Rassegna stampa 17 luglio

 

Giustizia: giuristi democratici; questi i motivi dello sciopero

 

www.giuristidemocratici.it, 17 luglio 2007

 

Il programma dell’Unione delineava in modo chiaro quali dovevano essere le modifiche da apportare alla sciagurata riforma Castelli dell’ordinamento giudiziario, ma l’emergere di contrasti ha indotto il ministro Mastella a ritardare per mesi la presentazione di un disegno di legge e oggi costringe il Parlamento a discutere in fretta una parziale modifica della legge Castelli.

L’incubo del 31 luglio - data ultima entro la quale devono essere approvate le nuove norme - ha indotto a stralciare parti importanti del disegno di legge sulle quali il centrosinistra è diviso, alla faccia del programma presentato agli elettori. La corsa contro il tempo ha finito per produrre un risultato: acuire la necessità per le associazioni dei magistrati e degli avvocati di far sentire la loro voce e, soprattutto, di alzare i toni sulle istanze più corporative.

Così gli avvocati manifestano contro le ingerenze dell’Anm e i magistrati contro quelle degli avvocati. In realtà alcune associazioni di avvocati, si veda l’Associazione Nazionale Forense, apprezzano l’impianto complessivo delle modifiche in via di approvazione. E anche tra i magistrati emergono significative divergenze. Deve essere chiaro che si stanno approvando poche, ma essenziali modifiche. Si elimina la sostanziale separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri prevista dalla legge Castelli e si introduce una rigorosa separazione fra le due funzioni. Si elimina il sistema dei concorsi per la carriera e si introduce una valutazione periodica del magistrato con criteri chiari e predefiniti di giudizio. Si introduce un limite temporale alle funzioni direttive in magistratura. Si eliminano le interferenze della Scuola Superiore della Magistratura sulla valutazione dei magistrati.

Non tutte le modifiche sono pienamente condivisibili, ma tutte sono migliorative e, soprattutto, tutte eliminano i più eclatanti pericoli contenuti nella legge Castelli per l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.

Se le astensioni indette da alcune associazioni di avvocati mirano a far entrare in vigore la legge Castelli e non si possono condividere proprio per il loro contenuto, come Giuristi Democratici, quando i ritardi nella discussione della legge sembravano pregiudicare ogni mutamento, avevamo lanciato un appello per una rapida approvazione di quelle modifiche che riteniamo fondamentali e irrinunciabili.

Oggi ci sembra di poter dire - salvo smentite nelle prossime votazioni - che gran parte di quelle indicazioni stanno per essere recepite, ma che rimangono aspetti da modificare e sui quali si dovrà tornare, fra i primi le regole di accesso alle scuole di specializzazione propedeutiche al concorso di accesso alla magistratura - per eliminare i rischi di una preselezione basata sul reddito della famiglia d’origine - e la norma sull’organizzazione gerarchica delle Procure della Repubblica.

 

Raffaele Miraglia (Associazione Giuristi Democratici)

Cosenza: Ass. "Diritti Civili"; un appello per Padre Fedele

 

Giornale di Calabria, 17 luglio 2007

 

"È giunto il momento di porre fine all’ingiustizia, alla sofferenza e al dramma umano che sta vivendo Padre Fedele da 18 mesi, dal 23 gennaio 2006 quando venne arrestato con l’accusa di violenza sessuale su una suora. Perché il frate francescano continua a restare agli arresti domiciliari dal 2 aprile scorso, da quasi 100 giorni? Si può continuare a tenere in carcere un uomo di 70 anni, malato, rivoltato in 18 mesi, dalla magistratura, come un calzino e non ancora né processato, né rinviato a giudizio? Quali ragioni cautelare giustificano gli arresti domiciliari? Pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove? Nessuna di queste ipotesi è realmente fondata. E allora perché lo si continua a tenere detenuto in casa?

Perché la Procura di Cosenza e i giudici del Tribunale di Catanzaro continuano a negare la scarcerazione di Padre Fedele? Il religioso è depresso. Ogni giorno prega e grida la sua innocenza. Chiedo per lui un atto di giustizia giusta e umana".

È l’appello denuncia che fa il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, per richiamare l’attenzione sul caso di Padre Fedele, dal 2 aprile scorso di nuovo agli arresti domiciliari, dopo la sentenza del Tribunale del Riesame di Catanzaro, che ha accolto il ricorso della Procura di Cosenza. "La vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto e il rifiuto della Chiesa di farlo ritornare all’Oasi Francescana - afferma Corbelli - lo stanno lentamente distruggendo e uccidendo.

Padre Fedele è depresso, ogni giorno prega e grida la sua innocenza. Chiedo per lui un atto di giustizia e di umanità, in attesa di un regolare processo (visto che a tutt’oggi il frate è solo una persona oggetto di un provvedimento restrittivo e di una indagine della magistratura, non essendo ancora né rinviato a giudizio, né processato, né naturalmente condannato): toglierlo dagli arresti domiciliari e farlo ritornare all’Oasi di Cosenza, la sua casa, accanto ai suoi poveri, che aiuta da una vita.

Perché la giustizia (lo dico con grande rispetto per il lavoro dei magistrati e dei giudici, che si occupano di questo caso) è così severa solo con Padre Fedele? Mentre in Italia sono liberi fior di criminali, assassini, mafiosi, terroristi, corruttori - dichiara il leader di Diritti civili - padre Fedele continua a restare detenuto a casa. Si può definire questa una giustizia giusta?".

Minori: oltre 200 entrati in carcere per droghe nel 2006

 

Asca, 17 luglio 2007

 

Negli Istituti Penali per Minorenni, durante il 2006, si sono registrati 219 ingressi dalla libertà per reati in violazione della normativa sugli stupefacenti (Dpr 309/90), corrispondenti a circa il 18% del totale degli ingressi, soggetti per la maggior parte di genere maschile (97%) e nazionalità straniera (60%).

Tra questi ultimi, in particolare, si rileva una quota pari al 62% di originari del Marocco, seguiti dal 14% di nazionalità tunisina e da un 11% proveniente dall’Algeria. L’età media è di circa 17 anni, mentre la classe maggiormente rappresentata è quella dei 17-18 anni (60%), seguita dalla classe dei soggetti con meno di 17 anni (34%) e dalla oltre 18 (6%).

I reati commessi sono nel 93% dei casi produzione, traffico e vendita di sostanze stupefacenti (art. 73 Dpr 309/90), mentre nel restante 7% associazione finalizzata al traffico e alla vendita di sostanze illegali (art. 74 Dpr 309/90).

Tra i minori, avverte la Relazione, è ancor più evidente che tra i maggiorenni la "suddivisione" dei ruoli per nazionalità; criminalità "maggiore" italiana, "piccola" criminalità straniera. Per il 90% dei minori entrati in carcere nel 2006 non risultano precedenti carcerazioni (circa 200 su 219 quindi le "iniziazioni" carcerarie di minori nell’anno), per il 5% si tratta di reingressi per reati in violazione della normativa sugli stupefacenti, mentre il restante 5% risulta essere già stato in carcere per altro tipo di reati.

La reale dimensione del consumo di sostanze psicoattive illegali nella popolazione minorile con problemi giudiziari potrebbe risultare sottostimata a causa delle difficoltà presenti nella rilevazione dell’uso di sostanze psicoattive e dell’elevato turnover dei minori all’interno dei servizi.

Sono 857, invece, i minori tossicodipendenti o consumatori problematici di sostanze psicoattive illegali transitati nei diversi servizi della giustizia minorile nel corso dell’anno 2006; circa l’82% ha un’età compresa tra i 14 ed i 17 anni, solo il 29%, in questo caso, sono di nazionalità straniera ed il 96% è di sesso maschile (tali quote rimangono sostanzialmente stabili nel corso del quinquennio 2001-2006). Il gruppo degli stranieri risulta costituito in poco più della metà dei casi da persone di origine magrebina (circa 51%).

La cannabis risulta utilizzata da circa il 76% dei minori; seguono, con quote decisamente più basse, la cocaina (circa 11%) e gli oppiacei (circa il 7%). Nel corso degli ultimi 6 anni si è assistito ad una diminuzione globale della percentuale dei consumatori di oppiacei che dall’anno 2001 al 2006 scendono da quasi il 12% a circa il 7%.

Per quanto attiene alle quote di consumatori di cocaina e cannabinoidi, queste passano, per i primi dall’8% (2001) all’11% (2006) e per i secondi dal 70% (2001) al 76% (2006). Il policonsumo, rilevato in quasi il 25% dei casi, per circa un terzo delle situazioni ha riguardato l’abbinamento di cannabinoidi e cocaina.

Diritti: Legambiente e Mdc; rapporto sicurezza alimentare

 

Redattore Sociale, 17 luglio 2007

 

Qual è l’opinione degli italiani sulla sicurezza alimentare? Di chi si fidano e come si regolano nell’acquisto dei cibi? Sono, queste, solo alcune domande a cui ha cercato di rispondere "Italia a tavola 2007", quarto Rapporto sulla sicurezza alimentare redatto da Legambiente e Movimento difesa del cittadino (Mdc) e presentato stamattina a Roma. L’indagine su tutta la filiera alimentare riporta i numeri ed i casi più eclatanti delle operazioni dei Carabinieri per la Sanità, Ispettorato per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, Ministero della Salute, Corpo Forestale e Guardia Costiera.

"Le emergenze sembrano susseguirsi quasi con regolarità, eppure i controlli sono sempre più - affermano i promotori del rapporto -. Nel corso del 2006 c’è stata l’emergenza per le bufale dopate con gli anabolizzanti nel casertano e il caso del caviale scaduto per un valore di 500mila euro conservato in una azienda del Veneto; la scoperta delle carni avicole cinesi contenenti antibiotici vietati nel padovano e il ritrovamento di 4 tonnellate di formaggio scaduto etichettato come pecorino sardo nella periferia di Roma. E poi migliaia di ettolitri di mosto di origini ignote venduto come vino di qualità in Puglia e Sicilia e la pizzeria di una nota catena di ristorazione chiusa per invasione di scarafaggi nel milanese. Insomma, truffe e scandali alimentari hanno impegnato notevolmente le forze dell’ordine e gli enti preposti ai controlli e messo a rischio la fiducia, se non la sicurezza, dei cittadini consumatori".

Eppure sono state più di 200mila le ispezioni effettuate dalle forze dell’ordine preposte al controllo sulla filiera alimentare: 35.138 dai Carabinieri del Nas, 163.650 dalla Guardia Costiera, 27.046 dall’Ispettorato centrale repressione frodi e dal Corpo Forestale. Il sistema italiano dei controlli alimentari si conferma come uno dei più efficaci a livello internazionale. "E contro queste emergenze - continuano Legambiente e Mdc - la provenienza dei prodotti diventa un elemento di sicurezza per i consumatori: per il 96% degli italiani l’indicazione dell’origine in etichetta è infatti molto o abbastanza importante. In tema di informazione si fidano anzitutto degli istituti scientifici, seguiti dagli organismi di controllo e dalle associazioni a tutela dei consumatori. Buono il giudizio nei confronti dell’operato degli organismi di controllo anche se il 55% pur giudicandolo positivamente crede che si potrebbe fare di più".

Quanto e di chi si fidano gli italiani? Dall’indagine emerge che il 45% degli italiani controlla sempre l’etichetta di origine e il 27% lo fa spesso. In particolare, sono le donne (50% contro il 39% degli uomini), chi ha più di 35 anni (47-49% contro il 36% dei più giovani) e gli abitanti nelle regioni del sud (52% contro una media del 39-42% del centro nord). Solo il 60% è in grado di riconoscere un prodotto Dop dal marchio, con una più alta percentuale nella fascia più giovane (18-34 anni). "Quindi c’è un 22% di italiani che si fanno ingannare dalle varie bandiere italiane o europee che spesso vengono messe sulle etichette". E in tema di informazione fornita dai mass media, i cittadini la considerano "allarmista e disorientante" (45%), mentre per il 39% è chiara e utile per difendersi dai rischi. Tra i soggetti (istituzionali e non) che si occupano di sicurezza alimentare la maggiore fiducia riscuotono gli istituti scientifici (83%) seguiti da gli organi di controllo, come i Nas, e dalle associazioni a tutela dei consumatori. Un’ultima indicazione interessante dell’indagine riguarda il rapporto tra qualità e prezzo: l’86% è disposto a spendere di più per prodotti Made in Italy, il 78% per prodotti a denominazione registrata (Dop, Igp, Stg), il 55% per il biologico.

Controlli. Ammontano a oltre 35mila le ispezioni dei Carabinieri per la sanità nel corso del 2006. Si tratta di controlli che hanno portato all’arresto di 39 persone, alla chiusura di 861 strutture e al sequestro di 495. I sequestri hanno riguardato oltre 60 milioni di chilogrammi di prodotto, 1.604mila confezioni, e oltre 501mila capi per un valore totale di 52.053.309 milioni di euro. Il settore più problematico si conferma ancora quello delle carni e allevamenti: quasi 3mila controlli in meno rispetto al 2005 hanno rilevato infatti oltre 1200 infrazioni penali e oltre 3200 infrazioni amministrative. 35 le persone arrestate tra gli operatori, 761 quelle segnalate all’autorità giudiziaria.

Per quanto riguarda il lavoro dell’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, nel 2006 sono circa 3.500 gli operatori irregolari e oltre 500 i sequestri effettuati. Ammontano a 520, invece, i sequestri effettuati per un valore di oltre 8.600.000 euro; circa 500 le notizie di reato e oltre 4mila le contestazioni amministrative. Inarrestabile l’attività della Guardia costiera, impegnata soprattutto nelle operazioni di controllo della pesca e del commercio di prodotti ittici con ben 33.949 controlli effettuati dalle unità navali e 163.650 ispezioni ai punti di sbarco e alle attività commerciali, che hanno portato alla scoperta di frodi riguardanti soprattutto il commercio di prodotti ittici inquinati, scaduti, contraffatti.

Commenti. "Cresce sempre più l’attenzione degli italiani nei confronti della sicurezza alimentare coniugata con la qualità dei prodotti - ha affermato Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino -. I risultati dell’indagine sono molto indicativi su una consapevolezza aumentata dei consumatori riguardo la necessità di tutela e valorizzazione di un comparto, quello agroalimentare, fondamentale per la vita di ogni giorno delle famiglie e per il sistema economico del Paese. La persistenza delle tante situazioni critiche o truffaldine rilevate dai controlli devono indurre le autorità, anzitutto il Ministero delle Politiche agricole e il Ministero della Salute a non abbassare la guardia".

"Dai dati raccolti in questo quarto rapporto sulla sicurezza alimentare - ha aggiunto Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente - emerge una situazione in gran parte rassicurante. I casi di illecito citati infatti sono stati tutti scoperti e stroncati dalle forze dell’ordine, ma per garantire al meglio i cittadini sarebbe opportuno intervenire su due fronti. Da un lato bisognerebbe investire in campagne di comunicazione e informazione in grado di fornire ai consumatori gli strumenti idonei per una scelta consapevole degli alimenti. Un’operazione di trasparenza che coinvolga anche gli stessi operatori delle filiere alimentari, in modo da aumentare la fiducia verso quei numerosi operatori che quotidianamente si impegnano per far arrivare sulle nostre tavole alimenti di qualità, sani e controllati. Dall’altro invece bisognerebbe capire di cosa si sta occupando l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare di Parma, che è stata istituita proprio per garantire controlli sistematici e indipendenti in campo alimentare e dalla quale non sembrano arrivare segnali di alcun tipo di attività.".

Droghe: Ferrero; va vietata la pubblicità dei superalcolici

 

Redattore Sociale, 17 luglio 2007

 

Il ddl sarà presentato dal ministro della Solidarietà sociale al Consiglio dei Ministri. Previsti l’obbligo di etichette sulle bottiglie che invitano ad astenersi dal bere prima di guidare e un fondo per l’educazione.

"Di fronte al moltiplicarsi di gravissimi incidenti causati da chi guida ubriaco, come quello di Pinerolo, si deve agire subito. Porterò al Consiglio dei Ministri un disegno di legge che regolamenta la pubblicità degli alcolici e dei superalcolici". Lo dichiara il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero.

Che prosegue: "Ritengo che occorra rompere nell’immaginario collettivo, soprattutto per i giovani, l’identificazione tra il successo personale e l’assunzione di superalcolici veicolata attraverso le pubblicità. Per questo solleciterò il Consiglio dei Ministri a intervenire su questo tema presentando il ddl per rendere più stringenti le regole in materia e intervenire sulla prevenzione e l’informazione.

Nel disegno di legge si proporrà infatti il divieto della pubblicità radiotelevisiva di bevande superalcoliche; l’obbligo di avere sulle bottiglie etichette ben visibili che invitano ad astenersi dal bere prima di mettersi alla guida; la costituzione di un Fondo per l’informazione e l’educazione sui rischi derivanti dall’assunzione di alcol per chi guida".

Droghe: Turco; scritte - choc sulle bottiglie di alcolici

 

La Repubblica, 17 luglio 2007

 

Etichette choc sulle bottiglie di alcolici. Avvertenze che mettano in guardia dai pericoli legati al consumo: "Guidare in stato di ebbrezza è vietato", "L’abuso è gravemente pericoloso". La proposta del ministro della Salute, Livia Turco, all’indomani delle stragi sulle strade, divide il fronte dei produttori.

Favorevoli, seppure con qualche riserva la Stock e la Martini & Rossi. "Il ministro - spiega Lorenzo Biscontin, direttore marketing della Stock (che produce tra l’altro grappe, vodka, limoncello) - ci chiede un’assunzione di responsabilità, ai fini di un’autoregolamentazione dei nostri messaggi pubblicitari. Ebbene, vorrei ricordare che questo già accade da anni: le reclame di alcolici rispettano certi orari e non divulgano certi contenuti, tipo "Se bevi hai prestazioni super".

Noi stessi - prosegue - abbiamo avviato una campagna per il consumo responsabile". E le etichette? "Una scritta come "Se bevi non guidare" ci trova disponibili: noi produttori non viviamo in un altro mondo e ci rendiamo conto dei problemi sociali".

"Nulla in contrario con la proposta del ministro, ma non servirà a risolvere il problema", risponde Raoul Romoli Venturi, direttore comunicazione della Martini & Rossi. "A breve scriveremo sulle nostre etichette "Bevi responsabilmente", come già facciamo in tutte le nostre pubblicità - fa sapere Venturi - e siamo dunque disponibili a prendere in considerazione la proposta del ministero.

Ma - avverte - non basterà a fermare gli incidenti del sabato sera. Bisogna invece investire nell’educazione, affrontando il problema in maniera non demagogica e ricordando che in Italia il problema dell’abuso di alcol è più contenuto rispetto al Nord d’Europa. Né serve poi chiudere anticipatamente i locali, perché i ragazzi si spostano e sanno bene dove trovare comunque da bere".

Le etichette sulle bottiglie lasciano perplessi gli uomini della Campari e di Pernod-Ricard. "Il problema sta nell’abuso e non certo nell’uso normale dell’alcool - è la risposta della Campari - la posizione del nostro gruppo è in linea con quella della Federvini: una dicitura in etichetta non serva a risolvere il problema in quanto la sua visibilità è molto limitata, se si pensa al consumo di alcool in discoteca o in un locale. Da settembre poi partiranno, in tutte le nostre pubblicità, dei messaggi che invitano a un consumo responsabile delle bibite alcoliche".

La proposta di Livia Turco appare "inefficace" anche a Franco Bonadeo, direttore commerciale della Pernod-Ricard Italia (che produce tra l’altro l’amaro Ramazzotti), "anche perché nel 60% dei casi la bottiglia finisce solo nelle mani dei barman".

La Pernod-Ricard, è però favorevole "a partecipare a un tavolo con il ministro per investire nell’educazione dei consumatori. Noi stessi spingiamo molto contro l’abuso di alcol nel mondo e non sponsorizziamo, per esempio, attività sportive né gare automobilistiche".

Droghe: incidenti; lo scandalo della mancanza di etilometri

di Guido Blumir (Associazione Utenti e Consumatori)

 

Notiziario Aduc, 17 luglio 2007

 

Negli ultimi anni la Francia e l’Inghilterra hanno organizzato massicci controlli antialcol su strada: 5 milioni all’anno. I morti sono diminuiti del 40 % in Francia e del 48% in Inghilterra. In Italia facciamo 3.900.000 controlli all’anno (patente, libretto, assicurazione, etc.) ma solo 200.000 (o 500.000) antialcol. Questo perché le pattuglie (Ps, Cc e Polizie Municipali) non hanno in dotazione etilometri.

Bianchi e Amato a marzo e anche ora hanno detto: "Faremo un milione di controlli". Sbagliatissimo. Se ne possono e devono fare subito 3 milioni. La notizia clamorosa è che i nuovi etilometri digitali costano solo 50 euro (spese di spedizione comprese) su internet (anche 25 euro e addirittura 15 su e-bay) (basta digitare google ricerca: "etilometri"): meno di un pieno di benzina. I 3.900.000 controlli delle forze dell’ordine sono cartacei (patente, libretto, assicurazione, etc.) e implicano diversi minuti: da 10 in su. Per il risultato etilometro bastano 30 secondi.

Dunque, tutte le pattuglie che fanno i 3.9 milioni di controlli possono fare (senza perdere letteralmente un minuto) il controllo antialcol. Dal punto di vista medico-legale, il responso dell’etilometro digitale basta e avanza: se il guidatore contesta (ma non gli conviene), può essere accompagnato a un ospedale per controlli più approfonditi.

Dunque, da subito, non 1 milione ma almeno 3 milioni. Gli automobilisti devono saper che da subito si fanno: anche con la legge attuale (senza aspettare le pene più dure della nuova) la multa è salata (da 300 euro in su), c’è il ritiro della patente, il sequestro del mezzo e la denuncia penale. Nel momento in cui vede che i controlli ci sono, la maggior parte dei guidatori starà molto attenta. Già nelle prossime settimane (come successe con la patente a punti), potremmo assistere a una diminuzione dei morti.

Amato e Bianchi hanno diverse strade con cui muoversi subito: acquistare immediatamente 200.000 etilometri (costo totale meno di dieci milioni di euro che il ministero dei trasporti ha già: inoltre gli incidenti da alcol sulle strade costano al Ssn 15 miliardi di euro annui) e distribuirli a tutti. Fare un decreto amministrativo operativo immediatamente che fa obbligo a tutti (comuni etc.) di acquistare immediatamente questi etilometri low cost. Oppure: invece di rilassarsi a San Felice Circeo, fare anche personalmente 10.000 telefonate (e circolari, mail e quant’altro) per informare tutti (comuni, polizie municipali, etc.) che di fatto l’etilometro non costa nulla (potete scommetterci che non lo sanno) perché già da venerdì pomeriggio ci siano migliaia di etilometri in più. Da marzo, sia Amato che Bianchi hanno questi dati perché glieli ho fatti avere sul tavolo.

Ogni settimana 50 morti da alcol sulle strade (donne, anziani, bambini) investiti da guidatori sopra il tasso. 3.000 morti (la metà del totale) e 150.000 feriti all’anno, molti invalidi. In vent’anni uno stadio olimpico di morti (60.000). La soluzione c’è: immediata e praticamente a costo zero.

 

 

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