pirruccio - sono sei, ma in futuro spero vivamente il numero possa essere incrementato". Nel frattempo c’è da registrare la prima laurea, in Giurisprudenza, ottenuta da un ex detenuto che dopo la scarcerazione ha proseguito l’impegno universitario. Un risultato che fa ben sperare. "I detenuti - ricorda il professor Giorgio Ronconi, docente alla Facoltà di Lettere e Filosofia - sono seguiti da quindici docenti che tengono lezioni ed esami in carcere, da quattordici volontari e da 6 tutor. Da settembre gli esami sostenuti sono stati 50 e le medie sempre molto alte". Tra gli studenti che vengono preparati in carcere ci sono anche sei stranieri. "L’auspicio - afferma Felice Bocchino, provveditore regionale alle Carceri - sarebbe quello di estendere questa convenzione a tutti gli istituti penitenziari del Triveneto, anche a quelli femminili". Droghe: studente morto; 30.000 "spinelli" per dose mortale
Notiziario Aduc, 20 maggio 2007
La dose letale di cannabis è 30 mila volte la dose normale. È quanto precisa il sociologo Guido Blumir, presidente del comitato scientifico "Libertà e droga" ricordando che "già due mesi fa, la direzione generale del ministero della salute francese, ha segnalato la presenza sul mercato di marijuana adulterata". "I trafficanti per imbrogliare i consumatori spargono sulle piante microsfere vetrose. Così, l’erba appare più luccicante e pesa di più, con maggiori profitti. Questa marijuana adulterata, dice il ministero della sanità francese, se fumata può provocare gravi difficoltà respiratorie. Si sono verificati due casi nel nord della Francia fortunatamente non mortali, anche perché adeguatamente soccorsi". "Dunque - sottolinea Blumir - non è lo spinello ad uccidere, ma le ignobili tecniche del mondo dello spaccio. In Olanda non succede perché i coffee shop dove è legale la vendita, vendono solo marijuana controllata, e non si azzardano mai a vendere prodotti adulterati. Anche in Belgio i giovani consumatori sono più al sicuro perché possono legalmente coltivare due o tre piante in casa". Usa: in California organizzati corsi di formazione per i "boia"
Peace Reporter, 20 maggio 2007
Rimandata in iniezione letale, la California ha deciso di far ritornare sui banchi i suoi boia, nel tentativo di migliorare la procedura delle esecuzioni. Con una moratoria in vigore da oltre un anno, confermata da un giudice che non ha risparmiato le critiche al sistema, il governatore Arnold Schwarzenegger ha presentato una serie di misure che prevedono la costruzione di una nuova camera di morte e nuovi corsi di formazione, ma non toccano la fase più controversa: quella del tris di sostanze iniettate nelle vene del condannato, che secondo molti non rendono indolore la morte, come invece prevede la Costituzione statunitense. Il piano. Le circa cento pagine del progetto illustrano come le autorità californiane intendono spazzare il sospetto della punizione "crudele e fuori dal comune", sollevato lo scorso dicembre da un giudice distrettuale di San Josè in risposta alla causa presentata da Michael Morales, un detenuto che avrebbe dovuto essere giustiziato nel febbraio 2006 per l’omicidio di una 17enne. La conclusione del magistrato fu che la California non poteva riprendere le esecuzioni, sospese proprio per il caso di Morales, finché non avesse colmato le falle della procedura, che il giudice definì "profondamente inquietante". Tra i problemi individuati c’erano lo scarso addestramento degli addetti all’esecuzione, una camera di morte troppo piccola e decadente nel carcere di San Quintino, e una somministrazione sbagliata dei medicinali letali. Nel nuovo piano sono contenute le istruzioni per preparare meglio l’iniezione, nuove regole per controllare che la procedura si svolga correttamente, nonché un vero e proprio corso di aggiornamento per i boia. È previsto anche il completamento di una nuova, più grande e moderna, camera di morte, la cui costruzione è stata però interrotta dal Parlamento californiano perché ha sfondato il budget. I dubbi. Basterà per convincere il giudice ad annullare la moratoria? Per Deborah Denno, una professoressa di diritto della Fordham University che studia da anni la questione dell’iniezione letale, i cambiamenti introdotti dalla California sono insufficienti. "Il piano è sconvolgente, specie se si pensa a quante attenzioni vi erano state riposte: sono 94 pagine di propositi vaghi. Non dicono che qualifiche dovranno avere gli addetti all’esecuzione, vengono introdotte otto ore di aggiornamento ma non si sa di che tipo". Soprattutto, non viene toccata la composizione del tris di sostanze letali (la prima per sedare il detenuto, la seconda per paralizzargli i muscoli e la terza per fermare il cuore) iniettate sul lettino di morte. Gli avvocati di sempre più condannati, nonché un numero crescente di esperti, affermano che la seconda sostanza, il bromuro di pancuromio, impedisce al detenuto di manifestare la sua eventuale sofferenza per i muscoli che si contraggono. "E invece di affrontare la questione, con questo piano la California prevede addirittura di diminuire, da cinque a tre grammi, la dose della prima sostanza sedativa", accusa la Denno. Pena umana. La questione della sofferenza del condannato è fondamentale: la Corte Suprema statunitense, che nel 1976 ha reintrodotto la pena di morte, ha specificato che la pena non deve essere "cruel and unusual", crudele e fuori dal comune: tre parole attorno cui ruota buona parte dell’attuale dibattito sulla pena di morte negli Usa. Alcuni episodi degli ultimi mesi - come il caso di un condannato in Florida che è morto in 34 minuti, anziché nel consueto quarto d’ora - hanno ridato visibilità al problema, diverse testimonianze parlano di condannati che danno chiari segni di sofferenza ma sono immobilizzati. Dopo l’esempio di Morales, decine di detenuti nel braccio della morte hanno chiesto la sospensione della condanna, e al momento una moratoria sulle esecuzioni è in vigore in 11 dei 37 stati Usa che prevedono la pena capitale. Il modo in cui si concluderà questa vicenda in California, lo stato Usa con più condannati (oltre 650), creerà un precedente che potrebbe dettare le tendenze future nel resto degli Stati Uniti.
|