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Bologna: quando i vigili urbani diventano "mediatori sociali"
Redattore Sociale, 20 gennaio 2007
A Reggio Emilia l’Acer (Azienda casa Emilia-Romagna) sta avviando, proprio in questi giorni, un progetto per creare uno sportello di mediatori specializzati in litigi tra condomini, che vedrà anche la collaborazione della polizia municipale. A La Spezia ha aperto "Sportello sulla piazza" dove lavorano insieme operatori di strada e vigili urbani per dirimere conflitti sociali. A Roma esiste da tempo il Nucleo assistenza emarginati (il Nae), specializzato negli interventi sul disagio sociale dei cittadini. A Torino, invece, è attivo il Nucleo di prossimità, sempre dei vigili urbani: un corpo di 50 agenti, formati con corsi ad hoc, per gestire la convivenza civile. Mentre a Modena, oltre allo sportello di mediazione dei conflitti "Punto d’accordo", il Comune ha un addetto stampa che lavora con la polizia municipale, come anello di congiunzione tra territorio e istituzioni. Tutti progetti che, pur nella loro diversità, coinvolgono amministrazioni, servizi sociali e hanno il compito di intervenire nei conflitti tra i cittadini: di vicinato, tra gruppi sociali, tra familiari. L’obiettivo? È comune: favorire la convivenza civile, cercando di evitare che semplici tensioni o diverbi tra vicini - dal rumore che fa il bambino del piano di sopra, alla tovaglia scossa dopo cena sul terrazzo della vicina di sotto, fino a problemi di convivenza tra stranieri e italiani, tra giovani e anziani o anche all’interno delle famiglia - vengano mal gestiti e degenerino in violenza. "I vigili urbani, anche se fa parte da sempre della loro attività, hanno ultimamente un ruolo maggiore come mediatori nei conflitti sociali - spiega Rosario Palazzolo, Segretario nazionale del Silpol, il Sindacato italiano lavoratori polizia locale -. Oggi è infatti la pubblica amministrazione che cerca di andare all’uscio di casa dei cittadini: penso in particolare ai vigili di quartiere, ma anche alle altre strutture, come gli sportelli di mediazione dei conflitti nati in questi ultimi anni, oppure ai nuclei speciali della polizia municipale". Ed è proprio la divisa dei vigili che spesso mette d’accordo i litiganti e abbassa il livello del conflitto: "In molti casi - prosegue Palazzolo - è sufficiente l’autorevolezza della divisa e a calmare la litigiosità". Anche quando le parti si rivolgono a un giudice (in genere il giudice di pace), infatti, spesso il conflitto non viene risolto, anzi i toni si esasperano ancora di più. Le persone giuste, quindi, possono essere le forze dell’ordine che, quando formate in maniera adeguata, riescono a intervenire in maniera risolutiva nei contrasti. Ma sono aumentati negli ultimi anni gli interventi dei vigili? "Non abbiamo fatto studi specifici sull’argomento - conclude Palazzolo -, quindi non abbiamo dati precisi. Ci risulta però, dal lavoro diretto dei vigili nelle diverse città d’Italia, che la litigiosità tra i cittadini è aumentata. Lo stile di vita, i ritmi della quotidianità, infatti, accrescono le tensioni e l’aggressività: questo è un dato di fatto, un problema da analizzare e a cui bisogna fare fronte". Modena: polizia urbana di prossimità e sportello di mediazione
Redattore Sociale, 20 gennaio 2007
Un filo diretto tra amministrazione pubblica e cittadini. È l’obiettivo dell’iniziativa avviata dall’Ufficio stampa del Comune di Modena che ha incaricato un suo giornalista di seguire i rapporti con la polizia municipale: "i vigili - spiega il giornalista Andrea Dondi, - sono all’ultimo posto nella graduatoria di simpatia dei cittadini. In realtà sono proprio loro ad avere il contatto più stretto con i cittadini e a funzionare come filo diretto, contatto tra amministrazione e cittadini. Anche su questioni sociali". Nasce da qui, dunque, l’idea di avviare un rapporto di collaborazione quotidiana, anche a livello di comunicazione, tra Ufficio stampa del Comune e vigili urbani. "In un anno, il 2006 - spiega Dondi - sono state diramati 261 comunicati che come fonte hanno avuto appunto i vigili". E gli interventi legati alla ricomposizione delle relazioni tra cittadini, o anche tra familiari, sono all’ordine del giorno. "Qui a Modena - spiega il comandante della Polizia municipale, Fabio Leonelli - funzionano da tempo, e con buoni risultati, le attività dei vigili di quartiere e della polizia di prossimità". Tutti agenti specializzati: "si lavora infatti su tre filoni - prosegue Leonelli -: innanzitutto si scelgono per queste aree persone con una forte motivazione personale; poi vengono organizzati corsi di formazione; e infine si collabora con operatori che trattano questi problemi da altri punti di vista, ma che aiutano gli agenti, con l’esperienza sul campo, a capire come affrontare situazioni di disagio o conflitto". La polizia municipale collabora inoltre con lo sportello di mediazione dei conflitti "Punto d’accordo", nato a Modena nel 2003 e dallo scorso anno gestito direttamente dal Settore servizi sociali del Comune. Qui i cittadini hanno la possibilità di incontrarsi e di confrontarsi sul motivo del contendere, aiutati da un mediatore che ha il compito di facilitare la comunicazione, di agevolare l’espressione dei punti di vista, accompagnando le persone alla ricerca di soluzioni possibili e vantaggiose per entrambe le parti. Qualche numero: dal marzo 2003 a dicembre 2005 sono stati 102 i casi tra singole persone gestiti dallo sportello, vale a dire una media di 34 all’anno. Al 30 novembre 2006, invece, i casi presi in carico dagli operatori sono stati 67. Un dato che non deve allarmare - spiegano gli operatori dello sportello -: "non deriva infatti da un aumento esponenziale dei conflitti, ma dal ricorso maggiore dello sportello che fanno i cittadini". Si arriva a Punto d’Accordo di propria iniziativa o, nella maggior parte dei casi (74%), inviati da un altro servizio: Azienda casa Emilia-Romagna (70%), Polizia municipale (circa 22%), Circoscrizioni (4%) altri servizi (4%). Nel 89% dei casi si tratta di italiani e nell’11% di stranieri. Sono soprattutto i conflitti di vicinato a indurre i cittadini a rivolgersi a Punto d’Accordo (82% dei casi), in alcuni casi (5,5%) si è rivelato un conflitto tra gruppi e in analoga percentuale di un conflitto familiare. Al momento dell’accesso allo sportello la persona che sta vivendo il conflitto viene accolta e ascoltata dagli operatori, può quindi esprimersi liberamente, raccontare i fatti e le emozioni che sta vivendo senza essere giudicata. In un secondo momento, se è d’accordo, viene contattata e ascoltata anche la controparte; solo successivamente, con il consenso di entrambi, si invitano le due parti al tavolo di mediazione. Spesso tuttavia già la prima azione d’ascolto riesce ad avere un effetto "calmante" sul tenore del conflitto, tanto che solo il 43% delle persone decide di proseguire in un percorso di mediazione. Reggio Emilia: abbassare il livello di scontro tra condomini
Redattore Sociale, 20 gennaio 2007
Prevenire e risolvere i litigi tra vicini di casa. A Reggio Emilia ci ha pensato l’Acer (l’Azienda casa Emilia-Romagna) che da qualche settimana ha cominciato a lavorare su un progetto specifico: due mediatori di professione, in collaborazione con la Polizia municipale e i servizi sociali del Comune, avranno il compito di abbassare il livello di scontro tra condomini. "Molto spesso - spiega Marco Galeotti che sta lavorando al progetto - le cause che scatenano le liti, anche le più violente, sono banalissime: un cane che abbaia, un bambino che fa rumore quando il vicino sta riposando, la pulizia o l’organizzazione degli spazi comuni. Se il conflitto prosegue, però, i litiganti perdono di vista l’oggetto del contendere e l’attenzione viene focalizzata esclusivamente sull’altra parte, che si trasforma in un vero e proprio nemico da combattere". La mediazione, quindi, diventa importante, tanto che le segnalazioni di litigi e situazioni difficili che arrivano all’Acer le fanno proprio i condomini. Il progetto, che nei casi più complicati prevede l’intervento della Polizia municipale e dei servizi sociali, comprende anche l’organizzazione di attività di animazione e occasioni di convivialità negli spazi comuni. L’obiettivo? Favorire la conoscenza reciproca e la socializzazione. Non solo: "Con questo servizio - prosegue Galeotti - abbiamo deciso di ampliare la nostra attività dalle abitazioni agli abitanti. Voglio sottolineare che rimane comunque una priorità la nostra attenzione anche alle strutture delle abitazioni. Un esempio? Sia negli stabili da ristrutturare che nelle nuove costruzioni curiamo la progettazione degli spazi comuni. Sono infatti fondamentali per valorizzare la convivenza, ma solo se pensati in modo preciso: possono al contrario diventare cause scatenanti di conflitti, violenza e niente di più". Torino: 50 agenti di prossimità per la convivenza civile
Redattore Sociale, 20 gennaio 2007
Hanno un compito ben preciso: facilitare la convivenza civile. Sono i vigili del Nucleo di prossimità di Torino, 50 agenti formati per intervenire ogni volta che nascono problemi nei rapporti tra i cittadini. E nel 2006, su 846 esposti arrivati ai vigili urbani, 630 hanno riguardato proprio problemi di convivenza. "Per convivenza civile - spiega Danila Leonarduzzi, Ispettore capo del Nucleo di prossimità - intendiamo rapporti di condominio, aggregati giovanili, disagio e ogni difficoltà nel rapporto personale tra i cittadini. Sicurezza urbana, infatti, non significa solamente essere al riparo dai reati, ma anche sentirsi tranquilli a casa propria: vivere bene in città, nel proprio quartiere, nel proprio condominio". Gli agenti operano in tutte le Circoscrizioni e sono facilmente individuabili e riconoscibili dall’uniforme: hanno il distintivo sul taschino destro e un berretto con una fascia a scacchi gialli e blu. Ogni singolo "caso" è seguito personalmente da un agente, impegnato a cercare una soluzione più definitiva possibile al conflitto. Un ruolo fondamentale, quello dei vigili di prossimità, per interrompere l’escalation dei conflitti - spesso originati da cause molto banali - e stemperarne la portata. "È importante - prosegue Danila Leonarduzzi - che il cittadino senta di non essere abbandonato a se stesso in caso di difficoltà. Se c’è attenzione da parte dell’amministrazione anche verso questo genere di conflitti, se insomma c’è qualcuno che si accorge dei problemi di convivenza, si ridimensionano immediatamente le situazioni di tensione". Tutti gli agenti del Nucleo hanno per questo seguito un corso di formazione, mirato all’ascolto attivo, alla comprensione del disagio sociale, a saperlo leggere e non sottovalutarlo. "Non siamo poi noi a gestire sempre in prima persona i conflitti - conclude Daniela Leonarduzzi -, ma chiediamo l’intervento dei settori della pubblica amministrazione sul territorio oppure proponiamo come intermediatori gli operatori dell’agenzia Spazi d’intesa del gruppo Abele: tutti mediatori professionisti. Il nostro compito, in questi casi, rimane poi quello di continuare a monitorare nel tempo la situazione di equilibrio che si è raggiunta". La Spezia: gli operatori di strada in compagnia dei vigili
Redattore Sociale, 20 gennaio 2007
Operatori di strada a spasso per il quartiere in compagnia dei vigili. Alla Spezia un nuovo progetto per combattere disagio, insicurezza e vittimismo nel quartiere Umbertino, area caratterizzata da forti contrasti sociali. Si chiama "Sportello sulla Piazza" il progetto ideato dalla Cooperativa Lindbergh, in collaborazione con il Comune della Spezia e il Comando dei vigili urbani. Prevede attività di accoglienza, informazione e mediazione per gli abitanti della zona. La Cooperativa spezzina, che da diversi anni segue l’evoluzione delle dinamiche sociali del quartiere, ha registrato mutamenti significativi di ordine demografico (con l’aumento della popolazione anziana e immigrata), sociale e psicologico. Nel quartiere Umbertino sono infatti aumentati i comportamenti anti-sociali degli abitanti, i fenomeni di delinquenza e la percezione del disagio, "elementi, questi, - spiega la Cooperativa - che hanno aumentato il senso di abbandono, sconfitta e vittimizzazione da parte della popolazione". Malgrado le problematiche legate a quest’area della città, gli ideatori del progetto hanno individuato ampi margini di miglioramento, grazie a un approccio integrato e multidisciplinare che coinvolge le autorità locali, gli operatori sociali, ma soprattutto gli abitanti. L’iniziativa prevede un’attività di strada e una di sportello, entrambe condotte con il contributo del comando locale vigili urbani. Lo Sportello è stato istituito presso il Comando dei vigili ed è gestito da un educatore. L’operatore sarà deputato all’accoglienza e alla raccolta delle situazioni di disagio. Lo sportello avrà inoltre un ruolo di orientamento ed è prevista l’eventuale consulenza legale. "Un secondo educatore - spiegano gli operatori della Cooperativa spezzina - accompagna i vigili nel loro giro quotidiano, incontra gli abitanti, osserva comportamenti e abitudini diffusi. L’operatore di strada avrà il compito di mediare a fronte di eventuali controversie tra gli abitanti e gestire le trattative". Il lavoro dell’educatore di strada sarà importante anche per delineare una mappa del quartiere e sviluppare interventi specifici al termine del periodo sperimentale. Il progetto è stato avviato nel mese di dicembre e, superata la fase sperimentale, darà vita a servizi specifici tra cui la costituzione di gruppi di auto mutuo aiuto, un servizio telefonico di accoglienza e supporto al disagio, fino a interventi di aiuto ad adolescenti in difficoltà o di consulenza psicologica. Brescia: la grande arte in carcere, esperienza dello spirito
Giornale di Brescia, 20 gennaio 2007
Gira e rigira, alla fine la domanda più attesa è arrivata. "Scusi ma lei, con tutti questi quadri di valore, non ha mai avuto un tentativo di furto? E come si difende?". Risata generale. Ride la platea di detenuti e studenti, e ride anche l’intervistato. Che è Marco Goldin, di professione fa il critico d’arte e l’organizzatore di mostre, ed è abituato a movimentare quadri che valgono milioni di euro. No, di tentativi di furto alle sue mostre non ne ha mai avuti. "E neppure, spero, mi arriveranno da qui - aggiunge sorridendo rivolto alla platea carceraria - .Comunque abbiamo guardie armate, sistemi di allarme". I detenuti sono avvisati: a Santa Giulia magari potranno andare da visitatori in semilibertà, non certo tentando un colpo alla "Topkapi". Sorrisi e lacrime, emozione e calore, colori abbaglianti e penombre esistenziali sono stati gli ingredienti della mattinata trascorsa da Marco Goldin a Canton Mombello. Memorabile, per chi c’era. L’iniziativa è stata ideata dalla presidente del consiglio comunale Laura Castelletti, incoraggiata dal sindaco Paolo Corsini, resa possibile dalla direttrice Maria Grazia Bregoli. Lui, l’ideatore di mostre di successo planetario, l’inflessibile organizzatore di cultura, il comunicatore capace di strapazzare troupe e giornaliste, alla fine s’è sciolto. Marco Goldin s’è commosso ascoltando le parole della Castelletti e di Corsini, ricevendo una scultura in creta di una detenuta, ascoltando la poesia di un recluso colombiano. "Ho fatto centinaia di presentazioni delle mie mostre - ha ammesso alla fine - ma questa vi assicuro che è stata la più emozionante della mia vita". Goldin ha stabilito un feeling magnetico con i detenuti. Specie con gli iscritti ai corsi interni (di alfabetizzazione, di licenza media e di diploma da geometri) che si sono trattenuti con lui oltre due ore e l’hanno subissato di domande. Anche con il candore corpulento e coinvolgente di Angelo, uno dei loro portavoce. Che dopo una serie di domande diligentemente concordate con i professori su Grandi mostre e impressionisti, moduli operativi ed emozioni professionali, s’è lasciato andare: "Scusi, ma lei alla fine che lavoro fa? Mica dipinge, se ho capito bene. E allora cosa fa?". E lui, il Re Mida delle mostre, con una calma olimpica, a spiegare cosa fa un critico d’arte, e come si organizza una mostra, e come si porta mezzo milione di persone a vederla. Alla proposta di Laura Castelletti di presentare la mostra in carcere Goldin non aveva risposto immediatamente di sì. Ci ha pensato un po’ su. Poi sul cellulare della Castelletti, a Natale, è arrivato il fatidico Sms: "Sono pronto". Il risultato della decisione s’è materializzato ieri. Goldin ha predisposto per i detenuti (e gli studenti di una quinta del Tartaglia, e alcuni volonterosi consiglieri comunali) un vero spettacolo. Il quartetto d’archi Arkè String Project ha sciolto la tensione con le sue note. La proiezione del video sulla mostra di Van Gogh e Gauguin ha provocato un primo choc visivo a chi ha, nel proprio orizzonte, solo cancelli e pareti scrostate. Poi è toccato a Goldin parlare della mostra di Turner. Lui è partito teso. Temeva di usare le parole sbagliate e qualche volta l’ha fatto. "Il paesaggio è quello che si spalanca davanti a voi quando aprite una finestra". Ma in carcere non ci sono finestre da spalancare, e l’orizzonte è fatto di muri. Eppure, mentre sul telo arricciato si alternavano i quadri di Van Gogh e Monet, di Turner e Sisley, Goldin non è riuscito non solo a spiegare con parole semplici cos’è simbolismo e cosa puntilismo, ma ha fatto magicamente dimenticare l’odore di minestrone che impregna i muri del carcere, il rumore ossessivo di serrature che rimbomba nei corridoi. Per una lunga, magica ora i quadri di Van Gogh proiettati sul telone hanno esalato profumo di fieno falciato, quelli di Gauguin mormorio di onde, quelli di Monet frinire di cicale. "Una presentazione magistrale" l’ha definita la direttrice Bregoli. "Qui dentro - ha detto Laura Castelletti - c’è voglia di riscatto, energia, volontà di far parte degli eventi della nostra città. Le grandi mostre sono uno di essi, sono un patrimonio della città. Desideravo farvene parte, desideravo fare una cosa insieme a voi. Se vi ha fatto piacere ne sono contenta". Emozionato anche Corsini: "Sulle mostre che si fanno a Brescia - ha detto - è aperto un dibattito. Che senso ha proporre una mostra? Che cosa resta sul territorio? Stamattina voi detenuti mi avete dato una risposta: resta l’arte come grande esperienza dello spirito. Credo che voi tutti aspiriate a momenti di libertà: ebbene l’arte è un grande momento di libertà, di libertà della coscienza. Mi avete ricordato che l’arte, la cultura racchiude la possibilità di guardare in alto, di vedere quanto di più grande ha fatto l’animo umano. La vostra presenza qui è dolorosa, di disagio, ma nell’arte si traduce la vostra aspirazione alla libertà". E giù lacrime e applausi. Poi è toccato a Goldin. Sono arrivate le domande sui furti, sul suo lavoro, su cos’è l’arte. E il clima s’è sciolto. Lui ha annunciato il dono di decine di cataloghi di Linea d’Ombra, ha elogiato il giornale dei detenuti "Zona 508", ha incoraggiato chi dietro le sbarre si dedica a pennelli e carboncini. Un detenuto straniero gli ha chiesto se l’arte può accomunare culture diverse. "Un quadro - ha risposto Goldin - parla in italiano, francese, tedesco, spagnolo. Poi ognuno che lo osserva fa la sua traduzione". E giù applausi dei detenuti ispanici, maghrebini, asiatici. Arte e sentimenti, vita e colori, uomini liberi e uomini che attendono la libertà. Tutto questo in una mattinata. Memorabile, per chi c’era. Ascoli: in consiglio provinciale si parla dei detenuti
Corriere Adriatico, 20 gennaio 2007
Il presidente del consiglio provinciale Giulio Saccuti ha convocato l’assemblea per giovedì alle ore 15,30 per la trattazione di diversi argomenti. Dopo le interrogazioni verrà discussa la proposta di mozione presentata di Albunia, Tassotti e Brugni riguardante la selezione pubblica per titoli e prova orale, per la stipula per diciotto mesi, di due contratti a tempo determinato part-time con profilo di Istruttore Direttivo Tecnico, con esperienza maturata nella materia di aspetti geologici e geomorfologia applicata legati alla pianificazione Urbanistica. In programma anche l’ordine del giorno relativo alla realizzazione della sede della nuova Provincia di Fermo nonché la mozione riguardante l’etichettatura degli oli d’oliva. In chiusura si parlerà della consulta provinciale per l’inserimento socio-lavorativo degli ex detenuti. Tempo di bilanci anche per il consiglio provinciale: intensa è stata l’attività istituzionale svolta nel 2006 che l’ufficio di presidenza dell’assemblea, composto dal presidente Giulio Saccuti e dai due vice presidenti Cinzia Peroni e Pasqualino Piunti, ha sintetizzato in alcuni dati essenziali. Sono state 21 le sedute di consiglio svolte, esaminate 151 delibere di cui 84 votate (78 approvate e 6 respinte); nutrito anche il lavoro dei singoli consiglieri con 18 ordini del giorno presentati, 8 mozioni, 19 interrogazioni e 17 interpellanze. Tanti anche i consigli provinciali itineranti sul territorio ed i consigli aperti tra cui le sedute del 27 febbraio per la Giornata della memoria sul tema "Quali memorie, quante memorie?", del 5 maggio "La seconda guerra mondiale e la Resistenza in Italia. Un confronto con le memorie europee" e la seduta per il "60° Anniversario Festa della Repubblica". "Intendo ringraziare tutti i consiglieri, di maggioranza ed opposizione - ha dichiarato il presidente Giulio Saccuti - che con grande impegno e competenza hanno partecipato ai lavori dell’assemblea dando vita ad un dibattito a volte acceso ma sempre democratico e leale e fondato sulla volontà di concorrere alla crescita e al benessere della comunità provinciale. Vorrei ricordare - ha proseguito Saccuti - anche il lavoro puntuale espresso dalle otto commissioni permanenti che, nelle 48 sedute svolte, hanno approfondito aspetti tecnici di atti ed emendamenti: una sede di confronto dove tutti i gruppi consiliari hanno fornito un contributo importante di idee, proposte e collaborazione". "Tra le iniziative svolte vorrei ricordare quelle dirette a favorire nei giovani la conoscenza dell’Ente Provincia, altrimenti c’è il disinteresse, far conoscere ruoli e competenze - ha sottolineato la vice presidente del Consiglio Cinzia Peroni - in particolare la realizzazione del CD Rom interattivo "Chi ben... Provincia" prodotto dall’Amministrazione provinciale, il progetto "Interroga la Provincia" che comprende visite guidate all’Ente e il concorso La mia Provincia.
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