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Giustizia: consegnata la bozza di Riforma del Codice penale
Il Messaggero, 9 giugno 2007
La bozza del progetto di riforma del Codice Penale elaborata dalla Commissione presieduta da Giuliano Pisapia, è stata presentata al ministro della Giustizia Clemente Mastella. La novità principale è la soppressione dell’ergastolo, che viene sostituito da una reclusione di lunga durata. Una detenzione che potrebbe arrivare fino a 34 anni, alla quale si sommerebbe una riduzione delle possibilità di accesso alla liberazione condizionale. La riforma prevede inoltre una verifica della pena in fase esecutiva, dopo un certo numero di anni, per garantire il reinserimento sociale del condannato. La bozza della riforma Pisapia - passibile di modifiche proprio sul punto relativo ai termini di detenzione massima - è ora all’esame degli uffici legislativi del ministero che dovrebbero tradurla in un ddl. In ogni caso, l’intero sistema sanzionatorio viene rivisto dal progetto di riforma della Commissione Pisapia, con un maggiore ricorso a sanzioni interdittive, riparatorie e pecuniarie che vanno nella direzione auspicata anche dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel corso della sua visita a Rebibbia, all’inizio di maggio: il carcere deve essere considerato come "extrema ratio" ed eventualità da riservare ai casi più gravi.
Pisapia: aboliamo l’ergastolo
Abolire il "fine pena mai" per sostituirlo con una detenzione di lunga durata che non potrà mai superare i 34-38 anni di carcere. All’indomani della lettera inviata da 310 ergastolani al Capo dello Stato per chiedere, provocatoriamente, che il carcere a vita venga tramutato in condanna a morte, la Commissione ministeriale di esperti presieduta da Giuliano Pisapia presenta un’articolata proposta di riforma del codice penale. E in questa bozza che dovrebbe delegare il governo a "svecchiare" il codice Rocco del 1930 è prevista, appunto, la cancellazione dell’ergastolo. Plaudono Verdi, Rifondazione Comunista e anche il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi; levata di scudi, invece, da parte di Lega e An. Mentre il Guardasigilli Clemente Mastella, probabilmente scottato dagli strascichi di polemiche sull’impopolare provvedimento dell’indulto, tiene a ribadire che l’abolizione dell’ergastolo è una proposta tecnica della Commissione Pisapia ma - afferma - "non è la mia proposta politica", che ancora non è stata presa. A dare fuoco alle polveri è la pubblicazione - sul quotidiano "La Repubblica" - di una lettera sottoscritta da 310 su 1.294 ergastolani italiani, che fa arrivare fino al Quirinale un grido di dolore. Porta la firma di condannati per l’omicidio del giudice Livatino, di killer di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Giustizia: i detenuti Ue sconteranno la pena nei loro Paesi
Il Gazzettino, 9 giugno 2007
"Il provvedimento è già stato approvato. Non svuoteremo le prigioni italiane, però le libereremo di un bel po’". "Non è stato semplice, perché ci sono stati alcuni Paesi, la Polonia su tutti, che hanno avanzato delle resistenze nell’attuare il provvedimento che però alla fine è stato approvato: i detenuti condannati, appartenenti agli stati membri dell’Unione Europea, torneranno a scontare la pena nel loro paese d’origine. Con questo provvedimento, applicato già dopo il primo grado di giudizio, non svuoteremo le prigioni italiane, però le libereremo di un bel numero di detenuti". L’annuncio è stato dato ieri pomeriggio durante l’incontro organizzato dalle associazioni culturali Antenore e Padovadomani, dall’onorevole Franco Frattini, vice presidente della Commissione Europea, in risposta ad una delle domande poste dal direttore del Gazzettino, Roberto Papetti, e dalla giornalista Rai, Maria Luisa Vincenzoni. "Lotta al terrorismo e protezione delle infrastrutture critiche"; questo il titolo dell’appuntamento che si è svolto a villa Borromeo, a Sarmeola, di fronte ad una numerosa platea. "In Italia - ha spiegato Frattini - il rischio di un terrorismo di matrice internazionale purtroppo esiste, dovuto al fatto che si sono radicate delle cellule operative di supporto ai terroristi islamici che poi si spostano in Iraq e Afghanistan; come esiste ancora il terrorismo brigatista. Il suo sistema non è stato smantellato e oggi preoccupa la contiguità con ambienti insospettabili e con quello sindacale; e se le conseguenze non sono state drammatiche un grandissimo plauso va fatto allo straordinario lavoro delle nostre forse dell’ordine". Quindi tornando alla situazione internazionale: "C’è una rete internazionale del terrore che non ha un unico capo. Osama Bin Laden non è il solo cervello di questa struttura criminale. Certo è che l’obiettivo politico è esclusivo, ovvero creare il nuovo califfato mondiale, dove il califfo ha diritto, assoluto, di vita e di morte. Per quanto riguarda l’Europa stiamo cercando di creare un’unica banca dati che possa collegare e coordinare le azioni e le informazioni delle varie polizie nazionali realizzando se necessario anche delle squadre comuni che agiscano nei vari stati. Se questo accordo venisse applicato sarebbe un grandissimo passo avanti nella lotta al terrorismo internazionale". Spesso, è stato ricordato dal direttore del Gazzettino, esiste un legame tra immigrazione e terrorismo, quali strumenti si potrebbero usare per scongiurarlo? "Gli immigrati occorrono - ha replicato il vice commissario dell’Ue - però io ho lanciato la proposta che le quote che ne definiscono gli arrivi nei paesi europei siano gestite dagli imprenditori e non invece calate dall’alto dai governi centrali". La giornata padovana dell’onorevole Frattini, era cominciata con un incontro al centro congressi Papa Luciani a cui, nel pomeriggio, era seguito quello con l’associazione culturale dei giovani di Forza Italia, il Circolo, nel quale per oltre un’ora il vice presidente della commissione europea ha parlato dell’Unione Europea, della sua nascita, dei suoi cambiamenti, del suo futuro. Messina: il sindacato Fp-Cgil scrive al ministro Mastella
Ansa, 9 giugno 2007
La Fp-Cgil chiede un Suo autorevole intervento, poiché; ritiene inaccettabile - e non degno di un paese civile fondato sul diritto - la condizione strutturale in cui versa la Casa Circondariale di Messina. Negli ultimi anni, questa Segreteria ha reiteratamente segnalato ai vari organi competenti (tra i quali al sig. Prefetto) la condizione di drammatico degrado edilizio del menzionato Istituto. Le relative sollecitazioni a porvi rimedio, tuttavia, non hanno ancora avuto alcuna risposta In particolare, l’Amministrazione Penitenziaria ha sottovalutato le richieste avanzate dalle rappresentanze sindacali del personale in merito alla grave carenza di personale di Polizia penitenziaria e del comparto dei Ministeri, che compromettono le normali attività istituzionali, la sicurezza interna ed esterna del carcere e le già precarie - per non dire pessime - condizioni di lavoro del restante personale. Al di là dell’impegno attualmente profuso e dal grande senso di responsabilità; del personale di Polizia Penitenziaria, dobbiamo purtroppo registrare il disimpegno da parte dell’Amministrazione Centrale colpevole, negli anni, di aver sottovalutato le richieste avanzate dalle rappresentanze sindacali del personale per l’adeguamento dell’attuale pianta organica. Per coprire i turni, il lavoro straordinario viene utilizzato come strumento ordinario di programmazione del lavoro ordinario. Di conseguenza il personale è costretto a sopportare turni lavorativi massacranti compresi tra le otto e le dieci ore giornaliere, viene raggiunta così una media pro-capite di 60 ore mensili di prestazione in plus orario. I pochissimi giorni di riposo e congedo ordinario concessi, non consentono al personale il necessario recupero dell’energie psicofisiche, tutto ciò in violazione delle norme contrattuali ove si consideri, che lo stesso deve ancora, fruire del congedo ordinario relativo agli anni 2005, 2006 e 2007. Il fabbisogno giornaliero per coprire i posti di servizio dell’Istituto con turni articolati su tre quadranti orari e, garantendo solo i minimi di sicurezza, si rende necessario incrementare l’attuale organico di almeno 150 unità. Il non funzionamento del Centro Diagnostico terapeutico presso la casa Circondariale e della mancata realizzazione di un reparto detentivo presso un nosocomio esterno determinano un abbassamento dei livelli minimi di sicurezza. La presenza di numerosi detenuti ad Alta Sicurezza, la carenza delle necessarie professionalità socio educative e assistenziali, oltre a quelle amministrative e a numerose unità di polizia penitenziaria, conduce la Fp-Cgil a richiedere al Ministro un impegno straordinario per la ricerca e l’elaborazione di adeguati piani di intervento capaci di incidere realmente: sul mantenimento dei livelli essenziali di sicurezza dell’Istituto e del personale operante, sull’attuale capacità di garantire la piena esecuzione del mandato costituzionale affidato, sull’adeguamento degli attuali organici (in atto 164 unità; presenti a fronte della previsione di n. 293), sull’adeguamento della struttura alla vigente normativa in materia di igiene e sicurezza 626/94, sulla realizzazione di una nuova struttura da ubicare fuori dal centro città. Bollate: quando la cucina di qualità è prodotta in carcere
Affari Italiani, 9 giugno 2007
E chi l’avrebbe mai detto che nel "Carcere di Milano Bollate - Seconda Casa di Reclusione" si fa economia d’impresa sociale? "Abc, la sapienza in tavola" è una cooperativa di detenuti-chef e i suoi piatti varcano il muro della prigione per soddisfare i palati della Milano un po’ chic. Altro che rancio! Antipasti, specialità gastronomiche, piatti caldi e freddi, pasticceria mignon di cui parla ad Affari Silvia Polleri, anima del progetto e presidente del cda, che rivendica: "La nostra forza è che siamo competitivi su tutto il mercato".
In cosa consiste "Abc, la sapienza in tavola" e come è nata? "Siamo una Cooperativa sociale di tipo B (con inserimento di categorie svantaggiate). Siamo partiti nel 2004 con 5mila euro dati dalle altre associazioni del carcere e milleottocentoquaranta euro prestati per tre mesi da un magistrato in pensione. Per un anno nessuno ha guadagnato niente e tutti i "profitti" dei buffet sono stati reinvestiti in attrezzature ma oggi siamo riusciti a comprarci un furgone e in futuro puntiamo ad acquistarne uno frigorifero. E poi abbiamo assunto personale, che è stato un grande traguardo: oltre a me e al mio vicepresidente, assunti a progetto, c’è un commercialista, un ufficio paghe e contributi e poi 9 detenuti assunti (6 a tempo pieno a tempo indeterminato; tre a tempo determinato) di cui tre sono fuori di cella in affidamento o in attesa di affidamento ai servizi sociali (solo uomini perché il carcere di Bollate è maschile)".
È un’impresa economica a tutti gli effetti, insomma? "Sì, assolutamente. L’ambizione è stata proprio quella di creare un posto di lavoro che sia competitivo nel mercato del settore e quindi non limitatamente al "sociale". Tre le destinazioni d’uso: la prima è quella del catering che ha, ovviamente, carattere di occasionalità e quindi non fornisce gettito quotidiano. Poi c’è la preparazione e confezione giornaliera di un centinaio di pasti (colazione, pranzo e cena) per i detenuti della sezione, in accordo a un appalto col Ministero della Giustizia in cui abbiamo offerto un servizio competitivo rispetto all’abituale confezione affidata "a mercede" ai detenuti stessi. Di ciò l’aspetto interessante è che, come titolari di questo appalto, oltre che dover rispettare un capitolato preciso rispetto a menù e alimenti che vanno serviti, a noi che cuciniamo è di fatto attribuita anche una funzione di controllori delle derrate alimentari che giornalmente entrano attraverso i fornitori esterni. Infine siamo produttori di pietanze extra per l’interno del carcere stesso".
Ovvero? "Utilizzando la meravigliosa cucina della sezione, che era preesistente e che noi sfruttiamo davvero al massimo, anche grazie al forno a pietra lavica a due camere donatoci dai panificatori del magentino, sforniamo quotidianamente pasticceria e pizzeria d’asporto per tutta la popolazione carceraria, polizia penitenziaria compresa. Così la pizza arriva in cella per la cena o i pasticcini nei colloqui coi parenti, il tutto a prezzi molto competitivi, in certa misura "calmierati", rispetto all’esterno: per fare un esempio, la nostra pasticceria mignon costa 13 euro al chilo contro i 17 euro del supermercato e i 25 euro di una pasticceria. Le pizze, invece, costano tra i 3 e 4 euro"1.
E in caso di richiesta del servizio catering fuori dalla prigione come vi organizzate? "Chi è interessato ai nostri servizi contatta direttamente me (abc.sapienzaintavola@tiscali.it; Silvia Polleri, cel. 3336003263; Paolo Cremonesi, cel. 3405090633) o gli altri membri del consiglio d’amministrazione della cooperativa - che per legge devono essere incensurati - o i detenuti soci divenuti liberi; a quel punto noi facciamo sopralluoghi e preventivi e infine diamo il via all’organizzazione. Poi, come per ogni catering, in parte cuciniamo le pietanze nel centro cottura e in parte sul luogo dell’evento. A lavorare all’esterno del carcere di Bollate vanno, oltre ai liberi e a noi del consiglio d’amministrazione, anche i detenuti soci della cooperativa già ammessi a beneficiare di permessi d’uscita temporanea di cui fanno richiesta ogni volta al magistrato".
Chi sono i vostri clienti? Solo amici e parenti dei detenuti? "Intanto, e questa è una novità molto interessante, nell’ultimo anno abbiamo aperto un mercato veramente inusuale per un carcere, quello dei matrimoni: ne abbiamo già fatti oltre una decina. Quanto alla clientela bisogna dire che praticamente mai è composta da amici dei nostri carcerati. Il nostro è un servizio di catering medio-alto: di ciò ci vantiamo proprio perché in questo modo noi non siamo forse tanto competitivi sul mercato del sociale ma lo siamo eccome su tutto il mercato di settore. I detenuti servono solo con stoviglie vere e lo fanno in giacca bianca a bottoni d’oro e guanti bianchi, le portate sono veramente raffinate e curate. Ciò, nel tempo, ha pagato tantissimo in termini di immagine perché - parliamoci chiaro - chi si rivolge al sociale lo fa spesso con l’idea di fare un’opera di misericordia e lo fa una volta sola, se non c’è la qualità finisce tutto lì e nessuno ti cerca più". Verona: esami per sei detenuti, esperti agroalimentari
L’Arena di Verona, 9 giugno 2007
L’ultima campanella dell’anno scolastico è suonata anche nella casa circondariale di Montorio dove gli alunni-detenuti hanno seguito i diversi corsi professionali o di alfabetizzazione. Gli esami però a differenza dei colleghi esterni li hanno iniziati prima. Ieri mattina, i professori dell’istituto tecnico per l’agricoltura Ettore Stefani di Isola della Scala, hanno esaminato la classe composta da sei giovani detenuti che hanno conseguito la qualifica di esperto agroalimentare. Il corso che è giunto al secondo anno è di recupero: tre anni in uno. "C’è da studiare e molto", dicono gli esaminatori che si dichiarano soddisfatti del grado di apprendimento degli allievi. Le prove consistono in una parte scritta e in una parte teorica. I sei allievi hanno studiato contabilità, tecnica, diritto, lingua straniera, in breve tutte le materie che vengono normalmente svolte dalla scuola fuori dalle sbarre. La prova tecnica, senza togliere nulla a quella umanistica di calcolo e di lingua straniera, è indubbiamente la più attesa: è alla fine di questa che i docenti si riuniranno in scrutinio per decidere quanti saranno promossi. L’aula per l’occasione si è trasformata in un piccolo laboratorio di chimica dove ciascun detenuto ha calcolato l’anidride solforosa nel vino. È seguita la prova detta di taleaggio e l’osservazione dei parassiti presenti nella scatola entomologica, nella serra realizzata nel cortile. Per Antonio Gennuso, Luciana Brigà, Caterina Nucera, Amedeo Provoli, docenti di tecnica delle produzioni, questa è un’esperienza che arricchisce sia da una parte che dall’altra. "Sbalordiscono le motivazioni che portano questi allievi a seguire con costanza e determinazione il corso. È evidente la voglia di cercare nuovi equilibri e forse anche una nuova vita", dicono. Non è un caso infatti che Salvatore Erminio, direttore della casa circondariale si soffermi sul fatto che chi frequenta i corsi di studio cambia anche nel comportamento. Lo studio come deterrente alla illegalità? Per Enrichetta Ribessi da vent’anni vive a stretto contatto con questa realtà, è la responsabile dell’area educativa, il carcere è molto cambiato in questi ultimi anni. "L’80 per cento è di lingua straniera e i corsi di alfabetizzazione sono i più seguiti", fa notare. Ma li seguono tutti? "Solo chi è in regola con il permesso di soggiorno", spiegano dal settore corsi. È qui infatti che si trovano le aule scolastiche e di musica, pittura e molto altro ancora. L’ispettore Angela Maria Vozzolo fa notare come siano molte le aule. "Chi frequenta i corsi rinunciando anche a rimanere in cortile, lo fa perché crede davvero di poter cambiare", spiega. Qui c’è anche l’aula di informatica dove nove detenuti hanno da poco superato l’esame. Il corso è gestito dall’istituto San Zeno. "È organizzato con il fondo sociale europeo", spiega don Elio Lago. "Ne viene svolto uno anche nella sezione isolati". Tornando ai futuri esperti agroambientali il commissario d’esame Marco Bonafini si dice soddisfatto. "Le 27 ore settimanali sono servite a ridare dei sogni e una qualifica", sottolinea Daniele Pasquali coordinatore del corso, "non tutti hanno la costanza di continuare per tutto l’anno scolastico". Cagliari: detenuti-poeti; vince sequestratore di Silvia Melis
L’Unione Sarda, 9 giugno 2007
Versi dell’anima e poesie del cuore. Ne è nato un appuntamento letterario per soli detenuti. Ieri la consegna dei premi nel carcere cagliaritano di Buoncammino. Sbarre e porte, grate e reti: anche questo è il carcere. Entrare a Buoncammino significa sottoporsi a un’infinita serie di controlli, blocchi, girare di chiavistelli. Chi è detenuto sa che uscire prima di aver scontato la pena è praticamente impossibile. Ma c’è un modo per evadere senza commettere un reato: usare la fantasia, l’immaginazione, quelle che solo la poesia e la narrativa possono dare. E oggi, giovedì, sotto un sole cocente, nel campetto di calcio anch’esso chiuso sotto chiave, la letteratura regala ai detenuti uno di quei momenti di libertà e di rieducazione che fanno del carcere non soltanto un luogo di pena ma anche il possibile inizio di una vita nuova al momento del rientro, duro e difficile, nel mondo esterno. Un mondo spesso ostile, ma nel quale si muovono anche educatori, volontari, donne e uomini impegnati a sostegno dei più emarginati. Si vivono momenti di emozione quando Grazia Marine, la famosissima zia Grazia condannata per il sequestro di Silvia Melis ritira il primo premio per la poesia, assegnato a suo figlio Antonio Maria Marini, anch’egli in carcere per il sequestro della mamma di Tortolì. "Non è voluto venire a ritirarlo forse per timidezza", spiega zia Grazia, accolta da un’ovazione dei detenuti che la dice lunga sulla sua forte personalità. È una donna fuori dall’ordinario questa sessantaseienne orgolese madre di dieci figli, alle spalle una vita durissima di fatiche per tirare su la famiglia, capace oggi di affrontare l’esperienza del carcere con straordinaria positività. A Buoncammino ha imparato a leggere e scrivere, a perfezionare il suo italiano, a lavorare all’uncinetto, a farsi stimare dal non facile ambiente carcerario. Non c’è solo marcio nei penitenziari. E neanche nelle aree di alta sicurezza, se è vero che a vincere i premi di narrativa sono uomini condannati per omicidio o perché componenti di punta di organizzazioni quali la ‘ndrangheta. Nella narrativa primo è Mauro Fresu, natali alla Maddalena, carcere di Alghero. Secondo è Leone Bruzzaniti, cognome di peso in Calabria. Terzo è Giuseppe Steri, pescatore di San Giovanni Suergiu. Tutti e tre ambientano in mare i loro racconti, quel mare immenso, infinito, che è il contrario del carcere: è la libertà senza confini. Ma sono straordinarie anche le poesie della seconda e terza classificate, Anna Fotzi, detenuta a Oristano dopo una condanna legata a reati a sfondo sessuale, e Isabella Medda. La giovane monserratina che tornerà presto in libertà dedica a sua madre, ai dolori che le ha inflitto, una lirica dal titolo chiaro e netto: "Se solo tu mi perdonassi". È stato il perdono di Stato, l’indulto, a consentire indirettamente la manifestazione. "Oggi nelle carceri sarde abbiamo 1150 persone, la metà dei detenuti di un anno fa - spiega il direttore di Buoncammino, Gianfranco Pala - e la disponibilità di spazi ha consentito anche questo concorso di letteratura, reso possibile dall’impegno del personale, di educatori, volontari, docenti. Qui a Buoncammino i detenuti sono 280, dai 470 che erano prima dell’indulto. Certo, noi ci sforziamo di rieducare le persone, di dare loro strumenti di crescita. Ma il mondo esterno li deve accogliere, soprattutto offrendo lavoro, altrimenti c’è il rischio della ricaduta". Gianni Filippini, direttore editoriale dell’Unione sarda e presidente della giuria, insiste sul valore della cultura come strumento di riscatto dei detenuti in un carcere che deve formare e rieducare E non sono di circostanza le parole dei giurati (Gianfranca Fois, Nino Nonnis, Ninni Murru, Giovanna Cerina, Enrico Dessì), e dei politici e magistrati (Enrico Angioni, Giacomo Spissu, Angela Quaquero). Bellissime le voci di Mario Faticoni e Rita Atzeri che leggono brani delle opere vincitrici. Ma ancora più bella quella, carica di entusiasmo, di Alessandra Bertocchi, educatrice e ideatrice insieme ad Antonio Volpi del concorso Alleviamo la pen(n)a, al quale hanno partecipato oltre 40 detenuti. Bertocchi e Volpi sono fra gli animatori del Comitato Oltre il carcere: libertà e giustizia che oggi ha scelto il terreno della letteratura dopo essersi impegnato nell’attività di sostegno morale e materiale fornito ai detenuti particolarmente disagiati e alle loro famiglie in occasione dell’indulto. C’era stata anche la raccolta di migliaia di libri per i detenuti in occasione del Natale, di nuovo nel nome di quella cultura che Claudio Massa, responsabile dell’area pedagogica di Buoncammino promette sarà un appuntamento fisso nella biblioteca del carcere. "Non ci saranno premi né tante persone come oggi - dice - ma iniziative costanti, settimanali". L’obiettivo resta lo stesso del concorso: abbattere il muro fra chi sta dentro e chi sta fuori, andare oltre le sbarre. Nel nome della Costituzione della Repubblica. Volontariato: Livio Ferrari consulente del ministro Ferrero
Il Gazzettino, 9 giugno 2007
Livio Ferrari, fondatore e direttore del Centro Francescano di Ascolto, è stato nominato consulente del ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Ferrari rappresenterà il ministero in seno alla commissione nazionale consultiva e di coordinamento per i rapporti con le regioni, gli enti locali e il volontariato, istituita presso il ministero di Giustizia. In previsione vi è l’organizzazione della prima conferenza nazionale sull’esecuzione penale e la privazione della libertà. Ferrari partecipa ai lavori del gruppo "Politiche sociali e popolazione straniera detenuta". Livio Ferrari, 51enne, giornalista, addetto stampa della Provincia, da oltre vent’anni si occupa di volontariato nelle carceri ed ha fondato nel 1998 la Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia, della quale è stato presidente fino al 2005. È autore di numerosi interventi e pubblicazioni sui problemi della giustizia e della carcerazione, oltre che essere stato promotore del progetto di legge sulla riforma del volontariato. Nel 2007 ha pubblicato il libro: "In carcere, scomodi", Franco Angeli editore. Droghe: Ceas Milano; chiedono aiuto soprattutto le donne
Redattore Sociale, 9 giugno 2007
Consumatore di cocaina o eroina, tra i 31 e i 40 anni: è l’identikit degli utenti della "Linea Verde", servizio gestito dal Centro Ambrosiano di Solidarietà. Dal 1997 al 2006 ha ricevuto 33.350 telefonate, nel 2006 4.480. Sono soprattutto le donne a chiamare il servizio gestito dal Centro Ambrosiano di Solidarietà (Ceas): nel 2006 sono state il 68% di coloro che hanno telefonato al 800458854, attivo dalle ore 9 alle 20, dal lunedì al venerdì. Consumatrici oppure familiari di consumatori, sono loro ad avere la forza di chiedere aiuto. Dal 1997 al 2006, il centralino del Ceas, al quale lavorano 18 operatori, ha ricevuto 33.350 chiamate, nel 2006 4.480. Dieci anni di ascolto di chi vive il dramma della droga. Un osservatorio per capire come è cambiato il fenomeno. Nel 1997 il 40% di chi telefonava era per problemi legati all’eroina e il 10% alla cocaina. Nel 2002 era invece la cocaina la ragione più diffusa della chiamata (28%), mentre era scesa l’eroina (19%). Oggi in testa c’è sempre la cocaina (44% delle telefonate del 2006) e sta aumentando anche l’eroina (28%). "Sempre di più ci troviamo di fronte a persone che consumano più droghe insieme o che le associano all’alcol - sottolinea Clemente Suardi, operatore del Ceas -. Nel 2006 inoltre il 20% dei consumatori che ci hanno chiamato avevano anche problemi psicologici". I 2/3 di chi si rivolge alla Linea verde sono consumatori e il 50% ha dai 31 ai 40 anni. La maggior parte (il 70%) ha chiesto un aiuto per smettere di consumare droghe. "Nei primi anni di attività del centralino non era così - sottolinea Clemente Suardi -. Chiedevano più che altro informazioni, oggi invece vogliono una consulenza sulle strade da intraprendere per uscire dalla loro situazione". Domani, dalle ore 9 alle 12.30, il Ceas presenterà nella sua sede al Parco Lambro (via Marotta, 8) il bilancio dei dieci anni di attività della Linea verde droga. Interverranno, fra gli altri, don Virginio Colmegna, presidente del Ceas, Claudia Polli, responsabile area dipendenze del Ceas, Mariolina Moioli, assessore comunale alle Politiche sociali, e Vincenzo Cristiano, presidente del Coordinamento cittadino sulle dipendenze del privato-sociale. Austria: droghe a prezzi sempre più bassi, polizia impotente
Ansa, 9 giugno 2007
In Austria aumenta il numero di consumatori di droghe illegali. Il principale motivo? I prezzi in caduta libera, ha sostenuto l’8 giugno Hans Haltmayer, direttore del Centro di consulenze sulle droghe Ganslwirt di Vienna, durante la conferenza dei medici austriaci che si è tenuta a Grado. "Il prezzo dell’ecstasy, al netto dell’inflazione, è sceso del 50%; quello delle amfetamine del 20%; la cocaina è diminuita del 22%; l’eroina del 45%; la cannabis del 12%-19%". In pochi anni la cocaina è passata da droga tipica delle classi sociali alte a sostanza accessibile a giovani adulti di classe media, persino adolescenti. Due le ragioni: un afflusso abbondante sul mercato e l’esiguo numero di sequestri. Un andamento analogo vale per le altre droghe. Per esempio, la caduta del regime dei Taliban in Afghanistan ha portato a una massiccia produzione d’eroina. Haltmayer ha presentato anche uno studio sul comportamento degli austriaci in materia di droghe. Emerge che le droghe leggere sono sempre più accettate dalla società. Così risulta che il 39% dei giovani dai 15 ai 29 anni abbia sperimentato la cannabis, e che il 5% di questi ne abbia fatto uso nei 30 giorni precedenti l’indagine. Per le altre droghe illegali quali ecstasy, amfetamina, cocaina o oppiacei, nel mese considerato il consumo è risultato inferiore all’1%.
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