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Giustizia: ddl "Mastella"; i magistrati revocano lo sciopero
Adnkronos, 16 luglio 2007
I magistrati ci ripensano e revocano lo sciopero indetto per il prossimo 20 luglio contro la riforma dell’ordinamento giudiziario. La decisione è stata presa dal Comitato direttivo centrale dell’Anm con 14 sì, 6 no e 2 astenuti. La revoca arriva all’indomani del via libera al Senato al ddl di riforma targato Mastella. D’altronde già nel giorno in cui era stato indetto lo sciopero, l’Anm aveva lasciato uno spiraglio di apertura a una possibile revoca, legandolo all’iter in Senato del testo firmato dal ministro della Giustizia. A favore della revoca hanno votato le correnti di Magistratura democratica e del Movimento per la giustizia (14 preferenze), mentre contro ha votato Unità per la Costituzione (6 voti), invece si sono astenuti gli esponenti di Magistratura indipendente (tre astensioni). All’interno del sindacato delle toghe si è dunque verificata una spaccatura, ma è stata decisa la revoca, come sottolinea il segretario generale dell’Anm Nello Rossi "perché fino a una settimana fa la prospettiva che venisse approvato il ddl Mastella era assai remota, mentre ieri il testo è stato approvato da un ramo del Parlamento". "È questo -aggiunge Rossi- che ci ha spinto a revocare l’astensione dalle udienze programmata per il 20 luglio, oltre ai miglioramenti che sono stati apportati all’interno della riforma". Giustizia: ddl "Mastella"; avvocati scioperano tutta la settimana
Adnkronos, 16 luglio 2007
Dopo l’approvazione al Senato "la pseudo riforma Mastella va alla Camera, dove non ci sarà storia. Ma l’Avvocatura non perderà l’occasione per porre le basi delle future iniziative". Così viene annunciato lo sciopero, che inizia oggi, indetto dall’Avvocatura italiana, dall’Unione camere penali italiane, dall’Organismo unitario dell’Avvocatura, con l’adesione dell’Associazione nazionale forense e delle Camere civili. Nel primo giorno dell’astensione dalle udienze dell’Avvocatura penalista dal 16 al 21 luglio e dell’Organismo unitario dell’Avvocatura (quella in campo civile e amministrativo) dal 17 al 19, i primi dati provenienti dalle varie sedi giudiziarie parlano di un’astensione massiccia, superiore al 90%, ferma restando la celebrazione di processi con detenuti o per atti urgenti. Questi dati, sottolinea l’Ucpi, dimostrano "la compattezza dell’Avvocatura contro la mediocre riforma dell’ordinamento giudiziario licenziata venerdì scorso dal Senato che ‘mortifica il ruolo e la funzione dell’avvocato". L’astensione dalle udienze proseguirà fino al 21 luglio, dunque, ma la manifestazione più attesa resta quella del 18 luglio alle 10,30 presso la Residenza di Ripetta dove parteciperà anche il senatore Roberto Manzione, protagonista in Senato della battaglia per introdurre alcune modifiche all’ordinamento. Giustizia: nuovo Codice della Strada, prevede pene più severe
Altalex, 16 luglio 2007
La Camera ha approvato il disegno legge di riforma del Codice della Strada. Molte le novità introdotte dal nuovo Codice tra le quali evidenziamo la previsione del cd. foglio rosa per i giovani che abbiano compiuto i 16 anni. Si tratta di un foglio rosa atipico in quanto l’autorizzazione vera e propria alla guida resta comunque legata al raggiungimento (da parte del giovane), della maggiore età e al superamento dell’esame di teoria. Il nuovo foglio rosa consente solo a quanti abbiano compiuto i 16 anni (e che siano in possesso della patente A), di svolgere esercitazioni di guida accompagnata con un tutor che abbia la patente da almeno dieci anni. È stato quindi stabilito che il minore dovrà avere svolto prima dieci ore di guida presso un’autoscuola (di cui almeno quattro in autostrada o su strade extraurbane e due nelle ore notturne). Si tratta di esercitazioni che diventeranno comunque obbligatorie per tutti e quindi anche per quanti dovranno prendere la patente di tipo B. Il Nuovo Codice prevede poi sanzioni aspre per chi venga trovato alla guida senza patente. Per i recidivi si arriva all’arresto. Sanzioni inasprite anche sul fronte della velocità: per chi supera il limite di velocità da 40 a 60 Km sono previste multe da € 400 a € 1.500 oltre che la sospensione della patente da tre a sei mesi. Oltre i 60 chilometri, la multa andrà da € 500 a € 2.000 e la sospensione della patente per un periodo compreso tra i 6 e i 12 mesi. Il provvedimento prevede poi delle novità anche in materia di autovelox: sono stati infatti ritenuti validi anche quelli che calcolano la velocità intermedia di percorrenza, ma dovranno essere resi visibili da cartelli e segnali luminosi. Misure pensati anche per chi viene trovato a far uso del cellulare durante la guida. Si rischia infatti la multa da € 148 a € 594 oltre che la sospensione della patente da 1 a 3 mesi, in caso di ulteriore violazione nei due anni successivi. Per chi invece viene trovato alla guida in stato di ebbrezza è stata prevista la multa fino a € 2.000,00 con sospensione della patente fino a 1 anno mentre per chi viene trovato alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti si parla di arresto fino a un mese, un’ammenda da € 500 a € 2.000,00 e la sospensione della patente da 3 mesi a 1 anno. Previste poi pene più elevate per reati connessi a queste infrazioni: per l’omicidio colposo la reclusione sale fino a 6 anni mentre per l’omissione di soccorso andrà da 3 a 8, mentre sono state aumentate di un terzo le pene per le lesioni personali colpose. In caso di arresto per guida sotto l’effetto di alcol, il ddl introduce la possibilità dell’affidamento ai servizi sociali, e all’assistenza delle vittime della strada. Giustizia: Vittadini; l’illegalità si sconfigge con l’educazione
Il Denaro, 16 luglio 2007
Migrazione, integrazione e legalità non devono essere considerati un problema, ma una realtà con la quale confrontarsi. La soluzione: seguire la lezione di Don Bosco, che ci ha dimostrato che l’illegalità si combatte con l’educazione. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà e direttore del trimestrale Atlantide, ospita nella sua rivista un confronto sulla società multiculturale, proponendo un inedito modello di integrazione. La proposta è quella di valorizzare e supportare, da parte dello Stato, le realtà associative che sono il vero motore di crescita della società civile. Il modello è approfondito nel numero di giugno della rivista, intitolato "Migrazione e società multiculturale, la verità alla base del dialogo". Vittadini lo riprende in questa intervista, entrando nel cuore del problema: ovvero, se le politiche nazionali, in tema di immigrazione, si muovono nella direzione giusta.
Nella precedente legislatura è entrata in vigore la Legge Bossi-Fini, l’attuale Governo, invece, propone un’inversione di tendenza con la legge Amato-Ferrero. Quali sono, secondo Lei, i punti di forza e di debolezza delle due proposte? Bisogna partire da due presupposti antropologici fondamentali, il primo è che l’Italia è un paese, forse l’unico in Europa, ad eccezione della Spagna, di immigrati. Il secondo punto è che l’Italia vive, nella multiformità delle sue Regioni, una dimensione multietnica. Da ciò, però, bisogna anche considerare che questo nostro innato senso di apertura deve essere affiancato da una forte attenzione al rispetto di quei valori - verità, giustizia, bellezza - nei quali fondano le radici della nostra civiltà affiancando a ciò una severa repressione contro chi non rispetta la Legge, solo così non si presta il fianco al relativismo. La Bossi- Fini, dal punto di vista teorico, si muoveva nella giusta direzione perché si strutturava su questi principi. Poi, dal punto di vista operativo, nei fatti si è rivelata debole. La Amato-Ferrero, invece rischia di mancare nell’eccesso opposto. Entrambe sarebbero da rivedere ma non a colpi di maggioranza, bensì con un voto trasversale.
Nella rivista si parla di una proposta, dell’identità arricchita, alternativa sia rispetto al modello multiculturalista inglese sia a quello assimiliazionista francese: che cosa servirebbe all’Italia per realizzarla? Ciò che veramente manca è l’integrazione della società civile. È necessario coinvolgere e confrontarsi con le realtà locali così come con le Associazioni di volontariato, o i comitati di quartiere. Prenda Milano ormai il fenomeno dell’immigrazione si associa alla rivolta dei cinesi, ma in realtà in tutta la Lombardia l’integrazione reale, fatta non più solo di colf o di venditori ambulanti, ma di immigrati che lavorano e che sono anche imprenditori esiste già. Pensi che a Prato alcune imprese cinesi stanno delocalizzando. Milano non è Parigi, da noi l’integrazione c’è già e non è fittizia.
Considerando il ruolo centrale che giocano le Associazioni di volontariato e no profit, come giudica la figura dello sponsor reintrodotta dalla legge Amato-Ferrero? Molto positivamente. Pensi, ad esempio, al grande fenomeno delle adozioni a distanza, chi sponsorizza si assume innanzitutto una responsabilità
Modelli di città a confronto: tre sindaci - Walter Veltroni (Roma), Sergio Cofferati (Bologna) e Letizia Moratti (Milano) - hanno utilizzato diverse strategie. Qual è la migliore in materia d’integrazione? Certamente Letizia Moratti dimostra di avere, più degli altri, un atteggiamento pragmatico e non ideologico al problema, fatto di dialogo, ma di tolleranza zero verso i fenomeni d’illegalità. Incontro e sicurezza, sono le due parole chiave della sua politica. Cofferati, invece, credo sia troppo vincolato proprio dall’ideologia della parte più estremista della sua maggioranza.
Come giudica, invece, il modello Napoli su immigrazione e sicurezza? Preferisco non addentrarmi in valutazioni sulla politica attuata dal sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, la questione è estremamente spinosa e complessa e richiede delle considerazioni molto approfondite.
Ancora Napoli e il problema della criminalità. In un Suo articolo proponeva un intervento forte della società civile come unica possibilità di soluzione. Su che cosa, in primis, dovrebbe focalizzarsi questo intervento e come considera, in questo senso, le politiche portate innanzi dal Sindaco di Napoli Rosa Russo Jervolino? Già Don Bosco ci ha dimostrato come la miglior lotta all’illegalità sia l’educazione. Le faccio l’esempio della cooperativa Giotto che si occupa di rieducazione e di formazione al lavoro nei carceri. Grazie al coinvolgimento nel tessuto sociale attraverso il lavoro, è dimostrato che il tasso di recidiva crolla vertiginosamente.
La sua idea di sviluppo e di crescita economica passa per due principi fondamentali: quello della sussidiarietà e quello del welfare community, in un ottica dello Stato né statalista né eccessivamente liberista. In che cosa si concretizza questo progetto? I servizi li forniscono anche il privato e le associazioni no profit, così il cittadino può scegliere in base al motto: "Sono i soldi che seguono la gente", non viceversa. Anche l’ex Primo Ministro inglese Tony Blair ne è convinto assertore.
Rispetto a queste scelte politiche, economiche e sociali, quindi anche rispetto al problema dell’immigrazione, in Italia a che punto si trova? Come in molte altre cose a metà strada. C’è una realtà di base molto viva, che collabora e si confronta crescendo. In Italia, inoltre non è forte la componente nazionalista, presentissima, ad esempio, in Francia. Noi integriamo anche nei paesi più leghisti: purtroppo lo Stato non guarda empiricamente alla realtà. Lasciandosi prendere nelle contrapposizioni ideologiche, infatti, non è in grado di proporre dei modelli. Dovrebbe piuttosto fungere da sprone e valorizzare quanto di meglio la società sa creare. Veneto: a un anno dall’indulto carceri sono di nuovo affollate
Il Gazzettino, 16 luglio 2007
A distanza di soli dodici mesi dall’indulto, le nostre prigioni sono di nuovo affollate. D’altronde, dei 675 italiani e dei 733 stranieri ritornati in libertà nell’estate dello scorso anno, 97 italiani e 128 stranieri sono già finiti dietro le sbarre. Insomma, un "indultato" su sei ora si ritrova in cella e con la prospettiva di dover scontare anche la pena che si era visto ridurre di tre anni. A diminuire, invece, e senza soluzione di continuità, sono gli agenti della polizia penitenziaria che dovrebbero essere 1822 e invece sono 373 in meno. Solo a Padova e Vicenza l’indulto sta facendo vedere i suoi effetti positivi anche se il numero dei posti occupati resta comunque superiore alla capienza regolamentare. Insomma, nonostante il saldo tra il luglio 2006 e il luglio 2007 sia di 792 detenuti in meno, resta l’emergenza sovraffollamento nelle carceri venete. Nonostante i numeri siano piccoli, emblematico quel che è accaduto a Rovigo. Pochi giorni prima dell’indulto, tra uomini e donne c’erano esattamente cento reclusi. L’istituto del capoluogo polesano avrebbe una capienza regolamentare di 66 posti, estendibile a 79 con la capienza definita "tollerabile". A settembre i detenuti erano scesi a 43 ma oggi sono già risaliti a 71. A Treviso le cose non stanno andando meglio. Tra casa di reclusione e casa circondariale, nel luglio 2006 c’erano 241 incarcerati contro una capienza regolamentare di 128 e una "tollerabile" di 187. Grazie all’indulto dietro le sbarre erano rimasti in 115 ma oggi sono già 188. Disastrosa la situazione nel carcere maschile di Verona con il numero dei detenuti che è sceso da 729 a 403 per poi risalire a 632. E pensare che a Montorio i posti previsti sarebbero 497. Lo stesso discorso vale per il maschile di Venezia: con una capienza regolamentare di 111 reclusi, nel luglio 2006 ce n’erano 231, scesi a 156 dopo l’indulto e oggi risaliti a 184. Come a Rovigo, unica città veneta dove si sta costruendo un nuovo istituto (potrà ospitare fino tra un minimo di 250 e un massimo di 400 detenuti), anche in un’altra realtà piccola quale è Belluno l’emergenza è tutt’altro che rientrata: oggi sono in 96 dietro le sbarre, esattamente dodici in più di quelli che dovrebbero essere e quasi il doppio dello scorso settembre (54). Il sovraffollamento sta dunque ritornando. Se con l’indulto i reclusi in Veneto erano scesi sotto la soglia della capienza regolamentare (1689 contro 1772 posti previsti), ora i detenuti sono già saliti complessivamente a 2047. Restano ancora disponili 661 brande, il limite massimo fissato dalla più ampia tolleranza, poi la situazione arriverà ancora al collasso. Ma, di fatto, in certe giornate gli agenti della polizia penitenziaria sono comunque costretti a trasformare le celle in una sorta di accampamento: basta una retata di clandestini inottemperanti all’ordine del questore a lasciare l’Italia entro cinque giorni che gli spazi dietro le sbarre si riducono drasticamente. A Rovigo, ad esempio, dal primo gennaio a oggi sono stati 150 gli extracomunitari che hanno trascorso una sola notte in prigione. Senza dimenticare i piccoli spacciatori: a Padova mediamente ogni ventiquattro ore ne viene arrestato uno. E poi ci sono borseggiatori, scippatori e tutta una serie di ladri che quotidianamente entrano ed escono dalle galere passando da un processo per direttissima all’altro. E nel mezzo ci scappano sempre uno o due giorni in cella che, tra le altre cose, costano 350 euro a notte, più di un hotel di lusso. Il tutto, poi, si inserisce in un contesto di aumento della criminalità, altro effetto indesiderato dell’indulto. Perché i reati sono aumentati in ogni città, piccola o grande che sia. A Palermo, ad esempio, ci sono state quarantaquattro rapine in banca negli ultimi sette mesi mentre nel Nordest hanno avuto una impennata i furti negli esercizi commerciali e nelle abitazioni. Contestualmente, le carceri venete si svuotano di personale mentre agli agenti della penitenziaria vengono attribuiti sempre più compiti, come le traduzioni dei detenuti e i piantonamenti negli ospedali. Il record del sotto organico spetta alla casa di reclusione di Padova con cento uomini in meno rispetto ai 431 previsti (ai quali vanno aggiunti i cinquanta mancanti della circondariale). A seguire Verona con un - 96. Torino: se cartoline e blog arrivano anche dietro le sbarre
La Repubblica, 16 luglio 2007
Quello che c’è dentro e quello che c’è fuori. Sguardi, pensieri e desideri dietro i cancelli, dentro le celle. E racconti, commenti, impressioni dal mondo esterno. Una donna parla di un suo viaggio a Roma, descrive luoghi e sensazioni e un uomo si emoziona immaginando di tornare a correre su strade che da anni non può frequentare più. Un altro, a notte fonda, scrive che vorrebbe prendere l’auto e fare un giro, ma sa che avrebbe "qualche problema ai cancelli" e allora evade con la penna e racconta, a chi gli ha scritto e chiesto notizie, la sua storia di tossicodipendenza. Così la vita dei detenuti e quella della società esterna si incontrano, si confrontano. E per la primo volta lo fanno su un blog. Nel carcere Lo Russo e Cotugno di Torino vige il divieto di usare Internet, come negli altri istituti penitenziari italiani, ma da un paio di anni tre ragazzi - Hermes Delgrosso, Matteo De Simone e Simone Natale - hanno trovato il modo di superare l’impedimento aprendo un nuovo canale di comunicazione tra dentro e fuori. E il nome a quel punto è venuto da sé, www.dentroefuori.org. Dopo una prima esperienza con un’associazione che anima da tempo l’attività teatrale all’interno della sezione Prometeo, i tre giovani hanno deciso di continuare a frequentare il carcere per ricevere dai detenuti, col permesso della direzione naturalmente, i post da pubblicare nel blog e consegnare loro i commenti dei lettori. "Questa esperienza è unica in Italia - spiega Simone Natale - solo pochi mesi negli Stati Uniti è nato qualcosa di simile, perciò pensiamo al progetto come a un progetto pilota e speriamo possa essere esteso ad altri istituti di pena". Intanto, ai messaggi online destinati ai detenuti, nei prossimi mesi, si aggiungeranno le cartoline comprate ovunque, realizzate o disegnate a mano: l’ultima idea infatti si chiama ‘Post Card’ e vuole invitare chi sta fuori a"regalare un frammento di storia da scambiare". L’idea. "L’iniziativa è nata pensando all’estate, ai viaggi, alle vacanze, ed è stata finanziata dal Comune di Torino - spiega Alice Avallone, chiamata dai tre amici a collaborare al progetto - si tratta di un’opportunità di comunicazione e ci auguriamo che non ci si limiti a scrivere saluti e baci da…, ma ci sia qualcosa di più, qualcosa che possa davvero esprimere una vicinanza". Magari la risposta alla domanda di Giancarlo, che sul blog chiede ai lettori: "Vorreste essere spugna o conchiglia con una perla rara?" Lui risponde: "Io vorrei essere e sono una spugna, perché assorbe e lascia entrare e uscire ciò che ha assorbito. Paragonata al nostro cervello, è aperta e libera, la perla invece è racchiusa in una conchiglia e, anche se rara e bella, è fine a se stessa". Oppure l’immagine di un posto o di una cosa famigliare a Rodolfo, che pensa al "fuori dove deve essere cambiato tutto". Ma anche uno scorcio della Stazione Termini, o del quartiere San Lorenzo per Daniele che "sogna di tornare lì dove sono nato". Le aspettative. E l’augurio vale per tutti gli altri che aspettano un’occasione di contatto. "Le cartoline più belle saranno quelle dove si capirà che qualcuno da fuori ha dedicato ai detenuti un po' di tempo e un pensiero - dichiara Hermes Delgrosso - Per noi infatti l’elemento fondamentale è il rapporto con i detenuti; ci si può abituare al luogo, alla chiusura dei cancelli, ma le persone sono capaci di stupirti ogni volta ed è un arricchimento grandissimo. La cosa più importante del progetto non sono i messaggi in sé - aggiunge il ragazzo - ma la possibilità di instaurare un rapporto, di avere una relazione con un mondo che altrimenti sarebbe totalmente chiuso e senza accesso alcuno". Per i detenuti è un momento importante, un canale in più. "Perché la corrispondenza cartacea si instaura con persone che già si conoscono e molti di loro non hanno nessuno, parenti o amici, a cui scrivere". Blog e cartoline dunque fanno la differenza. "Di siti sul carcere ce ne sono tanti, ma spesso coinvolgono solo gli operatori del settore e non consentono di allargare il raggio degli utenti alla società civile" nota Matteo De Simone. In questo caso invece, da fuori, si può comunicare con chi sta dentro, chiedergli informazioni, dirgli cosa si pensa della sua vita e anche dei suoi romanzi, come nel caso di Dobermann, che sul blog narra una storia d’amore vissuta prima del carcere. Proteste, insulti, o recriminazioni "sono casi rarissimi" dicono i ragazzi. Ma il confronto è comunque aperto, sapendo che le parole hanno un loro peso specifico. A Giancarlo, ad esempio, non piace essere definito ‘ristretto, questa parola "lo fa ridere" lui è un carcerato e al blog affida un invito: "Chiamiamo le cose come vanno chiamate, tanto l’importante è non usare violenza verbale". Problemi e realtà non si possono nascondere con vocaboli inadeguati. Detto questo, saluta scusandosi . "Devo fare la cella e poi andare al lavoro. Ci sentiamo più avanti. Io ho tempo". Lettere: a Belluno "condizioni igieniche da Terzo mondo"
Il Gazzettino, 16 luglio 2007
Un detenuto ha scritto al direttore generale dell’Ulss, e per conoscenza al sindaco, sostenendo che in carcere le condizioni igieniche e sanitarie non sono buone. "Vorrei che l’opinione pubblica possa capire come si vive nel carcere di Baldenich. Afferma di essersi trovato in una "situazione nettamente degradata, costretto a vivere in condizioni igieniche inaccettabili". "Prima di entrare in carcere, conducevo una vita dignitosa. Ritengo che anche a un detenuto debba essere riconosciuta la dignità e la possibilità di vivere in condizioni igieniche adeguate, quantomeno umane (qui manca anche l’umanità)". "Qui, giorno dopo giorno, mi sono ammalato". Nella lettera si parla di "bagni inagibili sia dal punto di vista igienico che termoidraulico". "Per non parlare del vitto e del modo di cui viene somministrato (igienicamente), oltre che della scarsa qualità e quantità. Addirittura domenica sera qui non si mangia". Il detenuto ricorda un suicidio avvenuto dietro le sbarre il 10 ottobre e "i vari tentati che qui accadono". E chiede un intervento immediato alle autorità sanitarie e civili, sostenendo ancora che quella in cui si trova è una "realtà da terzo mondo, specie per quanto riguarda l’igiene". La missiva termina nella speranza di un sopralluogo e con l’assunzione della più totale responsabilità per quanto affermato. Baldenich è stato recentemente ristrutturato, ma non completamente. Lettere di protesta non sono nuove, ma anche affermazioni che le considerano a volte eccessive. Droghe: Prc; emergenza per abrogazione Fini-Giovanardi
Notiziario Aduc, 16 luglio 2007
Colpito dalla notizia del suicidio del ventottenne di Castrocaro Terme, nel forlivese, avvenuto nei giorni scorsi dopo una denuncia per possesso di circa sessanta grammi di hascisc, secondo il responsabile nazionale delle Politiche sociali di Rifondazione comunista, Francesco Piobbichi, l’abrogazione della legge Fini-Giovanardi sull’uso delle droghe è inderogabile. "Questa tragedia non è la prima e, se rimangono le leggi attuali e il clima che determinano, nemmeno l’ultima. L’intreccio perverso tra i media e la caccia ai consumatori di droghe leggere, la zero tolleranza nei loro confronti porta a queste tragedie, di cannabis non si muore ma di leggi idiote contro i giovani purtroppo sì". Complice, secondo Piobbichi, la normativa in vigore il cui fallimento "si evince anche dal fatto che ragazzi normali che finiscono senza appello nel circuito penale e nei titoli dei giornali si tolgono la vita". Per il responsabile del Prc "adesso non si può più aspettare, l’emergenza vera è abrogare la Fini-Giovanardi". Droghe: Di Pietro; sulle strade serve una "sana repressione"
Notiziario Aduc, 16 luglio 2007
"Chi uccide guidando un’auto ubriaco o drogato deve finire in galera". Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, lo dice rispondendo ai cronisti, in occasione della presentazione della annuale relazione dell’autorità della vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e fornitura. "Sono dell’idea che l’educazione e la prevenzione siano punti importanti ma rispetto a questa irresponsabilità credo ci sia bisogno di una sana repressione. Lo stesso conducente di nazionalità italiana o straniera, anche svizzera, a Chiasso se va in su verso Bellinzona, diminuisce la velocità, mentre se viene giù in Italia accelera e viola le regole del Codice perché sa che nel nostro paese la legge è un optional, può farla franca, c’è un senso di impunità". Di Pietro aggiunge che "io sono tra quelli che ritengono che ubriacarsi o drogarsi sapendo che bisogna guidare l’auto di fatto è comportarsi come chi nel momento in cui è in grado di capire, comprendere, scegliere e volere, sceglie di rischiare la morte degli altri. Quindi se provoca lesioni o morte deve essere dichiarato responsabile di omicidio volontario e lesioni volontarie e non solo di un’imprudenza o imperizia e come tale deve finire in galera". Droghe: il 70% degli incidenti mortali sono causati dall'alcool
Notiziario Aduc, 16 luglio 2007
Notti killer sulle strade. Il più elevato indice di mortalità si verifica negli incidenti notturni, con un valore massimo intorno alle 5 del mattino. Nel 2005 gli incidenti del venerdì e sabato notte hanno rappresentato il 44.3 per cento del totale degli incidenti notturni, ed i morti e feriti in tali incidenti rappresentano, rispettivamente, il 47.1 per cento del totale degli incidenti notturni. Questi i dati Istat che fotografano l’emergenza incidenti stradali. "La mortalità notturna" si legge nella Relazione al Parlamento dell’Istituto di ricerca in materia di alcol e problemi correlati, "suscita particolare allarme data l’elevata correlazione stimata tra questo tipo di incidente stradale e l’abuso di alcol soprattutto da parte dei giovani". In particolare, l’ebbrezza alcolica nel 2005 ha costituito la causa nel 70 per cento dei sinistri mortali, con oltre 4 mila casi rilevati. Gli incidenti correlati a stato di ebbrezza si verificano in percentuali simili su strade urbane e extraurbane. Sempre secondo l’Istat, il venerdì si registra il maggior numero di incidenti, il sabato il maggior numero di feriti e la domenica quello di morti. Spagna: la metà dei tossicodipendenti ha problemi mentali
Notiziario Aduc, 16 luglio 2007
La metà delle persone che ricorrono a un centro per essere curate dalla dipendenza soffrono di problemi noti come patologia duale, ha affermato Marta Torrens, direttrice della Linea de Adicciones dell’Hospital del Mar di Barcellona, che coordina l’incontro su salute mentale e dipendenze all’ateneo Uimp. Torrens ha spiegato che oggi si sa come individuare i casi di pazienti con la doppia patologia, per cui la diagnosi è molto più sicura e consente di passare al trattamento. Ha affermato che del 50% di coloro che accedono ai centri sanitari e sono afflitti da problemi di dipendenza e di salute mentale, il 40% soffre di disturbi della personalità, il 35% di disturbi depressivi e il 20% di ansietà, compresi casi di attacchi psicotici. In quanto all’età d’inizio del consumo, questa continua a scendere in Spagna. Secondo Torrens, è accertato che se si comincia a consumare cannabis a 15 anni il rischio di dipendenza è molto maggiore rispetto a 18 o 20 anni, fase in cui il cervello è già più formato. La direttrice dell’incontro ha insistito sul fatto che l’assistenza a questi pazienti doppi sta rinnovandosi nel sistema sanitario spagnolo, e ciò è molto importante per poter far fronte alla diagnosi precoce e alle cure. Santiago Rodriguez, direttore generale di Salud Publica di Cantabria, ha ricordato che le indagini sul consumo che si effettuano in Spagna dimostrano chiaramente la scarsa percezione del rischio verso la cocaina e la cannabis, ciò che ha indotto la crescita di queste sostanze così come la riduzione dell’età d’inizio. Ha aggiunto che, se è ancora il trattamento per l’eroina il più richiesto, quello riguardante la cocaina è aumentato ed è al 29,3%. Francisco Perez, vicedirettore generale di Relazioni Istituzionali della Delegazione del Governo per Plan Nacional de Drogas, ha ribadito che uno dei problemi principali è elevare la percezione del rischio. "Dobbiamo mandare un messaggio chiaro che assumere droghe non è innocuo". Francia: evade con un elicottero... per la seconda volta
Ansa, 16 luglio 2007
Un personaggio molto noto nella malavita francese, Pascal Payet, 43 anni, è riuscito ad evadere dalla prigione di Grasse, vicino a Cannes, a bordo di un elicottero, un mezzo che aveva già usato in passato per simili imprese, e che gli è valso il soprannome di "re dell’evasione". Il velivolo è stato dirottato da quattro uomini armati nel tardo pomeriggio all’aeroporto di Cannes-Mandelieu. Il suo pilota è stato costretto ad atterrare sul tetto del centro di detenzione, dove Payet è stato imbarcato. Ladro recidivo, condannato per l’omicidio di una guardia giurata, Payet, originario di Marsiglia, era già scappato in elicottero dalla Casa di reclusione di sicurezza di Luynes (Bocche del Rodano) il 12 ottobre 2001. Due anni più tardi, nel 2003, avrebbe reso lo stesso servizio a due suoi complici e un altro detenuto della stessa prigione, sempre utilizzando un velivolo a elica di tipo Colibrì. Tutti e quattro furono arrestati un mese dopo la spettacolare evasione: Payet è stato condannato nel gennaio 2005 a trent’anni di reclusione per l’omicidio di una guardia giurata durante una rapina a mano armata nel novembre 1997. È poi stato successivamente condannato nel marzo 2005 a sei anni di carcere per la sua evasione da Luynes.
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