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Giustizia: i dati sulla criminalità e i "patti per la sicurezza"
La Stampa, 21 maggio 2007
Di criminalità, immigrazione, sicurezza da qualche mese si parla sempre di più. Soprattutto dopo la manifestazione del 26 marzo a Milano, guidata dal sindaco Letizia Moratti, qualcosa sembra essere cambiato. Ora del problema sembra accorgersi anche la sinistra, da sempre in imbarazzo su questo genere di faccende. Persino il governo, dopo aver appoggiato l’anno scorso l’indulto (che ha rimesso in libertà circa 25 mila detenuti), sembra ora rendersi conto che non si può continuare a nascondere la testa sotto la sabbia. I cittadini sono esasperati, e il ministro dell’Interno risponde con una raffica di "patti per la sicurezza", che proprio in questi giorni cominciano ad essere perfezionati con le maggiori città italiane. Ma è giustificato l’allarme dell’opinione pubblica? Mi sono posto questa domanda perché troppe volte, negli ultimi dieci anni, l’opinione pubblica si è mossa - per così dire - in controtendenza rispetto ai fatti. Nella campagna elettorale del 1996 i reati erano a un livello molto alto, ma si parlava solo di tasse e Stato sociale. Poi venne il primo governo Prodi, i reati diminuirono sensibilmente per quattro anni (dal 1997 al 2001), ma alla fine della legislatura, nella vittoriosa campagna elettorale del 2001, Berlusconi puntò parecchie carte sulla paura per la criminalità e l’immigrazione (la diminuzione dei reati era la seconda delle 5 promesse del "Contratto con gli italiani"). Una volta conquistato il governo, il centro-destra evitò accuratamente di alimentare campagne allarmistiche, nonostante i reati fossero tornati ad aumentare in modo preoccupante. Alla fine della legislatura, infine, i reati cominciarono di nuovo a diminuire, al punto che nell’estate del 2006 - appena insediato il governo Prodi - il ministro dell’Interno Giuliano Amato poté constatare compiaciuto: "I reati sono diminuiti, ma non chiedetemi perché". Era il giorno di Ferragosto del 2006, data in cui tradizionalmente il ministero dell’Interno presenta gli ultimi dati sull’andamento dei delitti. Che da qualche mese i reati stessero finalmente diminuendo non avrebbe dovuto stupire più di tanto, perché allora si era da poco manifestata una certa ripresa economica, e in Italia l’andamento dei delitti segue (inversamente) il ciclo economico: alcuni importanti tipi di delitti aumentano quando l’economia ristagna, calano quando l’economia cresce. E a metà del 2006, da circa un anno, l’economia italiana era finalmente tornata a crescere. Ma che cosa è successo dopo, ossia dall’estate scorsa a oggi? Qui è più difficile fare affermazioni perentorie, perché i dati ufficiali sono pochi, molto frammentari e scarsamente aggiornati. Però qualcosa si può dire, grazie a diversi tipi di fonti. I delitti totali, secondo i dati provvisori del ministero dell’Interno, erano in diminuzione nel primo semestre del 2006, sono aumentati nel secondo, in un periodo cioè che include interamente i mesi delle scarcerazioni post-indulto (29 luglio 2006). Furti e rapine, in particolare, erano in diminuzione nel primo semestre del 2006 (furti: -5,1%; rapine: -6,9%), ma tornano a crescere nel secondo semestre (furti: +5,7%; rapine: +15,2%). Ancora più netti i dati dell’Associazione bancaria italiana, che presenta oggi a Roma un accuratissimo rapporto sulle rapine in banca, a cura dell’Ossif (Osservatorio Sicurezza Fisica). Elaborandone i dati si può notare che nei 7 mesi pre-indulto, ossia nel periodo gennaio-dicembre 2006, le rapine in banca erano decisamente calanti (-17%), mentre nei 5 mesi post-indulto, ossia nel periodo agosto-dicembre 2006, la tendenza si inverte e si registra un vertiginoso aumento delle rapine (+30,5%). Certo, il ministro della Giustizia Mastella prova a rassicurarci facendo notare che gli indultati recidivi sono "solo" il 12%, senza però rendersi conto dell’autogol. Il 12% di rientri significa anche che l’88% è ancora in libertà, e proprio il fatto che nel giro di pochi mesi ne sia già rientrato ben il 12% indica che il ritmo di rientro è molto alto. L’88% di non rientrati sarebbe un dato confortante se fosse registrato a sette anni dell’indulto, non a sette mesi: a questi ritmi di rientro, quell’88% non segnala la presenza di un esercito di reinseriti nella società, ma l’esistenza - accanto a una quota di redenti - di una imponente riserva di criminalità. Altrettanto preoccupanti i dati provenienti da fonti ancora più aggiornate, come l’amministrazione penitenziaria e la Polizia di Stato. Nei primi 8 mesi dopo l’indulto il ritmo di crescita della popolazione carceraria è triplicato (sestuplicato nel caso degli stranieri). Analogamente, le persone denunciate all’autorità giudiziaria in operazioni anti-droga stavano diminuendo prima dell’indulto (-11.5%), mentre nei primi 8 mesi post-indulto sono di nuovo in crescita, sia nella componente italiana (+1,4%) sia - soprattutto - nella componente straniera (+10,4%). In breve tutti i dati che via via divengono disponibili disegnano un quadro abbastanza coerente, fatto essenzialmente di tre tasselli. Primo: dopo anni di crescita della criminalità (2001-2005), la ripresa dell’economia (2005-6) aveva innescato un trend di riduzione dei delitti. Secondo: l’indulto ha interrotto e invertito quel trend, favorendo una ripresa della criminalità. Terzo: tale ripresa coinvolge più gli stranieri che gli italiani. Quest’ultimo aspetto è particolarmente triste, perché fino a un anno fa il trend era esattamente quello opposto: la pericolosità relativa degli immigrati, pur restando inaccettabilmente alta (almeno 5 volte quella degli italiani), era comunque in costante diminuzione da un decennio. Ora il rischio è che la crescita dei reati commessi da stranieri finisca per rendere la vita più difficile innanzitutto agli immigrati regolari, che lavorano onestamente, rispettano le leggi, e sono la maggioranza degli immigrati. Sembra dunque, per una volta, che quotidiani e opinione pubblica ci abbiano preso, e che sia la politica - semmai - che dovrebbe deporre i propri pregiudizi. Già, perché alle volte si dimentica che i pregiudizi non sono solo quelli negativi, o "cattivisti". Esistono anche i pregiudizi positivi, o buonisti. Ad esempio l’idea del ministro della Giustizia, che si rifiuta di riconoscere gli effetti dell’indulto sul tasso di criminalità. O quella del ministro Ferrero, che si ostina ad affermare che gli immigrati non sono più pericolosi degli italiani. Tutti pregiudizi dettati dall’amore, beninteso, ma pur sempre pregiudizi. Giustizia: la sicurezza vista dalla sinistra, un nodo da sciogliere
Il Messaggero, 21 maggio 2007
Non c’è bisogno di scomodare sociologi o sondaggisti per sapere che il tema della sicurezza figura da sempre ai primi posti nella scala di priorità che la maggioranza dei cittadini vorrebbe veder adottata dai pubblici poteri. Quando poi sale la concentrazione - non importa quanto reale e quanto enfatizzata dai media - di eventi criminosi atti a colpire l’opinione pubblica, la domanda di sicurezza si fa imperiosa. E a nessun politico è concesso di liquidarla come manifestazione di isteria collettiva o come frutto di strumentalizzazione partigiana. Il problema, è evidente, riguarda in primo luogo la sinistra. Non solo perché è oggi al governo del Paese e di molte grandi città. Ma anche perché, contrariamente alla destra, ha sempre sofferto di una naturale difficoltà a coniugare alcuni principi costitutivi della sua identità (ad esempio quello che collega la piccola criminalità al disagio sociale) con le esigenze di tutela della sicurezza pubblica. Sono lontani i tempi in cui minoranze non trascurabili della cultura di sinistra condannavano, quasi per automatismo, ogni forma di intervento repressivo e auspicavano la chiusura delle carceri o il disarmo della polizia, mentre i più consideravano pericoloso in sé i! ricorso alle formule basate sul binomio "Legge e ordine": quasi che queste due parole (che la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica associa a immagini positive) evocassero chissà quale vocazione forcaiola. Oggi i leader del centro-sinistra si guardano bene dal sottovalutare le sfide di una criminalità che li minaccia non solo in quanto amministratori, ma anche (è il caso di Sergio Cofferati) come persone fisiche. Quando il sindaco di Bologna ricorda che il rispetto della legge è la condizione prima della civile convivenza (il messaggio è rivolto a coloro che ancora oggi si fregiano del titolo di "disobbedienti"), quando il sindaco di Roma si fa promotore di una iniziativa coordinata fra gli amministratori delle grandi città sul tema della sicurezza, quando il ministro degli Interni ripete che sono i soggetti più deboli ì più esposti alla minaccia della microcriminalità, appare evidente che il problema è fortemente sentito, vuoi per convinzioni mature, vuoi per comprensibili (e legittime) esigenze di consenso. Ma il disagio resta e si collega non tanto a un generico retaggio culturale difficile da liquidare, quanto ad alcune questioni specifiche: ieri l’indulto, oggi l’immigrazione clandestina. Sia ben chiaro: la sinistra fa benissimo - dal suo punto di vista e, secondo me, in assoluto - a respingere ogni tentazione xenofoba e a battersi per l’accoglienza e l’integrazione civile e politica dei nuovi arrivati. Ma proprio per questo non può non porsi in modo serio il problema degli ingressi abusivi e delle misure atte a contrastare il fenomeno. Un problema che non riguardagli immigrati in quanto stranieri, e come tali portatori di una qualche connaturata pulsione a delinquere. Il pericolo viene dai clandestini, e non perché siano più cattivi degli altri, ma perché non sono identificabili né controllati. Quando si legge che il presunto responsabile di un delitto che ha molto colpito l’opinione pubblica - l’uccisione a Napoli di una donna che cercava di impedire il furto della sua auto - vive in Italia come clandestino da tredici anni (più o meno l’età della seconda Repubblica) non si può fare a meno di pensare che nella normativa su ingressi ed espulsioni c’è, oggi come ieri, qualche cosa che non va. Delle due l’una: o si afferma che in Italia, e dunque in Europa, tutti possono venire a stabilirsi come e quando vogliono; o si adottano leggi efficaci non solo per fissare un filtro, ma anche per renderlo effettivo. Il che oggi è molto difficile e lo sarà ancor più domani se il disegno di legge Amato-Ferrero, per altri aspetti condivisibile, dovesse passare nella sua forma attuale. Non stiamo parlando di opzioni politiche e tantomeno di schieramenti ideologici: si tratta solo di applicare una modica dose di coerenza e di buonsenso. Bergamo: "Lisola"; dopo l’indulto il sostegno al reinserimento
L’Eco di Bergamo, 21 maggio 2007
Mercoledì 23 maggio alle ore 11.30, nella sede del Settore Istruzione, Formazione, Lavoro e Attività produttive della Provincia di Bergamo - viale Papa Giovanni XXII,106 - si terrà una conferenza stampa per la presentazione del progetto "LI.So.La.": Liberati per Indulto: Sostegno al reinserimento Lavorativo. All’incontro interverranno l’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Provincia di Bergamo, Giuliano Capetti, l’Assessore alle Politiche Sociali Elena Carnevali del Comune di Bergamo e il Provveditore Regionale per la Lombardia dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Ministero della Giustizia Luigi Pagano. L’obiettivo del progetto LI.So.La è quello di favorire il reinserimento sociale e lavorativo delle persone beneficiarie dell’indulto ed evitare la loro ricaduta attraverso la realizzazione di una serie di interventi d’inserimento socio-lavorativi finanziati dalla Cassa Ammende del Ministero della Giustizia e dalla Regione Lombardia che prevedono la creazione di "borse lavoro" da 500 euro mensili per sei mesi. Il progetto prevede, tramite il coinvolgimento delle Province, dei Comuni e delle associazioni, il sostegno nella ricerca del lavoro e il supporto all’inserimento lavorativo per coloro che si sono trovati in difficoltà sotto il profilo socio economico e professionale. Prevista anche la creazione di una vera e propria "cabina di regia", in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria, le istituzioni locali e il terzo settore. Inizialmente saranno organizzati, in tutto il territorio lombardo, 103 inserimenti lavorativi ma a fronte delle numerose richieste, si sta profilando il finanziamento per altri 70 interventi. I Comuni e gli Istituti Penitenziari sono tenuti a presentare alle Province di competenza tutti i documenti necessari, sarà poi compito delle amministrazioni provinciali attivare i servizi per l’orientamento, l’avviamento e l’accompagnamento al lavoro. Naturalmente, costituisce criterio di priorità per l’ammissione al progetto, una situazione di svantaggio economico e sociale. L’accesso alle risorse sarà subordinato alla stipula di un apposito contratto, tra il datore di lavoro e la direzione Uepe (Ufficio Esecuzione Penale Esterna). La partecipazione al progetto "Lisola" da parte delle due amministrazioni rientra tra gli obiettivi condivisi nel consiglio provinciale in adunanza aperta e in seduta congiunta del 2 maggio sul tema Carcere-Territorio Bergamo in attuazione dell’art.8 della L.R. n°8 del 14/02/2005. Bologna: gli studenti del Liceo "Sabin" in visita alla Dozza
www.noipress.it, 21 maggio 2007
Quarantasette studenti dell’indirizzo di scienze sociali del liceo scientifico Sabin di Bologna lunedì entrerà alla Dozza per incontrare 23 detenuti che frequentano la media superiore interna alla casa circondariale per confrontarsi su temi relativi alla pena, alla violenza e alla legalità, ai percorsi di reinserimento. È la prima volta in Italia che studenti dell’indirizzo sociale di una scuola media superiore entrano in un penitenziario. Si tratta di un’iniziativa coordinata dal Laboratorio locale di comunicazione gestito dall’associazione Nuovamente nell’ambito del progetto Equal Pegaso, che opera sulle esperienze di inclusione dei detenuti e in generale sul mondo del carcere e dei diritti. Gli studenti, che insieme a due operatori di Equal Pegaso saranno accompagnati da quattro insegnanti e dal presidente di Nuovamente Diego Benecchi, incontreranno anche la direzione della casa circondariale e gli operatori di polizia penitenziaria per proseguire così un ciclo di appuntamenti di formazione e orientamento su tematiche sociali. Napoli: Sant’Egidio; una guida ai servizi per i senza dimora
Redattore Sociale, 21 maggio 2007
Dove mangiare, dove dormire, dove lavarsi: è resistente al freddo e all’acqua il vademecum realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, con il contributo della Regione Campania. Dove mangiare, dove dormire, dove lavarsi. Una guida della città per chi vive a Napoli senza fissa dimora. Piccola, pratica, tascabile, resistente al freddo e all’acqua, è la nuova guida realizzata, anche quest'anno come l’anno scorso, dalla Comunità di Sant’Egidio, con il contributo dell’assessorato alle Politiche Sociali della Regione Campania. Presentata oggi alla stampa presso il Palazzo Armieri di Napoli, la guida dovrebbe rappresentare, nelle intenzioni di chi l’ha creata prestando la propria collaborazione in maniera volontaria - gli operatori della Comunità di Sant’Egidio -, una sorta di bussola per tutte quelle persone che vivono per strada nella nostra metropoli. Anche se è difficile stabilirlo esattamente, il numero dei senza fissa dimora a Napoli, che è in continuo aumento, si aggirerebbe intorno a 1.200, tra giovani e vecchi, italiani e immigrati. "Un fenomeno - come sottolinea l’assessore alle Politiche Sociali della Regione Campania Rosa D’Amelio - per sua stessa natura legato a maglie molto strette, ad altri, come l’immigrazione, la povertà, il disagio sociale". "Problemi per i quali - aggiunge l’assessore- la Regione Campania si sta già impegnando, riservando risorse al tavolo della programmazione economica 2007-2013, da destinare anzi tutto all’infrastrutturazione sociale per la realizzazione di luoghi dove è possibile accogliere persone in difficoltà, nell’ambito più generale di un’attenzione sempre maggiore alle tematiche del welfare come tematiche di sviluppo reale". "Questa guida, la necessaria bussola nel deserto di umanità che caratterizza l’esistenza dei senza fissa dimora, cerca di raccogliere un po’ tutti gli indirizzi utili, di Napoli e dintorni, in alcuni casi, con riferimenti in lingua inglese e francese, come la parte dedicata all’assistenza sanitaria, comprensibili anche agli immigrati". Così descrive la seconda edizione napoletana della guida, Giuseppe Brancaccio, responsabile della Comunità di Sant’Egidio a Napoli, che sottolinea anche la mancanza di interventi concreti a favore di questa parte di cittadinanza, che non ha scelto né ha la colpa di far parte del "popolo della strada". "Si può fare qualcosa per tutelare i diritti fondamentali dei senza fissa dimora", sostiene ancora Brancaccio, facendo riferimento a quattro aree in particolare: "creare interventi adeguati a fronteggiare le emergenze climatiche annunciate dalla Protezione Civile; istituire un servizio di pronto soccorso alternativo al 118 spesso assente; realizzare più strutture e soprattutto strutture più idonee ad assicurare accoglienza; e infine estendere l’accesso ai servizi socio sanitari anche a chi, pur versando in condizioni critiche, non possiede i requisiti necessari a far parte delle categorie che possono ricevere sostegno, ovvero tutte le persone dai 18 ai 65 anni che non sono state colpite da una particolare disgrazia". Droghe: Fini (An); bene il "test", distribuirlo in tutte le città
Apcom, 21 maggio 2007
Contro la droga e la "pseudo-cultura dello sballo" è necessario tenere una "posizione proibizionista". Lo ha detto il leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, durante una conferenza stampa a Milano organizzata a sostegno dell’iniziativa presa dal Comune in materia di lotta alla tossicodipendenza. Fini ha definito una "iniziativa lodevole" quella del sindaco Letizia Moratti che ha deciso di accogliere la proposta dell’assessore alla Sanità Carla De Albertis (An) e scrivere alle famiglie milanesi con figli tra i 13 e i 16 anni, accludendo alla missiva un coupon tramite il quale ritirare gratuitamente in farmacia un kit antidroga per verificare se i propri figli facciano uso di stupefacenti. "È chiaro - ha detto Fini - che quando il sindaco prospetta la necessità di un intervento simile l’iniziativa diventa oggetto obbligato di un dibattito politico", ma Alleanza Nazionale non solo sostiene la Moratti, ma ha deciso che "laddove ci sia un sindaco o un assessore alla Sanità di An verranno date precise indicazioni per introdurre questa iniziativa anche in altre città". Il presidente di An ha sottolineato che l’adesione alla iniziativa da parte delle famiglie è "volontaria e supportata dai dati scientificamente ineccepibili" dell’Oms. Per quanto riguarda la lotta alla tossicodipendenza, Fini ha poi stigmatizzato "l’ipocrisia di una certa sinistra e la sua incapacità di comprendere la realtà. Quando accade un tragico fatto di cronaca come quello del pullman ribaltatosi in Piemonte, dove sono morti dei bambini, non si può poi sentire Chiamparino dire che bisogna riflettere sull’impatto sociale delle droghe". "A sinistra bisogna smetterla con questa ipocrisia - ha aggiunto - e prendere atto della necessità di tenere una posizione proibizionista sul tema", tanto più che l’Oms da anni dice che "non esistono droghe leggere e droghe pesanti, ma che tutte determinano dei danni reversibili o meno alla salute di chi le consuma". Condannando l’atteggiamento del ministro della Salute Livia Turco, che aveva proposto di raddoppiare il quantitativo di cannabis che può essere detenuto per legge e quello del sindaco di Torino Sergio Chiamparino che "sembra Alice nel paese delle meraviglie", Fini ha quindi annunciato che An "darà vita a una grande mobilitazione se il centrosinistra dovesse portare avanti delle modifiche alla legge vigente sulla droga. Coinvolgeremo tutti - ha avvertito - a partire dalle comunità di recupero. Ha ragione Amato quando dice che il problema della sicurezza è avvertito soprattutto dai più poveri - ha concluso Gianfranco Fini - e questo riguarda anche la droga, che è un problema avvertito nei quartieri popolari, in quei ceti che spesso votano a sinistra. È un tema che dimostra ancora una volta come in Italia ci sia una sinistra culturalmente arretrata, incapace di avvertire i bisogni reali persino di chi gli dà il voto" Droghe: Renzi (Firenze); il "test" non convincerà i ragazzi
Agi, 21 maggio 2007
La morte di un quindicenne in una scuola in provincia di Milano, ha riportato alla ribalta il tema della droga tra i giovani e, soprattutto, tra i minorenni. "Sapremo dagli inquirenti quali siano state le cause del decesso del ragazzo, ma mi permetta di dubitare sull’efficacia del cosiddetto test antidroga sui minorenni. Non è con un test, infatti, che a mio avviso si possono "convincere" i ragazzi a non fare uso di droghe". Lo scrive il Presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi in una lettera aperta. "Qualsiasi considerazione - continua - su un fenomeno che sta crescendo in maniera esponenziale, come quello del consumo di droghe tra i minorenni, va fatta partendo dai fatti e dalle cifre. Le statistiche parlano, infatti, di un raddoppio in Italia del consumo di cannabis negli ultimi anni: siamo intorno ai 3 milioni e 800mila persone, secondo i rilevamenti dell’Istat. Si comincia sempre prima, intorno ai 14-15 anni, e nel mondo giovanile di droga ne gira un fiume, a disposizione di ragazzi che stanno attraversando la stagione più complicata della loro formazione personale e psico-fisica". "Pensare - ha scritto ancora Renzi - che i test sui ragazzi siano un deterrente, o un filtro, di fronte a un fenomeno che ha queste dimensioni è assolutamente illusorio. La tolleranza zero va usata sugli spacciatori intorno alle scuole e nei luoghi di ritrovo dei giovani. Con i ragazzi, soprattutto se minorenni, c’è bisogno di uno sforzo di tipo educativo e preventivo, a cominciare da casa e dalle famiglie che, sono sicuro, potrebbe avere successo sui giovani i quali, a quell’età, sono tentati dalle leggi del branco, dal mito di una pericolosa trasgressione, dal confronto spesso aspro con l’autorità, parentale o meno". Infine per il presidente della provincia "il problema, infatti, sta proprio nella sempre più frequente difficoltà dei genitori, in primo luogo, e degli insegnanti ad instaurare un vero rapporto con i ragazzi. Per guarire alcuni degli aspetti più inquietanti del disagio giovanile, attualmente, c’è carenza di organismi, associazioni, istituzioni, figure, spazi e luoghi. Non è certamente imponendo controlli chimici effettuati magari in casa, che si potrà arginare il fenomeno devastante del consumo di droga tra i minori e nelle scuole, ma sostenendo in maniera strategica misure di prevenzione, educazione e recupero, che coinvolgano concretamente i ragazzi, le loro famiglie e i luoghi della loro formazione". Droghe: Carrai (Padova); perplessità su multe per acquirenti
Notiziario Aduc, 21 maggio 2007
"Sono prudente. È una faccenda complessa. Non è la stessa cosa rispetto a ciò che è stato fatto per i clienti delle prostitute lungo le strade e quindi anche gli strumenti non possono essere gli stessi’. Marco Carrai, assessore alla polizia municipale di Padova, pesa le parole davanti alla possibilità che l’amministrazione comunale possa mettere in cantiere qualche provvedimento per punire anche i clienti dei venditori di droga, sull’onda dal successo ottenuto dall’ordinanza che multa chi si ferma ai margini della strada per contrattare una prestazione sessuale. "Con il sindaco Flavio Zanonato ne abbiamo brevemente parlato ma non c’è ancora nulla di concreto. Mi riservo qualche giorno per poter valutare e approfondire tutti gli aspetti della questione. Ci sono già norme specifiche che colpiscono lo spaccio di droga che è reato, intervenire nei confronti del cliente mi pare una questione complessa". Davanti ad un tema che in questi giorni è al centro del dibattito in sede locale e sulla stampa e che ha visto lo stesso sindaco indicare la necessità di una valutazione attenta per capire se ci sono margini giuridici, l’assessore Carrai sottolinea così di volersi prendere qualche giorno prima di pronunciarsi sulla possibilità o meno di fare ulteriori passi verso la definizione di un provvedimento, di una ordinanza comunale anche sul tema droga. Droghe: Calabria; campagna informativa della Cri nelle scuole
Notiziario Aduc, 21 maggio 2007
Una giornata di studio sul tema della droga promossa da una scuola in collaborazione con la Croce Rossa Italiana. Nell’Istituto Tecnico Commerciale Luigi Palma di Corigliano Calabro (CS), impegnato in un progetto rivolto ad informare gli studenti sugli effetti devastanti delle tossicodipendenze, ha funzionato durante l’intero anno scolastico un Centro di ascolto, nel quale i ragazzi della Scuola che ne hanno fatto richiesta, hanno potuto incontrare insegnanti, psicologi e medici, ricevendo, attraverso colloqui personali, sostegno adeguato. Al termine di questo percorso è stata organizzata per sabato 26 maggio presso il Castello Ducale di Corigliano Calabro la giornata di approfondimento e confronto, nel corso della quale porteranno il loro contributo dirigenti e operatori del settore scolastico, operatori socio-sanitari, rappresentanti di Associazioni di volontariato e genitori. L’incontro, che avrà inizio alle ore 9.30, aprirà con una relazione della Dirigente scolastica Clara Latronico e sarà coordinato da Fausto Taverniti, giornalista e Consigliere per l’Informazione Cri. Concluderà i lavori Massimo Barra, Presidente Nazionale della Croce Rossa Italiana e Presidente della Commissione Sviluppo della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, che terrà una Lezione Magistrale su "Droga: riduzione del danno e lotta alla stigmatizzazione". La giornata, dedicata soprattutto agli studenti, avrà un momento di intrattenimento con una pièce teatrale dell’artista Adele Falbo.
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